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02 Marzo 2020 – nota economica giornaliera

ITALIA – L’inflazione è scesa di un decimo a febbraio, allo 0,4% a/a in base all’indice NIC e allo 0,3% a/a in termini armonizzati UE.
I dati sono risultati inferiori al consenso e in linea con la nostra stima. Nel mese, i prezzi sono rimasti stabili sull’indice domestico e sono diminuiti di quattro decimi sull’armonizzato.
Come da noi previsto, le pressioni al ribasso sono venute principalmente dai trasporti (-0,9% m/m, principalmente per via dei ribassi dei carburanti) e dalle comunicazioni (- 0,6% m/m), mentre i prezzi dei generi alimentari hanno continuato ad aumentare (+ 0,5% m/m).
L’inflazione di fondo è rimasta invariata allo 0,8% a/a: per trovare un valore più elevato, occorre risalire ad agosto del 2017.
L’inflazione sul cosiddetto “carrello della spesa” è salita a 1,7% da 1,6%, principalmente per effetto dei rincari sugli alimentari. Viceversa, l’inflazione sui beni a più alta frequenza di acquisto è invece scesa all’1% dall’1,3% precedente.
In prospettiva, riteniamo che sia iniziato un nuovo trend al ribasso per l’inflazione: il CPI potrebbe tornare attorno a zero tra marzo e aprile. Nelle nostre stime, l’inflazione italiano rimarrà inferiore all’1% (e significativamente inferiore alla media della zona euro) per l’intero anno.
A nostro avviso, la media 2020 dovrebbe essere inferiore a quella dell’anno scorso (stimiamo uno 0,5% per il NIC e uno 0,4% per l’IPCA). I rischi per lo scenario di inflazione rimangono al ribasso.

GERMANIA
In febbraio è sceso il numero di disoccupati. I dati ufficiali mostrano una diminuzione di 10 mila senza lavoro (dato destagionalizzato), dopo il calo di 4 mila (rivisto dai -2 mila) unità del mese precedente. Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 5%, un decimo più alto del suo minimo storico raggiunto tra marzo ed aprile dello scorso anno. Le indagini congiunturali segnalano un mercato del lavoro stabile, anche se i dati ancora non riflettono gli effetti negativi sull’economia del COVID-19.
– L’inflazione di febbraio è risultata stabile a 1,7% a/a sull’indice nazionale, mentre sull’armonizzato è aumentata di un decimo, a1,7% a/a. Sul mese, i prezzi sono saliti dello 0,4% sull’indice nazionale e dello 0,6% sull’armonizzato. Su base tendenziale, il tasso di crescita dei prezzi dell’energia è passato dal 3,4% a/a di gennaio al 2,0% a/a, con il rallentamento giustificato da un debole effetto base. La pressione al rialzo sull’inflazione è dovuta principalmente ai prezzi degli alimentari, che sono cresciuti del 3,3% a/a in febbraio, dal 2,3% precedente. Nei prossimi mesi, ci aspettiamo un indice in discesa verso valori vicini all’1%.

STATI UNITI – La spesa personale a gennaio aumenta di 0,2% m/m, dopo 0,4% m/m a dicembre. I consumi reali, in crescita moderata (+0,1% m/m) sono spinti dai beni durevoli, in rialzo reale di +0,5% m/m, a fronte di un calo dei beni non durevoli di -0,2% m/m e di un aumento contenuto nei servizi (+0,1% reale), dovuta alla debolezza delle utility per via del clima mite. Il reddito personale invece accelera, con un aumento di 0,6% m/m, al di sopra delle attese. Le retribuzioni crescono di 0,5% m/m, con una distribuzione non omogenea fra settori (-0,4% m/m per il manifatturiero, +0,7% m/m per i servizi privati). Altre componenti del reddito totale sono in rialzo solido (trasferimenti dal settore pubblico, dividendi). Il reddito disponibile aumenta di 0,6% m/m. Di conseguenza, il tasso di risparmio è ancora in rialzo, a 7,9% da 7,5% di dicembre, sui massimi da aprile 2019. Il deflatore totale e quello core sono entrambi in rialzo di 0,1% m/m. L’inflazione core aumenta marginalmente a 1,6% a/a, da 1,5% a/a di dicembre, senza dare segni di ripresa dopo la correzione dell’autunno.
I dati danno indicazioni di consumi in crescita molto moderata, pur in presenza di una dinamica solida del reddito e di un mercato del lavoro al pieno impiego. Il trend di rialzo del risparmio potrebbe essere una conseguenza dell’aumento (fino a gennaio) della ricchezza netta concentrato nelle fasce alte di reddito che hanno un tasso di risparmio più elevato della media.
– La bilancia commerciale dei beni registra un calo del deficit a gennaio, a -65,5 mld da -68,7 mld, contro aspettative per -68,5 mld.
La chiusura del deficit deriva da importazioni in calo di -2,2% m/m (spinte verso il basso da materie prime, beni capitali, auto), a fronte di export in flessione di -1% m/m (per beni capitali, materie prime). I dati danno indicazioni di contributo positivo del commercio estero alla crescita nel 1° trimestre, sulla scia del contenimento dell’import.
– Il PMI di Chicago aumenta a 49 a febbraio da 42,9 di gennaio, con indicazioni di stabilizzazione dell’attività dal 4° trimestre 2019, dopo l’ampio calo visto dalla primavera dello scorso anno.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan sale a 101 a febbraio (finale) da 100,9 della stima preliminare.
Le condizioni correnti sono in aumento a 114,8 da 113,8, mentre le aspettative calano a 92,1 da 92,6. I dati, raccolti fino al 26 febbraio, incorporano solo in parte le informazioni relative al Covid-19.
In media, l’8% degli intervistati cita il coronavirus come fattore di influenza sulle aspettative; tuttavia, il 20% delle risposte raccolte il 24 e il 25 febbraio fa riferimento al Covid-19, segnalando che I dati di marzo dovrebbero subire l’impatto dei timori per l’epidemia in modo più marcato rispetto all’indagine di febbraio. Il livello della fiducia è comunque storicamente elevato (media a 10 anni, 85,8).
Le aspettative di inflazione a 1 anno correggono a 2,4% da 2,5% e sono stabili a 2,3% sull’orizzonte a 5-10 anni.

CINAL’indice PMI manifatturiero di febbraio rilevato dal NBS è crollato a 35.7 da 50 a gennaio, collocandosi poco più di tre punti al di sotto dei minimi di novembre 2008.
L’indice ha risentito del calo generalizzato di tutte le componenti e in particolare di produzione, acquisti di materie prime e ordini totali, scesi di oltre 20 punti rispetto a gennaio e, in misura solo leggermente minore, degli ordini esteri. Un calo significativo, ma più contenuto, hanno registrato anche le componenti delle scorte di materie prime e dell’occupazione, quest’ultima scesa a 31,8 da 47,5 in dicembre.
Il calo del PMI manifatturiero ha riguardato indistintamente tutte le tipologie di imprese, con un impatto maggiore per quelle di dimensione media che si trovavano in un trend di continuo miglioramento dalla metà del 2019.
Il PMI del settore non manifatturiero ha registrato un calo superiore a quello del settore manifatturiero (quasi 24,5 punti rispetto a 14,3 del manifatturiero) portandosi a 29,6 in febbraio da 54,1 in gennaio, trainato dal crollo sia del settore delle costruzioni sia di quello dei servizi, i cui indici PMI sono scesi rispettivamente a 26,6 e a 30,1. Entrambi hanno registrato anche un calo delle aspettative superiore a quello del settore manifatturiero. La contrazione dell’occupazione è stata minore per il settore dei servizi rispetto a manifatturiero e costruzioni.
Il PMI manifatturiero rilevato da Caixin Markit è sceso da 51,1 in gennaio a 40.3 in febbraio, toccando i minimi storici della serie e poco sotto i minimi di novembre 2008 (40,9). La dinamica delle singole componenti è stata simile a quella rilevata dall’indagine del NBS. Entrambe le rilevazioni segnalano un netto aumento dei tempi di consegna, che in questo caso riflettono gli effetti dell’interruzione della produzione, e un calo dell’occupazione.

 

COMMENTI:

ITALIA – Il Consiglio dei Ministri ha prorogato fino all’8 marzo le misure di contenimento dell’epidemia di COVID-19, lasciando invariato il perimetro della zona rossa e includendo nella zona gialla tre regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) e due province (Pesaro-Urbino, Savona).
Le limitazioni applicate alla zona gialla includono la chiusura di grandi eventi, cinema, teatri, discoteche, scuole (limitatamente alla sospensione dell’attività didattica).
Viene consentita la riapertura dei musei (con limiti di affluenza), l’esercizio di attività di ristorazione (limitatamente al servizio al tavolo), l’esercizio di altre attività commerciali (subordinatamente a limiti di affluenza).
Viene estesa la chiusura dei centri commerciali nelle sole giornate di sabato e domenica già in vigore lo scorso weekend, che esclude soltanto la vendita di beni di prima necessità, farmacie e parafarmacie. Intanto, secondo quanto dichiarato dal ministro dell’economia Gualtieri, il governo starebbe preparando un decreto da 3,6 miliardi (lo 0,2% del PIL), con misure economiche per sostenere i settori economici più esposti, di spinta all’export e rilancio degli investimenti; le misure dovrebbero essere dettagliate dopo l’incontro previsto con le parti sociali e le regioni mercoledì, e dovrebbe ricevere l’autorizzazione del Parlamento ad alzare il limite del disavanzo (attesa entro venerdì).

STATI UNITI
– Evans
(Chicago Fed) ha detto che la Fed dovrebbe permettere all’inflazione di eccedere l’obiettivo del 2% per impedire il formarsi di aspettative che aumentino la probabilità di inflazione troppo bassa e di tassi di interesse a zero.
Riguardo ai rischi collegati al Covid-19, Evans ha ribadito, in linea con le recenti dichiarazioni di diversi suoi colleghi del FOMC, che la Fed sta seguendo gli sviluppi “da vicino”, ma che sarà necessario vedere effetti reali dell’epidemia prima di considerare un intervento della politica monetaria.
Bullard (St Louis Fed) ha detto che ulteriori tagli dei tassi sono possibili se l’attuale epidemia si trasforma in una pandemia “con effetti che si avvicinano a quelli di un’influenza ordinaria, ma questo non è lo scenario base per ora”.
Bullard ha aggiunto che i tagli dei tassi del 2019 forniscono già supporto all’economia.
– Un comunicato stampa di Powell pubblicato venerdì ha spostato a sorpresa il baricentro della comunicazione dei partecipanti al FOMC riguardo ai rischi del Covid-19.
Sul sito della Fed è comparso un breve testo in cui il presidente apre esplicitamente alla possibilità di misure di contrasto ai possibili effetti dell’epidemia di Covid-19: “I fondamentali dell’economia USA rimangono forti. Tuttavia, il coronavirus pone rischi in evoluzione per l’attività economica. La Federal Reserve sta monitorando da vicino gli sviluppi e le loro implicazioni per lo scenario economico. Useremo i nostri strumenti per agire come appropriato per sostenere l’economia”.
Fino al giorno prima i segnali dalla Fed erano di attenzione vigile, e la prima apertura per un possibile intervento era venuta solo poche ore prima da Bullard.
La correzione ininterrotta dei mercati azionari della settimana, fino a -14%, insieme al progressivo aumento di aspettative di tagli dei tassi (almeno tre scontati appieno entro fine anno, con il primo già a marzo), hanno evidentemente indotto la Fed a seguire i mercati e segnalare un intervento prima ancora di avere maggiori informazioni sull’entità e sulla durata delle conseguenze dell’epidemia.
Questa settimana il calendario è fitto di discorsi di esponenti della Fed, che probabilmente in gran parte (anche se non all’unanimità) si allineeranno alla svolta di Powell. Non è escluso che, in caso di ulteriore deterioramento della fiducia sui mercati, la Fed consideri un intervento anche prima della riunione del 18 marzo.
Alla luce delle nuove informazioni anticipiamo alla riunione di marzo il taglio che prevedevamo per il 4° trimestre e aggiungiamo un secondo intervento alla riunione di fine aprile.
È quasi impossibile che un taglio a marzo resti isolato: da marzo in poi arriveranno dati negativi non tanto negli USA quanto nel resto del mondo che darebbero ulteriore giustificazione a quella “rivalutazione significativa” dello scenario, considerata condizione necessaria e sufficiente per l’introduzione di nuovo stimolo monetario.
Il trasferimento degli effetti dell’epidemia sull’economia americana si sentirebbe prevalentemente nel 2° trimestre: pertanto, dopo un secondo taglio a fine aprile c’è una probabilità vicina al 50% di un terzo taglio a giugno.
Un fattore da considerare nel prevedere le prossime mosse della Fed è la natura inusuale del nuovo shock esogeno.
L’epidemia di Covid-19 dovrebbe avere effetti transitori, anche se potenzialmente rilevanti, e concentrati su ostacoli alla produzione (interruzione delle catene produttive, problemi di liquidità di imprese solvibili ma con problemi di finanziamento di costi nel breve termine) e alla realizzazione della domanda (consumatori “in quarantena”, risparmio precauzionale nel timore di una recessione).
In queste condizioni, un taglio dei tassi sarebbe un intervento preventivo, che agirebbe essenzialmente attraverso un effetto ricchezza, ma non risolverebbe gli ostacoli reali a domanda/offerta.
Nel comunicato, Powell non ha fatto riferimento esplicito ai tassi, ma ha citato genericamente gli “strumenti” disponibili per sostenere l’economia.
In questo contesto, un intervento congiunto con le autorità fiscali tipo “helicopter money” sarebbe più efficace ed eviterebbe l’accumularsi di possibili rischi di instabilità finanziaria attraverso l’alimentazione di possibili bolle sugli asset.
Probabilmente questa è fanta-politica monetaria ma, nell’attuale fase di revisione degli strumenti, la Fed potrebbe avere in cantiere anche un’espansione della cassetta degli attrezzi.
Questa settimana, i molti discorsi dei partecipanti al FOMC in agenda daranno un indirizzo alle aspettative
. È probabile che il mercato resti, come sempre, davanti alla Fed e continui a prezzare almeno tre tagli, supportati anche dall’esperienza passata, che ha convalidato in più occasioni almeno tre interventi come misure di assicurazione contro eventi negativi. È tuttavia importante ricordare che, sulla base di stime analoghe a quelle del CBO (vedi Weekly Economic Monitor del 28/2/2020) per una pandemia con impatti non catastrofici sulla mortalità, la correzione del PIL non sarebbe tale da generare una recessione.

CINA – Sul fronte della COVID-19, i dati sui nuovi casi confermati indicano un miglioramento della situazione rispetto a metà febbraio. Le Autorità hanno autorizzato una ripresa delle attività graduale in linea con il livello di rischio sanitario di ciascuna provincia e con forte attenzione all’agricoltura.
Trivium China riporta che un’indagine della China Enterprise Confederation (CEC) su 342 grandi imprese manifatturiere rileva che a fine febbraio oltre il 97% avrebbe ripreso l’attività ma solo il 66% dei lavoratori sarebbe ritornato al lavoro. Le imprese intervistate opererebbero per ora al 59% della capacità produttiva, ma la situazione di annuncia peggiore per le piccole e medie imprese.
Guangdong, Zhejiang, e Jiangsu già operavano al di sotto della piena capacità per scarsità di forza lavoro specializzata, questo spiegherebbe gli sforzi del Governo per far rientrare i migranti. La difficoltà di ripresa dell’attività emerge anche dalle recenti indagini delle camere di commercio americana ed europea in Cina relativamente alle imprese associate.
Nell’ indagine di AmCham China il 28% delle aziende intervistate prevede un ritorno alla normale attività entro fine marzo e un altro 11% entro fine aprile, mentre un 12% si aspetta di dover aspettare l’estate.
Quella della EU Chamber rileva che il 47% delle imprese intervistate è sottoposta a ulteriori misure amministrative locali che ritardano o impediscono la ripresa dell’attività. Quest’ultima non sarà affatto immediata e gli indici PMI di febbraio sono compatibili con dati mensili del primo trimestre altrettanto negativi di quelli del 2008, ma è ragionevole aspettarsi un miglioramento degli indici a partire dal prossimo mese in linea con una graduale ripresa dell’attività economica.
I rischi restano però al ribasso perché un aumento dei contagi legato alla ripresa delle attività lavorative potrebbe comportare un parziale ripristino delle misure di quarantena in Cina. Inoltre, al momento, si registra un deterioramento del numero dei contagi in diversi paesi (Corea, Giappone, Italia) e con essi delle misure di contenimento, con un effetto negativo sull’attività economica anche al di fuori della Cina.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso la settimana passata in ampio calo penalizzato dai timori di ricadute negative del coronavirus che hanno portato i mercati a scontare un taglio dei tassi Fed già nei prossimi mesi. A nostro avviso la correzione si configura anche, almeno in parte, come normale ritracciamento dopo l’ampia e protratta salita in atto da inizio anno. Questa settimana usciranno dati importanti, gli ISM, attesi in calo, e l’employment report, atteso positivo ma con una dinamica occupazionale in rallentamento. A meno di sorprese molto positive dai dati il dollaro non dovrebbe essere in grado di recuperare le perdite dei giorni scorsi. Tuttavia, non dovrebbe neppure subire un’accelerazione ribassista perché anche altrove (area euro in primis) non si attendono indicazioni particolarmente positive dai dati. Tendenzialmente quindi il dollaro dovrebbe piuttosto stabilizzarsi. Particolare importanza avranno comunque i molti discorsi Fed in calendario per valutare se le eventuali ricadute negative del coronavirus potrebbero effettivamente spingere la Fed a tagliare i tassi.

EUR – L’euro ha chiuso la settimana al rialzo da 1,08 a 1,10 EUR/USD di riflesso all’indebolimento del dollaro, per effetto dello smantellamento dei carry trades sull’accresciuta risk aversion dovuta alle preoccupazioni per le ricadute del coronavirus. Questa settimana usciranno le seconde stime dei PMI e l’inflazione dell’area, attesa in calo. A meno di un ulteriore aumento dell’avversione al rischio la salita del cambio dovrebbe per ora arrestarsi. L’eventuale upside sarebbe comunque contenuto entro i massimi di fine anno in area 1,12 EUR/USD.

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana in ampio calo sia contro dollaro da 1,30 a 1,27 GBP/USD (minimi da ottobre) sia contro euro da 0,83 a 0,86 EUR/GBP (minimi da novembre) penalizzata dalla linea dura scelta dal governo britannico in merito alla strategia per i negoziati con l’UE che prenderanno avvio oggi pomeriggio. I negoziati saranno il tema centrale dei prossimi mesi e rimangono un rischio verso il basso per la sterlina. Anche l’aumento della probabilità implicita di un taglio dei tassi BoE entro i prossimi mesi, similmente alla Fed, penalizza la valuta britannica. Da seguire a questo proposito il discorso del governatore uscente Carney in programma giovedì.

JPY – Lo yen ha chiuso la settimana in ampio rialzo rivedendo massimi abbandonati a ottobre sia contro dollaro da 111 a 107 USD/JPY (massimo a 106,97 questa notte) sia contro euro da 121 a 118 EUR/JPY sull’aumento della risk aversion dovuto alle preoccupazioni per gli effetti del coronavirus. Il movimento, molto ampio, potrebbe anche essere stato amplificato dai flussi di rimpatrio in vista della chiusura dell’anno fiscale a marzo. A meno di un ulteriore deterioramento di sentiment il rafforzamento dello yen dovrebbe, almeno per ora, fare una pausa.

 

PREVISIONI:

ITALIA – I dati annui sull’andamento del PIL e dei saldi delle amministrazioni pubbliche nel 2019 dovrebbero mostrare che il PIL è cresciuto dello 0,2% in volume e dello 0,8% ai prezzi di mercato (da 0,8% e 1,7% del 2018, rispettivamente).
Il rapporto deficit/PIL potrebbe attestarsi a 2,1%, inferiore di un decimo rispetto alle più recenti stime ufficiali del governo. Il rapporto debito/PIL sarebbe salito al 135,2% del PIL, dal 134,8% del 2018.

AREA EURO
– La lettura finale di febbraio potrebbe indicare una lieve revisione al rialzo del PMI manifatturiero, stimiamo a 49,2 da 49,1 (e da 47,9 di gennaio) per effetto della revisione del PMI francese (a 50,0 da 49,7).
Le indagini nazionali francesi hanno dato un’immagine più positiva del clima nel comparto. Il dato tedesco dovrebbe invece essere confermato a 47,8, in salita da 45,3 di gennaio.
La prima stima per l’Italia dovrebbe vedere un PMI manifatturiero in aumento a 49,4 da 48,9 precedente. Il crollo dell’attività economica avvenuto in Cina nel mese di febbraio dovrebbe scaricarsi sull’indagine europea soltanto in marzo, quando potrebbe incidere per 3-4 punti sull’indice PMI di produzione tedesco; l’entità effettiva, però, dipenderà anche dalla velocità del rimbalzo in Cina e dalle misure che saranno adottate in Europa questo mese.
– Il dato principale della settimana sarà la stima dell’inflazione di febbraio, che è vista in rallentamento di due decimi all’1,2%. Sempre nell’eurozona, a gennaio, la disoccupazione è attesa stabile, mentre le vendite al dettaglio non recupereranno il brusco calo di dicembre.

STATI UNITI
– L’ISM manifatturiero a febbraio è previsto in calo a 50,1 da 50,9 di gennaio. Il mese scorso l’indagine ISM aveva sorpreso verso l’alto, con incrementi della produzione e degli ordini. A febbraio si dovrebbero sentire i primi effetti del coronavirus e un maggiore impatto dal blocco produttivo di Boeing.
Tutte le indagini recentemente hanno registrato contributi positivi dai tempi di consegna, che tipicamente segnalano crescita dell’attività: tuttavia nelle circostanze attuali l’allungamento dei tempi di consegna è probabilmente un fattore negativo, collegato all’interruzione delle consegne di beni intermedi prodotti in Cina e/o a Singapore, hub produttivi a livello globale per il manifatturiero.
I dati reali di produzione nel manifatturiero continuano a segnalare recessione a livello settoriale e le indagini dovrebbero allinearsi a queste indicazioni.
– La spesa in costruzioni a gennaio dovrebbe balzare di 0,7% m/m dopo -0,2% m/m di dicembre, spinta dal comparto residenziale e dal clima straordinariamente mite. I dati di attività nell’edilizia residenziale sono stati ampiamente positivi fra dicembre e gennaio, non solo grazie al continuo calo dei tassi sui mutui ma anche alle temperature molto superiori alla media stagionale.
Nel segmento delle costruzioni non residenziali il trend dovrebbe rimanere negativo.
– Gli altri principali dati in uscita nella settimana riguardano il mese di febbraio e saranno informativi per valutare i primi effetti degli shock di inizio 2020. Oltre agli indici ISM manifatturiero e non manifatturiero che dovrebbero correggere, dando ulteriore supporto alla previsione di rallentamento della crescita del PIL nel 1° trimestre, l’employment report, pur restando positivo, dovrebbe mostrare un rallentamento della dinamica occupazionale, dopo l’ampio rialzo di gennaio, riportando il trend dei nuovi occupati privati su un sentiero più moderato rispetto a quello del 2019, al netto dell’aumento di occupati collegato al censimento 2020.
Fra i dati di gennaio, il deficit della bilancia commerciale dovrebbe ampliarsi, delineando un contributo negativo delle esportazioni nette alla crescita di inizio 2020 e la spesa in costruzioni è attesa in rialzo, spinta anche dal clima più mite della media stagionale.
Il Beige Book potrebbe dare informazioni nuove sugli effetti del COVID-19 e del blocco produttivo di Boeing sull’attività di febbraio.