18 Ottobre 2022 – nota economica giornaliera
ITALIA – Ieri, la stima finale dei prezzi al consumo di settembre ha confermato il dato preliminare dell’inflazione calcolata sulla base dell’indice NIC, all’8,9% a/a da 8,4% di agosto, e rivisto al ribasso di un decimo l’inflazione armonizzata, al 9,4% a/a (agosto: 9,1%).
L’inflazione di fondo (sul NIC) è confermata al 5% a/a da un precedente 4,4% (su livelli più bassi della media Eurozona).
Riteniamo che l’inflazione possa crescere nuovamente nei prossimi mesi, spinta al rialzo dei rincari delle tariffe a ottobre, per spostarsi un trend discendente a partire dai mesi tra fine inverno e inizio primavera.
La media annua potrebbe attestarsi all’8,1% nel 2022 ed intorno al 6,6% nel 2023 (sull’indice armonizzato), ma i rischi restano verso l’alto.
STATI UNITI
– Ieri, l’indice Empire della NY Fed di ottobre ha mostrato un’ulteriore correzione, scendendo a -9,1 da -1,5 di settembre, con ordini, ordini inevasi e fatturato poco variati, a fronte di indicazioni di modesti incrementi degli occupati e della settimana lavorativa.
L’indice dei prezzi ricevuti è poco variato a 22,9, mentre per i prezzi degli input si rileva una riaccelerazione della crescita (48,6).
– L’Atlanta Wage Tracker, che misura la media mobile a 3 mesi della crescita salariale mediana, a settembre ha dato un segnale di possibile svolta, rallentando a 6,3% a/a, da 6,7% a/a di agosto.
Per gli individui che hanno cambiato occupazione, la media mobile a 12 mesi della crescita salariale risulta pari a 7,1% a/a.
Un rallentamento della dinamica salariale è almeno tanto importante quanto quello dell’inflazione per un eventuale ridimensionamento del ritmo dei rialzi dei tassi.
COMMENTI:
UNIONE EUROPEA – La Commissione Europea presenterà oggi la sua proposta di riforma del mercato del gas.
Secondo le indiscrezioni di ieri, include:
(1) una piattaforma comune per gli acquisti di gas, con esclusione del gas fornito dalla Russia, che consentirà di accedere a misure di supporto alla liquidità;
(2) un mercato secondario dove rivendere la capacità contrattata;
(3) limiti dinamici e temporanei ai prezzi dei derivati, con istituzione di meccanismi di controllo della volatilità giornaliera per le varie piattaforme nazionali.
Riguardo al TTF, il Consiglio potrebbe adottare un meccanismo di limiti anche per le transazioni OTC.
La proposta dovrebbe anche includere l’attribuzione ad ACER di disegnare un nuovo benchmark di prezzo per l’LNG, basato sulle transazioni effettuate dagli operatori.
GERMANIA – Intanto, il cancelliere Olaf Scholz ha imposto alla sua coalizione di governo che le tre centrali nucleari ancora operative continuino a funzionare sino ad aprile 2023, per poter meglio fronteggiare la crisi energetica nei mesi invernali.
REGNO UNITO – Il nuovo cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt ha presentato ieri al Parlamento le linee-guida del nuovo piano fiscale, che cancella la maggior parte dei tagli fiscali finanziati in deficit che erano stati annunciati 3 settimane fa dal suo predecessore Kwasi Kwarteng e che avevano innescato ampie turbolenze sui mercati finanziari.
Oltre al dietrofront sull’abolizione dell’aliquota massima del 45% già annunciato la settimana scorsa, il nuovo piano prevede tra l’altro il rinvio sine die dell’annunciata riduzione dell’aliquota minima dal 20% al 19%, conferma l’aumento delle imposte societarie dal 19% al 25% nel 2023 che era stato abolito dal precedente ministro, e riduce da 2 anni a 6 mesi la durata del congelamento dei costi delle bollette per le famiglie.
Il nuovo piano fiscale verrà presentato ufficialmente nei dettagli il prossimo 31 ottobre.
MERCATI VALUTARI:
USD – Il dollaro ha aperto la settimana in calo indebolito sia da un parziale arretramento dei rendimenti sull’indice Empire che è sceso più del previsto dando indicazioni di decelerazione della crescita sia da un generale miglioramento di sentiment sui mercati in generale dopo il dietro-front sul piano fiscale nel Regno Unito.
Il dollaro sta entrando in una fase laterale, per via delle indicazioni ancora non chiare che giungono dai dati sul punto di svolta della Fed: il dubbio è se il ritmo dei rialzi rallenterà già a dicembre o a gennaio/febbraio.
Fino a che rimane comunque il dubbio che anche a dicembre la Fed possa alzare i tassi di 75 pb il dollaro, pur cedendo in caso di delusioni dai dati, rimane comunque supportato, soprattutto se la risk aversion a livello globale si mantiene significativa.
EUR – L’euro ha aperto la settimana al rialzo da 0,97 a 0,98 EUR/USD sul generalizzato arretramento del dollaro, ma lo spazio di rafforzamento è limitato dato il deterioramento in atto del quadro di crescita e inflazione nell’area euro.
Lo ZEW tedesco questa mattina ha mostrato un leggero, inatteso, miglioramento ma la componente delle condizioni correnti è peggiorata più del previsto e i rischi per l’area in generale sono verso il basso.
L’euro resta quindi esposto a nuova debolezza in caso di delusioni dai dati o sviluppi negativi sul fonte russo-ucraino oltre che in caso di rialzi dei tassi Fed più ampi del previsto.
GBP – La sterlina ha aperto la settimana in ampio recupero contro dollaro da 1,11 a 1,14 GBP/USD dopo che il nuovo Cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt ha annunciato ieri la cancellazione di buona parte dei tagli fiscali finanziati con deficit presentati nel mini-budget del 23 settembre dal suo predecessore Kwasi Kwarteng.
Oltre al mantenimento dell’aliquota sui redditi più elevati già annunciato dallo stesso Kwarteng, è stata rinviata sine die la preannunciata riduzione dell’aliquota minima, mentre è stato confermato l’aumento delle imposte societarie nel 2023 che era stato invece abolito da Kwarteng.
È stata inoltra ridotta da due anni a sei mesi la durata del tetto sulle bollette energetiche. La presentazione del nuovo piano con i dettagli resta comunque fissata per il 31 ottobre.
Come già dicevamo ieri, il nuovo piano riduce significativamente il downside della sterlina, ma non la preserva da nuova debolezza nel breve con la recessione alle porte e l’inflazione attesa in salita a due cifre (dato in uscita domattina).
Già oggi infatti la valuta britannica è di nuovo in calo sia contro dollaro da 1,14 a 1,12 GBP/USD sia contro euro da 0,86 a 0,87 EUR/GBP (rispetto al quale ieri si era temporaneamente rafforzata da 0,86 a 0,85 EUR/GBP).
Anche l’incertezza nel breve non aiuta la sterlina.
Il Financial Times riporta tra l’altro la notizia che la BoE potrebbe rinviare ancora l’avvio del programma di riduzione del bilancio, per favorire la stabilizzazione del mercato obbligazionario dopo le turbolenze recenti, ma un portavoce della BoE ha dichiarato che la notizia è “inaccurata”.
JPY – Lo yen ha aperto la settimana in ulteriore calo contro dollaro da 148 a 149 USD/JPY penalizzato dalla divergenza di policy tra BoJ e Fed.
I rendimenti a lunga USA si sono stabilizzati su livelli elevati e fino a che non arretrano sullo yen permangono pressioni ribassiste.
Le autorità giapponesi continuano a ribadire che restano pronte a intervenire in caso di deprezzamento eccessivo e la vicinanza a quota 150 USD/JPY aumenta la probabilità di nuovo intervento valutario qualora il calo dovesse farsi troppo rapido.
Lo yen è sceso anche contro euro da 144 a 146 EUR/JPY aggiornando qui i minimi (dal 2014).
PREVISIONI:
GERMANIA – Questa mattina, l’indagine ZEW di ottobre è attesa mostrare un nuovo indebolimento delle prospettive per l’economia tedesca, sulla scia della recrudescenza della crisi geopolitica ed energetica.
L’indice sulle aspettative è visto a -65 da -61,9 precedente (si tratterebbe di un nuovo minimo storico assoluto).
L’indicatore sulla situazione corrente è atteso calare a -68 da -60,5 di settembre (in questo caso, si tratterebbe di un minimo da agosto 2020).
STATI UNITI – Oggi verrà pubblicata la produzione industriale di settembre, attesa in aumento di 0,1% m/m, con un incremento analogo per il manifatturiero, sulla scia di una ripresa nel comparto auto.
I dati a livello nazionale dovrebbero risentire in misura contenuta degli effetti dell’uragano Ian, che ha colpito gli stati sud-orientali fra il 28 settembre e il 1° ottobre, bloccando l’attività produttiva in tutti i settori, incluse le utility.
In aggregato, i costi dell’uragano sono stimati a circa 67 mld, e dovrebbero frenare la crescita del PIL in media di un paio di decimi nel secondo semestre.