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2 Agosto 2024 – nota economica giornaliera

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro si è indebolito ieri sull’ISM manifatturiero che ha deluso mostrando un calo contro attese di lieve aumento e sui sussidi di disoccupazione che hanno confermato un allentamento in atto sul mercato del lavoro, scenario che si attende venga confermato dall’employment report di oggi.
In tal caso il dollaro, che ieri aveva comunque chiuso al rialzo sull’aumento della risk aversion al montare delle tensioni in Medio Oriente (assassinio de leader di Hamas), potrebbe ritrovarsi sulla difensiva.
Ora il mercato sconta pienamente tre tagli dei tassi entro fine anno, di 25 pb ciascuno, rispettivamente a settembre, novembre e dicembre.
Importanti saranno dunque i dati delle prossime settimane, in particolare inflazione (14 agosto) e deflatori dei consumi (30 agosto) per valutare la credibilità del calo comunque in atto dell’inflazione e capire se le attese di mercato (75 pb di tagli entro fine anno) siano coerenti o eccessive.
Se l’inflazione dovesse scendere più rapidamente del previsto, il dollaro dovrebbe indebolirsi ulteriormente dopo il calo di luglio.
Eventuali sorprese verso l’alto invece lo farebbero rafforzare, seppure solo temporaneamente, perché tendenzialmente la prospettiva della svolta Fed a settembre è un fattore che agisce a detrimento del dollaro.
Da seguire anche l’ISM non-manifatturiero (5 agosto) atteso in miglioramento, mentre il prossimo employment report arriverà il 6 settembre.
Tra i fattori che potrebbero generare temporanea volatilità sono invece da considerare l’evolversi delle recenti tensioni sul fronte mediorientale e il flusso di notizie in merito alle Presidenziali di novembre: un eventuale aumento della risk aversion dovuto a input di questa natura tenderebbe a favorire il biglietto verde.

EURL’euro ha corretto ieri da 1,08 a 1,07 EUR/USD principalmente di riflesso al recupero del dollaro, ma dovrebbe in parte riprendersi oggi salvo sorprese verso l’alto dai dati USA o un ulteriore aumento della risk aversion.
Nelle prossime settimane l’euro dovrebbe tornare a rafforzarsi in vista della svolta Fed che sul cambio dovrebbe avere un impatto più significativo rispetto alla già avviata svolta BCE.
Tuttavia, l’upside nel breve dovrebbe essere limitato, perché anche la BCE dovrebbe tagliare i tassi a settembre.
Tuttavia, il mercato attribuisce a tale taglio una probabilità del 76%, che diventa piena in ottobre, aggiungendo un ulteriore taglio al 100% in dicembre.
Importanti saranno infatti i dati di inflazione dell’area (30 agosto): se dovessero sorprendere verso l’alto l’euro ne trarrebbe beneficio, riducendosi la probabilità attesa di mercato di un secondo taglio già a settembre.
Come per il dollaro, eventuale volatilità potrebbe aversi in caso di aumento della risk aversion, al montare ad esempio delle tensioni in Medio Oriente: l’euro ne risentirebbe negativamente di riflesso al rafforzamento del dollaro quale safe haven.

GBPLa sterlina ha corretto ieri sia contro dollaro da 1,28 a 1,27 GBP/USD sia contro euro, mantenendosi comunque in area 0,84 EUR/GBP, sull’esito della riunione BoE che ha attuato il suo primo taglio dei tassi da 5,25% a 5,00%.
L’esito, per quanto in linea con le nostre attese, non era scontato.
Infatti, la decisione è stata presa con una maggioranza risicata di 5 su 9, dove i contrari hanno votato per mantenere ancora i tassi fermi.
La BoE, infatti, è spaccata sulla persistenza dell’inflazione.
Riconosce una tendenza in calo, ma valuta molto incerto il sentiero di discesa, nella sua velocità.
Nel nuovo MPR ha infatti rivisto al rialzo le previsioni per quest’anno sia sull’inflazione (da 2,5% a 2,75%) sia, soprattutto, sulla crescita (da 0,5% a 1,25%).
Ha lasciato invece invariato il profilo per il biennio successivo con l’inflazione a 2,25% l’anno prossimo e sotto target, a 1,5%, nel 2026.
Laddove per la crescita è prevista una decelerazione l’anno prossimo a 1% e un modesto recupero a 1,25% nel 2026.
Il mercato sconta con probabilità al 92% un altro taglio dei tassi a novembre, che sale a 100% su dicembre.
Nelle prossime settimane la sterlina dovrebbe tornare a rafforzarsi contro dollaro, prevalendo, similmente all’euro, l’effetto della svolta Fed.
L’upside è comunque limitato perché il sentiero di riduzione dei tassi BoE sarebbe simile a quello della Fed. Importanti saranno comunque i dati sul mercato del lavoro (13 agosto) e di inflazione e (14 agosto).
Conferme di effettivo allentamento delle pressioni inflazionistico/salariali indebolirebbero, temporaneamente, la sterlina o comunque ne arginerebbero l’upside.
Contro euro invece, data l’elevata correlazione tra GBP/USD ed EUR/USD, la sterlina dovrebbe mantenersi perlopiù in una dinamica di tipo laterale, con leggere tendenza però probabilmente a indebolirsi contro euro complice l’attesa di calo dell’inflazione sotto target nel 2026 e la debolezza della crescita.

JPYLo yen, dopo l’aumento dei tassi BoJ alla riunione del 31 luglio, dovrebbe riuscire a rafforzarsi ulteriormente nelle prossime settimane, in prospettiva di un possibile ulteriore rialzo dei tassi in corso d’anno che genera divergenza piena rispetto al sentiero di policy di Fed e BCE.
Importanti saranno sia eventuali dichiarazioni di fonte BoJ in merito alle prossime decisioni di politica monetaria, sia gli sviluppi sul fronte USA: dati che avallino lo scenario di due/tre tagli dei tassi Fed entro fine anno agirebbero a favore dello yen tramite il calo dei rendimenti a lunga USA.
Nel breve, tuttavia, il rafforzamento dello yen potrebbe essere limitato e/o dar luogo a temporanei ritracciamenti ribassisti, sia per via di fattori tecnici dato l’ampio apprezzamento recente, sia perché la BoJ non avrà ancora abbastanza evidenza per esporsi sulle prossime mosse, sia perché, in caso di sorprese verso l’alto dai dati USA il dollaro si rafforzerebbe, a detrimento, di riflesso, dello yen.
Anche nel caso dello yen sono da seguire gli sviluppi geopolitici in generale, perché un eventuale aumento della risk aversion, come avvenuto di recente, favorirebbe la valuta nipponica.