28 Luglio 2022 – nota economica giornaliera
ITALIA – Ieri la fiducia di famiglie e imprese è scesa più del previsto a luglio, evidenziando crescenti rischi al ribasso per l’attività economica nel secondo semestre dell’anno.
Il morale dei consumatori è calato a 94,8 da 98,3 di giugno: dal 2014, solo nel maggio 2020 sono stati registrati livelli più bassi.
L’indice composito Istat del clima di fiducia delle imprese è diminuito a luglio, a 110,8 da un precedente 113,4: il morale è sceso nel manifatturiero e nei servizi, mentre è aumentato per il quarto mese di fila nel commercio al dettaglio, e ha raggiunto un nuovo massimo storico nelle costruzioni.
ITALIA – A giugno le retribuzioni contrattuali sono cresciute dello 0,3% m/m (1% a/a): nel 2° trimestre si è registrata una accelerazione delle dinamiche salariali (a 0,9% da 0,6% a/a), per effetto, tra l’altro, dei primi rinnovi relativi al triennio 2019-21 nel settore pubblico.
Nel secondo semestre, sulla base dei contratti in vigore, è attesa una ulteriore accelerazione a 1,2%; le pressioni salariali in Italia restano comunque di gran lunga inferiori al ritmo di crescita dell’inflazione e alle altre principali economie dell’area euro.
FRANCIA – La fiducia dei consumatori è calata per il settimo mese a luglio, a 80 da un precedente 82, un minimo da maggio 2013 e la seconda lettura più bassa mai registrata dall’inizio delle rilevazioni nel 1987.
Il deterioramento del morale è risultato diffuso a tutte le principali componenti e anticipa una marcata frenata dei consumi nei prossimi mesi.
STATI UNITI – Ieri, gli ordini di beni durevoli di giugno hanno sorpreso verso l’alto, con una variazione di 1,9% m/m, spinta dal balzo nel comparto dell’aeronautica militare e segnali positivi anche per l’aggregato dei beni capitali al netto di difesa e trasporti, in aumento di 0,5% m/m.
COMMENTI:
ITALIA – La Camera dovrebbe votare oggi la Relazione al Parlamento presentata dal Governo dimissionario, che, come illustrato dal Ministro Franco, evidenzia un deficit inferiore al previsto, nei primi sei mesi dell’anno, di circa 14,3 miliardi (lo 0,8% del PIL), grazie interamente alle maggiori entrate.
Tali spazi finanziari saranno destinati al nuovo decreto aiuti.
STATI UNITI – Ieri la riunione del FOMC si è conclusa con un rialzo di 75pb, votato all’unanimità, l’indicazione di ulteriori aumenti dei tassi e la sospensione della fase di forward guidance relativamente dettagliata in atto da maggio.
Secondo Powell, con i tassi sulla soglia del livello neutrale, “è ora di muoversi riunione per riunione e non offrire il tipo di indicazioni chiare che abbiamo fornito sulla strada verso la neutralità”.
In particolare, per quanto riguarda settembre, “un altro aumento inusualmente ampio potrebbe essere appropriato, ma non è una decisione che prendiamo ora; è una (decisione) che prenderemo sulla base dei dati che vedremo”.
In sostanza, il FOMC non esclude un’altra mossa da 75pb, ma lascia la strada aperta a un intervento più contenuto, possibilmente di 50pb, senza vincolarsi in anticipo.
L’inflazione rimane il focus della banca centrale e richiede “continui (ongoing) aumenti” dei fed funds.
Il messaggio della Fed rimane relativamente hawkish, sempre preoccupato dalla dinamica dei prezzi e dal mercato del lavoro sotto pressione.
Nella discussione sulla politica monetaria, Powell ha ribadito che nonostante i recenti segnali di rallentamento dell’attività, l’economia è ancora in una fase di eccesso di domanda che richiede una politica monetaria almeno “moderatamente restrittiva” accompagnata da un ulteriore rallentamento della crescita e un indebolimento delle condizioni del mercato del lavoro.
Manteniamo la previsione di un rialzo di 50pb a settembre e a novembre, prima di una transizione, attesa per dicembre, a rialzi di 25pb, con un punto di arrivo intorno a 4% nei primi mesi del 2023.
MERCATI VALUTARI:
USD – Il dollaro si è indebolito sull’esito del FOMC di ieri sera.
La Fed infatti, pur alzando i tassi di 75 pb, ha sostanzialmente sospeso la forward guidance, aprendo alla prospettiva di una riduzione dell’entità dei rialzi nei prossimi mesi, in base comunque alle indicazioni che giungeranno dai dati, che segnalano ancora pressioni verso l’alto sull’inflazione ma iniziano anche a mostrare un rallentamento della crescita.
Alla prossima riunione di settembre la Fed non esclude di dover procedere ancora con un rialzo di 75 pb, ma chiarisce che la decisione finale dipenderà dai dati che saranno usciti nel frattempo.
A prescindere dall’entità della mossa di settembre, la Fed ha comunque segnalato esplicitamente l’avvicinarsi di una nuova fase di policy (riduzione del ritmo dei rialzi) che dovrebbe progressivamente ridimensionare l’upside del dollaro.
Nel breve tuttavia determinante resterà l’evoluzione della risk aversion a livello globale: una sua risalita favorirebbe ancora il biglietto verde riportandolo in prossimità dei massimi recenti, o temporaneamente sopra.
Successivamente invece il dollaro dovrebbe gradualmente iniziare ad arretrare, in prospettiva dell’avvicinarsi della fine del ciclo di rialzi Fed nella prima parte dell’anno prossimo.
Oggi intanto si attende il PIL del 2° trimestre, previsto in recupero ma su livelli molto bassi: un’eventuale delusione indebolirebbe ancora il biglietto verde.
EUR – L’euro si è rafforzato sull’esito del FOMC in linea con il ri-allargamento dei differenziali di rendimento portandosi da un minimo ieri di 1,0095 a un massimo stamani di 1,0234 EUR/USD.
Ora però sta scendendo nuovamente, dopo il dato di fiducia dell’area che ha mostrato un calo superiore alle attese, confermando i rischi verso il basso derivanti soprattutto dall’evoluzione del conflitto russo-ucraino e conseguente andamento delle forniture energetiche dalla Russia.
Nel breve, l’incertezza che grava su questo fronte impedisce all’euro di trarre maggior beneficio dal rallentamento atteso del sentiero di restrizione della Fed.
Domani un nuovo test per il cambio si avrà con i dati di PIL dell’area e con l’inflazione, di cui oggi si potrà avere un’anticipazione con la pubblicazione dei prezzi al consumo in Germania.
L’atteso rallentamento della crescita e la possibilità di non ulteriore salita dell’inflazione potrebbero frenare ancora l’euro, contribuendo ad accentuare i rischi verso il basso.
GBP – La sterlina si è rafforzata sull’esito del FOMC sia contro dollaro da 1,20 fino in area 1,21 GBP/USD inoltrata sia contro euro da 0,84 a 0,83 EUR/GBP, rivelandosi più resiliente rispetto alla moneta unica grazie alla molto minor esposizione dell’economia britannica alle forniture di gas russo.
In questi giorni, in assenza di novità sul fronte domestico, la sterlina dovrebbe seguire ancora i driver di dollaro, mantenendo una tendenza a sovra-performare leggermente rispetto alla moneta unica.
Dopodiché il focus si sposterà sulla riunione BoE di giovedì prossimo, dove la decisione se passare o meno a un rialzo di 50 pb invece degli usuali 25 pb sarà molto dibattuta all’interno della BoE.
Un’eventuale accelerazione del sentiero dei rialzi favorirebbe la sterlina, ma in misura comunque contenuta dato lo scenario di debolezza della crescita domestica.
JPY – Lo yen si è rafforzato contro dollaro da 137 a 135 USD/JPY sull’esito del FOMC che ha fatto temporaneamente scendere i rendimenti a lunga USA.
L’apertura della nuova fase di policy della Fed riduce ora la probabilità che la valuta nipponica possa scendere oltre i minimi recenti, se non nel breve e temporaneamente.
Contro euro la dinamica è più contrastata: lo yen si è parzialmente indebolito ieri sera sul FOMC da 138 a 139 EUR/JPY, per la maggior salita dell’EUR/USD, ma sta più che recuperando oggi fino in area 137 EUR/JPY.
PREVISIONI:
AREA EURO – Oggi le indagini della Commissione Europea di luglio dovrebbero confermare un generalizzato rallentamento del ciclo.
La fiducia nell’industria è attesa calare a 4,2 da 7,4 e correggere a 12,5 da 14,8 nei servizi.
La stima finale del morale dei consumatori dovrebbe confermare la lettura preliminare e potremmo assistere a un calo piuttosto marcato della fiducia nel commercio.
Vediamo quindi l’indice composito ESI flettere a 102 da un precedente 104; alla luce dei risultati dell’indagine IFO in Germania e Istat in Italia dei giorni scorsi, non escludiamo sorprese al ribasso.
GERMANIA – A luglio i prezzi al consumo dovrebbero mostrare una crescita di tre decimi sull’indice armonizzato UE e di quattro sull’indice domestico; la tendenza annua è attesa rallentare al 7,1% dal 7,6% precedente sulla misura nazionale e all’8% dall’8,2% di giugno su quella armonizzata, per effetto delle misure calmieranti decise dal governo.
BELGIO – Vediamo una stagnazione del PIL nel 2° trimestre, dopo lo 0,5% t/t registrato a inizio 2022.
STATI UNITI
– Oggi è in uscita la stima advance del PIL del 2° trimestre, prevista solo marginalmente positiva, in rialzo di 0,6% t/t ann., dopo -1,6% t/t ann. del 1° trimestre.
La debolezza attesa per la crescita in primavera è in larga misura da attribuire alle scorte, che dovrebbero dare un ampio contributo negativo, oltre che alla probabile contrazione degli investimenti residenziali.
La domanda finale domestica dovrebbe comunque evidenziare una relativa debolezza dei consumi, causata ancora da scarsità di offerta nel comparto auto, ma amplificata dagli effetti dell’inflazione in aumento e dei tassi in rialzo.
Il FOMC aveva già i dati che usciranno oggi e non li ha ritenuti tali da fermare il rialzo di 75pb attuato ieri, confermando la valutazione secondo cui l’economia non è in recessione.
– Oggi saranno pubblicati anche i sussidi, ormai da monitorare costantemente per valutare in tempo reale l’evoluzione del mercato del lavoro in questa fase di transizione.