16 Giugno 2022 – nota economica giornaliera
AREA EURO
– Ieri la produzione industriale è tornare a crescere ad aprile dopo il tonfo di marzo: +0,4% m/m da -1,4% (rivisto da -1,8%).
La flessione tendenziale si è invece ampliata al -2% da -0,5% precedente.
Il rimbalzo è però trainato dall’energia a fronte di uno spaccato più debole per gli altri settori.
Vediamo comunque una contrazione dell’industria nel trimestre in corso.
– I dati sul commercio internazionale di beni hanno invece registrato una forte accelerazione dell’import (+7% m/m da +3,2%), a ritmi superiori all’export (+1,5% m/m da +1%).
Il balzo dell’import, gonfiato dallo shock sui prezzi energetici, ha fatto registrare un deficit record del saldo commerciale (-58 mld da +61 mld un anno prima)
FRANCIA – L’inflazione di maggio ha confermato la lettura preliminare sia sull’indice nazionale, al 5,2% a/a, che su quello armonizzato, al 5,8% a/a.
La crescita congiunturale dei prezzi è stata rivista al rialzo di un decimo su entrambe le misure.
Il grado di incertezza è particolarmente elevato ma, in media annua, l’inflazione dovrebbe superare il 5% (sull’indice armonizzato) nel 2022, su livelli decisamente inferiori alla media Eurozona.
STATI UNITI
– Ieri, le vendite al dettaglio hanno deluso le aspettative, con un calo di -0,3% m/m, sulla scia di una contrazione per le auto di -3,5% m/m, nonostante l’aumento dei prezzi visto nel CPI.
Al netto delle auto, le vendite sono aumentate di 0,5% m/m.
Lo spaccato delle vendite mostra incrementi in linea con le variazioni dei prezzi per la benzina, per gli alimentari e per la ristorazione (0,7% m/m), ma significative correzioni per molte altre voci (arredamento, sanità, online, varie) in linea con un indebolimento della spesa per i beni, che però dovrebbe essere compensata dallo spostamento verso i servizi.
– L’indice Empire della NY Fed a giugno è risalito a -1,2 da -11,6, segnalando stabilizzazione dell’attività, modesta espansione degli ordini e delle consegne, e un solido incremento dell’occupazione.
I prezzi pagati restano in accelerazione e quelli ricevuti sono in modesto rallentamento su livelli elevati.
Le aspettative a 6 mesi sono di crescita contenuta, con occupazione e prezzi sempre in rialzo.
COMMENTI:
BCE – La Banca Centrale Europea, da parte sua, ha annunciato l’attivazione della flessibilità nei reinvestimenti PEPP per tipologia, giurisdizione e calendario.
Lo scarno comunicato stampa diffuso nel primo pomeriggio non ha offerto altri dettagli in merito.
Inoltre, la BCE ha prospettato l’annuncio di uno strumento “anti-frammentazione”.
Non sono stati comunicati dettagli, ma potrebbe consistere in una versione modificata del programma OMT, eventualmente ad attivazione automatica per i paesi che rispettino i criteri di accesso e al verificarsi di particolari condizioni di mercato.
In particolare, ci attendiamo che le condizioni di accesso siano alleggerite per svincolarlo da programmi ESM, e che siano probabilmente ridotte al rispetto delle raccomandazioni per paese della Commissione Europea.
Stamane, Reuters cita “fonti informate sulla questione” che fanno cenno proprio a questo tipo di condizioni.
STATI UNITI – La riunione del FOMC del 14-15 giugno si è conclusa con il rialzo di 75pb che il mercato ha “imposto” alla Fed dopo la riaccelerazione del CPI di maggio e delle aspettative di inflazione di giugno.
Il voto non è stato unanime, con George (Kansas City Fed, sempre all’estremo dei falchi) che avrebbe voluto un rialzo da 50pb, probabilmente per mantenere coerenza con la guidance data fino a una settimana fa.
Nel nuovo scenario, la Fed prevede un rialzo fra 50 e 75pb a luglio e il proseguimento di aumenti di entità ampia fino a quando non si vedrà “un’evidenza inoppugnabile” di rallentamento delle variazioni mensili di inflazione.
Powell ha anche affermato che aumenti di 75pb probabilmente saranno “inusuali” e non “comuni”, e che le decisioni verranno prese “riunione per riunione”.
Lo scenario del FOMC vede tassi a 3,4% a fine 2022, a 3,8% a fine 2023, e in successivo calo a 3,4% a fine 2024.
I rischi per l’inflazione sono verso l’alto e, di conseguenza, a nostro avviso, sono verso l’alto anche i rischi sui tassi.
Come atteso, ora la Fed prevede un significativo rallentamento della crescita e un netto aumento della disoccupazione (4,1% nel 2024) associato all’aspettativa di politica monetaria in territorio restrittivo già da fine 2022.
Riteniamo che il sentiero di inflazione, ostinatamente elevato, probabilmente imporrà maggiori rialzi quest’anno, e prevediamo tassi almeno fra 3,5% e 3,75% a fine 2022, con un punto di arrivo fra 4 e 4,25% nel 2023, con rischi verso l’alto.
Concordiamo con la Fed su due punti: 1) il sentiero dell’inflazione dipende anche da fattori al di fuori del suo controllo (offerta di lavoro, eccesso di domanda di abitazioni, prezzi delle materie prime), con possibilità di overshooting per i tassi; e 2) il ciclo dei tassi probabilmente svolterà nel 2024, con una sequenza di tagli.
REGNO UNITO – Si tiene oggi la riunione della Bank of England.
Ci aspettiamo, in linea con il consenso, un altro rialzo di 25pb (da 1,00% a 1,25%), il quinto di fila da dicembre, ma non è da escludersi la possibilità di un intervento più ampio, di 50pb, data la rapida salita dell’inflazione (arrivata a 9,0% in aprile e attesa dalla BoE elevarsi ulteriormente fino a raggiungere il 10% entro fine anno).
Già a maggio tre membri su nove (Haskel, Saunders e Mann) avevano votato per un incremento di 50pb. Per il futuro, la BoE potrebbe indicare che i segnali recenti puntano a un deterioramento ulteriore del quadro inflazionistico, il che rappresenterebbe un’apertura verso l’attuazione di un sentiero di rialzi più incisivo, più vicino a quanto incorporato dal mercato, che ora sconta 175/200pb di rialzi entro fine anno, seguiti da altri 50pb circa l’anno prossimo.
MERCATI VALUTARI:
USD – Il dollaro si è indebolito ieri sera sull’esito del FOMC – in linea con la reazione ribassista dei rendimenti, sia a breve sia a lunga – annullando così la salita del giorno precedente.
La Fed ha alzato i tassi come da attese, di 75 pb a 1,50-1,75%, indicando di attendersi che i tassi salgano fino a 3,25-3,50% entro fine anno e di altri 25 pb il prossimo.
Ha rivisto al rialzo le previsioni di inflazione per quest’anno da 4,3% a 5,2%, ritoccando però al ribasso dello 0,1% quelle sul prossimo biennio, a 2,6% e 2,2% nel 2023 e 2024 rispettivamente.
Ha infine rivisto al ribasso le previsioni di crescita, soprattutto per quest’anno, da 2,8% a 1,7%, da 2,2% a 1,7% nel 2023 e da 2,0% a 1,9% nel 2024.
La reazione al ribasso del dollaro si spiega sia con (i) la prospettiva che la più massiccia restrizione Fed indebolisca la crescita USA (aprendo a successive riduzioni dei tassi, che la Fed prospetta già nel 2024 con un ritocco di 25 pb e una discesa di altri 100 pb nel più lungo termine verso 2,25-2,50%), sia con (ii) il fatto che il nuovo sentiero di rialzi prospettato dalla Fed è sostanzialmente allineato a quanto il mercato incorporava (la Fed colloca il punto di arrivo solo marginalmente al di sotto – di 25 pb – di quello del mercato).
Questo supporta l’idea che al di là del breve la recente forza del dollaro debba andare ridimensionandosi, sfociando successivamente in un moderato indebolimento.
Nel breve invece il ritmo sostenuto dei rialzi Fed e la possibilità che la risk aversion resti elevata o salga ulteriormente dovrebbero fornire ancora almeno parziale supporto al dollaro.
EUR – L’euro è sceso leggermente – all’inizio – sull’esito del FOMC, fino a 1,0357 EUR/USD, ma poi è rapidamente risalito chiudendo al rialzo in area 1,04 EUR/USD, di riflesso alla reazione ribassista del dollaro.
Nel pomeriggio era invece sceso sull’annuncio BCE che decretava l’avvio del primo piano di emergenza contro il rischio di frammentazione finanziaria, sostanzialmente perché privo di dettagli sui punti chiave della strategia.
Nel breve pertanto rimangono i rischi verso il basso sul cambio, ma l’esito del FOMC dovrebbe contribuire a favorire al di là del breve un graduale recupero dell’euro.
GBP – La sterlina ha recuperato ieri il calo di martedì, sia contro dollaro, da 1,19 a 1,22 GBP/USD sia contro euro, da 0,87 a 0,85 EUR/GBP, principalmente di riflesso all’arretramento post-FOMC del dollaro.
Cruciale sarà oggi l’esito della riunione BoE.
Ci aspettiamo, in linea con il consenso, un altro rialzo di 25 pb (da 1,00% a 1,25%), il quinto di fila da dicembre, ma non è da escludersi la possibilità di un intervento più ampio, di 50 pb, data la rapida salita dell’inflazione (arrivata a 9,0% in aprile e attesa dalla BoE elevarsi ulteriormente fino a raggiungere il 10% entro fine anno).
Se anche il rialzo sarà di 25 pb appare probabile assistere a un’almeno parziale spaccatura interna sull’entità del rialzo: già a maggio tre su nove (Haskel, Saunders e Mann) avevano votato per un incremento di 50 pb.
Cruciali saranno comunque anche le indicazioni che la BoE fornirà sul sentiero dei rialzi successivi.
Dai dati recenti sono emerse indicazioni di maggiori rischi verso il basso sulla crescita ma aumentati rischi verso l’alto sull’inflazione, il che complica ulteriormente la decisione della BoE.
Tuttavia appare probabile che alla luce delle tendenze globali, anche la BoE possa alla fine optare per un approccio più fermo sui tassi nel breve, privilegiando la necessità di contrastare la salita dell’inflazione, spiegando eventualmente che questo crea spazio per possibili ritocchi al ribasso dei tassi in una fase successiva (ipoteticamente 2024-2025) una volta che l’inflazione sia rientrata a target ma al prezzo di una (quasi) recessione (la BoE prevede una contrazione del PIL l’anno prossimo, -¼%, seguita da un recupero solo marginale a ¼% nel 2024).
Oggi, dati i segnali contrastanti giunti dai dati recenti, la BoE potrebbe scegliere di non sbilanciarsi, mantenendo la formulazione del mese scorso, in base alla quale “un certo grado di ulteriore restrizione monetaria potrebbe essere ancora appropriato nei prossimi mesi”, rinviando il giudizio alla prossima riunione di agosto, quando pubblicherà anche lo scenario aggiornato di crescita e inflazione.
Potrebbe però almeno indicare che i segnali recenti puntano a un deterioramento ulteriore del quadro inflazionistico, il che rappresenterebbe un’apertura verso l’attuazione di un sentiero di rialzi più incisivo, più vicino a quanto incorporato dal mercato, che ora sconta 175/200 pb di rialzi entro fine anno (su cinque riunioni, inclusa quella odierna, questo implicherebbe due-tre rialzi di 50 pb e i restanti di 25 pb), seguiti da altri 50 pb circa l’anno prossimo. In tal caso la sterlina dovrebbe trarne beneficio.
Intanto, sul fronte dei negoziati post-Brexit, dopo l’annuncio del governo britannico di voler sospendere alcune disposizioni contenute nel protocollo nordirlandese (per alleggerire i controlli sulle merci in arrivo dal Regno Unito e dirette verso l’Irlanda del Nord), l’UE ha annunciato due nuove azioni legali contro il Regno Unito, che potrebbero più avanti sfociare in procedure sanzionatorie.
JPY – Lo yen è parzialmente risalito sull’esito del FOMC dato il calo dei rendimenti a lunga USA, sia contro dollaro da 135 a 133 USD/JPY sia contro euro da 141 a 139 EUR/JPY.
Dovrebbe tuttavia esservi spazio per nuova debolezza dello yen, fintantoché i rendimenti a lunga USA salgono ancora, per via della divergenza di policy della BoJ, che ci si attende venga confermata alla riunione che si terrà questa notte.
PREVISIONI:
AREA EURO – In calendario per oggi in Eurozona il dato sul costo del lavoro, atteso riportare una crescita intorno al 3,3% a/a nel 1° trimestre, in accelerazione dall’1,9% registrato a fine 2021.
Vediamo maggiori progressi nel corso del 2022, ma il ritmo di crescita delle retribuzioni dovrebbe rimanere inferiore all’inflazione.
ITALIA – La stima finale dell’inflazione di maggio è vista confermare la crescita sia sull’indice NIC, al 6,9% a/a dal 6% di aprile, che sull’armonizzato UE, al 7,3% a/a da 6,3% precedente.
La media d’anno dell’inflazione potrebbe attestarsi intorno al 6,5% nel 2022 e al 2,7% nel 2023 (sull’indice armonizzato), con rischi ancora verso l’alto.
STATI UNITI – Oggi vengono pubblicati i cantieri residenziali di maggio, attesi in modesto calo a 1,70 mln da 1,724 mln di aprile, sempre all’interno di un intervallo relativamente contenuto da inizio 2021.
Le licenze sono previste in flessione a 1,78 mln.
L’indice della Philadelphia Fed di giugno dovrebbe essere poco variato a 3,5.