FOMC: “il re è nudo”
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a cura di Giovanna Mossetti
ABSTRACT
La riunione del FOMC del 14-15 giugno si è conclusa con il rialzo di 75 pb che il mercato ha “imposto” alla Fed dopo la riaccelerazione del CPI di maggio e delle aspettative di inflazione di giugno.
Il voto non è stato unanime, con George (Kansas City Fed, sempre all’estremo dei falchi) che avrebbe voluto un rialzo da 50 pb, probabilmente per mantenere coerenza con la guidance data fino a una settimana fa.
Le prospettive per i tassi che emergono dall’aggiornamento delle proiezioni e dalla conferenza stampa di Powell sono di rialzi fra 50 e 75 pb a luglio e proseguimento di aumenti di entità ampia fino a quando non si vedrà “un’evidenza inoppugnabile” di rallentamento delle variazioni mensili di inflazione.
Powell ha anche affermato che aumenti di 75 pb probabilmente saranno “inusuali” e non “comuni”, e che le decisioni verranno prese “riunione per riunione”.
Lo scenario previsto dal FOMC è di tassi a 3,4% a fine 2022, a 3,8% a fine 2023, e in successivo calo a 3,4% a fine 2024.
I rischi per l’inflazione sono verso l’alto e, di conseguenza, a nostro avviso, sono verso l’alto anche i rischi sui tassi.
Dopo tre trimestri di negazionismo, la Fed scrive nero su bianco che
1) l’inflazione resterà elevata nel 2022;
2) la domanda deve rallentare significativamente per generare il rientro dei prezzi;
3) il tasso di disoccupazione deve salire; e che, per ottenere questi risultati,
4) i tassi devono entrare in territorio restrittivo già quest’anno.
Nel descrivere il nuovo scenario economico e di politica monetaria, Powell ha più volte sottolineato che la Fed è impegnata a fare scendere l’inflazione a ogni costo, attraverso una necessaria riduzione della domanda aggregata e della domanda di lavoro, ma ha aggiunto che ci sono fattori al di fuori del suo controllo che agiscono sia sull’offerta (sia sul mercato dei beni sia su quello del lavoro) sia sui prezzi (materie prime), rendendo particolarmente difficile la riduzione della dinamica dei prezzi.
Concordiamo con la Fed:
1) il sentiero dell’inflazione dipende da fattori al di fuori del controllo della banca centrale (offerta di lavoro, eccesso di domanda di abitazioni, prezzi delle materie prime), con rischi verso l’alto sui tassi;
2) il ciclo dei tassi probabilmente svolterà nel 2024, con una sequenza di tagli.
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