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Le nuove forme di «furto» ai danni del Made in Italy

Si è oggi diffusa nel nostro Paese una forma raffinata di Italian sounding, legale, seppur, nei fatti, ingannevole. Se in passato era frequente la pratica di acquistare all’estero le materie prime per alimenti poi trasformati e lavorati in Italia e venduti come Made in italy, in questi anni si è invece diffusa in misura crescente la tendenza a rilevare note aziende agroalimentari italiane, in questo caso il nome non soltanto suona italiano, ma viene unanimemente associato all’azienda che dal momento della sua nascita, per anni, ha messo sul mercato il prodotto. Quasi tutti i settori alimentari sono stati coinvolti, dalle bevande alcoliche ai dolci, dai salumi ai latticini. Il marchio Made in Italy a rischio. L’assorbimento di una fetta tanto importante del comparto agroalimentare nazionale da parte di aziende estere comporta lo svuotare di sostanza il marchio del Made in Italy, poiché sono sempre di più le realtà industriali, grandi e piccole, ormai italiane solo di nome. In molti casi il cambio di gestione determina una perdita della qualità, come conseguenza della defocalizzazione produttiva e della scelta di materie prime non locali.