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Kafka. Il mistero della Legge

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Kafka. Il mistero della Legge

Spesso i libri diversi dai romanzi si aprono con una introduzione. Si vorrebbe accompagnare il lettore verso e dentro un argomento trattato secondo una concezione, la concezione dell’autore. Nell’introduzione è la vittoria sull’esitazione, il superamento di una soglia e lo sconfinamento in un territorio che non ci appartiene. Possiamo introdurre certe persone in un luogo o in un ambiente, oppure ammetterle al cospetto di qualche autorità. Per introdurre le persone in un libro – che è luogo ambiente autorità – siamo abituati a scrivere un breve discorso di orientamento, stampato in apertura. A prendere la parola è l’autore che, quando non si vanta, si giustifica: dice dell’argomento prescelto, spiega le sue intenzioni, annuncia ciò di cui parla e avverte su quello di cui tace. In questo caso lo stesso argomento trattato, ossia il nostro stare davanti alla Legge, impone di fare attenzione. Non staremmo davanti alla Legge se già ci inoltrassimo spensieratamente all’interno. Per stare davanti bisogna rimanere fermi, fino a renderci conto che, stando davanti, siamo già immersi in questo colossale problema. Come in questo momento: fuori e dentro, davanti a questo libro sul mistero della Legge. Non ci sarebbe nulla di drammatico nello stare davanti se qualcuno potesse condurci oltre la porta. Ma nessuno potrebbe farlo per davvero perché, in fin dei conti, ognuno è solo davanti alla Legge. Il tema la concezione la giustificazione l’argomentazione, tutto quanto serve a introdurci nel nostro stare – vorrei dire, con Kafka – davanti alla Legge, è già oltre la porta aperta.