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La Bussola dell’economia italiana

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a cura di Elisa Coletti, Paolo Mameli e Andrea Volpi


ABSTRACT

L’evoluzione dello scenario congiunturale

Ci attendiamo un significativo rallentamento della crescita del PIL nel 2023, a 0,6% dopo il 3,8% stimato per quest’anno.
Il profilo previsivo include una contrazione del PIL nei due trimestri tra fine 2022 e inizio 2023, seguita da una ripresa moderata nel resto dell’anno.
Lo shock inflattivo colpirà in particolare i consumi, mentre gli investimenti potrebbero mantenere un ritmo di crescita superiore al PIL.
I rischi derivanti dall’evoluzione della crisi energetica sembrano essersi ridotti con un orizzonte di breve termine, ma potrebbero tornare a materializzarsi in corso di 2023.
Il 2022 è stato un anno a due facce per l’economia italiana.
Per buona parte dell’anno, il fattore determinante per la crescita è stata la ripresa della mobilità personale conseguente all’uscita dalla fase più acuta dell’emergenza pandemica, che ha spinto i consumi delle famiglie, in particolare di servizi, e favorito il recupero di attività nei settori che più avevano subito gli effetti delle misure di distanziamento sociale.
Al 3° trimestre 2022, quasi tutti i macro-settori hanno recuperato i livelli pre-pandemici di valore aggiunto, compreso il comparto del commercio, trasporto e alloggio che era stato il più colpito nel picco dell’emergenza Covid-19 (rispetto a fine 2019, resta un gap nei livelli di valore aggiunto solo per il settore agricolo, per le attività finanziarie e assicurative e per le “altre attività dei servizi”).
L’altro fattore che ha consentito alla crescita nel 2022 di non discostarsi troppo dalle attese di inizio anno, nonostante lo scoppio della guerra in Ucraina, è stato il prosieguo del ciclo espansivo nelle costruzioni (il cui valore aggiunto al 3° trimestre 2022 è cresciuto del 25% rispetto a fine 2019), trainato dagli incentivi alle ristrutturazioni.
Lo scenario congiunturale si è fatto però via via meno favorevole nel corso dell’anno, in quanto i due driver di cui sopra hanno progressivamente perso spinta, e due nuovi fattori di segno opposto hanno acquisito progressivamente rilevanza: la fiammata inflazionistica conseguente alla crisi energetica, e la restrizione monetaria decisa dalle principali banche centrali a livello globale in risposta allo shock.
A nostro avviso, la componente di domanda che sarà più colpita dagli effetti dello shock inflazionistico sarà quella dei consumi, che ci attendiamo sostanzialmente stagnanti (0,3%) in media d’anno nel 2023 dopo un ritmo di espansione vicino al 5% in media nel biennio 2021-22.
Ci attendiamo in particolare una contrazione dei consumi di beni (sia durevoli che non durevoli), mentre la spesa in servizi potrebbe mantenere un ritmo di crescita positivo (pur in deciso rallentamento rispetto al 2022, a 1,3% da 9%).
Stimiamo una flessione del potere d’acquisto delle famiglie vicina al punto percentuale l’anno prossimo, così come già nel 2022.
Sinora, le famiglie hanno reagito alla fiammata inflazionistica attingendo agli extra-risparmi post-pandemici.
Anche gli investimenti sono destinati a rallentare nel 2023, sulla scia degli effetti dei rincari delle materie prime sui margini di profitto delle imprese, della restrizione delle condizioni finanziarie, del progressivo venir meno della spinta dagli incentivi alle ristrutturazioni e dell’elevata incertezza ancora gravante sullo scenario.
Il commercio estero anche nel 2023 dovrebbe dare un contributo negativo al PIL, come già accaduto nei tre anni precedenti.
Infatti, l’export è atteso rallentare in maggior misura rispetto all’import (1,5% contro 2,3%), in quanto il deterioramento delle ragioni di scambio indotto dai rincari energetici avrà effetti anche sulla bilancia non energetica, inducendo una parziale sostituzione di produzione domestica con maggiori importazioni.
L’inflazione potrebbe essere a un punto di svolta, ma la discesa sarà lenta.
A nostro avviso, il picco potrebbe essere stato toccato a fine 2022, ma la media annua rimarrà molto elevata anche nel 2023.
In sostanza, una vera “normalizzazione” per lo scenario inflattivo è attesa solo dal 2025.

Tendenze del settore bancario italiano

I tassi sui depositi continuano a mostrare rialzi molto contenuti.
Il medio sui conti correnti è salito ad ottobre a 0,07% e a 0,11% a novembre secondo le stime ABI, quello complessivo sui depositi a 0,37% e 0,42% rispettivamente.
Più reattivi si confermano i tassi sui nuovi depositi con durata prestabilita.
Sulle durate oltre 1 anno, il tasso offerto alle famiglie è salito di 47pb m/m a 1,84%, da una media di 0,65% nel 1° semestre.
Per i nuovi prestiti alle società non-finanziarie, il tasso medio è balzato a 2,54%, con un aumento dell’1,1% in due mesi, proseguito con altri +57pb m/m a 3,11% a novembre, secondo le anticipazioni ABI.
Si è osservato un forte aumento anche per i tassi sulle erogazioni di prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni.
Il tasso medio complessivo è salito ad ottobre di 49pb a 2,75% e risulta aver subito un rialzo significativo anche a novembre, a 3,02% secondo le stime ABI.
La crescita dei prestiti al settore privato ha segnato un altro rallentamento a ottobre, a +3,4%
a/a, dal 4,0 % di settembre.
Una dinamica più moderata è stata registrata anche a novembre, del 3,0% a/a secondo le stime ABI.
In particolare, a ottobre il tasso di crescita dei prestiti alle società non-finanziarie si è ridotto di oltre 1 punto percentuale, al 3,1% a/a dal 4,4% di settembre.
Pur restando a due cifre, ha rallentato anche la dinamica dei prestiti a breve, per la prima volta da inizio anno, mentre è tornata in calo quella dei prestiti a medio-lungo.
Anche la crescita dello stock di prestiti a famiglie per acquisto abitazioni ha mostrato segni di rallentamento, risultando
pari a 4,7% a/a dal massimo di 5% nei due mesi precedenti.
I flussi mensili hanno confermato lo spostamento delle preferenze verso le forme a tasso variabile, con volumi più che triplicati, giustificati da un differenziale tra tasso fisso e variabile salito da giugno a punte di 0,9% e 1%.
Ottobre ha segnato l’interruzione di un periodo di crescita dei depositi durato oltre dieci anni.
Come nei mesi precedenti, l’evoluzione è stata determinata dai conti correnti, il cui ritmo è sceso a zero a causa del calo di quelli delle società non-finanziarie.
Da inizio anno il saldo dei depositi delle società non-finanziarie è stato negativo per 21,6 miliardi, a conferma che le imprese stanno utilizzando parte delle risorse accumulate sui conti bancari.
Al contempo, si registra una parziale riallocazione di risorse dai conti correnti ai depositi a tempo.
Anche i depositi delle famiglie rallentano, ma restano in aumento, del 2,1%.
L’andamento dei depositi ha causato l’arresto della crescita della raccolta totale da clientela, ferma anche a novembre secondo le stime ABI.

 


Indice dei contenuti

• Lo shock energetico non ha ancora esaurito pienamente i suoi effetti  (p. 2 )
Sintesi della previsione macroeconomica (p. 9 )
Produzione industriale in calo anche ad ottobre (p. 10 )
• La fiducia manifatturiera torna a salire a novembre (p. 11 )
• Costruzioni in rallentamento (p. 12 )
• La ripresa post-pandemica nei servizi è in via di esaurimento (p. 13 )
• Rimbalza il morale delle famiglie ma le prospettive per i consumi restano deboli (p. 14 )
• Disoccupazione sui minimi dal 2009  (p. 15 )
• La correzione dei prezzi energetici allevia le pressioni sul saldo commerciale (p. 16 )
• L’inflazione è a un punto di svolta, ma la discesa sarà lenta (p. 17 )
• Notevole rialzo dei tassi sui prestiti (p. 18 )
• Prestiti in rallentamento (p. 22 )
• Si ferma la crescita dei conti correnti, a causa degli utilizzi da parte delle imprese (p. 26 )

 


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Dicembre 2022