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31 Ottobre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA
– A ottobre, la fiducia dei consumatori è tornata a calare, dopo l’aumento di settembre, mentre il morale delle imprese ha visto un inatteso recupero. Nel complesso, i dati sono stati superiori alle attese:
L’indice composito sul morale delle aziende diffuso dall’Istat è salito a 99 a ottobre, da 98,6 a settembre. Il recupero ha riguardato tutti i principali settori, con la sola eccezione delle costruzioni, per le quali si può parlare di correzione “fisiologica” dopo che a settembre era stato toccato il secondo valore più elevato negli ultimi 11 anni.
• In particolare, nel manifatturiero, l’indice di fiducia delle imprese è aumentato per la prima volta negli ultimi 5 mesi, a 99,6 da 99 di settembre. Il miglioramento è diffuso a tutte le principali componenti, e in particolare riguarda le valutazioni prospettiche sugli ordini e sull’economia (in quest’ultimo caso, ai massimi da 12 mesi). Le aziende manifatturiere registrano anche un aumento delle scorte (che ceteris paribus è un segnale positivo per la produzione futura).
• Viceversa, il morale dei consumatori è tornato a calare a ottobre, a 111,7, dopo essere salito a 112,2 il mese precedente. Il livello è circa in linea con la media dei sei mesi precedenti. Il deterioramento del clima nel mese è dovuto alla condizione corrente (e solo in minor misura alle aspettative per il futuro), e alla situazione personale degli intervistati, mentre viceversa migliorano le valutazioni sul clima economico nazionale. Le famiglie sono però lievemente più preoccupate in merito alla situazione occupazionale (sebbene i giudizi restino favorevoli in prospettiva storica).
I dati sono misti, ma, nel complesso, superiori alle attese. In particolare, appare incoraggiante il recupero di morale per le aziende manifatturiere, in controtendenza con altri Paesi europei (gli indici omologhi elaborati da Ifo e Insee hanno visto una stabilità in Germania e un calo in Francia nello stesso mese).
In prospettiva, manteniamo l’idea che la fase di sostanziale stagnazione dell’attività economica possa estendersi ai trimestri a cavallo d’anno: riteniamo prematura una revisione in senso migliorativo dello scenario congiunturale prospettico, in attesa dell’evoluzione degli eventi in merito alla vicenda di Brexit e alla decisione Usa su possibili dazi sulle auto Ue.
Manteniamo perciò stime relativamente caute sulla crescita del PIL italiano nel biennio in corso (zero nel 2019 e 0,3% per l’anno prossimo). Tuttavia, in prospettiva oggi i rischi al ribasso appaiono minori rispetto a qualche settimana fa.

ITALIA – Le retribuzioni contrattuali sono aumentate di +0,1% m/m a settembre, circa in linea con la media dei 12 mesi precedenti. Su base annua le paghe orarie risultano in crescita di 0,8%, in accelerazione di un decimo rispetto ai tre mesi precedenti. Sulla base delle disposizioni definite dai contratti in vigore, la tendenza annua tornerebbe a rallentare nei prossimi mesi, a 0,5% in media nel semestre ottobre 2019-marzo 2020.
La decelerazione dai picchi dello scorso anno (2,1% a luglio 2018) è dovuta all’esaurirsi dell’effetto dei rinnovi nel pubblico impiego. A settembre, gli incrementi tendenziali maggiori si registrano nel settore alimentare (+2,5%), in quello dell’acqua e servizi di smaltimento rifiuti (+1,8%), nel settore chimico e in quello dei trasporti, servizi postali e attività connesse (entrambi +1,5%), mentre sono ferme le retribuzioni nel comparto dell’energia elettrica e gas, nel commercio, nelle farmacie private, nelle telecomunicazioni e negli altri servizi privati.
Nel trimestre è stato rinnovato l’accordo dei laterizi e manufatti in cemento mentre sono venuti a scadenza tre contratti gomma e plastica, servizio di smaltimento rifiuti aziende municipalizzate e servizio di smaltimento rifiuti aziende private. I contratti in vigore corrispondono al 53,7% del monte retributivo complessivo, ma, in assenza di rinnovi, tale percentuale è destinata a crollare fino al 13,4% a gennaio 2020.

AREA EURO – L’indice di fiducia economica della Commissione Europea è calato nettamente in ottobre, da 101,7 a 100,8. Il clima di fiducia è peggiorato nell’industria da -8,9 a -9,5, nei servizi da 9,5 a 9,0 e nel commercio al dettaglio. Anche le famiglie sono più negative (-7,6 da -6,5). Al contrario, la fiducia è aumentata di 1,3 punti nelle costruzioni. A livello geografico, il calo è stato marcato soltanto in Spagna, mentre le variazioni sono state marginali nelle altre principali economie dell’area.

FRANCIA – La spesa per consumi è calata a sorpresa di -0,4% m/m a settembre, dopo una sostanziale stagnazione ad agosto. Nel mese le vendite di auto sono crollate di -3,5% m/m (dopo il +2,8% m/m precedente); in netto calo anche la spesa per abbigliamento (-1,2% m/m da +2,1% m/m).
Il consumo di energia è rimasto invariato rispetto ad agosto. La variazione annua è tornata però positiva (a+ 0,3% da -0,1%). Nel trimestre i consumi risultano in calo di -0,4% t/t, dopo il -0,1% t/t dei tre mesi precedenti. Prevediamo un rimbalzo della spesa delle famiglie nell’inverno.

GERMANIA – L’inflazione IPCA è rimasta invariata a 0,9% a/a di ottobre, mentre l’inflazione del CPI nazionale è scesa di un decimo a 1,1% a/a. Il sentiero dei prezzi è frenato principalmente dal comparto energia, in calo del -2,1% a/a in ottobre contro -1,1% a/a a settembre.
L’inflazione alimentare e l’inflazione dei servizi sono scese di un decimo a + 1,1% a/a e + 1,7% a/a, rispettivamente. L’inflazione dei servizi probabilmente rallenterà ulteriormente nel breve termine dopo aver raggiunto il picco a settembre. La debolezza del manifatturiero si diffonde gradualmente nei servizi, appesantendo la creazione di posti di lavoro complessivi e attenuando gradualmente le pressioni inflazionistiche guidate dalla domanda.
Nel resto dell’anno, tuttavia, si prevede che l’inflazione complessiva aumenti su un effetto base statistico rispetto a un anno fa. Nel mese, i prezzi al consumo totali sono aumentati dello 0,1%, in linea con le nostre aspettative, marginalmente al di sopra del consenso del mercato.

STATI UNITI
– La stima advance del PIL del 3° trimestre registra una crescita di 1,9% t/t ann., dopo 2% t/t ann. del 2° trimestre. Ancora una volta sono i consumi a trainare la crescita, con una variazione di 2,9% t/t ann., spinta soprattutto dai beni durevoli per il secondo trimestre consecutivo. Gli investimenti fissi non residenziali, in calo di -3% t/t ann., sono invece il principale freno alla crescita a causa della debolezza di strutture e macchinari. La spesa pubblica, in aumento di 2% t/t ann. rallenta rispetto a 4,8% t/t ann. della primavera, mentre gli investimenti residenziali (+5,1% t/t ann.) sono in espansione per la prima volta dopo sei contrazioni consecutive. Il contributo negativo delle esportazioni nette, a -0,1 pp, è più contenuto rispetto a -0,7 pp del 2° trimestre. Anche l’influenza delle scorte è modesta, -0,05 pp, dopo +0,9 pp del trimestre precedente. Il deflatore dei consumi core è in aumento di 2,2% t/t ann., dopo 1,9% t/t ann. della primavera. I dati, se pure modestamente migliori delle attese (consenso: 1,6% t/t ann.), confermano il rallentamento dell’economia, la frenata degli investimenti fissi non residenziali e il ruolo cruciale dei consumi per la tenuta del ciclo. La tenuta dei servizi e l’andamento degli investimenti fissi delle imprese saranno da monitorare per valutare lo scenario del 2020.
– La stima ADP degli occupati non agricoli privati registra una variazione di 125 mila a ottobre, dopo 93 mila di settembre (rivisto da 135 mila). Gli occupati nell’industria calano di -13 mila, mentre quelli dei servizi aumentano di 138 mila. I dati per via di definizioni differenti degli aggregati rispetto all’employment report del BLS, includono come occupati anche i lavoratori interessati dallo sciopero GM (circa 50 mila): per il manifatturiero l’indagine riporta una contrazione di -4 mila posti. L’ADP punta a un dato debole per i nuovi occupati di ottobre in uscita venerdì. I nonfarm payroll potrebbero essere anche inferiori agli 85 mila previsti dal consenso, se si aggiungono una correzione degli occupati pubblici (per via di un contributo negativo dei contratti in scadenza per lavoratori temporanei del governo federale collegati al censimento) e una possibile trasmissione degli effetti negativi dello sciopero GM sulle imprese dell’indotto auto. Nel complesso le informazioni dell’ADP confermano il rallentamento della dinamica dell’occupazione in atto da inizio anno.

GIAPPONE – La produzione industriale a settembre (prel.) sorprende verso l’alto con un aumento di 1,4% m/m (consenso: 0,4% m/m). Le proiezioni raccolte dal METI per i prossimi mesi sono però negative, con correzioni attese di -0,5% m/m a ottobre e di -1,2% m/m a novembre. I dati di attività dell’autunno sono influenzati dall’entrata in vigore del rialzo dell’imposta sui consumi del 1° ottobre, che ha generato accelerazione nel 3° trimestre e determinerà una contrazione nel 4°.

CINA L’indice PMI manifatturiero rilevato dal NBS è sceso da 49,8 in settembre a 49,3 in ottobre, toccando il minimo degli ultimi 8 mesi, spinto al ribasso dal calo delle componenti della produzione e degli ordini, in particolare esteri, quest’ultima scesa a 47. In netto calo è stata anche la componente dei prezzi. La componente occupazione ha registrato un lieve miglioramento pur rimanendo in area 47. Anche l’indice PMI del settore non manifatturiero, ancora in territorio espansivo, è diminuito in ottobre, portandosi a 52,8 da 53,7 in settembre. I nuovi ordini sono scesi per la prima volta al di sotto di 50 (49,4) da settembre 2016, nonostante un timido miglioramento della componente degli ordini esteri, che restano però in contrazione.
La diminuzione del PMI non manifatturiero è imputabile soprattutto al calo dell’indice dei servizi, sceso da 53 in settembre a 51,4 in ottobre, a causa della contrazione degli ordini totali e della componente prezzi. L’indice delle costruzioni, dopo il minimo toccato in settembre, è invece risalito di due punti portandosi a 60,4, grazie ad un aumento delle componenti dei prezzi e delle aspettative. I dati sono compatibili con una tenuta del settore costruzioni, una decelerazione dell’attività nel settore manifatturiero e dei servizi (finora non interessato dal rallentamento), e una rinnovata debolezza delle esportazioni. Migliori indicazioni saranno fornite dagli indici PMI rilevati da Caixin-Markit, che saranno pubblicati tra domani e il 5 novembre.

 

COMMENTI:

STATI UNITIRiunione FOMC: un taglio, due dissensi, una pausa.
• La riunione del FOMC si è conclusa, come atteso, con un taglio del tasso dei fed funds di 25 pb, a un intervallo compreso fra 1,5% e 1,75%, due dissensi (Rosengren e George) e indicazioni di una probabile pausa nel sentiero futuro dei tassi.
• La valutazione dello scenario macroeconomico nel comunicato è sostanzialmente invariata rispetto a quella di settembre: mercato del lavoro “solido”, crescita dell’attività “moderata” sostenuta da consumi in rialzo a “un ritmo forte” ma frenata da esportazioni e investimenti fissi delle imprese “deboli”, inflazione sempre sotto il 2% con aspettative implicite nei prezzi di mercato “basse”.
• Il punto cruciale nel comunicato è il messaggio di apertura di una fase di pausa nel sentiero dei rialzi e l’indicazione delle condizioni che potrebbero portare a nuovo stimolo. Dal testo sparisce l’affermazione che aveva costituito il leitmotiv della comunicazione della Fed da giugno in poi: “il Comitato, nel valutare il sentiero futuro dell’intervallo obiettivo del tasso dei fed funds, continuerà a monitorare le implicazioni delle informazioni in arrivo per lo scenario economico e agirà come appropriato per sostenere l’espansione”. Ora il comunicato afferma che “il Comitato continuerà a monitorare le implicazioni delle informazioni in arrivo per lo scenario economico mentre valuta il sentiero appropriato per l’intervallo obiettivo del tasso dei fed funds”.
L’asticella per un altro taglio è ora più alta: un eventuale nuovo intervento sarà preso in considerazione se le condizioni economiche e i rischi peggioreranno, mentre da giugno a ottobre gli interventi erano condizionati sostanzialmente a mancanza di miglioramento. Infatti, secondo Powell, il Comitato ritiene che “l’attuale stance della politica monetaria probabilmente resterà appropriata fino a quando l’informazione in arrivo sull’economia sarà in linea generale coerente con il nostro scenario”. Invece, una eventuale “sostanziale rivalutazione” dello scenario potrebbe indurre la Fed a tagliare di nuovo i tassi.
Inoltre, Powell ha sottolineato che, pur essendoci ancora “molto rischio”, il rischio sembra “essere ridotto”. Powell ha citato a questo proposito due recenti sviluppi, cioè i possibili accordi per Brexit e per la “fase 1” dei negoziati USA-Cina.
I dati economici tornano quindi a essere centrali per il sentiero dei tassi, in particolare quelli che sostengono i consumi, cioè il mercato del lavoro e il settore non manifatturiero. Powell ha indicato che lo sciopero di GM, durato per sei settimane con più di 50 mila lavoratori coinvolti, potrebbe limare la crescita del 4° trimestre di un paio di decimi, però probabilmente recuperati a inizio 2020.
• Per quanto riguarda altri aspetti della politica monetaria, Powell ha discusso possibili modifiche all’obiettivo di inflazione mirate a consolidare la credibilità della Banca centrale. Secondo Powell la Fed sta analizzando in quale modo l’obiettivo simmetrico di inflazione al 2% potrebbe essere reso più credibile. Questo genere di riforme ogni tanto avviene, ma richiede del tempo: difficilmente ci saranno variazioni prima di metà 2020, ma le parole di Powell segnalano una probabilità elevata di una ridefinizione dell’obiettivo nel giro di qualche trimestre. Sul fronte dei problemi di liquidità, oltre a ribadire che gli acquisti di T-bill non sono un nuovo QE.
È da notare che a questa riunione, il taglio dei tassi è stato di uguale entità per i fed funds e per le riserve in eccesso, segnale che la Fed ritiene che il graduale aumento delle riserve attraverso le operazioni di rifinanziamento e gli acquisti di T-bill dovrebbero essere in grado di mantenere il tasso effettivo dei fed funds all’interno del corridoio dei tassi desiderato.
• In conclusione, la riunione del FOMC di ottobre non ha dato sorprese e ha segnato l’apertura di una fase di pausa, condizionata alla conferma dello scenario economico moderatamente positivo e della stabilizzazione dei rischi internazionali. A meno di sorprese, il taglio di ottobre dovrebbe essere l’ultimo del 2019.

GIAPPONE Riunione BoJ: nessun taglio, nuova forward guidance
• Anche la riunione della BoJ non ha sorpreso: al contrario della Fed, la banca centrale non ha modificato i tassi, come atteso, ma ha lasciato aperta la porta a ulteriore stimolo e ha cambiato la guidance. La BoJ indica che “non c’è stato un ulteriore aumento della possibilità che la spinta verso il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione sia perso”, ma sottolinea il continuo monitoraggio su questo fronte con l’introduzione di nuova guidance.
La valutazione che il deterioramento del sentiero verso l’obiettivo di inflazione sia (almeno per il momento) stabilizzato è probabilmente collegato alla temporanea riduzione dei rischi sul fronte della politica commerciale americana e alla relativa tenuta del ciclo domestico.
• La modifica alla guidance è più forte di quanto atteso, e non riguarda solo la durata, ma anche il livello dei tassi. In particolare, si afferma che “la Banca si aspetta che i tassi a breve e a lungo termine restino ai loro livelli attuali o più bassi fino a quando sarà necessario per prestare attenzione alla possibilità che la spinta verso il raggiungimento dell’obiettivo di stabilità dei prezzi sia perso”. Con questa nuova formulazione si rimuove la scadenza temporale inclusa nella versione precedente (che si fermava alla primavera 2020) e si aggiunge l’indicazione di possibili ulteriori riduzioni dei tassi in territorio negativo.
• Nell’aggiornamento dello scenario di attività e prezzi la Banca centrale rivede verso il basso sia le previsioni di crescita sia quelle di inflazione. Per l’inflazione, il sentiero resta sempre lontano dall’obiettivo ma è almeno verso l’alto: dallo 0,5% previsto per l’a.f. 2019, si passa all’1% atteso per il 2020 e all’1,5% previsto per il 2021.
Kuroda, nella conferenza stampa, ha detto che la politica monetaria è dipendente dai dati, soprattutto in questa fase in cui dovrà essere monitorata la reazione al rialzo dell’imposta sui consumi. Kuroda ha sottolineato che la nuova forward guidance segnala in modo esplicito l’impegno a intervenire con tassi più bassi senza esitare per via di possibili effetti collaterali negativi. In particolare, secondo Kuroda la BoJ ha spazio per ridurre i tassi negativi, più di quello di altre banche centrali. La nostra previsione è che, a meno di nuovo peggioramento dei rischi internazionali, la BoJ mantenga l’attuale livello dei tassi almeno fino ai primi mesi del 2020.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro inizialmente si è rafforzato dopo che la Fed come da attese ha tagliato i tassi di 25 pb portando la fascia obiettivo dei Fed Funds a 1,50%-1,75%, ma poco dopo ha invertito rotta, chiudendo leggermente al ribasso e aprendo al ribasso anche oggi. La valutazione dello scenario macroeconomico è rimasta sostanzialmente invariata rispetto alla precedente riunione di settembre (mercato del lavoro solido, crescita sostenuta dai consumi, con investimenti ed esportazioni invece deboli, e inflazione sotto il 2%), così come il testo del comunicato, eccezion fatta per un aspetto significativo: è stata rimossa la frase in cui la Fed indicava che avrebbe agito in modo appropriato per sostenere l’espansione. Durante la conferenza stampa Powell ha spiegato che fintantoché non ci sarà un peggioramento, la stance di politica monetaria rimane appropriata. Powell ha anche rilevato che per quanto ci siano ancora molti rischi, questi sembrerebbero essersi ridotti, facendo riferimento sia agli sviluppi sul fronte USA-Cina sia a Brexit.
Complessivamente dunque la nuova valutazione dello scenario USA da parte della Fed è più favorevole rispetto a solo un mese fa, ma questo non è bastato a rafforzare il dollaro, che anzi ha corretto, probabilmente per la stessa ragione per cui la curva dei rendimenti ha reagito con un moderato flattening, ovvero perché il messaggio della Fed, per quanto contenga un giudizio migliorativo, non è di “fine” del ciclo dei tagli dei tassi, ma di “pausa”.
Questo non dovrebbe tuttavia comportare necessariamente una nuova fase ribassista del biglietto verde, a meno di un significativo peggioramento dei dati domestici, perché la situazione al di fuori degli USA è analoga. Sul fronte dati oggi esce il PMI di Chicago, così come domani l’ISM manifatturiero e pubblicato l’employment report, dove si attende un rallentamento della dinamica occupazionale. Ieri il dollaro aveva reagito positivamente ai dati di Pil del 3° trimestre che hanno mostrato un rallentamento inferiore alle attese da 2,0% a 1,9% t/t ann. contro previsioni per 1,6%.

EUR – L’euro si è apprezzato sull’esito del FOMC, salendo ieri da un minimo di 1,1078 a un massimo di 1,1151 EUR/USD, e superando marginalmente questa mattina la resistenza chiave di 1,1170 EUR/USD. Tale livello è da monitorare con attenzione perché un suo sfondamento porterebbe il cambio fuori dal fronte ribassista. Questo tuttavia non implicherebbe già un’apertura del fronte rialzista. Tecnicamente infatti eventuali rialzi fino a 1,1440-50 EUR/USD sarebbero da considerarsi ancora un normale ritracciamento.
Oggi escono i dati di Pil area euro del 3° trimestre, dove ci si attende un rallentamento, e la stima flash dell’inflazione di settembre, attesa anch’essa in calo.
A meno di sorprese positive da tali dati il rafforzamento dell’euro dovrebbe quindi fermarsi, a meno di delusioni significative dai dati USA a cui il cambio rimane in questo momento un po’ più reattivo. Ieri infatti era sceso sui dati di Pil statunitense, mentre aveva reagito poco ai dati di fiducia dell’area che avevano mostrato un calo superiore alle attese.

GBP – In assenza di altre novità sul fronte domestico (dopo le numerose novità giornaliere sul fronte Brexit dell’ultimo periodo) la sterlina è tornata a seguire i trend comuni, rafforzandosi anch’essa contro dollaro da 1,28 a 1,29 GBP/USD sull’esito del FOMC, analogamente all’euro, rispetto al quale è pressoché stabile in area 0,86 EUR/GBP.
Domattina esce il PMI manifatturiero atteso in leggero calo, ancora sotto quota 50. In caso di delusione da questo dato la sterlina potrebbe risentirne negativamente, ma tra oggi e domani tenderà a rispondere, moderatamente, anche ai dati USA. La prossima settimana invece il focus sarà sulla riunione della BoE, che pubblicherà l’Inflation report, più rilevante del solito alla luce dei nuovi sviluppi di Brexit.

JPY – Lo yen, dopo un’iniziale reazione al ribasso fino a un minimo di 109,28 USD/JPY sull’esito del FOMC si è apprezzato, estendendo i guadagni fino a un massimo di 108,35 USD/JPY odierno dopo l’esito della riunione BoJ che, come attese, ha lasciato i tassi di policy invariati (-0,10% quello a breve e a zero il rendimento a lunga). La BoJ ha però potenziato la guidance sia in senso temporale che quantitativo (sul livello dei tassi) indicando che i tassi resteranno ai livelli correnti o più bassi fintantoché sarà appropriato per preservare l’obiettivo di inflazione, laddove alla riunione precedente si indicava come termine del periodo “di osservazione” la primavera del 2020. L’apertura a nuovi tagli dei tassi in territorio ulteriormente negativo potrebbe esporre ora lo yen a maggiore debolezza in caso di input sfavorevoli, quali la riduzione della risk aversion o sorprese positive dai dati USA. Contro euro la valuta nipponica è scesa ieri sull’esito del FOMC da 120 a 121 EUR/JPY per via del maggior rafforzamento dell’EUR/USD, mentre sta quasi completamente risalendo oggi per via del maggior calo dell’USD/JPY in seguito anche all’esito della riunione BoJ.

 

PREVISIONI:

ITALIA
– La stima preliminare del PIL potrebbe mostrare un’attività economica ferma o in lieve flessione nel 3° trimestre, dopo il marginale incremento visto nella prima metà dell’anno. La forchetta di stima è tra -0,1% t/t e zero, ma riteniamo lievemente più probabile un numero negativo. A frenare il PIL dovrebbe essere soprattutto il commercio estero, in presenza di una domanda domestica finale circa stabile e di un lieve contributo espansivo delle scorte (l’incertezza della stima è dovuta proprio ai magazzini). Su base annua, la crescita dovrebbe rimanere invariata a +0,1%.
– Il tasso di disoccupazione potrebbe risalire lievemente a settembre, a 9,6% dopo il 9,5% di agosto (che rappresenta un minimo dal 2011). Il calo del mese precedente era dovuto all’aumento degli inattivi. Le prospettive per il tasso di disoccupazione sono incerte: da un lato, il ciclo economico sostanzialmente stagnante non sembra coerente con un ulteriore miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro; dall’altro lato, sul tasso dei senzalavoro dovrebbe permanere la spinta al ribasso derivante dalla crescita degli occupati di età più avanzata.
– L’inflazione è vista in lieve ripresa dai minimi a ottobre. Stimiamo una salita di un decimo della tendenza annua dei prezzi, da 0,3% a 0,4% sull’indice nazionale e da 0,2% a 0,3% sull’armonizzato. Nel mese, i listini dovrebbero essere cresciuti di un decimo sul NIC e di tre decimi sull’IPCA. Le pressioni al rialzo verranno dall’energia, visto l’aumento delle tariffe di luce e gas (+2,6% e +3,9%, rispettivamente). Il punto di minimo per l’inflazione dovrebbe essere stato toccato a settembre, ma la risalita sarà molto lenta (stimiamo una media di 1% per il NIC e 0,9% per l’IPCA l’anno prossimo).

FRANCIA – La stima preliminare dovrebbe indicare che a ottobre i prezzi al consumo sono cresciuti solo di 0,1% m/m su entrambi gli indici (da -0,3% m/m di settembre). L’inflazione è vista rimanere ferma allo 0,9% e all’1,1% rispettivamente su indice nazionale e armonizzato. A cavallo d’anno prevediamo una lieve accelerazione del CPI.

AREA EURO
– La stima flash dovrebbe indicare che nel terzo trimestre il PIL Eurozona è rallentato di un decimo a 0,1% t/t. La tendenza annua è vista in calo all’1% da 1,1% precedente. Il contributo principale alla crescita dovrebbe essere venuto dalla domanda interna, mentre il commercio estero potrebbe aver registrato una stagnazione. Prevediamo un ritmo simile anche nella parte finale dell’anno.
– La stima flash dovrebbe indicare che a ottobre l’inflazione è rallentata di un decimo allo 0,7%. L’indice sottostante nella misura preferita dalla BCE è visto in calo a 0,5% da 0,8%, per un effetto statistico sfavorevole. L’inflazione potrebbe risalire sopra l’1% già a novembre.
– A settembre la disoccupazione è attesa stabile al 7,4%. Si tratta di un minimo dal 2008. Ci aspettiamo una sostanziale stabilità nei prossimi mesi, mentre vediamo una lieve risalita nel corso del prossimo anno (al 7,6% tra 12 mesi).

STATI UNITI
– La spesa personale a settembre dovrebbe essere in rialzo di 0,1% m/m, come ad agosto, sulla scia di prezzi deboli e di una correzione nel comparto dei beni durevoli, come evidenziato dalle vendite al dettaglio del mese scorso. Il reddito personale è previsto in aumento di 0,2% m/m, dopo lo 0,4% m/m ad agosto, alla luce della dinamica debole dei salari orari. Il deflatore dei consumi dovrebbe essere invariato su base mensile (1,4% a/a) e il deflatore core dovrebbe aumentare di 0,1% m/m (1,7% a/a), in linea con le indicazioni del CPI. I dati non dovrebbero creare sorprese, visto che sono pubblicati dopo l’uscita del PIL del 3° trimestre.
– L’employment report di ottobre dovrebbe registrare un nuovo rallentamento della dinamica occupazionale, in parte influenzato da fattori transitori, sia nel settore privato sia in quello pubblico. Prevediamo una variazione di occupati non agricoli di 70 mila unità, con 85 mila nuovi posti nel settore privato e una correzione di -15 mila in quello pubblico. I dati nel privato sono influenzati dallo sciopero di GM, iniziato il 16 settembre e per questo non incluso nella rilevazione di settembre. Lo sciopero, ancora in corso al momento in cui scriviamo, interessa circa 50 mila lavoratori che dovrebbero rendere ampiamente negativo il flusso di posti nel manifatturiero. Al contrario, costruzioni e servizi dovrebbero fornire informazioni moderatamente positive. Nel pubblico, la scadenza di circa 25 mila contratti per lavoratori temporanei dovrebbe essere solo in parte compensata da creazione di posti in altri segmenti. Il tasso di disoccupazione dovrebbe risalire al 3,6%, da 3,5% di settembre, con una correzione del tasso di partecipazione da 63,2%. I salari orari, rimasti stabili a settembre, dovrebbero riaccelerare a ottobre, registrando una variazione di 0,3% m/m. I dati del mercato del lavoro di ottobre, viziati dagli effetti dello sciopero GM e del censimento, saranno meno informativi del solito e renderanno incerta la lettura dei trend sottostanti.
– L’ISM manifatturiero a ottobre dovrebbe risalire a 48,5 da 47,8 di settembre, restando però in territorio recessivo per il terzo mese consecutivo. I dati di ottobre dovrebbero essere influenzati dagli effetti dello sciopero di GM, che deprime l’attività e l’occupazione nel settore auto, come visto già con la produzione industriale di settembre. La presenza di un fattore temporaneo che deprime l’indagine rende più difficile valutare l’effettiva debolezza del settore manifatturiero.
– La spesa in costruzioni a settembre dovrebbe essere in rialzo di 0,2% m/m, dopo 0,4% m/m di agosto, con un andamento sempre positivo del comparto residenziale e ulteriore correzione in quello non residenziale.
– Le vendite di autoveicoli a ottobre sono previste in calo a 17 mln di unità ann., da 17,2 mln di settembre.