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31 Gennaio 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – I prezzi alla produzione sono cresciuti per il secondo mese a dicembre, di 2,9% m/m e 31,7% a/a (sul mercato interno il rialzo è persino maggiore: 3,8% m/m e 39,2% a/a).
La riaccelerazione di fine 2022 dovrebbe comunque risultare temporanea, e nell’anno in corso dovremmo vedere un progressivo rallentamento delle pressioni a monte della catena produttiva.

AREA EURO – L’indice di fiducia economica ESI della Commissione Europea ha sorpreso al rialzo a gennaio, tornando in linea con la media di lungo periodo (a 99,9 da un precedente 97,1: si tratta di un massimo da giugno dello scorso anno).
Tra le aziende, il miglioramento del morale è diffuso a tutti i principali macro-settori con la sola eccezione delle costruzioni; confermato anche il trend di recupero per la fiducia dei consumatori.

FRANCIA
– Poco fa è stata pubblicata la lettura preliminare del PIL nel 4° trimestre 2022, che ha riportato una crescita pari a 0,1% t/t, dopo lo 0,2% del periodo estivo (era attesa una stagnazione).
Il dettaglio mostra una contrazione della domanda interna (-0,2% t/t, al netto delle scorte, dopo +0,9% precedente), frenata perlopiù dai consumi privati (-0,9% t/t da 0,5%), a fronte di una crescita in rallentamento ma ancora positiva per gli investimenti (0,8% da 2,3% t/t).
Un apporto positivo alla crescita è giunto dal canale estero (+0,5% t/t da -1% precedente), grazie alla sostanziale tenuta dell’export (-0,3% da 0,8%) in presenza di un calo marcato per le importazioni (-1,9% t/t da 3,9%).
La Francia archivia dunque il 2022 con una crescita pari a 2,6%, al di sotto della media dell’eurozona.
– Sempre poco fa, è stato diffuso anche il dato relativo alla spesa per consumi di beni di dicembre, calata a sorpresa di -1,3% m/m dopo il +0,6% di novembre.
La flessione è particolarmente marcata per i beni alimentari (-1,8% m/m al netto del tabacco) e durevoli (-3,5% m/m).
Il calo marcato dei consumi di dicembre segnala che la spesa delle famiglie potrebbe frenare la crescita del PIL anche a inizio 2023, per il quale ci aspettiamo una stagnazione dell’attività economica dopo il modesto progresso del trimestre finale dell’anno scorso.
– L’inflazione di gennaio è salita, a 7% sull’indice armonizzato da un precedente 6,7%.

GERMANIA
– Ieri, il PIL è calato di -0,2% t/t a fine 2022, contro attese per una stagnazione.
Secondo le prime indicazioni preliminari rilasciate da Destatis, la contrazione dovrebbe essere imputabile soprattutto ai consumi privati.
Una flessione del PIL anche a inizio 2023 rimane probabile, ancora indotta soprattutto dalla debolezza della spesa delle famiglie.
Dopo essere cresciuta dell’1,9% nel 2022, l’economia tedesca è vista in sostanziale stagnazione quest’anno.
– Questa mattina le vendite al dettaglio hanno registrato una ampia flessione a dicembre (-5,3% m/m, -6,6% a/a).
– I prezzi all’import hanno visto una correzione per il quarto mese di fila (-1,6% m/m), rallentando su base annua a 12,6%, un minimo da maggio dello scorso anno.

BELGIO – Il PIL è cresciuto di 0,1% t/t, in quanto l’espansione in servizi e costruzioni ha compensato la flessione dell’attività industriale.
Il PIL belga, dopo essere cresciuto del 3,1% nel 2022, è atteso in rallentamento a 0,8% nel 2023.

SPAGNA – Ieri l’inflazione ha sorpreso al rialzo, con l’indice nazionale salito al 5,8% dal 5,7% precedente e quello armonizzato al 5,8% (consenso:4,7%) da 5,5% di dicembre.
L’indice core sul CPI è cresciuto di cinque decimi, al 7,5%.

GIAPPONE
 – La produzione industriale di dicembre ha registrato un calo di -0,1% m/m, contro attese per una contrazione di -1% m/m, portando la variazione trimestrale a -3,1% t/t, dopo 5,7% t/t in estate.
Il calo della domanda estera ha contribuito alla debolezza dell’attività a fine anno.
Le previsioni rilevate dal METI segnalano una stagnazione a gennaio, seguita da una ripresa di 4,1% m/m a febbraio, con indicazioni di un miglioramento per il 1° trimestre.
– Il tasso di disoccupazione a dicembre è rimasto stabile a 2,5%, con un calo della partecipazione di 1 decimo e un modesto aumento dei disoccupati.
– Le vendite al dettaglio sono in rialzo di 1,1% m/m (3,8% a/a), con indicazioni di ripresa dei consumi duratura.

CINA – Gli indici PMI rilevati dall’ufficio statistico hanno registrato un rimbalzo in gennaio, segnalando che la fine della strategia di tolleranza zero ha favorito un’espansione dell’attività economica in dicembre, particolarmente forte nel settore dei servizi.
L’indice PMI manifatturiero, dopo tre mesi in territorio di contrazione, è salito da 47 in dicembre a 50,1 in gennaio in linea con le attese di consenso, riportandosi sui livelli di settembre.
Il miglioramento è stato favorito da un aumento generalizzato di tutte le componenti e in primis da un balzo degli ordini totali (da 43,9 in dicembre a 50,9 in gennaio) e degli acquisti di materie prime (da 44,9 in dicembre a 50,4 in gennaio).
La componente della produzione è risalita di 5,2 punti ma è rimasta in territorio di contrazione (49,8) così come le scorte, l’occupazione e gli ordini esteri (saliti da 44,2 in dicembre a 46,1 in gennaio).
I tempi di consegna hanno registrato un sensibile miglioramento (da 40,1 in dicembre a 47,6 in gennaio), ma gli ordini inevasi continuano a contrarsi, seppur ad un ritmo inferiore al mese precedente; i prezzi degli input salgono solo lievemente, mentre quelli degli output restano in moderato calo.
Nella scomposizione per dimensione d’impresa, solo il PMI delle grandi aziende è risalito al di sopra di 50.
Il PMI non manifatturiero è rimbalzato da 41,6 in dicembre a 54,4 in gennaio, oltre le attese (consenso Bloomberg: 52), favorito dall’aumento di oltre 14 punti del PMI dei servizi che si è portato a 54 in gennaio, sostenuto dal netto miglioramento degli ordini e delle aspettative.
Entrambe queste componenti hanno sostenuto anche l’incremento, più contenuto, del PMI delle costruzioni (da 54,4 in dicembre a 56,4 in gennaio; la componente dell’occupazione si è portata in territorio espansivo per la prima volta da aprile 2022).

 

COMMENTI:

FMIIl FMI ha rivisto al rialzo le proprie proiezioni di crescita per il 2023.
La revisione è modesta per la crescita globale (+0,2 punti, a 2,9%), ma relativamente ampia per Cina (5,2%), Stati Uniti (1,4%), Germania, Italia (ora a 0,6%) e Russia.
Al contrario, le previsioni sono peggiorate drasticamente per il Regno Unito.
Anche il FMI ritiene che il picco dell’inflazione sia ormai superato, e stima che quest’anno l’84% dei paesi registrerà un’inflazione media inferiore rispetto al 2022.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha aperto la settimana al rialzo, favorito da una lieve risalita dei rendimenti, della risk aversion, ma soprattutto probabilmente da un aggiustamento di posizioni in chiusura del mese e, ancor di più, in vista delle importanti riunioni di domani (Fed) e giovedì (BCE e BoE).
Dai dati USA di oggi si attendono indicazioni contrastanti (rallentamento per l’Employment Cost Index ma leggero aumento per la fiducia dei consumatori).
I rischi, tuttavia, sono verso il basso e comunque la prospettiva di un aumento ridotto dei tassi Fed domani sera dovrebbe prevalere rendendo temporaneo il recupero in atto del dollaro.

EURPerlopiù di riflesso al dollaro l’euro ha aperto la settimana in arretramento da 1,09 a 1,08 EUR/USD, nonostante il restringimento dei differenziali di rendimento, a sostegno dell’ipotesi cha alla vigilia delle riunioni di Fed e BCE l’aumento della risk aversion e un aggiustamento delle posizioni stiano di fatto guidando i flussi.
Dai dati area euro questa mattina sono giunte indicazioni leggermente contrastanti, molto negative per le vendite al dettaglio tedesche ma migliori delle attese per il PIL (francese, italiano e dell’area), mentre l’inflazione è salita ancora in Francia.
Si tratta tuttavia di dati che lasciano intatto lo scenario di un rialzo dei tassi BCE di 50 pb giovedì, per cui l’arretramento in atto dell’euro dovrebbe rivelarsi transitorio.

GBPAnche la sterlina ha aperto la settimana in calo, soprattutto contro dollaro da 1,24 a 1,23 GBP/USD, ma anche contro euro, da 0,87 a 0,88 EUR/GBP, principalmente di riflesso al generalizzato recupero del biglietto verde.
I dati molto negativi di questa mattina sul credito al consumo confermano il quadro di forte debolezza dell’economia britannica, che però non rappresenta una novità e non dovrebbe quindi ostacolare comunque una risalita della sterlina sul dollaro in funzione dell’esito atteso delle riunioni di Fed e BoE (la BoE dovrebbe alzare i tassi più della Fed).
Mentre contro euro la valuta britannica dovrebbe tendenzialmente mantenersi leggermente sulla difensiva (nei prossimi mesi la BoE dovrebbe alzare i tassi meno della BCE).

JPYAnche lo yen ha aperto la settimana in calo contro dollaro ieri da 129 a 130 USD/JPY, in linea con la leggera risalita dei rendimenti a lunga USA.
Tuttavia, anche in questo caso dovrebbe trattarsi di un calo temporaneo, data la prospettiva che i rendimenti USA tornino a scendere sulla chiusura del ciclo di rialzi Fed e in attesa di una successiva svolta di policy.
Lo yen è sceso anche contro euro ieri da 140 a 141 EUR/JPY e sta recuperando oggi, ma resta comunque in range.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Oggi verranno pubblicati i dati di contabilità nazionale relativi al 4° trimestre 2022 in Italia e nel complesso dell’Eurozona.
In Italia il PIL dovrebbe essersi contratto per la prima volta dal 2020, stimiamo di -0,3% t/t (con qualche rischio verso l’alto). Il 2022 si chiuderebbe una crescita del 3,8% (sul dato corretto per i giorni lavorativi).
In area euro invece, complice la sorpresa al rialzo giunta dal dato irlandese di ieri, è probabile che il PIL risulti stagnante.
In Italia, così come nel resto dell’Eurozona, la fase di debolezza dovrebbe estendersi alla parte iniziale del 2023 ma l’entità della recessione potrebbe risultare contenuta, e l’economia è attesa tornare a crescere, seppur su ritmi modesti, già a partire dalla primavera

STATI UNITI
– Oggi la fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board a gennaio dovrebbe essere in calo a 107 da 108,3, sulla scia dell’indebolimento del mercato del lavoro e dei timori di recessione.
– L’Employment Cost Index del 4° trimestre è previsto in rallentamento verso 1% t/t, dopo 1,2% t/t in autunno e 1,4% t/t in estate e indicazioni di svolta del trend al rialzo in atto dal 2021.