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30 Gennaio 2020 – nota economica giornaliera

ITALIALa fiducia di famiglie e imprese manufatturiere è migliorata a gennaio. I dati sono stati superiori al previsto.
Il morale dei consumatori è salito per il secondo mese, a 111,8 da 110,8 di dicembre. Si tratta di un massimo dallo scorso settembre. Come già il mese scorso, il miglioramento riguarda tutte le principali componenti, in primis il clima economico nazionale (ma anche il clima personale è salito, ai massimi da un anno).
Per il secondo mese, le famiglie manifestano anche minori timori occupazionali.
La fiducia delle imprese nel settore manifatturiero è salita per il secondo mese, a 99,9 da 99,3 precedente (ai massimi dallo scorso luglio).
Il miglioramento riguarda soprattutto gli ordini correnti (sia dall’interno, sia soprattutto dall’estero), mentre le attese sulle commesse future sono meno ottimistiche. In merito alla produzione, salgono i giudizi correnti, e più sensibilmente le aspettative per il futuro. Le attese sull’economia migliorano, quelle sull’occupazione risultano invariate rispetto al mese scorso.
Viceversa, l’indice composito di fiducia delle imprese è sceso, a 99,2 da 100,7. Il calo è dovuto alla correzione nel commercio al dettaglio (a 106,6 da 110,6) e nei servizi (a 99,5 da 102,2), dopo i decisi incrementi registrati a dicembre. Il morale è invece aumentato sensibilmente nelle costruzioni (a 142,7 da 140 precedente), tornando non lontano dai massimi da 11 anni toccati lo scorso anno.
Nel complesso, le informazioni che giungono dalle indagini di gennaio sono incoraggianti, e migliori del previsto. In particolare, la ripresa nel settore manifatturiero si spiega almeno in parte con il ridursi dell’incertezza sul commercio mondiale, dopo l’evoluzione più positiva del previsto delle vicende legate alla guerra tariffaria Usa-Cina e a Brexit.
Inoltre, anche l’impatto degli shock “idiosincratici” su alcuni particolari settori industriali a livello globale (auto e chimica) appare in via di assorbimento. Tali comparti, e l’industria nel suo complesso, continuano a contribuire negativamente all’attività economica, ma il freno sembra andare pian piano attenuandosi.
In tal senso, in assenza di nuovi shock, si potrebbe vedere nei prossimi mesi un graduale miglioramento dell’attività economica nei principali Paesi dell’Eurozona, Italia compresa.
Dopo una possibile stagnazione a fine 2019 (stimiamo che il contributo positivo del commercio estero sia compensato da un calo delle scorte, e che la crescita del valore aggiunto nei servizi sia annullata dalla flessione nell’industria e nelle costruzioni), ci aspettiamo che il PIL torni a crescere su base congiunturale nel corso del 2020, almeno alla velocità di crociera già vista precedentemente (+0,1% t/t), se non ad un passo marginalmente superiore.
In sintesi, manteniamo la nostra previsione relativamente cauta sul PIL italiano nel 2020 (0,3% corretto per i giorni lavorativi ovvero 0,4% grezzo), ma si stanno delineando rischi al rialzo su tale stima (sia pure di entità moderata).

ITALIA – I prezzi alla produzione sono rimasti invariati a dicembre, dopo il calo di tre decimi registrato a novembre. Su base annua, il PPI è rimasto in territorio negativo, a -2,1% da -2,6% precedente (il minimo da oltre tre anni era stato toccato a -2,9% a ottobre). La diminuzione sull’anno è dovuta alle dinamiche negative dei prezzi dell’energia e dei beni intermedi sul mercato interno.
La dinamica del PPI conferma che non vi è alcuna pressione inflazionistica a monte della catena produttiva.

FRANCIA – L’indice di fiducia dei consumatori migliora a sorpresa a gennaio a 104 da 102 e ritorna sui livelli di settembre. Lo spaccato indica un miglioramento della condizione finanziaria presente e futura così come un miglioramento del giudizio sul tenore di vita presente e futuro. È incoraggiante anche registrare un recupero del livello dell’indice di propensione al consumo dopo il crollo di dicembre. Nel complesso l’indagine è quindi positiva e in media trimestrale il livello di apertura dell’anno risulta leggermente migliore di quello di chiusura del 2019.

STATI UNITI – La bilancia commerciale dei beni a dicembre registra un aumento del deficit molto più ampio del previsto, a -68,3 mld di dollari (consenso: -65 mld) da -63 mld di novembre. I dati mostrano una forte ripresa delle importazioni, in rialzo di +2,9% m/m, e una variazione positiva più modesta per le esportazioni (+0,3% m/m). Nonostante il ri-allargamento del deficit, la stima del contributo del canale estero alla crescita del 4° trimestre resta elevata, intorno a 0,8 pp.

 

COMMENTI:

CINA – L’OMS si riunirà oggi per decidere se dichiarare l’epidemia di novel coronavirus un’emergenza a livello internazionale.
L’ultimo rapporto dell’OMS sulla diffusione del virus, pubblicato ieri, riporta un totale di 6065 casi confermati, di cui 5997 in Cina, con 132 decessi. Per il momento, la valutazione dell’OMS è di rischio “molto alto” per la Cina e “alto” a livello regionale e globale.

STATI UNITI – Il presidente Trump ha firmato la legge attuativa dell’USMCA (nuovo NAFTA), approvato in Congresso nelle scorse settimane. Il trattato non sarà valido fino a quando non sarà stato ratificato anche dal parlamento canadese.

STATI UNITI – La riunione del FOMC si è conclusa con l’esito atteso: un voto unanime a favore di un corridoio obiettivo per i fed funds invariato a 1,5%-1,75% e un rialzo di 5 pb del tasso di interesse sulle riserve in eccesso (a 1,6%). Il comunicato è praticamente invariato, con solo due parole modificate rispetto a dicembre e la formulazione della guidance mirata a segnalare una pausa sui tassi.
La valutazione dell’economia si mantiene cautamente positiva e rileva espansione dell’attività a un ritmo moderato, crescita degli occupati “solida, in media”.
La dinamica dei consumi è definita ora “moderata” (a dicembre era definita “forte”), a fronte di debolezza degli investimenti fissi non residenziali e delle esportazioni. Per l’inflazione si ripete che rimane al disotto del 2%. Nelle indicazioni di policy, si afferma che l’attuale politica monetaria è appropriata per sostenere l’espansione e per il “ritorno” dell’inflazione all’obiettivo simmetrico del 2% (a dicembre si dava solo un’indicazione statica di inflazione vicina al 2%). Come atteso, le nuove informazioni sono emerse dalla conferenza stampa di Powell e riguardano gli altri strumenti di policy (bilancio, corridoio dei tassi, gestione della liquidità).
•Per quanto riguarda il tasso sulle riserve, la variazione attuata era attesa ed ea stata anticipata dai verbali di dicembre. La normalizzazione del tasso effettivo dei fed funds e il suo ritorno all’interno dell’intervallo obiettivo grazie al massiccio aumento di liquidità attuato da settembre in poi, indurrà anche una graduale normalizzazione del corridoio dei tassi, che era stato artificialmente ristretto nel 2019 con limature del tasso sulle riserve maggiori rispetto ai tagli per i fed funds, con l’obiettivo di riportare il tasso effettivo verso il centro dell’intervallo 1,5-1,75%.
•Sul fronte delle riserve desiderate, Powell ha affermato che entro il 2° trimestre si dovrebbe raggiungere “durevolmente” un livello “ampio”, permettendo una graduale riduzione degli acquisti di T-bill durante la primavera, dagli attuali 60 mld al mese. Probabilmente il tapering degli acquisti inizierà dalla seconda metà di aprile, dopo il pagamento delle imposte delle persone fisiche in modo da garantire un andamento scorrevole della liquidità. Secondo Powell, una volta raggiunto un livello “ampio” gli acquisti potranno rallentare su ritmi più contenuti che permettano di avere riserve adeguate senza la necessità di un “uso attivo” di repo.
In seguito, il bilancio della Fed si espanderà sulla base dei trend del circolante e delle altre passività.
Powell ha detto che il FOMC mira a mantenere un livello di riserve “ampio”, tale da permettere un controllo efficace dei tassi di mercato, definito con un limite inferiore intorno a 1,5 tln di dollari.
L’offerta di liquidità è ora data da circa 1,6 tln di riserve più circa 200 mld di operazioni di rifinanziamento. Con le indicazioni relative agli acquisti di T-bill per i prossimi due trimestri, sembra probabile che il FOMC miri ad avere riserve all’interno di un corridoio compreso fra 1,5 e 2 tln di dollari, con l’obiettivo raggiungere la parte centrale di tale intervallo, e di aumentarle successivamente con un nuovo programma di acquisti regolari che verrà annunciato in seguito. Queste indicazioni sembrano in linea con l’analisi di un lavoro pubblicato recentemente dalla NY Fed[1].
L’eventuale introduzione di una standing repo facility non è ancora stata decisa, dato che non è una questione particolarmente “urgente”, ma verrà discussa in tempi piuttosto ravvicinati. Queste dichiarazioni rendono un po’ più probabile l’istituzione di una finestra regolare per i rifinanziamenti nella seconda metà dell’anno.
•Per quanto riguarda i rischi, Powell ha affermato che l’epidemia di coronavirus è una “questione seria”, con possibili ripercussioni negative sulla crescita, per ora però ancora molto incerte e da monitorare attentamente. Più in generale, secondo Powell ci sono motivazioni per un “cauto” ottimismo sul ciclo globale, con una riduzione dei rischi sulla politica commerciale, una stabilizzazione del settore manifatturiero, sia domestico sia internazionale e, di conseguenza, ragioni per aspettarsi un rimbalzo.
•In conclusione, la riunione del FOMC conferma la fase di pausa sui tassi e il proseguimento del dibattito sugli strumenti e sulla strategia di politica monetaria, sempre in un contesto di rischi verso il basso. I prossimi mesi daranno poca visibilità ai trend sottostanti dell’economia USA e di quella mondiale. La prima verrà colpita dallo shock negativo sul manifatturiero causato dal blocco della produzione del 737 MAX da parte di Boeing, che potrebbe limare 0,4-0,5 pp dalla crescita del 1° trimestre. La seconda sarà in balìa dell’incertezza legata all’evoluzione dell’epidemia di coronavirus in Cina e delle sue ripercussioni a livello mondiale. Queste potrebbero essere più ampie di quelle della SARS, visto l’amento di peso relativo dell’economia cinese sul PIL globale rispetto al 2003. Manteniamo la nostra valutazione di tassi fermi per gran parte del 2019, ma con un bias verso il basso alla luce dell’asimmetria dei rischi.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro si è leggermente indebolito sull’esito del FOMC, salvo recuperare – parzialmente – poco più tardi. Come da attese, la Fed ha lasciato i tassi fermi a 1,50-1,75%, mantenendo invariata la valutazione dello scenario di crescita moderata – con l’unica differenza che la dinamica dei consumi ora è definita “moderata” mentre il mese scorso era giudicata “forte” – con inflazione al di sotto dell’obiettivo e confermando la fase di stabilità dei tassi. In conferenza stampa Powell ha constatato una parziale riduzione dell’incertezza sulle politiche commerciali, spiegando che questo dovrebbe offrire sostegno all’economia nel tempo, ma rilevando anche che finora l’incertezza non è ancora svanita per le imprese, che mantengono un atteggiamento “wait and see”. Il governatore della Fed ha osservato che vi sono segnali di stabilizzazione dell’economia globale, ma ha menzionato che tra i rischi ora vi è quello del coronavirus. Quanto all’inflazione Powell ha detto che la Fed non gradisce un’inflazione persistentemente sotto il target e che si aspetta un ritorno verso l’obiettivo nei prossimi mesi. La reazione del dollaro si spiega alla luce di un atteggiamento della Fed che rimane attendista e molto cauto. Ora la dinamica del biglietto verde sarà guidata dal flusso dei dati: se sarà positivo la valuta statunitense dovrebbe beneficiarne, soprattutto dato che il lungo speculativo dollaro si è significativamente ridotto di recente. oggi uscirà il Pil del 4° trimestre, atteso mostrare una stabilizzazione: a meno di delusioni, questo dovrebbe avere un effetto stabilizzante anche sul dollaro.

EUR – L’euro ha aggiornato i minimi a 1,0990 EUR/USD, risalendo solo marginalmente – e temporaneamente – sull’esito del FOMC. Ora sarà il flusso dei dati a guidare la dinamica del cambio e per consentire un recupero significativo dopo il calo recente è necessario che dall’area euro giungano segnali di effettivo miglioramento più che di semplice stabilizzazione. Oggi escono l’indice di fiducia dell’area, atteso in leggero miglioramento, e l’inflazione tedesca, attesa in salita, ma più per un effetto statistico. A meno di sorprese positive eclatanti, o di delusioni dai dati USA, l’euro dovrebbe quindi tendenzialmente stabilizzarsi evitando ulteriori cali, ma – per il momento – senza segnali di svolta rialzista.

GBP – Anche la sterlina si è sostanzialmente mantenuta in range (1,29-1,30 GBP/USD contro dollaro e in area 0,84 EUR/GBP contro euro), in attesa dell’esito della riunione BoE oggi, l’ultima di Carney e l’ultima pre-Brexit (il Regno Unito uscirà dall’UE domani).
Le nostre attese sono per tassi fermi, con decisione non unanime, e un dibattito più ampio sull’opportunità di allentare o meno la politica monetaria già questo mese o entro i prossimi mesi, alla luce delle incertezze sulla ripresa globale e sui negoziati post-Brexit con l’UE.
Per maggiori dettagli sulla riunione BoE si veda il Focus pubblicato in Forex Flash di lunedì 27 gennaio.
Se i tassi resteranno invariati ma venisse prospettato un taglio nei prossimi mesi o, ancor di più, se la BoE dovesse tagliarli già oggi, la sterlina si indebolirebbe sia contro dollaro (verso 1,29-1,28 GBP/USD) sia contro euro (verso 0,85-0,86 EUR/GBP).
In caso di tassi fermi e atteggiamento ancora attendista sulle mosse future, la valuta britannica dovrebbe invece stabilizzarsi, restando comunque esposta nel breve a rischi verso il basso per l’incertezza post-Brexit.

JPY – Lo yen si è sostanzialmente mantenuto in range (108-109 USD/JPY contro dollaro e 119-120 EUR/JPY contro euro), mostrando una reazione marginale (al rialzo) sull’esito del FOMC.
Fintantoché le preoccupazioni per gli effetti del virus cinese non rientreranno, potrà restare supportato, ferma restando una reattività simmetrica ai dati USA. L’OMS si riunirà oggi per decidere se dichiarare l’epidemia di coronavirus un’emergenza internazionale: in tal caso lo yen si rafforzerebbe ulteriormente.

 

PREVISIONI:

ITALIA – Ci aspettiamo una risalita del tasso di disoccupazione a dicembre, a 9,8% dopo il 9,7% dei due mesi precedenti (il minimo da quasi 7 anni è stato raggiunto lo scorso agosto a 9,6%).
La riaccelerazione nella creazione di posti di lavoro vista negli ultimi mesi non sembra coerente con la persistente semi-stagnazione del ciclo.
Inoltre, le indagini su famiglie e imprese hanno mostrato, in media negli ultimi mesi, meno ottimismo sulle prospettive occupazionali.

AREA EURO
– L’indice ESI di fiducia economica elaborato dalla Commissione Europea è atteso in ulteriore aumento a gennaio, a 102,5 da 101,5 di dicembre. L’indice per l’industria è previsto in lieve recupero a -9,0 da -9,3, mentre quello per i servizi potrebbe salire ancora da 11,4 a 11,8.
L’indice di fiducia dei consumatori dovrebbe confermare la lettura preliminare a -8,1, invariata rispetto al mese precedente.
– La disoccupazione a dicembre è attesa stabile a 7,5%, ancorata al minimo da luglio 2008. Ci attendiamo che il tasso dei senza-lavoro registri un incremento marginale nei prossimi mesi, per effetto del rallentamento della crescita degli occupati.

GERMANIA
– Per gennaio è prevista una risalita dell’inflazione. L’indice armonizzato è atteso a 1,9% a/a da 1,5% di dicembre, mentre l’indice nazionale dovrebbe passare a 1,7% a/a da 1,5% del mese precedente. Gli aumenti sarebbero guidati da effetti statistici legati ai prezzi dell’energia. Su base mensile, entrambi gli indici sono visti in calo di -0,6% m/m, in linea con la tendenza stagionale.
– In dicembre il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere invariato al 5,0%. Il numero dei disoccupati è atteso aumentare di 5 mila unità. L’indice PMI occupazione era risalito in novembre, ma è tornato a calare a dicembre, pur restando sopra 50. L’espansione dell’occupazione nei servizi compensa il calo nel manifatturiero.

STATI UNITI – La stima advance del PIL del 4° trimestre dovrebbe segnare una variazione di 2% t/t ann., circa in linea con il dato estivo (2,1% t/t ann.). I consumi, previsti in rialzo di 2% t/t ann., dovrebbero essere indeboliti dal calo nel comparto auto visto a dicembre e da un andamento debole delle vendite al dettaglio di ottobre e novembre.
Gli investimenti fissi delle imprese dovrebbero essere solo marginalmente positivi, con un contributo sempre negativo delle strutture, mentre prosegue la dinamica forte degli investimenti residenziali, Il contributo del canale estero dovrebbe essere ampiamente positivo (+1pp) sulla scia del calo delle importazioni spinta in parte dalla volatilità sul fronte dei dazi.
Le scorte invece dovrebbero frenare la crescita complessiva (-0,4pp). Gli ultimi aggiornamenti mostrano che la stima nowcasting dell’Atlanta Fed per il 4° trimestre è di 1.8% t/t ann,, quella della St Louis Fed di 2,1% t/t ann. e quella della NY Fed di 1,2% t/t ann, La stima della NY Fed per il 1° trimestre 2020 è di 1,7% t/t ann. La nostra previsione per il 2020 è di rallentamento della crescita verso 1,8% t/t ann.


[1] G. Afonso et al., Monetary Policy Implementation with an Ample Supply of Reserves, Staff Report n. 910, NY Fed, gennaio 2020, https://www.newyorkfed.org/medialibrary/media/research/staff_reports/sr910.pdf