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29 Settembre 2022 – nota economica giornaliera

ITALIA – Ieri l’indice di fiducia manifatturiera di settembre è calato più delle attese a 101,3 da un precedente 104 (rivisto da 104,3), un minimo da marzo 2021 e in ribasso per il terzo mese consecutivo.
Tra le imprese il morale è peggiorato anche nel commercio al dettaglio e nei servizi, che hanno registrato la più ampia flessione mensile da fine 2020.
In deterioramento anche l’indice di fiducia dei consumatori, a 94,8 da 98,3, che è tornato sui livelli di luglio dopo il modesto rimbalzo registrato il mese scorso.
Le indagini di settembre indicano che la ripresa sta ormai decelerando piuttosto rapidamente: aumentano i rischi recessivi per i trimestri a cavallo d’anno.

FRANCIA – A settembre la fiducia dei consumatori è tornata a calare dopo il rimbalzo di agosto, a 79 da un precedente 82, ritornando sui livelli di luglio e ben al di sotto della media di lungo periodo.
I nuclei famigliari riportano un peggioramento delle aspettative sia per quanto riguarda la situazione finanziaria che gli standard di vita, intenzioni di riduzione delle spese e di aumento dei risparmi a scopo precauzionale.

 

COMMENTI:

ITALIA – Ieri sera il Consiglio dei Ministri ha approvato la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, che delinea il solo scenario a legislazione vigente di finanza pubblica per il triennio 2023-2025.
Le previsioni di crescita del PIL sono state riviste lievemente al rialzo al 3,3%, dal 3,1% precedente per quest’anno, ma tagliate significativamente a 0,6% da 2,4% per l’anno prossimo (è attesa poi una riaccelerazione a 1,8% nel 2024 e 1,5% nel 2025).
L’indebitamento netto è rivisto al ribasso sia per quest’anno, al 5,1% del PIL dal 5,6% programmatico del DEF, che per l’anno prossimo, a 3,4% da 3,9%, mentre è più alto del previsto per i due anni successivi (a 3,5% nel 2024 e 3,2% nel 2025).
Il sentiero del rapporto debito/PIL è rivisto al ribasso, rispetto ad aprile, per tutto l’orizzonte previsivo, al 145,4% quest’anno e in graduale discesa negli anni successivi, sino al 139,3% nel 2025.
A nostro avviso, i rischi su deficit e debito l’anno prossimo sono al rialzo, visto il rapido deterioramento delle prospettive per il ciclo e la possibile necessità di nuovi pacchetti fiscali per contrastare la crisi energetica.

BCE – Alcuni governatori di Banche Centrali Nazionali hanno iniziato la campagna a favore di un rialzo dei tassi ufficiali di 75pb anche alla riunione BCE di ottobre.
Secondo Holzmann e Šimkus, 50pb sono il minimo, e 75pb è l’opzione preferita.
Per Rehn, sarà necessario un rialzo “significativo”.
Per Kažimír, la BCE deve essere spietata, e potrebbe aver bisogno di alzare di 75pb.
Kaz?ks ritiene necessario un altro rialzo di 75pb e poi mosse più piccole.
Il mercato si è già posizionato su un rialzo di 75 punti base (+72pb sono già nei prezzi), seguito da una mossa di 50pb a dicembre.

REGNO UNITO – Il brusco aumento dei rendimenti sulla curva dei Gilts seguito alla crisi della sterlina, ha indotto la Bank of England a sospendere la prevista riduzione del portafoglio di titoli di stato (per ora rinviata al 31 ottobre) e a riavviare, al contrario, un programma di acquisti netti mediante aste giornaliere.
Gli acquisti saranno concentrati sui titoli con vita residua superiore ai 20 anni, per un volume di 5 miliardi di GBP al giorno, per 13 giorni.
La BoE vedeva un “concreto rischio per la stabilità finanziaria”, da cui sarebbe risultata una indesiderata restrizione delle condizioni finanziarie e una riduzione del flusso di credito all’economia.
La misura è però in contrasto con l’orientamento di politica monetaria, tanto che la BoE aggiunge che il portafoglio sarà smontato non appena i rischi saranno rientrati, e che non esiterà ad alzare i tassi di quanto necessario a novembre.
Né è chiaro come l’iniezione di base monetaria associata agli acquisti si concili con la stabilità del cambio, malgrado la reazione iniziale positiva.

STATI UNITI – Dalla Fed, il flusso di discorsi resta hawkish.
Bullard (St Louis Fed) ha sottolineato che l’inflazione è un “problema serio e che la credibilità della politica monetaria della Fed è a rischio.
Secondo Bullard, il livello minimo dei tassi che generi restrizione è ora 4,5%, e dovrà essere mantenuto per un certo tempo per garantire il controllo dell’inflazione.
Evans (Chicago Fed) ha detto che per riportare l’inflazione al 2% occorrerà un periodo di condizioni restrittive, con conseguenze negative sulla crescita e sul mercato del lavoro.
Evans ha notato che nelle proiezioni di settembre, il tasso reale previsto dalla Fed è intorno a 1,3% (tasso nominale a 4,4% e inflazione core attesa nel 2023 a 3,1%), a cui si aggiungono gli effetti della riduzione del bilancio, stimabili in 35-50 pb.
A suo avviso, la restrizione prevista non dovrebbe generare una vera e propria recessione, ma un aggiustamento.
Mester (Cleveland Fed) ha detto che l’inflazione “inaccettabilmente alta” riflette uno squilibrio fra una domanda forte e un’offerta vincolata ed è spinta anche da una dinamica salariale non coerente con la stabilità dei prezzi.
Un ruolo cruciale è giocato dalle aspettative di inflazione che, nonostante le recenti correzioni, restano elevate, superiori ai livelli pre-pandemici e caratterizzate da significativa dispersione, con rischi di disancorarsi.
Mester ha affermato che la persistenza di un’inflazione elevata impedisce di considerare uno o due dati di inflazione moderata come un segnale di svolta, quindi saranno necessari “diversi” di crescita dei prezzi in calo prima di rallentare il ritmo dei rialzi dei tassi.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha ampiamente ritracciato al ribasso ieri sull’analogo movimento di rendimenti (trainati perlopiù da quelli britannici dopo l’annuncio di acquisti temporanei di titoli governativi da parte della BoE, e risk aversion, ma sta già risalendo oggi, ancora supportato da attese di robusta restrizione monetaria, come conferma il flusso di discorsi Fed.
Nel breve questo, unitamente alle fragilità del quadro globale, può favorire ulteriormente dollaro.

EURL’euro, dopo aver aggiornato i minimi in area 0,95 EUR/USD ieri mattina, è rimbalzato fino a 0,97 EUR/USD perlopiù di riflesso alla rimonta della sterlina dopo l’annuncio degli acquisti BoE e al conseguente restringimento dei differenziali di rendimento rispetto agli USA, agevolato in parte anche dalle dichiarazioni di alcuni esponenti BCE a favore di un altro rialzo di 75 pb alla prossima riunione di fine ottobre.
Oggi però il cambio è già sceso di nuovo, in area 0,96 EUR/USD, movimento più coerente con la sfavorevole evoluzione del quadro area euro (negativi oggi anche i dati di fiducia dell’area) e l’acuirsi delle tensioni sul fronte russo-ucraino (la Russia si appresta ad annettere i territori del Dornbass dopo la vittoria dei “sì” ai referendum).
I rischi restano dunque verso il basso.

GBPLa sterlina è ampiamente rimbalzata ieri contro dollaro da 1,05 a 1,09 GBP/USD dopo che la BoE ha annunciato un programma temporaneo di acquisti di titoli governativi (fino a 5 miliardi di sterline al giorno sulle scadenze oltre i vent’anni fino al 14 ottobre) per contrastare l’ampia correzione dell’obbligazionario dovuta alle preoccupazioni di sostenibilità dei conti pubblici dopo i tagli fiscali annunciati dal governo venerdì.
La BoE ha spiegato che se le recenti dinamiche dell’obbligazionario dovessero proseguire o accentuarsi potrebbero aversi dei problemi di stabilità finanziaria.
Contestualmente la BoE ha rinviato (a fine ottobre) l’avvio del programma di riduzione del bilancio che aveva appena annunciato alla riunione di giovedì scorso, ma il sentiero di rialzi dei tassi subirà un’accelerazione già dalla prossima riunione di novembre.
La pronta azione della BoE contribuisce a rassicurare almeno in parte i mercati, ma il quadro resta molto delicato, perché l’intervento, seppure temporaneo, della BoE è in contrasto con la stance restrittiva di politica monetaria e i rischi di sostenibilità, nonché le pressioni inflative, prodotti dallo stimolo fiscale rischiano di peggiorare ulteriormente e significativamente il quadro dell’economia britannica, a meno che non vi sia una parziale revisione del programma di stimolo fiscale – come proposto dall’IMF che ha espresso apertamente preoccupazione per le implicazioni delle nuove misure – in occasione della presentazione del Medium-Term Fiscal Plan che verrà annunciato il 23 novembre.
Nel frattempo, in assenza di novità favorevoli, la sterlina resta esposta a nuova debolezza.
Già questa mattina infatti ha ripreso a scendere contro dollaro rivedendo minimi in area 1,07 GBP/USD.
Contro euro oggi è circa stabile in area 0,89 EUR/GBP, dopo essersi rapidamente apprezzata ieri fino a 0,88 EUR/GBP sull’annuncio della BoE, salvo poi arretrare fino a 0,90 EUR/GBP poco dopo.

JPYLo yen si è leggermente rafforzato ieri contro dollaro da 144 a 143 USD/JPY sull’ampio arretramento dei rendimenti a lunga USA, ma sta già facendo marcia indietro oggi e i rischi nel breve restano verso il basso date le prevalenti pressioni rialziste sui rendimenti statunitensi.
Contro euro invece ieri lo yen si è indebolito da 138 a 140 EUR/JPY, ma il movimento sta già rientrando oggi, prevalendo in entrambi i casi la dinamica dell’EUR/USD.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Oggi l’indice composito di fiducia economica ESI della Commissione Europea è atteso restare al di sotto della media di lungo periodo per il terzo mese a settembre, e calare ulteriormente a 96 da un precedente 97,6, con rischi verso il basso.
Le indagini dovrebbero quindi confermare che la ripresa è ormai in fase di stallo, con indicazioni di frenata diffusi a tutti i settori.

GERMANIA – A settembre i prezzi al consumo sono attesi in crescita di 0,7% m/m sull’indice armonizzato e di 0,9% sul CPI, trainati dall’aumento dei carburanti.
L’inflazione è vista accelerare all’8,8% a/a da 7,9% nazionale e 9,3% da 8,8% armonizzato.

STATI UNITI – La lettura finale del PIL del 2° trimestre dovrebbe mostrare una variazione di – 0,6% t/t ann., come nella seconda stima.
Il Bureau of Economic Analysis pubblicherà l’aggiornamento annuale dei conti nazionali, con revisioni ai dati dal 1° trimestre 2017 al 1° trimestre 2022.
È probabile che il PIL venga rivisto verso l’alto almeno fra metà 2021 e inizio 2022, causando una revisione verso l’alto alla nostra previsione di crescita di 1,8% nel 2022.