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29 Luglio 2021 – nota economica giornaliera

ITALIA – I dati sulla fiducia di famiglie e imprese comunicati dall’Istat e relativi al mese di luglio sono stati ancora una volta più forti del previsto: tutti i principali indicatori hanno mostrato un miglioramento rispetto al mese precedente (particolarmente ampio per la fiducia delle aziende nel settore dei servizi), che riporta gli indici su livelli superiori a quelli pre-Covid, o su nuovi massimi da due decenni nel caso dell’industria e delle costruzioni.
La fiducia dei consumatori è salita per il quarto mese consecutivo a luglio, a 116,6da 115,1 del mese scorso.
Il dato è più forte delle stime di consenso (che si posizionavano a 115,5) e porta l’indice ai massimi da settembre del 2018.
Il miglioramento è trainato dal clima economico nazionale, che migliora più della situazione personale degli intervistati (che comunque raggiunge un nuovo massimo storico), e dai giudizi sulle condizioni correnti, mentre le aspettative sul futuro sono meno ottimistiche (ma la correzione appare fisiologica dopo che il mese scorso era stato toccato un record nella storia della serie).
Correggono anche le attese sulla situazione economica dell’Italia (che peraltro avevano toccato anch’esse un massimo storico a giugno).
Salgono per il secondo mese le aspettative sulla disoccupazione: si tratta di un segnale che le famiglie sono preoccupate dei possibili effetti del graduale venir meno del blocco dei licenziamenti, coerente con la nostra idea che una svolta per il mercato del lavoro non sia ancora imminente.
L’indice composito Istat sulla fiducia delle imprese è aumentato per l’ottavo mese consecutivo, a 116,3 da un precedente 112,8: si tratta di un massimo storico.
Tutti i principali macrosettori hanno registrato un miglioramento.
Il recupero è particolarmente forte per i servizi (a 112,3 da 107), per il commercio al dettaglio (a 111 da 107,2) ? che fanno registrare dei nuovi massimi rispettivamente da giugno 2017 e da dicembre 2019 ? e per le costruzioni, dove il morale ha raggiunto il livello più alto da gennaio 2000 (158,6 da 153,6 precedente).
Nel settore manifatturiero, la fiducia delle imprese è salita ancora una volta più del previsto, a 115,7 a luglio da 114,8 di giugno: si tratta di un nuovo record da novembre del 2000.
Il progresso è trainato dai giudizi correnti sugli ordini (dal mercato interno) e sulla produzione (e da un calo delle scorte), mentre gli ordinativi correnti dall’estero e le aspettative su ordini e produzione (e sull’economia) sono in calo rispetto al mese scorso, quando però erano stati toccati dei massimi ventennali.
Le attese sui prezzi di vendita sono salite a nuovi record, un segnale della crescente tentazione delle aziende, almeno in alcuni settori industriali, di trasferire a valle le pressioni inflazionistiche a monte della catena produttiva.
In sintesi, la tornata di indagini di fiducia di luglio è stata, come già nei due mesi precedenti, decisamente migliore delle attese.
La ripresa della mobilità personale seguita alla “riapertura” dell’economia è stata più rapida del previsto, come visibile dal fatto che la mobilità verso gli esercizi commerciali e le attività ricreative (secondo gli indicatori diffusi da Google) è sui massimi dallo scoppio del COVID.
Di ciò stanno beneficiando soprattutto servizi e commercio, in presenza di un trend di espansione che continua nel manifatturiero e nelle costruzioni.
Peraltro, dalle indagini emerge anche qualche segnale di minor vigore in merito alle aspettative future: i dubbi di famiglie e imprese circa il prosieguo della ripresa agli attuali ritmi potrebbe essere legato alle preoccupazioni sulla risalita dei contagi, anche in conseguenza della diffusione della “variante Delta.
Se dovesse proseguire questo trend, le indagini potrebbero mostrare una correzione (da livelli molto elevati) ad agosto.

FRANCIA – A luglio l’indice di fiducia dei consumatori dell’INSEE è calato a 101 da 103 precedente, rimanendo comunque lievemente al di sopra della media di lungo periodo (100).
La flessione è imputabile soprattutto ad una correzione delle aspettative sul tenore di vita, della propensione nell’effettuare spese di rilievo e delle attese sulle finanze personali, che rimangono comunque ben al di sopra della media storica.
È possibile che le famiglie francesi abbiano risentito della maggiore incertezza relativa alla diffusione della variante Delta e non escludiamo che nei prossimi mesi assumano un approccio più cauto nelle stesse decisioni di spesa.
La ripresa dei consumi non dovrebbe comunque subire un’inversione nei prossimi mesi.

STATI UNITI – La bilancia commerciale dei beni preliminare a giugno registra un deficit di 91,2 mld, da 88,2 mld di maggio, spinto da un aumento delle importazioni (1,5% m/m, 3,5 mld), significativamente superiore alla variazione dell’export (0,3% m/m, 0,5 mld).
Il rialzo delle importazioni è trainato dai beni capitali e dalle materie prime, mentre i beni di consumo e le auto restano in territorio negativo.
Per quanto riguarda l’export, che risente del differenziale di crescita ancora favorevole agli USA rispetto ai partner commerciali, tutte le tipologie di beni sono in rialzo, con l’eccezione di un marginale calo nel comparto dei beni capitali (-0,1% m/m).
I dati danno supporto alla previsione di un ampio contributo negativo del canale estero alla crescita del 2° trimestre.

COMMENTI:

STATI UNITI
 – La Fed apre il dibattito sulla riduzione degli acquisti, ma blinda (per ora) qualsiasi possibilità di svolta dei tassi.
La riunione del FOMC si è conclusa senza cambiamenti operativi, ma con l’attesa apertura della discussione sul tapering, alla luce del progresso verso gli obiettivi della politica monetaria.
Il messaggio generale è invariato ed è formato da parti diverse, con implicazioni contrastanti, a cui Powell però ha voluto dare l’inclinazione più dovish possibile, pur mirando a blindare le aspettative di inflazione.
Il messaggio post-riunione riguarda sia la valutazione dello scenario sia le prospettive della politica monetaria: l’inflazione è in rialzo per fattori temporanei, la ripresa prosegue con “progressi” rispetto a dicembre (ma è ancora lontana dal progresso “sostanziale”), il mercato del lavoro è in miglioramento ma “lontano” dalla piena occupazione, la Fed è disposta (a parole) a modificare la politica monetaria in caso di un sentiero dell’inflazione effettiva e/o delle aspettative non coerente con il proprio mandato ma, salvo casi estremi considerati improbabili, non contempla rialzi dei tassi anticipati.
In sintesi: tapering in arrivo verso fine anno (con dettagli entro settembre), svolta dei tassi ancora relativamente lontana (ma non troppo), Fed vigile sull’inflazione.
Nei prossimi paragrafi segue un’analisi più dettagliata della comunicazione emersa ieri sera.
Nella parte relativa alla valutazione congiunturale, il comunicato rileva che gli indicatori di attività e occupazione “hanno continuato a rafforzarsi”, ma sottolinea ancora che i settori più colpiti dalla pandemia, pur in miglioramento, “non si sono ancora ripresi del tutto”.
Sui prezzi, si ripete che “l’inflazione è salita, riflettendo in gran parte fattori transitori”, senza cambiare nemmeno una virgola rispetto a giugno, nonostante le sorprese dai dati.
La novità nel comunicato riguarda il paragrafo relativo alla politica monetaria che dà il via all’avvicinamento del tapering, con l’introduzione di una frase cruciale: da dicembre, “l’economia ha fatto progressi verso (questi) obiettivi e il Comitato continuerà a valutare il progresso nelle prossime riunioni”.
Ora il dibattito è davvero aperto e qualche informazione sui suoi contenuti emergerà con i verbali, in uscita fra tre settimane, e con i discorsi.
Nella conferenza stampa, Powell ha dato molto peso alla transitorietà dei rialzi dei prezzi e delle strozzature all’offerta, sia per beni e servizi, sia per il lavoro, sottolineando la natura straordinaria di questa ripresa, caratterizzata da una rapidissima riapertura delle attività inevitabilmente non lineare.
Secondo Powell, nei prossimi mesi si dovrebbe vedere una ricomposizione dell’eccesso di domanda sui diversi mercati, con una normalizzazione della dinamica dei prezzi e degli indicatori del mercato del lavoro.
Per quanto riguarda il tapering, Powell ha fornito l’interpretazione della novità del comunicato che rileva progressi dell’economia, affermando che il Comitato continuerà nelle prossime riunioni a “discutere il progresso e discutere come cambiare” il programma di acquisti, garantendo un preavviso prima dell’introduzione di novità operative.
Powell non ha voluto precisare in alcun modo i tempi, affermando solo che il FOMC è “nel processo di continuare a valutare il progresso” verso il miglioramento sostanziale (presumibilmente condizionato ad “alcuni dati forti di occupazione”) e che cercherà di dare chiarezza e preavviso.
Secondo Powell, le due classi di attività, Treasury e MBS, dovrebbero essere ridotte probabilmente in parallelo e maggiori dettagli verranno comunicati con i verbali e con interventi pubblici (potenzialmente quindi anche a Jackson Hole).
Le parole di Powell e la valutazione dello scenario macro danno supporto alla previsione che il piano per il tapering possa essere definito entro la riunione di settembre e attuato a partire da fine 2021/inizio 2022.
La discussione durante la conferenza stampa si è focalizzata su due punti cruciali, relativi al sentiero e ai tempi della svolta dei tassi, in un contesto in cui gli indicatori rilevanti per il mandato duale della Fed su prezzi e occupazione danno segnali contrastanti, con l’inflazione molto al di sopra del 2%e il mercato del lavoro ancora “molto distante” dalla piena occupazione.
Sul mercato del lavoro, Powell ha sottolineato che la Fed non può dare obiettivi “numerici” per la piena occupazione, che viene valutata su un ampio insieme di variabili, ma che comunque rimane “terreno da coprire” su tutti i fronti, pur in un contesto di domanda di lavoro straordinariamente solida.
Implicitamente, i tempi del raggiungimento della piena occupazione sembrerebbero richiedere diversi trimestri, ma non dovrebbero “richiedere molto tempo” per essere raggiunti, partendo ora da una situazione di “mercato del lavoro molto forte”.
Sui prezzi, alla domanda se ai livelli attuali, ben al di sopra del 2%, l’obiettivo di inflazione media sia già formalmente raggiunto, Powell non ha voluto rispondere, affermando testualmente che la risposta deve essere del Comitato.
La domanda era un vero trabocchetto, perché si intersecava con la forward guidance per il rialzo dei tassi che richiede, oltre alla massima occupazione, un’“inflazione moderatamente al di sopra del 2 percento per un certo tempo (…) con l’inflazione in media al 2%”.
Powell ha sottolineato che comunque al momento sarebbe soddisfatto solo metà del mandato e che la guidance per il rialzo dei tassi “non è rilevante ora” mentre si è ancora “molto distanti da un rialzo dei tassi.
La valutazione delle condizioni sui prezzi dovrà essere affrontata al momento in cui si discuterà di rialzi, non prima.
Qui sta la contraddizione, dato che Powell e il comunicato affermano che il Comitato “userà tutti i suoi strumenti per fronteggiare un eventuale rialzo dell’inflazione e/o delle aspettative non coerenti con il proprio mandato.
Alla domanda se il FOMC potrebbe alzare i tassi anche durante il tapering, Powell ha risposto in modo evasivo, ma ha notato che sarebbe incoerente continuare ad acquistare titoli mente si alzano i tassi.
Powell ha con fatica riconosciuto che ci sono rischi verso l’alto sui prezzi, ma fortemente mitigati dalla natura transitoria e circoscritta dei rialzi in corso.
Infine, rispondendo a una domanda relativa all’interpretazione del mercato che sembra, secondo alcuni, ritenere che la Fed sia in procinto si “sovra-reagire”, con un possibile eccesso di restrizione futura, Powell ha detto che a suo avviso la credibilità della Fed non è in discussione e che il framework della politica monetaria è ben compreso dal pubblico, in particolare nelle circostanze attuali di temporaneo contrasto fra gli obiettivi della politica monetaria.
Operativamente la riunione ha introdotto due repo facility, una domestica una internazionale, per garantire flussi di liquidità.
In conclusione, la riunione di luglio ha, come atteso, aperto ufficialmente la porta all’”inizio della fine” delle politiche espansive di questo ciclo, pur senza dare dettagli operativi.
Con i verbali ci saranno maggiori informazioni sul tapering, da precisare poi entro la riunione di settembre.
Ma a questo punto il focus si sposta già sui tempi della svolta dei tassi e i veri test verranno dai dati.
I nodi sono due e richiedono che
:
1) l’inflazione sia vicina a un picco, spinto da rialzi dei prezzi concentrati in alcuni settori colpiti da condizioni particolari legati alla riapertura dell’economia e
2) l’offerta di lavoro si riprenda, permettendo la soddisfazione della domanda, un solido aumento degli occupati e della partecipazione e una riduzione delle diseguaglianze fra gruppi demografici.
La nostra valutazione è che queste condizioni possano essere soddisfatte fra fine 2022 e inizio 2023, coerenti con la previsione di svolta sui tassi intorno a metà 2023.
– Il Senato ha votato con una solida maggioranza (67-32) a favore dell’apertura del dibattito sul pacchetto per le infrastrutture con misure per circa 1 tln di dollari distribuite su 5 anni, con la possibilità di estenderlo a 1,2 tln, su altri tre anni.
Circa 400 mld sono finanziamenti per misure che avrebbero dovuto essere estese per il prossimo anno fiscale e 579 mld riguardano nuovi progetti suddivisi fra 312 mld per progetti relativi ai trasporti (ponti, strade, aeroporti, ecc.) e 266 mld sono relativi a altri tipi di infrastrutture (banda larga, elettricità, acqua).
Il voto di ieri è solo l’inizio del processo di definizione operativa delle misure, che saranno soggette a emendamenti durante il dibattito e a rischi di modifiche in Senato e alla Camera e a potenziali nuovi conflitti fra i parlamentari dei due partiti.
Tuttavia, per ora la probabilità di un’approvazione del pacchetto rimane elevata.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha corretto sull’esito del FOMC di ieri sera ed è in calo anche oggi, perché la Fed, pur aprendo formalmente il dibattito sul tapering ha comunque mantenuto ancora una retorica molto cauta, soprattutto scegliendo di non sbilanciarsi sull’inflazione – ripetendo le medesime considerazioni della precedente riunione di giugno – nonostante l’ultimo dato – pubblicato dopo la riunione di giugno – abbia fornito un’ulteriore sorpresa verso l’alto.
A parte questo aspetto tuttavia la Fed ha riconosciuto un ulteriore miglioramento del quadro economico e si aspetta che l’evoluzione verso “i sostanziali progressi” necessari per procedere con l’attuazione del tapering prosegua.
Semplicemente, ha ribadito di voler vedere tali progressi nei dati concreti, in particolare mercato del lavoro e inflazione, ripetendo anche che prima di attuare il tapering avviserà.
Pertanto, ora saranno da monitorare attentamente l’employment report della settimana prossima, e l’inflazione quella successiva, ma anche i vari discorsi Fed, inclusi gli interventi a Jackson Hole a fine agosto.
Se i prossimi dati non deluderanno il dollaro dovrebbe riprendersi dal calo che sta subendo nell’immediato seguito del FOMC, che dovrebbe pertanto rivelarsi una reazione temporanea.
Oggi intanto esce il PIL del 2° trimestre che dovrebbe mostrare una nuova accelerazione.

EURL’euro si è rafforzato di una figura abbondante da 1,17 a 1,18 EUR/USD sul calo post-FOMC del dollaro e sui dati di fiducia dell’area risultati questa mattina leggermente migliori delle attese ha provato a testare le resistenze chiave (da tenere pertanto monitorate) collocate intorno a 1,1880 EUR/USD.
L’upside dell’euro dovrebbe però essere limitato sia nel tempo sia nello spazio (tendenzialmente entro l’area 1,19 EUR/USD: resistenze critiche nella fascia 1,1950-1,1980 EUR/USD) perché – a meno di delusioni dai dati USA – l’annuncio del tapering Fed si sta – seppure gradualmente – avvicinando e la distanza tra BCE e Fed è aumentata dopo la revisione strategica attuata dalla BCE questo mese.
Resta valido pertanto lo scenario di ulteriore calo all’effettivo avvicinarsi del tapering Fed.

GBPAnche la sterlina si è rafforzata sul calo post-FOMC del dollaro da 1,38 a 1,39 GBP/USD, ma approssimativamente tanto quanto l’euro, rispetto al quale infatti ieri ha chiuso in marginale calo in area 0,85 EUR/GBP (dopo essersi affacciata temporaneamente a quota 0,84 EUR/GBP) e oggi apre in marginale rialzo, con oscillazioni però minime.
In realtà la sterlina potrebbe avere maggiori margini di rafforzamento rispetto all’euro perché ci si attende che la BoE avvii molto prima della BCE la svota di policy, ma l’attesa per l’importante riunione BoE di giovedì prossimo – con segnali recenti che indicano una banca centrale spaccata al suo interno – potrebbe contribuire per ora a contenere l’upside della valuta britannica.

JPYLo yen si è rafforzato solo marginalmente contro dollaro sull’esito del FOMC al punto che ha comunque chiuso in leggero calo mantenendosi comunque nello stesso range dell’ultimo periodo 109-110 USD/JPY.
Contro euro è sceso da 129 a 130 EUR/JPY (anche in questo caso stesso range recente) per via del maggio rafforzamento dell’EUR/USD.
Lo spazio di rafforzamento dello yen contro dollaro è ancora più compresso di quello dell’euro e manteniamo attese di maggior discesa della valuta nipponica contro dollaro all’effettivo avvicinarsi del tapering Fed.

 

PREVISIONI:

ITALIA – L’Istat diffonderà dopodomani il dato preliminare sul PIL nel 2° trimestre dell’anno.
La nostra previsione è più ottimistica del consenso e vede un’espansione di un punto percentuale e mezzo nel trimestre.
Le indagini di luglio segnalano che l’economia potrebbe mantenere un ritmo molto vigoroso (tra 1,5% e 2% t/t) anche nel trimestre estivo, trainata dai consumi dal lato della domanda e dai servizi dal lato dell’offerta (le componenti che più avevano frenato il PIL durante la fase più acuta della crisi).
Difficilmente la risalita in corso dei contagi farà deragliare la ripresa nei mesi estivi (almeno finché le ospedalizzazioni rimarranno su livelli contenuti); una maggiore incertezza potrebbe però riguardare il trimestre autunnale.

AREA EURO – Saranno diffuse le indagini di fiducia della Commissione Europea di luglio, attese confermare lo scenario di solida ripresa a inizio trimestre, con l’indice ESI che è visto circa stabile a 118,1 da 117,9 di giugno, poco al di sotto del record di maggio 2000.
Nel manifatturiero e nelle costruzioni la principale incognita è legata all’impatto sull’attività produttiva delle strozzature presenti in alcune filiere.
Nei servizi invece le preoccupazioni per la risalita dei contagi potrebbero penalizzare le aspettative delle imprese, ma non intaccare in maniera significativa il quadro espansivo per il comparto.
L’indice relativo ai servizi è quindi atteso in contenuto miglioramento a 18,3 da 17,9 precedente, mentre il morale nell’industria, dopo sette rialzi consecutivi, potrebbe correggere marginalmente a 12,5 da 12,7, rimanendo comunque su livelli espansivi e prossimi al massimo storico raggiunto a giugno.
La stima finale dell’indice di fiducia dei consumatori dovrebbe infine confermare la flessione a -4,4 da -3,3 emersa dalla lettura preliminare.

GERMANIA
– La stima flash dai Länder dovrebbe indicare che a luglio i prezzi al consumo sono cresciuti di quattro decimi sull’indice domestico e di mezzo punto percentuale sull’armonizzato.
La tendenza annua è attesa aumentare di nove decimi rispetto a giugno su entrambe le misure, portandosi al 3,2% sull’indice nazionale e al 3,0% su quello armonizzato, per via dell’effetto base indotto dal taglio dell’IVA entrato in vigore nel luglio 2020.
La media 2021 è attesa salire al 2,6% (2,7% sull’armonizzato) per poi tornare sotto il 2% il prossimo anno.
I rischi sulla previsione sono verso l’alto.
– Il tasso di disoccupazione è atteso in calo di un decimo a luglio, al 5,8%. Le indagini di questo mese hanno mostrato un aumento delle intenzioni di assunzioni sia nell’industria che nei servizi, che, tuttavia, verrà in parte spiazzato da un possibile calo degli inattivi.
Riteniamo che il ritorno ai livelli pre-crisi del tasso dei senza-lavoro possa arrivare più avanti, verso la fine del 2022.

STATI UNITI – Il dato più importante in uscita oggi è la prima stima del PIL del 2° trimestre, che dovrebbe registrare un’accelerazione della crescita, spinta dagli effetti della diffusione dei vaccini e dalla riapertura delle attività nei servizi.
La variazione attesa di 8,4%t/t ann., dopo 6,4% t/t ann., dovrebbe avere un ampio contributo dalla domanda finale domestica.
I consumi sono previsti in rialzo di 10,8% t/t ann., dopo 11,35% t/t ann., con la componente servizi in netta ripresa dopo l’andamento moderato del trimestre precedente.
Anche gli investimenti fissi non residenziali sono previsti in forte aumento (7,7% t/t ann.), sulla scia dell’andamento solido del comparto dei macchinari.
Gli investimenti residenziali dovrebbero risentire del rallentamento dell’attività nel settore immobiliare residenziale e segnare una variazione negativa (-7,5% t/t ann.), per la prima volta da un anno.
La spesa pubblica dovrebbe ancora sostenere la dinamica del PIL con un ampio rialzo.
Le scorte dovrebbero dare un contributo positivo (0,7pp), dopo alcuni trimestri di ampie correzioni, mentre il canale estero dovrebbe restare un ampio freno (-0,8pp) alla crescita per via del ritmo molto più rapido dell’espansione USA rispetto a quello delle sue controparti commerciali.
La crescita del 2° trimestre dovrebbe rappresentare il picco della ripresa e riportare il PIL al di sopra dei livelli pre-pandemici.
Dall’estate, la dinamica della domanda finale dovrebbe rallentare, pur restando ben al di sopra della crescita potenziale, ma l’accumulo di scorte dovrebbe contribuire a spingere ancora le variazioni del PIL.