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28 Ottobre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – I dati di settembre sul commercio coi Paesi extra-Ue mostrano una crescita per entrambi i flussi, più marcata per le esportazioni (+2,5% da +0,6% m/m ad agosto) che per le importazioni (+2% m/m da -0,5% precedente). L’incremento è diffuso a tutti principali raggruppamenti di industrie, con la sola eccezione dell’import di beni strumentali (-4,1% m/m).
Nei primi 9 mesi dell’anno, il surplus verso i Paesi extra-Ue è salito a 21,7 miliardi, (dai 17,9 mld dello scorso anno; da 47,8 a 50,9 al netto dell’energia). Su base tendenziale, l’export torna a crescere (+9,4%), mentre l’import è sostanzialmente invariato rispetto a un anno fa (le variazioni annue sono rese più favorevoli dal maggior numero di giorni lavorativi). La crescita dell’export è geograficamente molto concentrata: oltre il 90% dell’incremento tendenziale complessivo è spiegato dalle vendite verso Stati Uniti (soprattutto farmaceutici), Svizzera (prodotti in pelle e metalli) e Giappone.
Viceversa, resta in flessione l’export verso Paesi MERCOSUR, OPEC e Cina.
In sintesi, la ripresa dell’export a settembre non sposta la nostra previsione di un contributo negativo del commercio estero al PIL nel 3° trimestre. I segnali di ripresa della domanda in particolare dai Paesi extra-Ue potrebbero favorire un recupero nel trimestre in corso, ma decisiva sarà l’evoluzione degli eventi in merito a Brexit e alla decisone Usa sulle tariffe auto verso la Ue.

GERMANIA – L’indice Ifo è rimasto stabile in ottobre a 94,6. Il giudizio sulla situazione corrente è peggiorato da 98,6 a 97,8, mentre le aspettative sono migliorate da 90,9 a 91,5. Secondo l’istituto di ricerca tedesco, l’economia si starebbe stabilizzando, e il PIL potrebbe tornare a crescere marginalmente nel quarto trimestre. A livello settoriale, si nota una stabilizzazione dell’indice manifatturiero, ma con un giudizio ancora negativo sulla situazione corrente, un miglioramento nei servizi trainato dalle aspettative e, infine, un peggioramento nelle costruzioni da livelli di fiducia ancora elevati.

STATI UNITI – La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a ottobre (finale) corregge a 95,5 da 96 della lettura preliminare. Le componenti dell’indagine sono poco variate: situazione corrente a 113,2 da 113,4 e aspettative a 84,2 da 84,8.
La fiducia si è mantenuta in media su livelli storicamente elevati dal 2018, ma dall’estate ha dato indicazioni di un modesto trend verso il basso. Le aspettative di inflazione a 5-10 anni recuperano 1 decimo a 2,3%, rispetto a 2,2% della lettura preliminare che aveva segnato un nuovo minimo per la serie.

 

COMMENTI:

BREXITI ministri degli esteri dei 27 delibereranno stamane in merito alla proroga dell’art. 50. Riteniamo pressoché scontata una proroga fino al 31 gennaio; secondo le ultime voci raccolte da Reuters, l’estensione sarebbe ‘flessibile’, consentendo l’uscita anche il 1° dicembre e il 1° gennaio, se il parlamento sarà rapido nell’approvazione finale del withdrawal bill. Oggi la Camera dei Comuni è chiamata a pronunciarsi su una richiesta di anticipare le elezioni politiche. Liberal-democratici e SNP sono ora disponibili a sostenere un anticipo del voto a dicembre mediante un emendamento al Fixed-Term Parliament Act (FTPA), una novità che potrebbe aumentare la probabilità che il parlamento sia sciolto perché richiede una maggioranza semplice invece di una qualificata di 2/3. I tempi sarebbero comunque strettissimi, essendo richieste 5 settimane fra lo scioglimento della Camera e la data delle elezioni.

CINA – Il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC) si riunisce a Pechino per la quarta sessione plenaria dal 28 al 31 ottobre, con un’agenda che si annuncia prettamente politica. All’ordine del giorno del IV Plenum c’è, infatti, la discussione di “importanti questioni su come mantenere e migliorare il sistema socialista con caratteristiche cinesi” e come progredire nella modernizzazione del sistema e nella capacità di governo del Paese.
Il Plenum autunnale successivo al Congresso è considerato di grande rilevanza, perché solitamente detta le linee guida a medio-lungo termine. Il primo Plenum si è tenuto il 25 ottobre 2017, alla fine del 19° Congresso del PCC, il secondo a metà gennaio 2018 ha discusso le modifiche alla Costituzione, il terzo a fine febbraio 2018 ha designato i candidati da presentare alle elezioni in occasione del rinnovo delle cariche istituzionali dello stato a marzo 2018.
Il IV Plenum era atteso nell’autunno del 2018 ma non era poi stato più convocato. Secondo alcuni analisti, in un momento di grande incertezza, le Autorità preferivano aspettare il risultato dei colloqui tra Trump e Xi previsti a margine della riunione del G20 in Argentina a fine novembre 2018 prima di fissare la riunione, ma secondo altri le linee guida e molte riforme lanciate nel Plenum autunnale del 2013 (il primo rilevante dall’elezione di Xi Jinping) si estendevano comunque al 2020 e la leadership non era intenzionata a modificarle, rendendo non necessaria la convocazione.
Altri analisti enfatizzavano, invece, che il ritardo poteva nascondere un mancato consenso tra le élite sulle misure per contrastare il rallentamento economico e per dirimere le tensioni commerciali con gli USA. Dopo le forti critiche alla politica domestica e internazionale della Cina espresse a fine luglio 2018 in un raro intervento online da Xu Zhangrun, un professore di legge della Tsinghua University, nell’autunno altri intellettuali ed economisti si erano infatti spinti a criticare la linea del PCC.
Le critiche riguardavano sia la politica interna sia la gestione dei rapporti con gli Usa, sottolineando l’allontanamento dalle politiche di apertura e di riforma, e allo stesso tempo di understatement, di Deng Xiaoping.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha chiuso la settimana passata al rialzo, modesto, dopo tre settimane consecutive di calo, favorito anche venerdì dalla debolezza della sterlina sulle nuove incertezze per Brexit. In parte comunque hanno inciso positivamente le notizie favorevoli sul fronte delle trattative sul commercio USA-Cina: le parti sembrerebbero infatti vicine a siglare un primo accordo parziale a ratifica dell’intesa raggiunta negli incontri del 10-11 ottobre, chiudendo così la Fase 1 dei negoziati.
La settimana entrante propone come appuntamento chiave la riunione della Fed mercoledì, dove ci si attende un altro taglio dei tassi di 25 pb, il terzo consecutivo dopo quelli di luglio e settembre. Tra i numerosi dati in uscita primeggiano il Pil del 3° trimestre mercoledì, atteso in rallentamento, nonché l’employment report e l’ISM manifatturiero venerdì, attesi deboli anch’essi, ma entrambi sono viziati dallo sciopero di GM, che complica la valutazione della debolezza effettiva dei dati.
Il dollaro potrebbe quindi indebolirsi, a meno di sorprese positive dai dati o di un messaggio Fed che indichi che il taglio dei tassi sarebbe l’ultimo di questo ciclo, ipotesi però non molto probabile date le incertezze che ancora gravano sul contesto internazionale. Tuttavia, l’eventuale indebolimento dovrebbe essere modesto e/o di breve durata. Complessivamente infatti un allentamento dei tassi non dovrebbe essere di per sé sfavorevole al dollaro perché dato il livello di partenza degli stessi (in territorio ampiamente positivo) l’azione di policy della Fed presenta ancora un buon grado di efficacia. Anche gli sviluppi su Brexit potrebbero ancora condizionare la dinamica del dollaro.

EUR – Simmetricamente l’euro ha chiuso la settimana passata al ribasso, modesto, da 1,11 a 1,10 EUR/USD, principalmente in virtù della correlazione positiva con la sterlina, ma anche – in parte – dei deboli dati dell’area (PMI). La settimana entrante propone mercoledì gli indici di fiducia, e giovedì l’inflazione e il Pil del 3° trimestre: le attese per tutti sono di indebolimento. A meno quindi di sorprese favorevoli dai dati l’euro potrebbe restare sulla difensiva, salvo trarre eventualmente temporaneo beneficio dall’atteso taglio dei tassi Fed. Anche gli sviluppi su Brexit potranno comunque continuare ad influenzare la dinamica dell’euro.

GBPLa sterlina ha chiuso la settimana al ribasso sia contro dollaro da 1,30 a 1,28 GBP/USD sia contro euro – ma di meno – da 0,85 a 0,86 EUR/GBP a causa delle nuove incertezze su Brexit: attesa per la risposta UE sul rinvio della data di uscita dall’UE (fissata dal governo Johnson questa settimana, il 31 ottobre), annuncio da parte del primo ministro di elezioni anticipate il 12 dicembre e immediata replica dell’opposizione laburista che ha già preannunciato di non appoggiare la richiesta se non si avrà la garanzia che il Regno Unito esca dall’UE con un accordo. Secondo le indiscrezioni del weekend, i rappresentanti UE sono pronti a concedere un rinvio lungo (fino al 31 gennaio), ma con la possibilità di uscita il 1° dicembre o il 1° gennaio se nel frattempo il withdrawal bill sarà stato approvato.
La decisione verrà presa ed annunciata oggi, e sempre oggi il parlamento voterà sulla proposta del governo per andare a elezioni anticipate a dicembre: in questo caso per l’approvazione è necessaria una maggioranza di due terzi, che non c’è.
Tuttavia, i liberaldemocratici sarebbero ora disponibili ad appoggiare elezioni anticipate decise mediante un emendamento al FTPA, soluzione che presenta rischi per il governo (potrebbero passare altri emendamenti sgraditi), ma che richiede una maggioranza semplice e non di due terzi. La sterlina è dunque a rischio di nuova debolezza. Infatti, se l’UE dovesse accordare un rinvio breve, e il parlamento non riuscisse ad approvare il Withdrawal Agreement, si potrebbe ancora ripresentare il rischio di un’uscita senza accordo (poco probabile ma tecnicamente possibile). In caso di rinvio lungo o estensione flessibile il rischio di “hard Brexit” verrebbe minimizzato, ma si andrebbe a elezioni anticipate quindi ci sarebbe sia l’incertezza derivante dall’esito del voto sia l’effetto negativo di un’ulteriore dilazione di Brexit che, come ha segnalato anche la BoE, incide negativamente sul sentiment generale.
Sul fronte dati, che saranno in secondo piano rispetto agli sviluppi di Brexit, oggi esce l’indagine CBI sul settore distributivo, attesa in deterioramento, domani il credito al consumo atteso stabile e venerdì il PMI manifatturiero atteso in lieve calo. Dalla BoE (la cui riunione si terrà la prossima settimana, il 7 novembre) in programma oggi un discorso di Tenreyro.

JPYLo yen ha chiuso la settimana pressoché stabile contro dollaro, mantenendosi sempre in area 108 USD/JPY, in funzione della sostanziale stabilizzazione della risk aversion.
Si è rafforzato leggermente, da 121 a 120 EUR/JPY, contro euro, ma per via del calo dell’EUR/USD. La settimana entrante potrebbe invece presentarsi piuttosto movimentata per la possibile presenza di input contrastanti. I driver saranno infatti gli sviluppi di Brexit, la decisione della Fed e i dati USA, e, venerdì, l’esito della riunione BoJ, sulla quale vi è elevata incertezza perché, pur a fronte di una probabile revisione al ribasso delle previsioni di crescita e inflazione, il board è diviso sull’opportunità di allentare o meno la politica monetaria dato che i parametri di policy sono già ultra-espansivi.
La decisione finale potrebbe essere un compromesso che lascia i tassi invariati ma estende la forward guidance, il che dovrebbe tendenzialmente indebolire lo yen.

 

PREVISIONI:

AREA EURO
– Saranno diffusi i dati preliminari sul PIL del trimestre estivo, atteso rallentare nell’Eurozona a 0,1% t/t da 0,2% dei mesi primaverili, e in Italia a -0,1% t/t da +0,1% precedente; la Francia potrebbe mantenere il ritmo di +0,3% t/t.
L’inflazione di ottobre è attesa rallentare di un decimo a 0,7% nell’Eurozona, risalire di un decimo a 0,3% in Italia e rimanere stabile allo 0,9% in Germania e all’1,1% in Francia.
La disoccupazione è vista stabile al 7,4% nell’Eurozona a settembre, in lieve risalita a 9,6% in Italia e stabile in Germania.
Infine, l’indice composito della Commissione UE per l’Eurozona e l’indagine Istat in Italia completeranno la tornata di indagini congiunturali di ottobre (ci aspettiamo in entrambi i casi una flessione).
M3 dovrebbe essere ancora cresciuta a passo robusto in settembre, stimiamo di 5,8% a/a. L’espansione sarà ancora alimentata soprattutto dall’aggregato più ristretto (M1), ma è possibile ancora un contributo positivo su base tendenziale anche di M2-M1. La crescita degli aggregati monetari è destinata ad accelerare nei prossimi mesi a causa della ripresa degli acquisti netti APP e del programma TLTRO III, pur scontando un calo dei moltiplicatori monetari che ne smorzerà l’impatto su credito e depositi.

STATI UNITI
– Il focus sarà sulla riunione del FOMC, che dovrebbe annunciare il terzo taglio consecutivo dei tassi e dare maggiori dettagli sulle misure decise per mitigare i problemi di liquidità sul mercato dei fed funds.
– Sul fronte dei dati di ottobre, l’employment report e l’ISM di ottobre saranno al centro dell’attenzione, ma saranno viziati dagli effetti dello sciopero GM che frena l’occupazione e l’attività nel settore auto.
Gli occupati non agricoli dovrebbero essere in rialzo di 70 mila, con un contributo negativo di 50 mila posti per via di GM e di 25 mila posti per la scadenza di contratti temporanei per il censimento. Il tasso di disoccupazione dovrebbe risalire a 3,6% e i salari orari dovrebbero riaccelerare, con una variazione di 0,3% m/m. Il reddito e la spesa personale di settembre sono attesi in crescita modesta, con il deflatore core in rialzo di 0,1% m/m, come il CPI core. La crescita del PIL nel 3° trimestre dovrebbe essere in rallentamento a 1,6% t/t ann., con consumi moderati, investimenti non residenziali e canale estero negativi e investimenti residenziali in ripresa.
– Il deficit della bilancia commerciale dei beni a settembre dovrebbe allargarsi a -73,5 mld (da -72,8 mld di agosto), con esportazioni e importazioni in calo su base mensile, dopo le variazioni positive viste ad agosto.