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28 Febbraio 2020 – nota economica giornaliera

ITALIA – I dati sulla fiducia di famiglie e imprese a febbraio sono stati misti: è diminuito (circa in linea con le attese) il morale dei consumatori, è salita a sorpresa la fiducia delle aziende.
Il morale delle famiglie è tornato a calare dopo essere migliorato nei due mesi precedenti, a 111,4 da 111,8 di gennaio. Le condizioni correnti sono poco variate, ma sono peggiorate le aspettative per il futuro. Il calo riguarda più la situazione personale degli intervistati che il clima nazionale. Le famiglie sono meno ottimiste sulla situazione occupazionale.
L’indice composito di fiducia delle imprese ha registrato un rimbalzo a febbraio, a 99,8, dopo essere calato a 99,2 a gennaio. La ripresa è dovuta al commercio al dettaglio, dove l’indice è risalito dopo il forte calo precedente (a 107,6 da 106,6) e al manifatturiero (100,6 da 100). Il morale è rimasto invariato nei servizi (a 99,4, non recuperando la correzione di gennaio) ed è calato nelle costruzioni (a 142,3 da 142,7), dopo che il mese scorso l’indice nel settore era tornato vicino ai massimi da 13 anni.
La fiducia delle aziende manifatturiere è salita per il terzo mese, tornando in sostanza sui massimi dell’ultimo anno. Il miglioramento riguarda per il secondo mese soprattutto gli ordini correnti (dall’interno, mentre calano le commesse dall’estero), così come i livelli attuali di produzione, mentre le attese sia sull’output che sugli ordinativi sono meno ottimistiche, come pure le aspettative sull’economia.
In sintesi, le informazioni che giungono dalle indagini di gennaio sono miste, ma in media migliori del previsto.
Tuttavia, c’è da tener presente che le survey non includono appieno gli effetti della diffusione del COVID-19 sul territorio nazionale. In tal senso, ci aspettiamo un impatto più tangibile nelle indagini di marzo. La nostra prima stima, del tutto provvisoria, degli effetti del nuovo coronavirus sulla crescita del PIL italiano nel 2020 è di circa lo 0,2%, di cui 0,1% dal canale del commercio estero e altrettanto dall’impatto delle misure prese per contenere il contagio sul territorio nazionale.
A nostro avviso, la diffusione del COVID-19 potrebbe mettere a rischio la ripresa del PIL che ci aspettavamo per il primo trimestre del 2020, e potenzialmente anche per l’intero anno.

AREA EURO
– L’indice ESI di fiducia economica elaborato dalla Commissione Europea ha registrato un miglioramento in febbraio, a 103,5 (+0,9 punti). L’incremento è spinto da un balzo della fiducia dei consumatori a -6,6 (+1,5 punti), ed in misura minore dalla fiducia nel settore manifatturiero, salita a -6,1 (+0,9 punti). Rimane pressoché invariata la fiducia nel settore dei servizi (a 11,2 da 11,0 precedente) e nel commercio al dettaglio (-0,2 da -0,1 precedente), mentre registra un lieve calo il settore delle costruzioni, sceso a 5,3 (-0,5 punti).
Lo spaccato per paesi indica che, tra le maggiori economie dell’Eurozona, l’ESI è fortemente cresciuto nei Paesi Bassi (+2,0), in Francia (+1,9) e Spagna (+1,2); la Germania ha registrato una crescita moderata (+0,6), mentre per l’Italia l’indice è rimasto stabile.
Il miglioramento risulta evidente nei Paesi core, mentre le economie della periferia evidenziano una quasi invarianza (-0,2 punti) rispetto al dato di gennaio.
Il livello dell’indice composito della Commissione ed i dati PMI di febbraio sono coerenti con una crescita del PIL nella forchetta 0,3-0,4% t/t, in decisa ripresa dall’ultimo trimestre del 2019.
Tuttavia, pensiamo che l’ottimismo dei mesi iniziali del nuovo anno debba ancora scontare gli effetti negativi sull’economia dell’impatto del COVID-2019, visibili solamente da marzo. Per questa ragione, permangono forti rischi al ribasso sul tasso di crescita del PIL atteso per il primo trimestre del 2020.
– In gennaio, la crescita di M3 è riaccelerata da 4,9 a 5,2% a/a. L’espansione della massa monetaria continua a essere concentrata nella componente più liquida, M1, mentre resta sostanzialmente nulla per M2-M1 e negativa per M3-M2.
La domanda di moneta è alimentata prevalentemente dall’espansione del credito al settore privato, che contribuisce per 3,7 punti percentuali ed è sostanzialmente stabile, e in minor misura dall’incremento delle attività nette del sistema bancario.

 

STATI UNITI
Gli ordini di beni durevoli a gennaio sorprendono verso l’alto, con una correzione di solo -0,2% m/m, contro una previsione di consenso di -1,5% m/m (il dato di dicembre è rivisto verso l’alto a +2,9% m/m da +2,4% m/m).
Il calo degli ordini è concentrato nel settore della difesa, che registra una contrazione di -39,8% m/m a gennaio, dopo un ampio incremento a dicembre.
Al netto dei trasporti, gli ordini sono in rialzo di 0,9% m/m; la variazione al netto della difesa è di 3,6% m/m.
La sorpresa più positiva viene dall’aggregato degli ordini di beni capitali al netto di difesa e aerei, in rialzo di 1,1% m/m, come le consegne relative allo stesso insieme di beni. Le consegne di beni capitali totali sono spinte verso il basso dal comparto dell’aeronautica civile.
I dati sono migliori del previsto e segnalerebbero una ripresa degli ordini, al netto degli effetti del blocco produttivo di Boeing, dopo la debolezza della seconda parte del 2019. L’incertezza sulla trasmissione della frenata del manifatturiero cinese e del commercio internazionale a inizio 2020 mantiene il quadro molto incerto.
I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 22 febbraio aumentano a 219 mila, da 211 mila della settimana precedente, al di sopra della media a 4 settimane (209.750). I sussidi restano sui minimi da circa 50 anni, ma in questa fase di rallentamento della crescita e di shock verso il basso sarà importante monitorare il trend della serie. I nuovi sussidi sono uno dei migliori indicatori anticipatori di svolta ciclica.

GIAPPONE
I dati giapponesi iniziano a includere, almeno parzialmente, i primi effetti del COVID-19.
La produzione industriale a gennaio, con dati raccolti fino al 10 febbraio, sorprende verso l’alto, e aumenta di 0,8% m/m e di -2,5% a/a.
La ripresa dell’output, dopo la contrazione dell’autunno legata al rialzo dell’imposta sui consumi, è sostenuta dal comparto trasporti e registra modeste correzioni nell’elettronica e nei macchinari, potenzialmente influenzati dai blocchi produttivi in Cina.
Le informazioni principali dei dati dovrebbero venire dalle proiezioni per i mesi successivi, con attese di rialzo di 5,3% m/m a febbraio e di calo di -6,9% m/m a marzo, e indicazioni di espansione trimestrale.
È probabile che il deteriorarsi della situazione in Cina e ora in Corea e altri Paesi strettamente legati al commercio giapponese porti a revisioni verso il basso delle previsioni delle imprese, tuttavia sula base delle prime informazioni disponibili il 1° trimestre potrebbe essere solo marginalmente negativo.
– Le vendite al dettaglio sono in rialzo di 0,6% m/m a gennaio (-0,4% a/a), in ripresa dopo gli effetti negativi della restrizione fiscale dell’autunno, senza evidenti effetti del COVID-19.
Da febbraio in poi le vendite dovrebbero essere frenate dalla riduzione del turismo cinese e dalla minore domanda in alcuni comparti.
Il Primo Ministro Abe ha affermato che il Governo interverrà a sostegno dell’economia con un pacchetto fiscale.
– Il CPI di Tokyo a febbraio rallenta a 0,4% a/a da 0,6% a/a di gennaio. L’indice al netto degli alimentari freschi è in rialzo di 0,5% a/a ed escludendo gli effetti delle misure fiscali dell’autunno la variazione è in rallentamento a 0,2% a/a. Nei dati di inflazione si registra un freno collegato al comparto alberghiero e turistico, primo segnale dell’impatto del COVID-19.
– Il tasso di disoccupazione a gennaio aumenta a 2,4% da 2,2% di dicembre, con un calo sia degli occupati sia della forza lavoro. Il job-to-applicant ratio cala a 1,49 da 1,57, sui minimi da maggio 2017, con una variazione molto ampia che andrà monitorata nei prossimi mesi.

 

COMMENTI:

BCE – Secondo Schnabel, membro del comitato esecutivo da gennaio, la natura e le proprietà degli shock che hanno colpito la zona euro negli ultimi anni richiedono alle banche centrali di esercitare più pazienza nel raggiungimento del loro obiettivo di inflazione.
Quindi, l’orizzonte di medio termine entro il quale la BCE si muove “è considerevolmente più lungo che in passato”.
Il motivo è che negli ultimi anni hanno giocato un ruolo rilevante gli shock dal lato dell’offerta, oltre allo shock di domanda legato alla crisi del debito: un minor ruolo dell’energia, una minore sensibilità dei prezzi di vendita al costo del lavoro (con i profitti che agiscono maggiormente e più a lungo da buffer).
Nella prossimità del limite inferiore (lower bound), “tentare di accorciare ulteriormente l’orizzonte allentando le condizioni finanziarie comporta il rischio di spostare l’equilibrio tra costi e benefici di una posizione di politica monetaria altamente accomodante aumentando i rischi per la stabilità finanziaria”.
Si veda: “How long is the medium term? Monetary policy in a low inflation environment”.
Schnabel non ritiene che la COVID-19 sia un fenomeno che richieda reazioni di politica monetaria, che deve guardare al medio termine. La Presidente Lagarde ha dichiarato che il virus non causerà effetti persistenti.
Holzmann (Austria) prevede un impatto della COVID-19 di qualche decimo di punto, seguito da un rimbalzo. Secondo Knot (Olanda), “è troppo presto per valutare l’impatto” dell’epidemia, anche se ritiene che sarà maggiore rispetto alla SARS.

STATI UNITI – Mentre i casi di COVID-19 iniziano a comparire anche negli USA, è utile riferirsi a un esercizio di stima del Congressional Budget Office (CBO), datato 2006, sugli effetti di una possibile pandemia sull’economia americana.
Il CBO, in un’analisi seguita all’esperienza dell’epidemia di H5N1, definisce due scenari definiti sulla base dell’esperienza passata. Il caso “severo”, tipo influenza Spagnola del 1918-19, con circa 90 mln di individui contagiati e 2 mln di morti negli USA, genererebbe una restrizione del PIL di circa -4,25 pp rispetto allo scenario base. Secondo il CBO, l’effetto di questa pandemia severa sarebbe paragonabile a una recessione media (pre-grande recessione).
Il caso “mite”, analogo alle pandemie del 1957 e del 1968, prevede 75 mln di contagiati e 100 mila morti negli USA, con una contrazione del PIL di -1 pp rispetto allo scenario base, sostanzialmente insufficiente a causare una recessione.
Ci sono notevoli differenze fra l’epidemia di H5N1 e quella di COVID-19 (fra cui la maggiore trasmissibilità ma la mortalità molto inferiore del secondo rispetto al primo), e i casi base considerati dal CBO possono essere valutati come “estremi”.
Tuttavia, l’esercizio ha l’utilità di offrire un intervallo di stima per gli effetti di una epidemia grave negli USA. Inoltre, al momento i mercati si concentrano su aspettative di tagli dei tassi (ormai scontati con probabilità vicina al 90% tre tagli della Fed) che peraltro probabilmente avrebbero efficacia estremamente limitata. Il focus deve essere sulla politica fiscale e su misure di sostegno del credito.
Il Congresso sta discutendo un pacchetto di fondi disponibili per una eventuale emergenza da COVID-19 nell’ordine di 4-8 mld di dollari, inclusi sostegni agli Stati. Anche se le espansioni non muoiono di vecchiaia, non è detto che debbano morire di COVID-19.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha corretto ampiamente tornando sui livelli di tre settimane fa all’aumentare delle probabilità implicite di un taglio dei tassi Fed entro i prossimi mesi per mitigare le ricadute negative del coronavirus.
I dati sugli ordini di beni durevoli sono risultati migliori del previsto, ma il mercato li ha di fatto ignorati e cosi potrebbe essere anche per i dati di oggi, tra i quali rileva soprattutto il PMI di Chicago atteso in miglioramento.
Parte della correzione in atto del dollaro va letta come normale ritracciamento rispetto all’ampia e protratta salita in corso da inizio anno.

EUR – L’euro si è apprezzato ampiamente da 1,08 a 1,10 EUR/USD principalmente per effetto dell’indebolimento del dollaro.
Il movimento è stato amplificato dai dati dell’area che sono risultati migliori delle attese mostrando un incremento degli indici di fiducia e dal fatto che il mercato sconta un taglio dei tassi BCE entro i prossimi mesi di soli 10 pb ovvero inferiore ai 25 pb attesi per la Fed.
L’upside dell’euro dovrebbe tuttavia restare limitato perché pur a fronte di un eventuale taglio dei tassi il livello di partenza di quelli USA rimane molto più elevato.
Escono oggi i dati di inflazione italiani e tedeschi attesi ancora su livelli bassi, ma il tema centrale di mercato resta l’incertezza circa gli effetti del coronavirus.

GBP – La sterlina si è indebolita ulteriormente ieri sia contro dollaro da 1,29 a 1,28 GBP/USD sia contro euro da 0,84 a 0,85 EUR/GBP dopo che il governo britannico ha reso noto il mandato negoziale per i negoziati con l’UE che partiranno lunedì.
Il mandato conferma infatti la distanza tra le posizioni di partenza
delle parti già emerse negli ultimi due mesi, ribadendo che il Regno Unito non intende accettare l’imposizione degli standard UE e che non riconosce il ruolo della Corte di Giustizia Europea.
I livelli attuali del cambio sono coerenti rispetto all’incertezza relativa ai negoziati con l’UE.

JPY – Lo yen si è rafforzato contro dollaro da 110 a 109 USD/JPY all’acuirsi delle preoccupazioni per gli effetti del coronavirus.
Si è invece indebolito contro euro da 119 a 121 EUR/JPY per via del maggiore rafforzamento dell’EUR/USD. Fintantoché la risk aversion non rientra il movimento rialzista dello yen, contro dollaro, può proseguire, con spazio almeno fino a 108 USD/JPY.

 

PREVISIONI:

ITALIA – L’inflazione è attesa in calo di un decimo a febbraio, a 0,4% sull’indice NIC e a 0,3% sull’IPCA. Nel mese i prezzi sarebbero stabili sull’indice domestico e in diminuzione di tre decimi sull’armonizzato. Pressioni al ribasso arriverebbero dall’energia (visti i ribassi dei carburanti) e dalle comunicazioni, mentre potrebbero continuare i rincari degli alimentari. Vediamo un’inflazione in ulteriore calo nei prossimi mesi (a 0,1-0,2% tra marzo e aprile).

FRANCIA
– A gennaio la spesa per consumi è vista in crescita di +0,2% m/m, dopo il -0,3% m/m di dicembre. Sulla base dei dati sulle immatricolazioni, le vendite di auto dovrebbero essere cresciute significativamente nel mese. I rischi alla previsione sono verso l’alto, dato che i saldi di fine stagione potrebbero aver contribuito positivamente. La variazione annua delle vendite passerebbe a 0,6% da 2,0%.
– La stima flash dovrebbe indicare che i prezzi al consumo sono rimasti fermi a febbraio su entrambe le misure, dopo un calo di -0,5% m/m a gennaio. L’inflazione annua è vista in calo di un decimo all’1,4% sull’indice nazionale e all’1,6% sull’armonizzato, probabilmente guidata dall’energia. Il CPI è atteso poco variato nei prossimi mesi (attorno a 1,5% in primavera e estate).

GERMANIA
A febbraio, l’inflazione dovrebbe calare lievemente dai massimi degli ultimi sei mesi. L’indice nazionale dei prezzi al consumo dovrebbe scendere a 1,6% a/a, da 1,7% di gennaio, l’indice armonizzato a 1,5% a/a da 1,6% precedente. Nel mese i prezzi, sostenuti da fattori stagionali, dovrebbero essere cresciuti rispettivamente di 0,3% m/m secondo l’indice nazionale e di 0,4% in termini armonizzati.
– A febbraio, il tasso di disoccupazione dovrebbe restare invariato a 5,0%. Il numero dei senza-lavoro è atteso in aumento di 3 mila unità, dopo essere calato di 2 mila a gennaio. La componente relativa alla disoccupazione del barometro IAB del mercato del lavoro è rimasta invariata, poco al di sotto dei 100 punti a gennaio, a indicare solo una moderata crescita dei disoccupati.

STATI UNITI
– Il deficit della bilancia commerciale dei beni (advance) a gennaio è previsto in modesto ampliamento, a -68,5 mld, con l’aspettativa di aumento delle importazioni maggiore rispetto alla dinamica attesa dell’export. A dicembre, si era registrato un forte rialzo dell’import, dovuto agli scambi con il Canada per la riapertura di un oleodotto e la conseguente ripresa del flusso di petrolio verso gli USA. Per quanto riguarda i flussi ex-petrolio, i dati non rifletteranno ancora gli effetti dell’epidemia di coronavirus in Cina, ma dovrebbero confermare la persistente debolezza dei flussi commerciali. La previsione è un contributo negativo delle esportazioni nette nel 1° trimestre intorno a -0,3pp.
– La spesa personale a gennaio dovrebbe essere relativamente debole, con una variazione di 0,3% m/m, sulla scia delle indicazioni modeste delle vendite al dettaglio e del calo del consumo di utility per via del clima mite.
La stima dell’Atlanta Fed GDP nowcasting per i consumi del 1° trimestre è di 2,3% t/t ann.
Il reddito personale è previsto in rialzo di 0,3% m/m, in linea con la media degli ultimi 6 mesi. Il reddito da lavoro non dovrebbe accelerare: a fronte di una dinamica solida degli occupati, le ore lavorate sono in via di moderazione e i salari mantengono una crescita contenuta.
Il deflatore dei consumi dovrebbe risentire della correzione dell’energia e registrare un incremento di 0,1% m/m (1,8% a/a). Il deflatore core è previsto in aumento di 0,2% m/m, con la dinamica annua a 1,7% a/a, come a dicembre.
La previsione ha qualche rischio verso l’alto per via della componente sanità, che ha registrato un balzo nel PPI dovuto al rialzo una tantum delle tariffe di Medicare.
Nei due mesi successivi il trend dovrebbe essere in moderata crescita verso il 2% per via dell’effetto di confronto con il 2019, ma non sono emerse finora spinte per una ripresa dell’inflazione sottostante. È invece probabile un effetto calmierante dalla correzione dei prezzi energetici che a partire dal 2° trimestre potrebbero trasferirsi anche sui prezzi core, sia pure transitoriamente.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a febbraio (finale) dovrebbe correggere a 100,6 da 100,9 della lettura preliminare, restando comunque sui massimi da marzo 2018.