Seguci su twitter

Categorie

22 Settembre 2022 – nota economica giornaliera

ITALIA – Ieri la produzione nelle costruzioni a luglio è calata per il quarto mese consecutivo, mettendo a segno la flessione più pesante da dicembre 2020: -3% m/m da -2,3% di giugno.
Dopo un robusto 1° trimestre, l’attività edilizia sembra essere entrata in una fase di rallentamento, come suggerito dalle indagini di fiducia.
La presenza di commesse in completamento e degli incentivi fiscali lascia però supporre che nei prossimi mesi il settore delle costruzioni in Italia possa continuare a sovraperformare il resto dell’Eurozona.

STATI UNITI – In termini di dati, ieri le vendite di case esistenti di agosto hanno segnato il settimo calo consecutivo, con una correzione di -0,4% m/m (-19,9% a/a), a 4,8 mln.
Le scorte di case sono in flessione, su livelli storicamente bassi, pari a 3,2 mesi di vendite.
Il prezzo mediano è in rialzo di 7,7% a/a, ma in modesto calo su base mensile.
Il mercato immobiliare residenziale resterà sotto pressione per via della scarsità di immobili anche nei prossimi anni, secondo il Chief Economist della National Realtors Association.

 

COMMENTI:

BCE – Il vicepresidente de Guindos e Schnabel hanno entrambi sottolineato la necessità di continuare con il rialzo dei tassi, come peraltro la BCE aveva segnalato nell’ultimo comunicato di politica monetaria, malgrado i segnali di rallentamento.
Schnabel ritiene probabile una recessione in Germania.
De Guindos ha sottolineato l’importanza dei mercati valutari.
Secondo un precedente membro del comitato esecutivo BCE, Papadia, la BCE introdurrà un sistema di penalizzazione delle riserve in eccesso che superino un certo multiplo della riserva obbligatoria.

STATI UNITI – La riunione del FOMC si è conclusa con il terzo rialzo consecutivo di 75pb per i fed funds e indicazioni di un sentiero di ulteriori aumenti rapidi dei tassi.
L’elemento principale della comunicazione a questa riunione sono le proiezioni macroeconomiche aggiornate con l’estensione del periodo previsivo fino al 2025.
Come atteso, lo scenario macroeconomico è rivisto in direzione negativa, con previsioni di 0,2% a/a a fine 2022, a 1,2% a/a nel 2023 e a 1,7% nel 2024, con un ritorno alla crescita di più lungo termine solo nel 2025, a 1,8%.
Il tasso di disoccupazione è nettamente più elevato nella parte centrale dell’orizzonte previsivo, con un rialzo a 4,4% a fine 2023 e 2024 e un calo modesto a 4,3% nel 2025.
Questo spostamento verso l’alto della disoccupazione è il principale segnale di una possibile recessione nello scenario del FOMC.
L’inflazione è rivista di un paio di decimi verso l’alto fra il 2022 e il 2024, con l’inflazione core a 4,5% a/a a fine 2022, a 3,1% a/a nel 2023 e al 2,1% solo nel 2025.
Il sentiero dei tassi è più elevato, con i fed funds a 4,4% a fine 2022 e a 4,6% a fine 2023, con una svolta a 3,9% nel 2024 e tassi ancora sopra il livello di più lungo termine nel 2025, a 2,9%.
Questo implica un rialzo da 75pb a novembre e uno da 50pb a dicembre, seguiti da un ultimo intervento da 25pb a inizio 2023.
La mediana per il 2022 è solo marginalmente a favore di 4,5%, con 10 punti sopra 4,5% e 9 punti sotto, e segnala incertezza concentrata fra tassi a 4,25% e a 4,5%.
Ovviamente saranno le nuove informazioni a determinare se il prossimo rialzo sarà di 50 o 75pb.
Tuttavia, le indicazioni di mercato del lavoro e prezzi per settembre puntano a dati simili a quelli della media degli ultimi mesi, quindi in linea con il mantenimento del ritmo attuale di rialzo anche alla riunione di novembre.
Alziamo di 25pb le nostre previsioni per i fed funds, a 4,5% a fine 2022 e a 4,75% a inizio 2023.
Il messaggio della riunione è chiaro: la Fed intende proseguire con la strategia di anticipare i rialzi in modo da contrastare la possibilità che l’inflazione resti elevata a lungo e da evitare una riedizione degli anni ’70, anche a costo di una recessione.
In effetti, a nostro avviso, una recessione sarà difficilmente evitabile nel 2023.

REGNO UNITO – Oggi sono in calendario le riunioni della Bank of England e delle banche centrali svizzera e norvegese, attese tutte alzare i tassi di riferimento per contrastare le spinte inflazionistiche.
Per quanto riguarda la BoE, ci aspettiamo un incremento di 50 punti-base a 2,25%, con rischi verso l’alto.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro si è rafforzato ampiamente aggiornando nuovamente i massimi dopo che ieri sera la Fed ha alzato i tassi di altri 75 pb a 3,00-3,25%, come da attese, e ha rivisto ancora verso l’alto il sentiero atteso dei rialzi, a 4,25-4,50% entro fine anno e a 4,50-4,75% entro l’anno prossimo, di riflesso alla revisione verso l’alto (contenuta) delle previsioni di inflazione.
La Fed ha ribadito la priorità della lotta all’inflazione, anche a scapito della crescita, per la quale ha infatti rivisto di nuovo verso il basso (significativamente) le previsioni, con accresciuto rischio di recessione l’anno prossimo.
Il sentiero di rialzi più robusto dovrebbe favorire ancora il dollaro, suscettibile di rafforzarsi ulteriormente nel breve.
Anche l’evoluzione della risk aversion, in particolare in funzione degli sviluppi sul fronte del conflitto russo-ucraino (dopo la nuova escalation di ieri con l’annuncio da parte di Putin del richiamo di riservisti), rimane un fattore di supporto per il biglietto verde.

EURL’euro si è deprezzato sull’esito del FOMC, da 0,99 a 0,98 EUR/USD, aggiornando qui i minimi recenti (a 0,9807 EUR/USD).
Il sentiero di rialzi Fed più robusto rafforza lo scenario di ulteriore debolezza dell’euro nel breve, anche considerando il recente deterioramento dello scenario di crescita dell’area euro e i nuovi sviluppi negativi sul fronte del conflitto russo-ucraino.
Manteniamo pertanto le previsioni di indebolimento del cambio nel breve (0,97-0,95 EUR/USD a 1m-3m), segnalando che i rischi sono verso il basso.
Nuove indicazioni importanti giungeranno dai dati tra oggi e domani (fiducia dei consumatori e PMI dell’area, attesi in peggioramento, rispettivamente oggi e domani).
Successivamente invece, nel corso dell’anno prossimo l’euro potrebbe iniziare a recuperare, sul possibile restringimento dei differenziali di rendimento per il calo atteso dei rendimenti USA una volta chiuso il ciclo di rialzi Fed e al formarsi di attese di tagli dei tassi USA (l’anno successivo) a fronte della recessione statunitense attesa l’anno prossimo.
Tuttavia, il fragile scenario di crescita/inflazione dell’area euro, decisamente più esposta agli effetti del conflitto russo-ucraino, comprime lo spazio di recupero lasciando esposta la moneta unica a debolezza più protratta.
Manteniamo pertanto un livello atteso del cambio a 1,02 EUR/USD a 6m, per segnalare la possibilità di un avvio di parziale recupero nel corso dell’anno prossimo, ma rivediamo al ribasso il livello atteso a 12m a 1,05 EUR/USD dal precedente 1,07 EUR/USD, per tenere conto del generale peggioramento dello scenario area euro, che potrebbe rivelarsi più persistente del previsto.

GBPAnche la sterlina si è deprezzata contro dollaro sull’esito del FOMC da 1,13 a 1,12 GBP/USD aggiornando qui i minimi (a 1,1210 GBP/USD), ma il calo è stato marginalmente inferiore a quello dell’euro rispetto al quale si è lievemente rafforzata mantenendosi comunque ancora in area 0,87 EUR/GBP. Importante oggi sarà l’esito della riunione BoE.
Le attese sono per un altro rialzo di 50 pb, ma sul mercato sono aumentate significativamente verso il 90% le probabilità attese di un rialzo più ampio, di 75 pb.
Un rialzo di 50 pb potrebbe esporre la sterlina a ulteriore debolezza, mentre un aumento di 75 pb potrebbe offrire parziale sostegno sia attraverso la riduzione dei differenziali di rendimento sia su attese che una restrizione più rapida possa risultare più efficace nel far scendere l’inflazione.
I rischi per la sterlina restano comunque verso il basso, anche per effetto del probabile deterioramento dei conti pubblici a fronte delle nuove misure fiscali espansive attese con il Budget che dovrebbe essere annunciato oggi, che si aggiunge a quello già in atto dei saldi di conto corrente della bilancia dei pagamenti.

JPYLo yen si è deprezzato contro dollaro verso nuovi massimi da 143 a 145 USD/JPY sull’esito del FOMC e della riunione BoJ di questa notte che ha confermato il mantenimento della politica monetaria massimamente espansiva con il controllo della curva dei rendimenti invariato.
Questa mattina però la valuta nipponica è improvvisamente rimbalzata fino a 140 USD/JPY e il viceministro delle finanze preposto agli affari internazionali Masato Kanda ha confermato che le autorità giapponesi sono intervenute sul mercato, acquistando yen contro dollari per frenare l’indesiderato deprezzamento del cambio.
Si tratta del primo intervento dai tempi della crisi asiatica nel 1998, quando lo yen si era deprezzato fino a quota 147 USD/JPY.
Intervenendo a 145 USD/JPY le autorità segnalano implicitamente che tale soglia è considerata un livello chiave.
Potrà rivelarsi non agevole difendere tale livello dato il mantenimento dell’ampia – e isolata – divergenza tra BoJ e Fed, ma con la contestuale prospettiva che l’ulteriore upside dei rendimenti a lunga USA sia compresso nell’entità e limitato nel tempo per l’elevato rischio di recessione USA l’anno prossimo, anche l’ulteriore downside dello yen contro dollaro potrebbe ora ridimensionarsi.
Nel breve comunque, fino a che la Fed non rallenta sul sentiero dei rialzi, lo yen può indebolirsi ancora, per cui rivediamo al ribasso a 145 USD/JPY la previsione a 1m dal precedente 141 USD/JPY, sottolineando il rischio di ulteriore debolezza (downside verso quota 147 USD/JPY).
Successivamente manteniamo invece un profilo atteso di recupero dello yen (142- 136-128 USD/JPY), in linea con la prospettiva di graduale arretramento dei rendimenti a lunga USA nel corso dell’anno prossimo, segnalando però che anche in questo caso i rischi per lo yen sono verso il basso principalmente in funzione della protratta divergenza BoJ-Fed.

CHFIl franco svizzero si è visibilmente deprezzato questa mattina da 0,94 a 0,96 EUR/CHF sull’esito della riunione della SNB, che ha alzato i tassi come da attese da -0,25% a 0,50%.
Anche la SNB sta contrastando con rialzi dei tassi decisi l’ampia salita dell’inflazione domestica e altri rialzi seguiranno alle prossime riunioni.
Ha infatti rivisto di nuovo al rialzo le previsioni di inflazione a 3,0-2,4-1,7% nel 2022-23-24 dalle precedenti (di giugno) a 2,8-1,9-1,6%.
Contestualmente, ha rivisto verso il basso a 2,0% da 2,5% la previsione di crescita per quest’anno, segnalando l’elevata incertezza e i rischi verso il basso che gravano sullo scenario domestico.
Il deterioramento del quadro domestico di crescita e inflazione, unitamente al fatto che il rialzo di 75 pb fosse già scontato dal mercato, hanno provocato la reazione ribassista del franco.
Nel breve però, complici soprattutto i rischi che gravano sull’area euro per via degli effetti del conflitto russo-ucraino, il franco potrebbe rafforzarsi ancora rispetto all’euro.
Successivamente invece, nel corso dell’anno prossimo, dovrebbe tornare a indebolirsi, in misura comunque contenuta, in quanto la SNB dovrebbe mantenere un sentiero di rialzi dei tassi analogo a quello della BCE, per prevenire un eccesivo apprezzamento della valuta elvetica (già sotto ampie pressioni rialziste da safe haven), favorendo una correlazione positiva tra EUR/CHF ed EUR/USD.
Il profilo atteso del cambio è dunque 0,95-0,93-1,00-1,02 EUR/CHF a 1m-3m-6m-12m.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Oggi l’indice di fiducia dei consumatori della Commissione Europea è atteso tornare a flettere a settembre dopo il parziale recupero visto ad agosto, stimiamo a -25,6 da -24,9.

FRANCIA – Prevediamo il terzo calo consecutivo dell’indice INSEE di fiducia manifatturiera a 102 da un precedente 104, solo moderatamente al di sopra della media di lungo periodo, penalizzato dall’aumento dei costi energetici e da aspettative più deboli sulla domanda.