Seguci su twitter

Categorie

18 Ottobre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA Ad agosto, le esportazioni sono rimaste stabili (dopo il calo di -2,3% m/m a luglio), a fronte di un deciso incremento per le importazioni (+1,8% m/m da -0,3% precedente). I flussi di beni strumentali da e verso i Paesi UE spiegano il balzo dell’import ma fanno registrare un calo dell’export. Sull’anno, entrambi i flussi tornano in territorio negativo (export -3,4%, import -4,1%), ma la variazione appare condizionata dal numero di giorni lavorativi (21 contro i 22 dello stesso mese del 2018). La diminuzione tendenziale dell’export è diffusa in termini di prodotti e Paesi, ma il maggior contributo al calo viene dalle vendite di autoveicoli verso gli Stati Uniti e di macchinari verso Paesi OPEC e Stati Uniti. Viceversa, i maggiori contributi positivi vengono dalle vendite di farmaceutici verso gli Stati Uniti e di metalli verso la Svizzera. Da notare il calo dell’export verso i principali partner commerciali (Germania -7,5%, Francia -5,9%).
Il dato conferma la fase di rinnovata debolezza del commercio estero, che sembra accentuarsi verso i Paesi UE.

STATI UNITI
– I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 12 ottobre sono circa stabili a 214 mila da 210 mila della settimana precedente, con informazioni sempre positive sul mercato del lavoro.
– I nuovi cantieri residenziali a settembre calano a 1,256 mln da 1,386 mln di agosto (rivisto da 1,364 mln). La flessione è in parte fisiologica, dopo il balzo di +15,1% m/m di agosto. I cantieri sono su un moderato trend verso l’alto. Le licenze correggono a 1,387 min da 1,425 mln di agosto, ma confermano la tendenza positiva del settore immobiliare residenziale spinta principalmente dal calo dei tassi sui mutui.
– La produzione industriale a settembre cala di -0,4% m/m (consenso: -0,2% m/m), ma il dato di agosto è rivisto verso l’alto. La correzione deriva in gran parte (ma non solo) dal settore auto e dalle conseguenze dello sciopero di GM, iniziato a metà settembre e ancora in atto. La produzione totale al netto delle auto cala di -0,2% m/m.
Il manifatturiero registra una variazione di -0,5% m/m (dopo +0,6% m/m), con auto e componenti in calo di -4,2% m/m, e con i macchinari giù di -1,4% m/m. L’elettronica invece segna un rialzo di 1% m/m. La produzione nelle utility aumenta di 1,4% m/m, mentre nell’estrattivo si registra un calo di -1,3% m/m. L’estensione dello sciopero di GM anche per gran parte di ottobre (sembra che un accordo si stia avvicinando solo ora) implica che anche i dati di questo mese saranno negativi e bisognerà attendere novembre per un recupero. La debolezza dell’output al di fuori del settore auto però mantiene lo scenario più vicino alle indicazioni negative dell’ISM che a quelle un po’ più promettenti di alcune indagini regionali.
– L’indice della Philadelphia Fed a ottobre corregge a 5,6: lo spaccato dell’indagine è però relativamente positivo, con gli ordini a 26,2 (da 24,8), le consegne a 18,9 (da 28,4), gli occupati in ripresa a 32,9 (da 15,8). Gli indici di prezzo, sia pagati sia ricevuti, si indeboliscono rispetto a settembre.
L’indice di attività a 6 mesi aumenta a 33,8 da 0,8, tornando sui livelli di luglio e agosto, con indicazioni positive dalle principali componenti. Le informazioni dell’indagine contrastano con la debolezza dell’ISM manifatturiero, ma confermano il rallentamento della dinamica di crescita in linea con i commenti del Beige Book.

GIAPPONE – Il CPI a settembre aumenta di 0,2% a/a, in rallentamento ulteriore da 0,3% a/a di agosto, toccando un minimo dal 2017. Al netto degli alimentari freschi l’inflazione è a 0,3% a/a, da 0,5% a/a, mentre la variazione dell’indice al netto di alimentari freschi ed energia è di 0,5% a/a.
Il calo dell’inflazione di settembre è in parte dovuto a componenti volatili, pacchetti vacanze, energia, ma anche a beni di consumo durevoli, su cui i rivenditori hanno applicato sconti per massimizzare le vendite alla vigilia del rialzo dell’imposta sui consumi (1° ottobre).
I dati non modificano in modo significativo il quadro congiunturale prima della riunione della BoJ di fine mese, quando valuterà se aumentare in qualche modo lo stimolo monetario. È possibile che si estenda la forward guidance oltre il 1° trimestre 2020, ma su un possibile taglio dei tassi c’è ancora molta incertezza, oltre a una mancanza di consenso all’interno della stessa BoJ.

CINA
– La crescita del PIL è rallentata da 6,2% a/a nel 2° trimestre a 6,0% a/a nel 3° trimestre, al di sotto delle attese (Consenso Bloomberg 6,1% a/a), con una variazione di 1,5% t/t, da 1,6% t/t nel 2° trimestre.
Dal lato dell’offerta a una riaccelerazione nel settore dei servizi (+7,2% a/a da 7,0% nei due trimestri precedenti) si è accompagnato un netto rallentamento del settore industriale (da 5,6% a/a nel 2° trimestre a 5,2% nel 3°) e in misura di minore, di quello agricolo. Il dato porta la crescita dei primi tre trimestri dell’anno a 6,2% in linea con le nostre previsioni.
La dinamica del credito aggregato si è stabilizzata a 10,8% a/a in settembre e non ha ancora dato segnali di riaccelerazione nonostante l’allentamento delle condizioni monetarie. L’impulso del credito, finora comunque in lieve aumento, dovrebbe favorire una stabilizzazione dell’attività economica nel 4° trimestre premettendo una crescita tra il 6,2% e il 6,1% nel 2019.
I rischi restano comunque al ribasso e provengono da una mancata riaccelerazione del credito, soprattutto non bancario, e dall’atteso rallentamento del mercato immobiliare a cui si somma la debolezza del canale estero destinata a permanere data la fragilità della tregua commerciale e il rallentamento della domanda mondiale.
I dati di settembre hanno evidenziato un miglioramento rispetto ai due mesi precedenti.
La dinamica degli investimenti fissi si è stabilizzata a 5,4% cum. a/a, grazie a una riaccelerazione degli investimenti statali, e a una crescita invariata ma ancora elevata degli investimenti nel settore immobiliare (+10,5% cum. a/a).
La produzione industriale è rimbalzata a 5,8% a/a da un minimo di 4,4% a7a toccato in agosto, con un aumento sia della produzione delle imprese statali sia di quella delle imprese private, in linea con il miglioramento del PMI manifatturiero, costante tra luglio e settembre.
Le vendite al dettaglio nominali sono salite del 7,8% a/a, in accelerazione rispetto al 7,5% a/a registrato in agosto, anche grazie al miglioramento delle vendite di auto, che restano comunque ancora in calo tendenziale (- 5,1% a/a in settembre).

 

COMMENTI:

BREXIT – Domani mattina è previsto il voto significativo della Camera dei Comuni sull’accordo di recesso fra Unione Europea e Regno Unito. L’accordo è stato approvato dal Consiglio Europeo nella giornata di ieri. La contabilità dei voti non è favorevole al governo: tutte le opposizioni hanno indicato che voteranno contro l’accordo, e anche DUP (il partito nordirlandese che con il suo supporto ha garantito la sopravvivenza del governo di minoranza in questi anni) ha dichiarato ieri che non lo sosterrà. Ammesso che tutti i conservatori ribelli votino a favore, quindi, serviranno 19 voti dell’opposizione per assicurarne il passaggio. In caso di bocciatura, il governo dovrà richiedere una proroga del periodo negoziale, per poi puntare a un rafforzamento della maggioranza con elezioni anticipate.

STATI UNITI Williams (NY Fed) ha detto di non avere ancora un’opinione precisa su un eventuale taglio dei tassi alla riunione di ottobre. Secondo Williams i due tagli attuati nei mesi scorsi sono stati appropriati e hanno contribuito a mantenere l’economia su una rotta positiva. A suo avviso anche in futuro sarà opportuno adottare una strategia di valutazione “riunione per riunione”, e da qui a fine ottobre ci saranno ancora informazioni da raccogliere. I discorsi dell’ultima settimana mostrano che diversi partecipanti sono aperti a un possibile intervento a ottobre, ma non danno indicazioni precise al riguardo.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha corretto ulteriormente ieri, rivedendo minimi abbandonati in agosto, principalmente a causa del nuovo rafforzamento della sterlina dopo l’annuncio che Regno Unito e UE hanno trovato un accordo su Brexit.
Comunque i dati USAPhilly Fed e produzione industriale – non sono stati d’aiuto, risultando più deboli delle attese, a conferma che i rischi globali stanno cominciando ad avere ripercussioni negative sull’economia USA. La probabilità implicita nei futures sui Fed Funds di un taglio dei tassi alla riunione del 30 ottobre è scesa rispetto al giorno precedente rimanendo però su livelli elevati all’83%.
In assenza di spunti di rilievo, a parte qualche altro discorso Fed in calendario, oggi il dollaro dovrebbe chiudere la settimana al ribasso, quand’anche riuscisse a ritracciare parzialmente dai nuovi minimi di ieri, come potrebbe essere sia per fattori tecnici sia in caso di dichiarazioni Fed che fossero esplicitamente contrarie a un taglio dei tassi al FOMC di fine mese. Williams, come altri esponenti Fed, ha detto che le decisioni verranno prese di riunione in riunione, aggiungendo che l’economia USA si trova in una situazione piuttosto buona.

EUR – L’euro si è apprezzato ulteriormente inaugurando un nuovo massimo a 1,1139 EUR/USD, anche questa volta non grazie a ragioni di forza propria ma per la correlazione positiva con la sterlina, che dovrebbe però venir meno o quantomeno indebolirsi al di là del brevissimo termine dove il tema Brexit è particolarmente delicato.
Scarso rilievo hanno invece avuto i dati USA nel guidare i movimenti del cambio, a indicare che per quanto non sia da escludersi che un altro taglio dei tassi USA possa temporaneamente indebolire il dollaro, la prospettiva che l’azione di policy della Fed sia più efficace di quella della BCE dovrebbe poi, alla fine, tornare a favore del biglietto verde. Limitatamente a oggi l’euro potrà ancora mantenere una correlazione positiva con la sterlina.
Data la rottura delle prime resistenze chiave a 1,1070-1,1100 EUR/USD l’ultimo livello da monitorare è 1,1170 EUR/USD: un suo eventuale sfondamento porterebbe il cambio fuori dall’attuale fronte ribassista.

GBP – Sulla notizia ufficiale ieri in mattinata del raggiungimento di un accordo su Brexit la sterlina ha inaugurato nuovi massimi sia contro dollaro dove è arrivata a sfiorare quota 1,3000 GBP/USD (massimo a 1,2988) sia contro euro dove ha toccato un massimo di 0,8574 EUR/GBP. Ha poi ritracciato nel corso della giornata quando è emerso il rischio che durante il processo di ratifica da parte del parlamento britannico possa non esserci la maggioranza necessaria per approvare l’accordo.
Per quanto riguarda la questione irlandese il nuovo accordo prevede che l’Irlanda del Nord rimanga all’interno dell’unione doganale britannica, ma sia contestualmente allineata a un numero limitato di regolamenti UE: ai beni che dalla terraferma (del Regno Unito) sono diretti all’Irlanda del Nord come destinazione finale non si applicheranno dazi, a quelli che transiterebbero per l’Irlanda del Nord ma sarebbero poi di fatto diretti verso l’Irlanda o altro Paese UE si applicheranno i regolamenti (e dazi) UE, mentre ai beni provenienti da Paesi non-UE diretti all’Irlanda del Nord come destinazione finale si applicheranno i dazi del Regno Unito, se invece transiteranno per l’Irlanda del Nord ma sono diretti verso l’Irlanda o altro Paese UE si applicheranno i regolamenti (e dazi) UE.
Il nuovo accordo prevede anche che il parlamento nordirlandese dopo quattro anni dall’entrata in vigore dell’accordo possa decidere se mantenere o rigettare le suddette condizioni sul commercio dei beni diretti o transitanti per l’Irlanda del Nord.
L’accordo deve passare ora attraverso l’approvazione del Consiglio Europeo durante il vertice in corso, che termina oggi, ma il passaggio più incerto è quello della ratifica da parte del parlamento britannico, che si riunirà in apposita seduta straordinaria domani, sabato 19 ottobre.
I laburisti hanno infatti definito l’accordo peggiore di quello siglato dalla May aggiungendo di voler chiedere un referendum per lasciar decidere i cittadini, mentre il DUP ha ribadito di non essere disposto ad accettare la soluzione proposta per il confine irlandese. Il rischio che in parlamento non ci sia la maggioranza necessaria per approvare l’accordo non è irrilevante. Se il parlamento invece dovesse ratificare l’accordo, si avrebbe una Brexit ordinata il 31 ottobre. In questo caso la sterlina si dirigerebbe verso nuovi massimi sia contro dollaro (verso 1,32-1,35 GBP/USD) sia contro euro (verso 0,84-0,83 EUR/GBP). In caso contrario la valuta britannica correggerebbe, ma il downside dovrebbe restare contenuto entro i minimi di questo mese.

JPY – Lo yen dopo essersi indebolito verso un nuovo minimo a 108,93 USD/JPY contro dollaro sulla notizia del raggiunto accordo per Brexit, è leggermente risalito, fino a 108,45 USD/JPY, chiudendo al rialzo, all’emergere dei dubbi circa la probabilità che l’accordo venga approvato dal parlamento britannico. Contro euro invece lo yen è sceso più ampiamente portandosi da 120 a 121 EUR/JPY, per via del maggior rafforzamento dell’EUR/USD. A meno di notizie che portino a pensare che il parlamento britannico possa invece approvare l’accordo – nel qual caso la valuta nipponica si indebolirebbe – lo yen dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi.