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17 Marzo 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – Ieri l’inflazione di febbraio è stata rivista al ribasso di un decimo sia sull’indice armonizzato che su quello nazionale, rispettivamente, al 9,8% e al 9,1% a/a. Anche l’inflazione core è stata rivista al ribasso di un decimo, al 6,3%.
Riteniamo che la discesa graduale dell’inflazione italiana sarà guidata principalmente dall’energia, vista la recente evoluzione dei prezzi del gas naturale, mentre l’indice core, sia pure su ritmi più contenuti che nel resto dell’Eurozona, non sembra ancora aver raggiunto un picco.

STATI UNITI
 – Ieri, le nuove richieste di sussidi di disoccupazione all’11 marzo sono tornate a scendere, a 192 mila, dopo il rialzo inatteso della settimana precedente (a 212 mila).
Anche i sussidi esistenti sono calati a inizio marzo, confermando l’assenza di rallentamento della domanda di lavoro.
– L’indice della Philadelphia Fed a marzo è rimasto in territorio recessivo, con un incremento marginale a -23,2 da -24,2 di febbraio.
Gli indici di ordini e fatturato sono scesi sui minimi da maggio 2020, a -28,2 e -25,2, rispettivamente, e per l’occupazione si registra una flessione a -10,3 da 5,1.
Gli indici di prezzo continuano a segnalare aumenti dei prezzi in rallentamento, intorno alle medie di lungo periodo.
L’indagine segnala ulteriore debolezza nel settore.
– I nuovi cantieri residenziali di febbraio hanno segnato un ampio rimbalzo, a 1,45 mln, in aumento di 9,8% m/m da 1,321 mln di gennaio.
Anche l’attività per le unità già iniziate ha registrato un ampio aumento mensile, che contribuirà a migliorare il quadro degli investimenti residenziali del 1° trimestre.
Le licenze sono in rialzo a 1,524 mln (+13,8% m/m) da 1,339 mln di gennaio, con indicazioni positive per le costruzioni nei prossimi mesi.

 

COMMENTI:

BCE – Come ci aspettavamo, ieri la Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di 50pb, malgrado le tensioni finanziarie di questi giorni e maggiori divisioni interne (3-4 consiglieri erano contrari).
L’aumento dell’incertezza ha indotto la BCE ad eliminare qualsiasi indicazione sull’evoluzione futura dei tassi, anche in termini direzionali.
Le tensioni finanziarie sono menzionate come un fattore che potrebbe influenzare le decisioni future, perché potrebbero rendere più restrittive le condizioni di finanziamento, ma non sarà l’unico.
La BCE ha rimarcato che il sistema bancario europeo è solido sia sul fronte patrimoniale, sia su quello della liquidità, e che comunque dispone di strumenti per sostenere la liquidità e garantire un’ordinata trasmissione della politica monetaria (TPI e flessibilità dei reinvestimenti PEPP).
I mercati danno per scontato che i tassi siano più o meno arrivati, ma non sarà affatto così, se le tensioni finanziarie rientreranno: in tal caso, la necessità di rallentare la domanda interna per frenare l’inflazione sottostante implicherà nuovi rialzi dei tassi (da 50 a 100pb, a nostro giudizio).
Nelle previsioni consegnate dallo staff prima delle turbolenze, e che erano basate su tassi Euribor al 3,3% nel 2023 e nel 2024, l’inflazione sottostante resta superiore al 2% nel 2025.

AREA EURO – Oggi sarà diffuso l’Interim Economic Outlook dell’OCSE, e, a mercati chiusi, si attende il pronunciamento di S&P Global sul rating della Spagna, e quello di Moody’s sulla Grecia.

FRANCIA – Il Governo ha fatto ricorso all’articolo 49.3 per l’adozione della riforma delle pensioni senza passare per il voto dell’Assemblea Nazionale.
I gruppi parlamentari di opposizione dispongono di 24 ore per presentare le mozioni di censura per annullare la legge e sfiduciare il Governo.
In meno di un anno il Governo Borne ha già sfruttato 11 volte l’articolo 49.3, il secondo numero più alto nella storia della V Repubblica, e gli avvenimenti di ieri ribadiscono la debolezza dell’Esecutivo e il limitato spazio di manovra politica per il Presidente Macron nel resto del quinquennio.

STATI UNITI – In questa fase di turbolenza finanziaria in evoluzione, il focus è sui dati che possono dare informazioni sui rischi di una crisi bancaria più che su quelli macroeconomici.
La pubblicazione settimanale dei dati del bilancio della Fed ieri ha dato un quadro di aumento di stress generalizzato per la liquidità delle banche.
L’attivo del bilancio è aumentato di circa 300 mld su base settimanale, in seguito al rialzo dell’utilizzo delle facility di prestito alle banche.
I prestiti sono saliti a 318 mld, da 15 mld della settimana precedente.
In particolare, si registrano aumenti di 148 mld per l’utilizzo della finestra di sconto; 143 mld per “altre estensioni di credito” probabilmente determinate dalle banche fallite ora sotto la protezione dell’FDIC; un utilizzo molto limitato, 12 mld, del Bank Term Funding Program, istituito questa settimana, che offre liquidità a 1 anno contro collateral valutato alla pari.
A fronte dell’aumento delle attività della Fed, dal lato del passivo, le riserve sono salite di 440 mld, annullando gli effetti del QT.
I reverse repo sono scesi di circa 130 mld.
Parallelamente, i dati settimanali dei Money Market Funds mostrano che, nel comparto istituzionale, i fondi sono aumentati di 100 mld al 15 marzo, indicando uno spostamento dal sistema bancario a quello dei fondi (non assicurati).
Nel complesso, i dati danno indicazioni di una diffusione dello stress originato dai fallimenti di SVB e Signature Bank al sistema bancario nel suo complesso, anche se per ora è difficile valutare se la nuova domanda di liquidità sia dovuta a crisi di fiducia o a genuini problemi di solvibilità.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro è arretrato ieri e apre in calo anche oggi sul rientro della risk aversion dopo la notizia dell’intervento della SNB a favore di Credit Suisse e del piano di salvataggio per First Republic, altra banca statunitense in grave crisi.
Anche i rendimenti sono tornati a salire, parzialmente, in attesa di un rialzo Fed di 25 pb mercoledì prossimo.
La prospettiva che la Fed prosegua con i rialzi – a condizione che la situazione sul fronte bancario non precipiti – dovrebbe contribuire a contenere il downside del dollaro e potrebbe agevolarne anche un leggero recupero, in particolare in caso di sorprese positive dai dati (oggi la produzione industriale è attesa in aumento, la fiducia delle famiglie è attesa stabile).

EURL’euro è risalito tra ieri e oggi da 1,05 a 1,06 EUR/USD, principalmente di riflesso al calo del dollaro sul rientro della risk aversion, ma in piccola parte anche sull’esito della riunione BCE, che ha alzato i tassi di 50 pb, come aveva indicato alla riunione precedente, rassicurando sia sul buono stato di salute del sistema bancario dell’area euro sia sulla propria disponibilità a intervenire con gli strumenti adeguati in caso di necessità.
Alla riunione di ieri, data l’elevata incertezza dovuta alle recenti turbolenze del sistema bancario, la BCE si è astenuta dal fornire indicazioni sul sentiero futuro dei tassi.
Tuttavia, ha confermato che sul fronte dell’inflazione le pressioni verso l’alto rimangono significative.
Se le tensioni rientrano, è pertanto probabile che la BCE prosegua con i rialzi, a nostro avviso con ulteriori 50-100 pb entro i prossimi mesi.
Il nuovo scenario macro, per quanto preparato prima che si verificassero le turbolenze recenti, vede infatti l’inflazione mantenersi ancora sopra target nel prossimo biennio (pur essendo stata rivista al ribasso a 5,3-2,9-2,1% nel 2023-24-25 da 6,3-3,4-2,3%) con una crescita che è stata rivista al rialzo quest’anno da 0,5% a 1,0% ed è attesa in accelerazione a 1,6% l’anno prossimo e a 1,6% anche nel 2025 (rivisti entrambi al ribasso da 1,9% e da 1,8%).
Se le recenti tensioni rientrano, l’euro dovrebbe riuscire a consolidare o almeno a stabilizzarsi, in attesa di un rafforzamento più avanti in prospettiva di altri rialzi BCE.

GBPLa sterlina si è rafforzata tra ieri e oggi contro dollaro da 1,20 a 1,21 GBP/USD, interamente di riflesso al calo del dollaro sul rientro della risk aversion.
Alla riunione di giovedì prossimo la BoE dovrebbe alzare ancora i tassi, a nostro avviso di 25 pb, ma è incerto se con questo si chiuderà il ciclo di rialzi.
Se così fosse, la sterlina si deprezzerebbe.
Contro euro ieri si è rafforzata da 0,88 a 0,87 EUR/GBP, ma oggi è in marginale arretramento e si deprezzerebbe anche contro euro se effettivamente il rialzo BoE atteso la prossima settimana dovesse essere l’ultimo.

JPYLo yen è tornato a indebolirsi ieri contro dollaro da 131 a 133 USD/JPY sulla risalita dei rendimenti a lunga USA, ma oggi è di nuovo in recupero sul loro parziale arretramento.
La possibilità che i rendimenti salgano ancora in prospettiva di altri rialzi Fed potrebbe tornare a indebolire lo yen, in misura comunque modesta.
Analoga la dinamica contro euro in calo ieri da 139 a 142 EUR/JPY complice anche il recupero dell’EUR/USD, ma in parziale recupero oggi.

 

PREVISIONI:

ITALIA – Sono attesi i dati di gennaio sulla bilancia commerciale e i prezzi all’import, nonché quelli sulla produzione nelle costruzioni.

AREA EURO
 – Oggi in Eurozona la seconda lettura dovrebbe confermare che l’inflazione è calata marginalmente a febbraio, all’8,5% da 8,6%; di contro, l’indice core (al netto di energia e alimentari freschi) dovrebbe confermare l’accelerazione a 7,4% (massimo da quando esiste la serie, ovvero dal 1997).
Nel mese, i prezzi al consumo sarebbero aumentati di 0,8% m/m, l’indice core BCE di 0,9% m/m.
Nelle nostre stime, l’inflazione potrebbe attestarsi, a fine anno, al 2% sull’indice headline e al 3,5% sul core, e scendere temporaneamente sotto il 2% nella prima parte del 2024.
I rischi sul nostro scenario previsivo restano al rialzo sulla componente “di fondo”.
– Saranno rilevanti oggi i dati sul costo del lavoro nel 4° trimestre: ci aspettiamo un’accelerazione dei salari orari intorno al 3,5% a/a da un precedente 2,1%.
Le indicazioni che emergono dagli ultimi rinnovi dei contratti collettivi, in un contesto di mercato del lavoro ancora teso, sono compatibili con una crescita più robusta delle retribuzioni nel corso del 2023.

STATI UNITI
– Fra i dati macroeconomici in uscita oggi, la produzione industriale di febbraio dovrebbe mostrare un rialzo di 0,4% m/m, dopo un dato stabile a gennaio.
I dati dei primi due mesi dell’anno sono influenzati dalle utility che, per via delle condizioni climatiche, hanno registrato un ampio calo a gennaio e dovrebbero segnare un rimbalzo a febbraio.
Al contrario, il manifatturiero dovrebbe correggere a febbraio dopo un balzo di 1% m/m a gennaio.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a marzo (prel.) è prevista in miglioramento a 68, da 67 di febbraio sulla base delle indicazioni delle altre indagini, ma ci sono rischi verso il basso in seguito alla turbolenza sui mercati finanziari dell’ultima settimana.