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17 Marzo 2022 – nota economica giornaliera

ITALIA – Ieri la stima finale relativa al mese di febbraio ha confermato la salita dell’inflazione al 6,2% a/a (da 5,1% di gennaio) armonizzato e al 5,7% a/a (da 4,8%) sul NIC.
L’inflazione core è salita di due decimi all’1,7%.

STATI UNITI – Ieri, le vendite al dettaglio di febbraio hanno deluso ampiamente, registrando un incremento di solo 0,3% m/m (17,7% a/a), ma sono state compensate da una massiccia revisione verso l’alto del dato di gennaio, a 4,9% m/m.
A febbraio, oltre al rialzo delle vendite di benzina (5,3% m/m), ci sono stati contributi positivi dalle auto (0,8% m/m) e dalla ristorazione (2,5% m/m).
Tuttavia, le correzioni per l’elettronica, le vendite online, la cura della persona e l’arredamento hanno quasi azzerato la dinamica complessiva.
Considerando i dati di febbraio insieme a quelli di gennaio, il quadro dei consumi reali rimane sostanzialmente positivo e in line con una variazione introno al 3% t/t ann. nel 1° trimestre.

 

COMMENTI:

ITALIA – Il ministro Cingolani ha spiegato al Senato come l’Italia intende ridurre la dipendenza dal gas russo entro fine anno: il potenziale di riduzione è stimato in 20 mld di m3 su un totale di 29 mld, di cui 9mld incrementando le importazioni di gas algerino, 1,5 mld aumentando i flussi TAP e 6 mld aumentando l’utilizzo dei terminali di rigassificazione.

REGNO UNITOSi riunisce oggi la Bank of England.
Le previsioni (nostre e di consenso) sono per un altro rialzo dei tassi, il terzo di fila, da 0,50% a 0,75%. L’ulteriore deterioramento del quadro d’inflazione a causa del conflitto dovrebbe indurre la BoE a proseguire il ciclo di rialzi nei prossimi mesi.
Il mercato ne sconta altri cinque-sei dopo quello odierno, di pari entità, entro fine anno.
Tuttavia, diversamente dalla Fed, è possibile che la BoE attribuisca un peso maggiore agli accresciuti rischi verso il basso sulla crescita domestica in ragione del conflitto.

STATI UNITI – La riunione del FOMC si è conclusa con l’attesa svolta dei tassi e il rialzo di 25pb preannunciata da Powell due settimane fa, ma l’elemento cruciale è stato l’ulteriore netto spostamento in direzione hawkish da parte di tutto il Comitato.
Il nucleo del messaggio di ieri è che per riportare l’inflazione sotto controllo la politica monetaria dovrà frenare la domanda, entrando in territorio restrittivo, con tassi al di sopra del livello neutrale.
Il FOMC comunica che, dopo il rialzo di ieri ci saranno “continui” rialzi con un sentiero che verrà aggiustato in modo da garantire il rientro dell’inflazione verso il 2%.
La mediana delle previsioni dei tassi vede un aumento complessivo di 175pb nel 2022 (equivalenti a 7 rialzi da 25pb, cioè uno a ogni riunione da marzo in poi) e 100pb nel 2023, portando i tassi attesi fra 1,75% e 2% alla fine di quest’anno e fra 2,75% e 3% alla fine del prossimo.
Powell ha ribadito che i rischi sui tassi sono verso l’alto e che il FOMC valuterà i progressi sull’inflazione mensile e aggiusterà come appropriato i rialzi, implicitamente segnalando la possibilità di variazioni di 50pb.
Sulla riduzione del bilancio non sono stati dati dettagli, che emergeranno con i verbali. Powell ha solo detto che il programma sarà simile a quello del ciclo precedente, se pure più rapido, e potrebbe essere annunciato “a una prossima riunione”, potenzialmente anche a maggio.
Aggiungiamo 25pb al nostro scenario dei tassi per il 2022, portando il rialzo complessivo a 175pb e spostiamo in territorio restrittivo i tassi attesi nel 2023.
Segnaliamo però anche che le pressioni inflazionistiche in atto e la probabile onda lunga dei rialzi dei prezzi dei servizi mettono ulteriori rischi verso l’alto sui tassi, ma anche rischi di eccesso di restrizione che potrebbero materializzarsi poi nella seconda metà del 2023.
La restrizione monetaria e la valutazione dei progressi sull’inflazione avverranno mentre si trasmetteranno, con l’usuale ritardo, gli effetti della guerra in Ucraina sul ciclo mondiale aprendo la possibilità a un errore da parte della Fed stile anni ’80.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro inizialmente si è rafforzato ieri sera sull’annuncio del FOMC, ma poi ha ritracciato – in misura comunque contenuta – chiudendo la giornata al ribasso.
Oggi apre in ulteriore marginale calo.
Si tratta di una reazione apparentemente contrastata, ma non incoerente, e sostanzialmente in linea con quanto avevamo prospettato ieri.
Il rafforzamento iniziale si spiega principalmente con l’ampia revisione verso l’alto rispetto a dicembre del sentiero di rialzi dei tassi e con una valutazione molto positiva del quadro di crescita domestico.
Il ritracciamento successivo invece riflette soprattutto il fatto che il nuovo profilo di rialzi è sostanzialmente allineato a quanto il mercato già stava scontando sia per quest’anno sia per il prossimo, oltre all’accresciuta incertezza – e conseguente maggiore volatilità sui mercati – dovuta al conflitto, sottolineata anche dalla Fed (ieri infatti la risk aversion si è ridimensionata ulteriormente su nuovi potenziali segnali positivi che parrebbero trapelare dai negoziati tra Russia e Ucraina).
Il profilo di restrizione Fed e la valutazione positiva del quadro di crescita USA convalidano uno scenario ancora favorevole per il dollaro nel breve.
L’evoluzione del conflitto resterà comunque un driver importante, anche attraverso la conseguente dinamica della risk aversion (che priverebbe il dollaro di un fattore di supporto qualora dovesse ridursi ulteriormente) da una parte e delle quotazioni petrolifere dall’altra.
Scendendo nei dettagli del FOMC di ieri: la Fed ha avviato il ciclo di rialzi dei tassi, con un primo incremento di 25 pb, indicando di aspettarsi altri 150 pb di rialzi quest’anno e 75 pb il prossimo, con punto di arrivo a 2,50-2,75%.
I tassi poi resterebbero fermi nel 2024 e il livello di più lungo termine scenderebbe dal precedente 2,50% a 2,25%.
Si tratta di un sentiero di rialzi molto più robusto di quanto indicato a dicembre, dove il punto di arrivo era dell’1,0% più basso sia quest’anno sia il prossimo e il ciclo di rialzi era atteso proseguire anche nel 2024 con altri 50 pb fino a raggiungere il 2,00-2,25%.
Il nuovo profilo dei tassi configura una restrizione monetaria, e a breve, potenzialmente già a maggio-giugno, partirà anche il processo di riduzione del bilancio.
Il nuovo sentiero di policy è stato reso necessario dall’ulteriore significativo aumento dell’inflazione, complice soprattutto il conflitto russo-ucraino, in un contesto dove secondo la Fed l’economia USA “è molto forte”, e le condizioni del mercato del lavoro sono “estremamente tese”.
La Fed ha infatti rivisto significativamente al rialzo le previsioni di inflazione, soprattutto su quest’anno, a 4,3-2,7-2,3% nel 2022-23-24 dalle precedenti 2,6-2,3-2,1%, fermo restando a 2,0% il livello atteso di più lungo termine.
Ha invece rivisto al ribasso le previsioni di crescita, ma solo per quest’anno, da 4,0% a 2,8%, probabilmente in gran parte per via del conflitto, spiegando che nonostante il conflitto rappresenti un rischio verso il basso per la crescita, la Fed “continua a prevedere una crescita solida.
Ha infatti lasciato invariato il profilo di crescita successivo a 2,2- 2,0% nel 2023-24 e a 1,8% nel più lungo termine.
Chiaramente la Fed ha sottolineato che le implicazioni del conflitto per l’economia USA sono altamente incerte, ma nel breve questo dovrebbe comportare “ulteriori pressioni verso l’alto sull’inflazione e pesare negativamente sulla crescita”.

EURSimmetricamente, l’euro è sceso inizialmente sull’annuncio del FOMC, toccando qui il minimo di giornata a 1,0947 EUR/USD, ma poi è risalito inoltrandosi in area 1,10 EUR/USD.
Il rientro della risk aversion in funzione degli spiragli seppur minimi dai negoziati tra Russia e Ucraina sta giocando un ruolo significativo nel fornire sostegno alla moneta unica.
Tuttavia, nel breve, in assenza di reali sviluppi positivi, il confronto non favorevole con l’economia USA e con l’azione della Fed dovrebbe frenare l’upside dell’euro (entro 1,10-1,11 EUR/USD), lasciandolo esposto a nuovi cali (downside entro 1,08-1,06 EUR/USD) in caso di riacutizzazione delle tensioni.

GBPSimilmente all’euro, la sterlina inizialmente è scesa contro dollaro sull’annuncio del FOMC ma poi è più che risalita chiudendo al rialzo da 1,30 a 1,31 GBP/USD.
Contro euro nel complesso è riuscita a rafforzarsi da 0,84 a 0,83 EUR/GBP beneficiando maggiormente del ridimensionamento della risk aversion in relazione al conflitto (procedere dei negoziati).
Per la valuta britannica però i giochi si riaprono oggi con la riunione della BoE.
Le attese (nostre e di consenso) sono per un altro rialzo dei tassi, il terzo di fila, da 0,50% a 0,75%. L’ulteriore deterioramento del quadro d’inflazione a causa del conflitto dovrebbe indurre la BoE a proseguire il ciclo di rialzi nei prossimi mesi.
Il mercato ne sconta altri cinque-sei dopo quello odierno, di pari entità, entro fine anno.
Tuttavia, diversamente dalla Fed, il rischio è che la BoE attribuisca un peso maggiore agli accresciuti rischi verso il basso sulla crescita domestica in ragione del conflitto.
Questo potrebbe essere sufficiente a indebolire la sterlina, come reazione di impatto, soprattutto contro dollaro.
L’entità della reazione dovrebbe però essere limitata (downside entro 1,29-1,28 GBP/USD), a meno che la BoE non lasci intendere di voler optare per un approccio più cauto sui rialzi dei tassi, proprio a causa dei rischi sulla crescita.
In questo caso infatti il calo atteso della sterlina sarebbe più significativo, e riguarderebbe sia il cambio contro dollaro sia quello contro euro.

JPYLo yen ha corretto ulteriormente sull’esito del FOMC, complice la salita verso nuovi massimi dei rendimenti (a lunga) USA.
Contro dollaro ha aggiornato i minimi scendendo da 118 a 119 USD/JPY e contro euro ha corretto da 129 a 131 EUR/JPY.
La riunione BoJ di domani notte confermerà l’accresciuta necessità, dopo il conflitto, di mantenere condizioni di policy massimamente accomodanti per non compromettere la già delicata ripresa post-pandemia.
L’accresciuta divergenza tra Fed e BoJ prospetta un ulteriore indebolimento dello yen in virtù dell’ulteriore allargamento atteso dei differenziali di rendimento.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Questa mattina l’agenda dell’area euro prevede solamente la stima finale del CPI, che dovrebbe confermare un’inflazione al 5,8%, in linea con la lettura preliminare; si tratta del massimo storico da quando esistono dati comparabili (ovvero almeno dal 1998).

STATI UNITI
 – Oggi ci sono diversi dati in uscita.
L’indice della Philadelphia Fed a marzo è previsto in aumento modesto a 21, da 16 di febbraio.
L’indagine dovrebbe confermare l’espansione del settore, sempre soggetta a problemi dal lato dell’offerta di beni e lavoro e condizionata da aumenti dei prezzi sia degli input sia dell’output.
– La produzione industriale di febbraio dovrebbe essere in crescita di 0,5% m/m, dopo 1,4% m/m di gennaio, spinta da variazioni positive in tutti i settori.
– I cantieri residenziali di febbraio sono attesi in aumento a 1,675 mln da 1,638 mln di gennaio, mentre le licenze dovrebbero correggere a 1,865 mln da 1,895 mln.