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17 Giugno 2021 – nota economica giornaliera

CINA – I dati di maggio sono stati in generale inferiori alle attese di consenso evidenziando un rallentamento dell’attività ancora in gran parte imputabile ad un confronto sfavorevole con l’anno scorso. I dati destagionalizzati indicano una stabilità dal lato dell’offerta, un rallentamento degli investimenti e un moderato miglioramento dei consumi.
La produzione industriale è rallentata da 9,8% a/a in aprile a 8,8% a/a in maggio (Consenso Bloomberg 9,2% a/a).
Il rallentamento ha riguardato tutte le tipologie di imprese e, in particolare, quelle statali.
In termini destagionalizzati la dinamica mensile è rimasta stabile rispetto ad aprile (0.52%) anche se inferiore rispetto alla media del primo trimestre (0.65%).
Gli investimenti fissi nominali sono decelerati in termini cumulati da 19,9% a/a in aprile a 15,4% a/a in maggio (Consenso Bloomberg 17,0% cum. a/a), e il ritmo di crescita si è mitigato a 0,2% m/m rispetto a 0,9% m/m in aprile nei dati destagionalizzati forniti dal NBS, implicando un rallentamento in termini tendenziali da 10,9% a/a in aprile a 5,5% a/a in maggio.
Similmente la dinamica delle vendite al dettaglio è frenata da 17,7% a/a in aprile a 12,4% a/a (Consenso Bloomberg 14,0% a/a) seppur registrando un miglioramento in termini mensili da 0,25% m/m in aprile a 0,81% in maggio.
Il tasso di disoccupazione urbano rilevato su 31 città è rimasto stabile a 5,2% in maggio rispetto ad aprile, e i nuovi occupati nei primi cinque mesi dell’anno sono saliti del 24,8% rispetto al 2020 tuttavia restano inferiore del 3,9% rispetto al 2009, indicando che le condizioni del mercato del lavoro seppur in miglioramento non hanno ancora raggiunto quelle pre-pandemia.

 

COMMENTI:

STATI UNITI – La Federal Reserve ha lasciato quasi immutato il comunicato stampa rispetto ad aprile, e il presidente Powell non ha mandato alcun segnale esplicito che il FOMC sia più vicino di prima a discutere una riduzione del flusso di acquisti di attività finanziarie.
Tuttavia, le previsioni dei membri del FOMC in merito all’andamento dei tassi sono salite nel 2023, elevando la mediana da 0,1 a 0,6%.
Soltanto 5 membri ora prevedono tassi invariati fino a tutto il 2023, mentre 2 si attendono uno rialzo entro fine anno e 11 ritengono che ve ne sarà più di uno.
Inoltre, sono 7 i membri che vedono il primo rialzo già nel 2022.
Lo spostamento delle previsioni sui tassi avvicina la posizione mediana del FOMC a quanto il mercato già scontava.
Powell ha invitato a non dare troppo peso a tale cambiamento, dichiarando che il comitato non ne ha discusso e che l’incertezza su tale orizzonte è eccessiva.
Tuttavia, uno spostamento di opinione così ampio non può essere né casuale né irrilevante, e in effetti si accompagna al diffondersi di valutazioni meno benevole riguardo ai rischi di inflazione di quelle ufficialmente espresse dalla banca centrale.
Riguardo al futuro tapering degli acquisti, Powell ha continuato a ribadire che la Fed avviserà per tempo i mercati e che la decisione dipenderà dai dati – non dal calendario.
Probabilmente tale passo avverrà in autunno.
La revisione al rialzo delle stime di crescita e inflazione è significativa soltanto nel 2021 (PIL: da 6,5 a 7,0% a/a nel 2021Q4, Inflazione: da 2,4 a 3,4% a/a) e il giudizio della Fed riguardo alle pressioni inflazionistiche è ancora che esse riflettano prevalentemente fattori transitori.
La proiezione sul deflatore core dei consumi (PCE) a fine anno è salita da 2,2 a 3,0% a/a, ma la previsione per il 2022 (2,1%, rivista soltanto di un decimo) implica che la banca centrale si aspetta ancora un rapido calo.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro si è rafforzato ampiamente sull’esito del FOMC ieri sera.
La Fed infatti, pur lasciando i tassi fermi, ha rivisto in senso migliorativo lo scenario USA, rivedendo al rialzo le previsioni di crescita (da 6,5-3,3-2,2% a 7,0-3,3-2,4% nel 2021-22-23) e inflazione (da 2,4-2,0-2,1% a 3,4-2,1-2,2% nel 2021-22-23), e rilevando maggiori rischi verso l’alto sull’inflazione.
La novità inattesa è però che ora la maggior parte dei partecipanti si aspetta due rialzi dei tassi di 25 pb già nel 2023, laddove precedentemente non erano attesi rialzi prima del 2024.
Quanto al tema chiave della discussione sul tapering, Powell ha detto che durante questa riunione “si è discusso dei progressi fatti verso il raggiungimento degli obiettivi giungendo alla conclusione che “per quanto lo standard dell’ulteriore sostanziale progresso sia ancora distante, tuttavia ci si aspetta che il progresso continui”.
La Fed valuterà il progresso verso gli obiettivi durante le prossime riunioni e ha ripetuto che avviserà anticipatamente prima di annunciare il tapering. Ha comunque precisato che rimangono dei rischi sullo scenario a causa della pandemia.
Tuttavia, anticipando il timing atteso dell’avvio del ciclo di rialzi dei tassi e avviando la discussione preparatoria all’annuncio del tapering, ha di fatto abbandonato la modalità di massima cautela seguita finora.
Questo dovrebbe favorire una prosecuzione del recupero del dollaro, purché i dati – ancora condizione necessaria per attuare la svolta di policy – non deludano.

EURL’euro ha corretto visibilmente di riflesso al dollaro sull’esito del FOMC da 1,21 a 1,19 EUR/USD.
Alla luce della revisione migliorativa dello scenario USA da parte della Fed e della prospettiva che la svolta di policy possa di conseguenza essere anticipata, a fronte invece di una BCE che pur rivedendo anch’essa in senso migliorativo lo scenario macro ha però indicato di voler mantenere condizioni di policy ancora molto accomodanti nel 3° trimestre, rivediamo al ribasso i livelli attesi del cambio a 1,19-1,17-1,15-1,20-1,22 EUR/USD a 1m-3m-6m-12m-24m dai precedenti 1,20-1,17-1,16-1,21-1,23 EUR/USD.
Si tratta di una revisione modesta perché anche in precedenza lo scenario era che l’annuncio del tapering avvenisse entro fine anno.
La fase correttiva più marcata dovrebbe aversi da qui a 6m, in prospettiva dell’annuncio del tapering Fed.
Il moderato recupero ipotizzato successivamente è funzione del fatto che al consolidarsi della ripresa nell’area euro i mercati andranno incorporando attese che anche la BCE inizi a muoversi per preparare il terreno alla svolta di policy.
I rischi al di là del breve (orizzonte a 12m24m) dovrebbero tuttavia essere leggermente verso il basso, ovvero per un euro che possa rivelarsi più debole del previsto in quanto la BCE partirebbe con i rialzi dei tassi più tardi rispetto alla Fed.

GBPAnche la sterlina ha corretto contro dollaro sull’esito del FOMC da 1,41 a 1,39 GBP/USD ma meno dell’euro, rispetto al quale si è rafforzata da 0,86 a 0,85 EUR/GBP.
In funzione del nuovo scenario Fed rivediamo al ribasso anche i livelli attesi della sterlina contro dollaro a 1,39-1,38- 1,37-1,43-1,47 GBP/USD sull’orizzonte a 1m-3m-6m-12m-24m dai precedenti 1,41-1,39-1,37-1,43- 1,47 GBP/USD.
Anche in questo caso la revisione riguarda solo il breve termine ed è modesta perché anche in precedenza avevamo una previsione di annuncio di tapering Fed entro fine anno.
Il recupero atteso successivamente riflette il consolidarsi della ripresa dell’economia britannica e la prospettiva che la BoE possa avviare il ciclo di rialzi dei tassi con tempistiche simili a quelle della Fed.
Maggiori indicazioni sull’indirizzo di policy della BoE si avranno in occasione della riunione BoE di giovedì prossimo.
Il nuovo profilo del cambio contro euro passa a 0,86-0,85- 0,84-0,84-0,83 EUR/GBP sull’orizzonte a 1m-3m-6m-12m-24m dal precedente 0,85-0,84-0,84-0.84- 0,83 EUR/GBP.

JPYAnche lo yen è sceso post-FOMC contro dollaro da 109 a 110 USD/JPY, ma meno dell’euro rispetto al quale si è infatti rafforzato da 133 a 132 EUR/JPY.
In funzione del nuovo scenario Fed rivediamo al ribasso anche il profilo atteso dello yen sia contro dollaro a 110-112-113-114-115 USD/JPY sull’orizzonte a 1m-3m-6m-12m-24m dal precedente 108-110-112-114-115 USD/JPY sia contro euro a 131-132-130-137-141 EUR/JPY sul medesimo orizzonte dal precedente 130-129-130- 137-141 EUR/JPY.
La revisione è modesta e riguarda solo il breve termine perché è su tale orizzonte che si esplica maggiormente il mutato atteggiamento della Fed, mentre per il prosieguo avevamo già attese di indebolimento dello yen in funzione del mantenimento di una strategia di policy più accomodante più a lungo da parte della BoJ.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – La seconda lettura dovrebbe confermare la crescita dell’inflazione vista nella stima flash, da 1,6% a 2,0% a/a (massimo da ottobre 2018).
L’indice core BCE (al netto di alimentari freschi ed energia) dovrebbe rimanere su valori moderati (0,9% a/a, in linea con la stima preliminare), segnale che il rialzo sarebbe dovuto a fattori temporanei.
I listini dovrebbero essere confermati in aumento di tre decimi su base mensile.
L’inflazione è vista accelerare a partire da agosto, per raggiungere un picco nel 4° trimestre: in media annua l’inflazione è attesa a 1,9% nel 2021 e 1,5% nel 2022.

STATI UNITI – L’indice della Philadelphia Fed a giugno è previsto a 34 da 31,5 di maggio, in linea con il proseguimento dell’espansione del settore a ritmi elevati.
Gli indici coincidenti e a 6 mesi dovrebbero recuperare parzialmente la correzione di maggio, e l’indagine dovrebbe dare segnali positivi per l’attività, gli ordini e l’occupazione.
Sarà importante vedere se gli indici di prezzo si stabilizzano dopo aver segnato una serie di massimi dai primi anni ‘80 sia per i prezzi pagati (a 76,8) sia per quelli ricevuti (a 41).
A maggio le imprese avevano riportato una previsione mediana di incremento del 5% dei prezzi di vendita e del 4% del costo del lavoro, a fronte di una previsione di inflazione al consumo nel prossimo anno del 4%.