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17 Febbraio 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – Ieri i dati di dicembre sul commercio internazionale hanno registrato una flessione per le esportazioni più ampia rispetto alle importazioni (-1,9% contro -1,1% m/m).
Nel 2022 il deficit commerciale è stato pari a -31 miliardi di euro dopo un surplus di oltre 40 miliardi nel 2021.
Il dato è influenzato dal disavanzo record nell’interscambio di energia (-111,3 miliardi), ma anche il saldo al netto dell’energia mostra un minor surplus, a 80,3 miliardi da 88,7 del 2021 (è aumentato l’avanzo per i beni di consumo e di investimento, mentre è peggiorato il deficit per i beni intermedi).

ITALIA – Nel 4° trimestre 2022, il tasso di posizioni vacanti è salito di un decimo al 2,3%, un nuovo massimo storico, mentre è rimasto stabile al record di 1,9% tra le imprese con più di 10 dipendenti; l’incremento è trainato dai servizi, mentre nell’industria si registra una lieve diminuzione.

GERMANIA – Questa mattina il PPI è calato per il quarto mese di fila (-1% m/m).
La flessione è dovuta ai prodotti energetici, per via dell’introduzione di un tetto ai prezzi di gas ed elettricità.
In realtà, il price cap entrerà in vigore solo a marzo ma con effetti retroattivi, perciò i dati odierni sono stimati, e sono probabili revisioni, anche piuttosto ampie, in occasione delle prossime rilevazioni.
L’inflazione dei prezzi alla produzione ha decelerato al 17,8% a/a da un precedente 21,6% (10,7% da 12% a/a al netto dell’energia).

STATI UNITI
– Ieri, il PPI di gennaio ha sorpreso ampiamente verso l’alto, con una variazione di 0,7% m/m (6% a/a) per l’indice headline e di 0,6% m/m per l’indice core.
Il dato di dicembre è stato rivisto verso l’alto di 1 decimo.
La riaccelerazione della dinamica dei prezzi riguarda sia i beni (0,6% /m per i beni core, fra cui auto) sia i servizi (0,4% m/m, fra cui servizi finanziari, tariffe aeree, servizi ospedalieri).
Le componenti del PPI rilevanti per il deflatore core puntano a possibili rischi verso l’alto per lo 0,4% m/m previsto per il dato di gennaio in uscita la prossima settimana.
Inoltre, la ripresa dei prezzi dei beni core potrebbe tradursi in un ritorno di contributi positivi all’inflazione da parte del comparto di beni, dopo la significativa moderazione vista nel secondo semestre 2022.
– I nuovi cantieri residenziali a gennaio sono calati di -4,5% m/m, a 1,309 mln da 1,371 mln di dicembre.
Le licenze invece hanno segnato un marginale rialzo, 0,1% m/m, a 1,339 mln, concentrato nel segmento delle abitazioni multifamiliari.
I livelli delle licenze, persistentemente superiore a quello dei cantieri, segnala una possibile stabilizzazione dell’attività di costruzione nei prossimi mesi.
– L’indice della Philadelphia Fed di febbraio ha registrato una correzione a -24,3 da -8,9 di gennaio, segnando il sesto mese consecutivo in area recessiva, con il 33% delle imprese che riporta contrazione a fronte di 7% che riporta espansione dell’attività.
Anche gli altri indicatori sono deboli, con ordini a -13,6, e peggioramento del mercato del lavoro (occupati a 5,1, settimana lavorativa a -3,2).
Le consegne restano in territorio espansivo, a 8,7, ma in via di indebolimento.
Gli indici di prezzo sono vicini ai livelli di lungo termine, con i prezzi pagati a 26,5 e quelli ricevuti a 14,9, con indicazioni di ridimensionamento duraturo delle pressioni sui prezzi.
Le imprese riportano previsioni di prezzi di vendita in rialzo di 4,5% nel prossimo anno (da 4,8% rilevato a novembre), in netto calo rispetto agli aumenti praticati nel 2022, stimati dalla mediana a 7%.
Le previsioni per l’inflazione nel 2023 sono riviste verso il basso a 4% e a 3% sull’orizzonte a 10 anni.
I dati sembrano confermare il trend di rallentamento dell’attività in atto in autunno, in contrasto con gli ampi rimbalzi dei dati di occupazione, produzione industriale e vendite al dettaglio di gennaio.
– La Business Leaders Survey della NY Fed condotta presso le imprese non manifatturiere a febbraio conferma lo scenario di contrazione dell’attività, se pure a ritmi meno marcati che a gennaio, e si attesta a -12,8, con indicazioni di persistente debolezza.
L’occupazione è circa stagnante, ma i salari appaiono in accelerazione.
Le domande speciali del mese riguardano i salari.
Le imprese riportano per il 2022 aumenti di 5% e 6% nel manifatturiero e nei servizi, rispettivamente, ma prevedono rialzi del 3% nei prossimi 12 mesi in entrambi i settori.

 

COMMENTI:

ITALIA – Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto che modifica la governance del PNRR, che rafforza i poteri di controllo, di monitoraggio e sostitutivi della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Economia, rafforza la capacità amministrativa degli enti chiamati ad attuare gli interventi previsti dal PNRR e dal PNC, e introduce misure per la semplificazione delle procedure del PNRR e l’attuazione delle politiche di coesione, di politica agricola comune e di politica giovanile.
Approvata anche una norma che, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, introduce la sospensione dello “sconto in fattura” e della cessione dei crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali sui bonus edilizi, nonché il divieto per le pubbliche amministrazioni di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento.

BCEFabio Panetta, membro del comitato esecutivo BCE, ha detto che il rialzo dei tassi dovrebbe avvenire a piccoli passi e in modo non meccanico.
Ciò a motivo dell’incertezza dello scenario e della possibilità che l’inflazione cali molto rapidamente nei prossimi mesi, per le conseguenze dirette e indirette del calo dei prezzi energetici.
Secondo Panetta, il costo di eccedere con la restrizione monetaria è maggiore nell’eurozona che negli Stati Uniti.
Secondo Philip Lane, la restrizione monetaria già effettuata dovrebbe ridurre la crescita media annua del PIL di 1,5 punti percentuali fra il 2023 e il 2025, mentre l’impatto sull’inflazione sarebbe di 1,2 punti quest’anno e di 1,8 punti nel 2024.
L’impatto della restrizione dovrebbe essere amplificato dalla sua natura in parte permanente, come scontato dai mercati.
Anche Lane, dunque, sostiene che le decisioni future dovranno essere condizionate all’evoluzione dei dati e coerenti con un approccio riunione per riunione, non meccanico.
Tra i governatori, Stournaras ha detto che il rapido calo dell’inflazione in questi mesi rende più ottimisti riguardo alla possibilità che non siano necessari aumenti dei tassi così ampi da portare l’eurozona in recessione.

STATI UNITI
 – Oggi l’agenda include alcuni discorsi dalla Fed, importanti per valutare le reazioni dopo le recenti sorprese positive dall’attività economica e dopo il CPI e il PPI di gennaio.
Ieri, due discorsi hanno segnalato che Mester (Cleveland Fed) e Bullard (St Louis Fed) avrebbero preferito alzare i tassi di 50pb a febbraio.
Mester ha affermato di non avere cambiato la propria previsione di tassi oltre il 5%.
A suo avviso, è ancora presto per prevedere la dimensione del prossimo rialzo e non è detto che le variazioni siano sempre di 25pb.
Secondo Bullard, sarebbe opportuno muoversi il più velocemente possibile verso tassi appena sotto 5,5%.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro si è rafforzato ancora sui dati di ieri che hanno mostrato in particolare i prezzi alla produzione scendere molto meno delle attese, a conferma di pressioni inflazionistiche più persistenti e della possibilità, riportata anche da altri discorsi Fed, che i tassi USA debbano salire più del previsto nel breve.
Il dollaro, che apre in ulteriore rialzo oggi trainato dalla salita dei rendimenti, dovrebbe pertanto consolidare o quantomeno stabilizzarsi: il trend ribassista in atto fino a inizio febbraio è in pausa per ora.

EURL’euro è sceso di riflesso sui dati USA da 1,07 a 1,06 EUR/USD, dove sta aggiornando questa mattina i minimi recenti.
Fino a che si mantiene l’aspettativa che la Fed possa alzare i tassi più del previsto il precedente slancio rialzista fatica a riproporsi, lasciando le resistenze chiave nel corridoio 1,0760-1,0840 EUR/USD.
La prospettiva che la BCE alzi i tassi più della Fed nei prossimi mesi (di 50 pb in più secondo quanto prezzato dal mercato) aiuta a contenere il downside dell’euro (entro 1,05 EUR/USD), ma non è sufficiente a reimmetterlo subito su un trend rialzista, perché l’attuale gap sui tassi non è abbastanza ampio.

GBPAnche la sterlina si è indebolita contro dollaro sui dati USA da 1,20 a 1,19 GBP/USD, più dell’euro rispetto al quale è rimasta in calo da 0,88 a 0,89 EUR/GBP.
Nel breve dovrebbe faticare a ritrovare slancio contro dollaro fintantoché permangono attese di rialzi Fed superiori al previsto: questo tema infatti prevale e fornisce generalizzato supporto al dollaro.
La sterlina infatti non è riuscita a trarre vantaggio stamani dai dati sulle vendite al dettaglio che pure sono risultate migliori delle attese mostrando un recupero.
Inoltre, la prospettiva di minori rialzi BoE rispetto alla BCE dovrebbe mantenere la valuta britannica sulla difensiva rispetto all’euro.

JPYAnche lo yen è sceso contro dollaro sui dati USA da 133 a 135 USD/JPY indebolito dalla salita dei rendimenti a lunga statunitensi.
Lo yen resterà sulla difensiva finché questi non torneranno a scendere, a meno di aperture a favore di un avvio di normalizzazione della politica monetaria da parte del nuovo governatore della BoJ K. Ueda.
In proposito, c’è attesa per l’audizione in parlamento per la conferma della nomina a governatore che Ueda terrà venerdì prossimo.
Lo yen oggi è in calo anche contro euro da 142 a 143 EUR/JPY.

 

PREVISIONI:

FRANCIA – In calendario per oggi anche la stima finale d’inflazione di gennaio (la prima lettura aveva evidenziato una accelerazione tendenziale da 6,7% a 7%).