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16 Settembre 2019 – nota economica giornaliera

STATI UNITI
– Le vendite al dettaglio ad agosto sorprendono verso l’alto con una variazione di 0,4% m/m, dopo +0,8% m/m di luglio. Le vendite al netto delle auto sono invariate, dopo 1% m/m di luglio.
I principali contributi positivi vengono dalle auto (+1,8% m/m, in parte dovuto al rialzo dei prezzi delle auto usate), sanità e la cura della persona (+0,7% m/m), i materiali da costruzione (1,4% m/m, terzo rialzo consecutivo) e le vendite online (1,6% m/m, 14,3% a/a).
Sono invece deboli i comparti abbigliamento (-0,9% m/m), arredamento (-0,5% m/m), ristorazione (-1,2% m/m), oltre alla benzina (-0,9% m/m). L’aggregato “control (al netto di auto, benzina, materiali da costruzione e alimentari) aumenta di 0,3% m/m, dopo una serie di variazioni molto solide.
Nel complesso i dati sono migliori del previsto in gran parte per via dell’ampio contributo delle auto, che però potrebbe essere gonfiato dalla componente prezzo, visto che i volumi di vendite riportati dai concessionari erano in rialzo più contenuto. Il gruppo di controllo indica un rallentamento rispetto al trend in forte rialzo degli ultimi cinque mesi (in parte dovuto al recupero post-shutdown), con indicazioni di crescita dei consumi poco sopra il 3% t/t ann. nel 3° trimestre.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a settembre aumenta a 92 (da 89,8 di agosto). La ripresa nell’indagine è diffusa sia alle aspettative (a 82,4 da 79,9), sia alle condizioni correnti (a 106,9 da 105,3). Le aspettative di inflazione a 12 mesi aumentano a 2,8% da 2,7%, mentre quelle a 5-10 anni correggono a 2,3% da 2,6% di agosto.
I consumatori prevedono tassi di interesse in calo e continuano a riferire preoccupazione per la guerra dei dazi e per potenziali effetti negativi sullo scenario economico e sull’occupazione.
Nonostante la recente volatilità della fiducia, in gran parte legata all’incertezza politica, l’indagine è coerente con il proseguimento dell’espansione dei consumi nei prossimi trimestri.
– I prezzi all’import calano di -0,5% m/m (-2% a/a) ad agosto, dopo +0,1% m/m a luglio, sulla scia della contrazione del petrolio. Al netto del petrolio i prezzi sono invariati su base mensile. L’apprezzamento del cambio e la debolezza del prezzo del petrolio più che compensano eventuali incrementi legati al rialzo dei dazi.

CINA
– La produzione industriale (valore aggiunto) è salita del 4,4% a/a in agosto, molto meno delle attese e in netto rallentamento dal 4,8% di luglio, principalmente a causa della decelerazione della produzione delle imprese private. La produzione dei maggiori metalli industriali è di poco accelerata rispetto a luglio, anche se mantiene un passo di crescita inferiore rispetto ai mesi precedenti, mentre ha continuato a migliorare la produzione di semiconduttori e microcomputer.
La dinamica degli investimenti fissi nominali è ulteriormente decelerata in agosto a 5,5% cum. a/a (da 5,7% in luglio), spinta al ribasso dall’ulteriore rallentamento degli investimenti privati (da 5,4% a 4,9% a/a) e dal calo degli acquisti di attrezzature.
Gli investimenti in infrastrutture sono invece lievemente riaccelerati a 4,2% a/a in agosto (3,8% in luglio) mentre quelli nel settore immobiliare hanno mantenuto un ritmo di crescita elevato (10,5% a/a) e solo di poco inferiore al mese precedente; la dinamica è stata simile per gli investimenti in edilizia residenziale (14,9% a/a in agosto vs 15,1% in luglio).
Il rallentamento della superficie residenziale venduta e dei cantieri continua però a puntare a una moderazione degli investimenti immobiliari nei prossimi trimestri.
– Le vendite al dettaglio nominali sono decelerate di un decimo in agosto (7,5% a/a), così come quelle reali (5,6% a/a in agosto), guidate dalla decelerazione delle vendite nelle sole zone urbane. Nel complesso i dati di agosto hanno segnalato un ulteriore rallentamento dell’attività economica, anche se non generalizzato.
L’allentamento delle condizioni monetarie, non ancora concluso, e le misure a supporto dei consumi annunciate nelle scorse settimane dovrebbero comunque contribuire a mitigarne l’entità.

 

COMMENTI:

EUROZONA – Alla riunione dell’Eurogruppo della scorsa settimana è emerso che le divisioni fra gli Stati membri sono troppo profonde e radicate per immaginare una riscrittura del patto di stabilità e crescita. Non pare che siano stati fatti progressi decisivi neppure sul budget comune, il cosiddetto BICC (Budgetary Instrument for Convergence and Competitiveness for the euro area). Alla luce delle dichiarazioni di Centeno, restano questioni da definire su diversi aspetti, a cominciare da come finanziarlo, che dovranno essere risolte a ottobre.

BREXIT – Continuano ad arrivare segnali contrastanti riguardo all’esito del processo. Da una parte, la stampa britannica coglie segnali di ammorbidimento del Governo: aperture all’ipotesi di tornare alla prima versione del backstop per l’Irlanda (quella che manteneva soltanto l’Irlanda del Nord nell’unione doganale europea) e, novità emersa durante la fine di settimana, la possibilità di estendere il periodo transitorio a tre anni per avere il tempo di implementare alternative tecnologiche per controlli doganali che non necessitino di frontiera fisica. Dall’altra, però, arrivano anche smentite a tali aperture, e il primo ministro continua a ribadire che l’uscita avverrà comunque il 31 ottobre, anche se non sarà stato raggiunto un accordo il 18 ottobre, e che il Regno Unito rifiuterà ogni richiesta di rinvio che dovesse arrivare dall’UE.

STATI UNITI – La Cina ha annunciato che aumenterà gli acquisti di alcuni prodotti agricoli (fra cui soia e maiale), che verranno anche esentati dai rialzi dei dazi dell’ultimo anno. L’annuncio è mirato a ridurre ulteriormente le tensioni fra i due paesi alla vigilia della ripresa dei negoziati commerciali, prevista per inizio ottobre. In passato, annunci di aumenti di acquisti di soia e altri beni agricoli non erano stati seguiti da acquisti effettivi. La Cina in questa fase ha maggiori incentivi ad attuare le misure alla luce degli effetti della peste suina sul mercato agricolo domestico. I dettagli degli acquisti non sono stati forniti. Nonostante la reazione positiva dei produttori americani, difficilmente un intervento potrà miglioramento in modo significativo le prospettive del settore in USA: dall’inizio della guerra dei dazi, le esportazioni di soia e altri semi verso la Cina sono calate da 12,8 mld di dollari a fine 2017 a 4,2 mld a luglio 2019.

ARABIA SAUDITA – Violento balzo delle quotazioni petrolifere, in seguito agli attacchi alle infrastrutture petrolifere saudite avvenuti durante la scorsa fine di settimana. Il future sul WTI è salito di un massimo del 15,5%; ancor superiore la variazione infragiornaliera del Brent Crude future. Gli attacchi hanno causato danni che richiederanno probabilmente settimane per essere riparati, con un impatto che Reuters stima in ben 5,7 milioni di barili al giorno, sebbene in parte compensati dagli stessi sauditi con misure di emergenza.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha chiuso la settimana pressoché stabile sui livelli di apertura. Dopo essersi inizialmente rafforzato sui segnali di distensione tra Usa e Cina in tema di dazi ha fatto marcia indietro come riflesso del rafforzamento post-BCE dell’euro. Venerdì ha reagito positivamente ai dati domestici risultati migliori delle attese (le vendite al dettaglio hanno rallentato meno del previsto e la fiducia delle famiglie è risalita più del previsto), ma non è comunque riuscito a chiudere al rialzo, frenato anche dall’attesa per il FOMC di martedì-mercoledì.
La riunione della Fed sarà l’evento chiave della settimana: le nostre aspettative sono per un altro taglio di 25 pb dopo quello già attuato a luglio, che porterebbe così la fascia obiettivo dei Fed Funds a 1,75%-2,00%. La Fed probabilmente lascerà le porte aperte ad altri interventi espansivi se necessario, indicando che lo stato di salute dell’economia USA è positivo ma che i rischi, di origine esterna (rallentamento globale e tensioni commerciali USA-Cina), sono aumentati.
A luglio il dollaro aveva reagito positivamente alla decisione della Fed principalmente perché Powell aveva spiegato che il taglio rappresentava un aggiustamento di metà ciclo e non il primo di un ciclo di tagli. Ora però appare poco probabile che venga mantenuta tale interpretazione e la reazione del biglietto verde dipenderà anche da come la dialettica della Fed riuscirà a giustificare la decisione presa. Se verrà posto l’accento sulla natura preventiva dell’intervento e la revisione (al ribasso) delle previsioni macro sarà modesta, il dollaro potrebbe anche trarne leggero vantaggio, dato che il mercato continua ad aspettarsi un sentiero di tagli piuttosto massiccio. Al di là della risposta di impatto immediata, il biglietto verde continuerà a seguire l’evidenza fornita dai dati.
Dovrebbero partire questa settimana i primi colloqui bilaterali USA-Cina, preparatori della ripresa dei negoziati programmato per inizio ottobre: gli sviluppi su questo fronte continueranno a condizionare, in modo simmetrico, la dinamica del dollaro.

EURL’euro ha chiuso la settimana in leggero rialzo, ma sempre in area 1,10 EUR/USD, dopo essere comunque passato per un massimo venerdì a 1,1109 EUR/USD, ancora sulla scia delle nuove misure di stimolo adottate dalla BCE giovedì. Il movimento è stato probabilmente favorito dal corto euro degli speculativi e non dovrebbe rappresentare l’avvio di un trend a meno di sorprese positive dai dati dell’area o di delusioni dai dati USA.
La settimana entrante offrirà dei buoni test per valutare la forza effettiva del cambio, con alcuni discorsi BCE domani e giovedì, lo ZEW tedesco domani (atteso in miglioramento), la stima finale dell’inflazione dell’area mercoledì (attesa ancora bassa, a 1,0%), la fiducia dei consumatori venerdì (attesa stabile) e, soprattutto, il FOMC. Complessivamente, a meno di sorprese molto positive dai dati dell’area, la risalita post-BCE dell’euro non dovrebbe estendersi ulteriormente. L’allentamento atteso dalla Fed, dato il punto di partenza dei tassi, positivi e più elevati di quelli dell’area euro, non dovrebbe penalizzare il dollaro e di riflesso non dovrebbe quindi favorire l’euro.

GBPLa sterlina ha chiuso la settimana al rialzo, salendo nella sola giornata di venerdì sia contro dollaro da 1,23 a 1,25 GBP/USD sia contro euro da 0,89 a 0,88 EUR/GBP. A far scattare il nuovo rialzo è stata la notizia secondo la quale il DUP avrebbe accettato l’assoggettamento dell’Irlanda del Nord ad alcune leggi UE dopo Brexit in cambio della rimozione del “backstop”. In realtà il DUP ha poi smentito la notizia. Intanto, secondo il Telegraph, il primo ministro Boris Johnson si sarebbe detto fiducioso di poter raggiungere un accordo con l’UE nel giro di alcune settimane.
Ieri anche il ministro per Brexit Barclay ha detto che sono stati fatti dei progressi verso un accordo e che oggi incontrerà il caponegoziatore UE Barnier. Nuovi sviluppi favorevoli sul fronte Brexit farebbero salire ulteriormente la sterlina.
Intanto giovedì ci sarà la riunione della Bank of England. Le attese sono per tassi fermi ma è probabile che in linea con recenti dichiarazioni di Carney, la BoE lasci passare il messaggio di essere disposta a fornire nuovo stimolo monetario in caso di “hard Brexit e che comunque grazie ai preparativi condotti finora le ricadute negative di un’uscita senza accordo dovrebbero essere meno negative di quanto stimato in passato. Il messaggio dovrebbe suonare tranquillizzante per i mercati, fornendo sostegno alla sterlina.

JPYLo yen ha chiuso la settimana in calo sia contro dollaro da 106 a 108 USD/JPY sia contro euro da 117 a 120 EUR/JPY penalizzato dall’ulteriore calo della risk aversion e dalla salita dei rendimenti USA.
Oggi la valuta nipponica apre di nuovo al rialzo a causa delle rinnovate tensioni sul fronte mediorientale dopo gli attacchi di domenica a due importanti raffinerie petrolifere dell’Arabia Saudita. Nei prossimi giorni tuttavia l’attenzione tornerà sulle banche centrali, con la riunione della Fed mercoledì sera e della BoJ giovedì notte. In base alle attese di consenso, la BoJ non dovrebbe varare nuove misure espansive, ma recentemente erano trapelate notizie di un dibattito apertosi all’interno del board circa l’opportunità o meno di allentare ulteriormente la politica monetaria alla luce del continuo mancato raggiungimento del target di inflazione e dei rischi verso il basso sull’economia nipponica, anche a causa della guerra dei dazi USA-Cina. Il confronto tra i tassi USA e quelli giapponesi rimane a favore del dollaro anche in presenza di una Fed che tagli i tassi. A meno di un nuovo deterioramento del sentiment di mercato, lo yen dovrebbe rimanere sotto pressione.

 

PREVISIONI:

ITALIA – La stima finale dei prezzi al consumo di agosto dovrebbe confermare la lettura preliminare ovvero mostrare un’inflazione a 0,5% su base annua (in salita di un decimo sul NIC e di due decimi sull’IPCA rispetto al mese precedente). Il punto di minimo per l’inflazione italiana potrebbe essere stato toccato lo scorso luglio, ma la risalita sarà molto lenta (nostra stima per il 2020: 1,2%).

EUROZONA – Il calendario è povero di dati questa settimana. L’indice ZEW sulle aspettative a 6 mesi sull’economia tedesca potrebbe vedere un minor pessimismo a settembre (da -44,1 di agosto a -42).
La prima stima dell’indice di fiducia delle famiglie nell’eurozona dovrebbe vedere una stabilizzazione a settembre (-7,0) dopo il forte calo di agosto.

STATI UNITI
– La settimana avrà come focus la riunione del FOMC, che si dovrebbe concludere con un altro taglio del tasso dei fed funds e segnali di apertura per ulteriori interventi, mirati a contrastare i rischi geopolitici. Sul fronte dei dati, si prevede una ripresa dopo le correzioni di luglio per la produzione industriale e i nuovi cantieri residenziali e una stabilizzazione delle vendite di case esistenti.
L’indice Empire della NY Fed a settembre dovrebbe stabilizzarsi, con indicazioni di quasi stagnazione del settore manifatturiero.
L’ISM manifatturiero ad agosto è sceso sotto 50 per la prima volta dal 2016, segnalando modesta contrazione dell’attività, in linea con la debolezza di ordini e produzione degli ultimi mesi. Tuttavia, le informazioni riguardo alle ore lavorate e agli occupati nel manifatturiero, in rialzo ad agosto, non fanno prevedere un peggioramento del quadro nei prossimi mesi, nonostante la fragilità della domanda estera e le tensioni commerciali.