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15 Luglio 2021 – nota economica giornaliera

AREA EURO – A maggio la produzione industriale è calata più del previsto, di -1,0% m/m (consenso -0,2% m/m) mentre la crescita del mese precedente è stata rivista verso il basso di due decimi a +0,6% m/m.
La crescita tendenziale ha invece rallentato a +20,5% da +39,4% precedente.
Sul mese la flessione risulta generalizzata a tutti i comparti ad eccezione dei beni durevoli di consumo (+1,6% m/m da +3,4% m/m).
Il calo più marcato è stato invece registrato dai beni di consumo non durevoli (-2,3% m/m da +1,5% m/m), il più ampio da aprile 2020.
La contrazione risulta diffusa anche tra le principali economie: Germania (-0,6% m/m), Francia (-0,3% m/m), Italia (-1,5% m/m) e Spagna (-0,8% m/m).
L’attività industriale non ha ancora completamente recuperato i livelli pre-COVID (il divario da colmare è pari all’1,4%) e il dato di maggio è coerente con una contrazione di -0,2% t/t nel 2° trimestre dopo la crescita di +1,1% t/t registrata a inizio anno.
Il trend per l’industria dovrebbe comunque rimanere espansivo nei prossimi mesi: la battuta d’arresto di maggio dopo due mesi consecutivi di crescita non dovrebbe essere infatti imputabile ad un rallentamento della domanda, che resta solida come emerge dalle indicazioni delle imprese sugli ordinativi, bensì alle strozzature presenti in alcune filiere produttive (soprattutto nel settore dei trasporti, il più colpito per la carenza di semiconduttori).
I colli di bottiglia stanno risultando più persistenti rispetto a quanto previsto ed è probabile che finché non ci sarà un più significativo ridimensionamento, la ripresa industriale prosegua a ritmi più contenuti rispetto a quanto suggeriscono le indagini congiunturali.
La temporanea debolezza dell’industria pone modesti rischi al ribasso per lo scenario nel breve termine, non tali da far deragliare una ripresa economica che nei trimestri centrali dell’anno risulterà trainata dal recupero dell’attività nel terziario.

STATI UNITI – Il PPI a giugno sorprende verso l’alto, con una variazione di 1% m/m, dopo 0,8% m/m di maggio e 0,6% m/m di aprile.
La dinamica tendenziale, a 7,3% a/a, tocca il massimo storico da quando esiste la serie (novembre 2010).
Il rialzo dell’indice per la domanda finale è dovuto a incrementi ampi sia per i servizi (0,8% m/m, con un contributo di circa il 60% della variazione totale) e di 1,2% m/m per i beni.
I prezzi al netto di alimentari, energia e servizi al commercio aumentano di 0,5% m/m (5,5% a/a, massimo da quando esiste la serie, agosto 2014), dopo 0,7% m/m di maggio.
Nei servizi, i margini nel commercio (+2,1% m/m) sono i principali responsabili dell’aumento dell’indice complessivo.
Il 20% circa della variazione dei prezzi dei servizi è concentrata nei margini del commercio al dettaglio del settore auto, in rialzo di 10,5% m/m, seguita in termini di importanza dal commercio all’ingrosso per macchinari e auto, affitti di foresterie e trasporti di passeggeri, mentre risultano in diminuzione i margini per l’abbigliamento all’ingrosso.
Sul fronte dei beni, il maggior contributo viene dall’incremento dei prezzi al netto di alimentari ed energia, in rialzo di 1% m/m, guidato dalla chimica industriale e sostenuto, fra le altre categorie, dalle auto.
I prezzi della domanda finale per consumi sono in aumento di 0,8% m/m, con +1,3% m/m per i beni e 0,6% m/m per i servizi.
I prezzi dei servizi per la sanità, rilevanti per la dinamica del deflatore core dei consumi, sono circa stabili con indicazioni positive per il trend sottostante dell’inflazione.

CINA – Il PIL è salito del 7,9% a/a nel 2° trimestre, lievemente al di sotto delle attese di consenso (Bloomberg 8,0%) e in rallentamento rispetto al 18,3% a/a nel 1° trimestre, spinto al ribasso principalmente da un effetto base sfavorevole.
In termini congiunturali la crescita del PIL è accelerata da 0,4% (rivisto al ribasso da 0,6% t/t destagionalizzato, contrariamente alle nostre attese) a 1,3% t/t (Consenso Bloomberg 1,0% t/t).
La decelerazione tendenziale è stata più forte per il settore industriale (da 24,4% a/a nel 1° trimestre a 7,5% a/a nel 2°) rispetto al settore dei servizi (da 15,6% a/a a 8,3 a/a).
Una scomposizione più dettagliata verrà pubblicata domani.
Un effetto base sfavorevole dovuto al confronto con la ripresa dell’anno scorso è la causa principale del rallentamento tendenziale dei dati di giugno, che è stato però inferiore rispetto alle attese:
· La dinamica tendenziale della produzione industriale è scesa da 8,8% a/a in maggio a 8,3% a/a in giugno (consenso Bloomberg 7,9% a/a) registrando un aumento dello 0,56% m/m destagionalizzato, leggermente al di sopra dei due mesi precedenti (0,52 m/m e 0,53m/m rispettivamente in maggio e aprile).
La decelerazione è stata guidata dalle aziende statali e da quelle a capitale straniero.
· Le vendite al dettaglio nominali di beni di consumo sono salite del 12,1% a/a in giugno (consenso Bloomberg 10,8% a/a) dopo un aumento del 12,4% a/a in maggio.
In termini congiunturali sono salite dello 0,70% m/m, in moderato rallentamento rispetto a maggio (0,81% m/m).
La situazione sul mercato del lavoro rimane ancora positiva con il tasso di disoccupazione urbano invariato al 5%.
· Il ritmo di espansione degli investimenti fissi nominali è rallentato a 12,6% cum. a/a nei primi sei mesi dell’anno da 15,4% cum. a/a nei primi cinque mesi, con un rallentamento esteso a tutti i settori.
Il dato implica comunque una lieve accelerazione tendenziale da 5,5% a/a in maggio a 6,0% a/a in giugno, grazie al recupero degli investimenti delle imprese statali.
Nel complesso i dati indicano che il ritmo di espansione dell’attività economica è rimasto solido nel 2° trimestre e in accelerazione rispetto al 1° trimestre dell’anno ma vicino ai minimi pre-crisi registrati nella seconda metà del 2019.
Ciò potrebbe comportare una revisione al ribasso della nostra attuale previsione di crescita del PIL dell’8,6% a/a per il 2021.
Il rallentamento atteso degli investimenti indotto dalla moderazione del credito dovrebbe essere in parte compensato da un’accelerazione dei consumi privati e da un contributo ancora positivo del canale estero nella seconda parte dell’anno.
I rischi sullo scenario del 2021 restano però al ribasso esacerbati dalla presenza di varianti del virus e un possibile inaspettato peggioramento della situazione pandemica come accaduto in altri paesi asiatici.

 

COMMENTI:

BCE
 – La Banca Centrale Europea ha avviato una fase di indagine di 24 mesi per il possibile lancio di un euro digitale, finalizzata a risolvere una serie di nodi progettuali e distributivi e a definire gli interventi legislativi necessari.
Nel frattempo, sarà intensificato il lavoro tecnico di preparazione.
L’euro digitale è inteso come moneta elettronica ad ampia diffusione emessa dalla banca centrale e non da intermediari finanziari (in quest’ultima versione, infatti, esiste già da tempo), cioè una versione digitale del contante.
Il consiglio ha fissato come condizione che l’infrastruttura sia sostenibile dal punto di vista ambientale, e in particolare che “l’energia necessaria per gestire decine di migliaia di transazioni al secondo sia trascurabile rispetto al consumo energetico dei crypto-asset”.
La decisione finale sull’effettiva emissione sarà presa in una fase successiva, e saranno necessari circa 3 anni dopo la fase progettuale per completare la fase di sviluppo.
La BCE ha pubblicato un primo documento di 9 pagine con una sintesi dei risultati della sperimentazione già svolta.
– In un discorso al PIIE, Isabel Schnabel ha illustrato i risultati della revisione strategica della BCE.
Schnabel ha affermato che lo staff ritiene vi sia ancora un legame fra attività economica e inflazione. Schnabel ha anche spiegato che la possibilità di osservare un periodo transitorio di inflazione moderatamente sopra l’obiettivo dipende dalla “pazienza” che il consiglio potrebbe dimostrare di fronte al miglioramento delle prospettive economiche, e che è connesso all’uscita da periodi di economia che opera vicino al limite inferiore e alla presenza di aspettative di inflazione non coerenti con l’obiettivo.
Schnabel ha anche chiarito che la decisione di includere un’analisi articolata dei canali di trasmissione e degli indici di vulnerabilità e squilibrio finanziari è legata alla consapevolezza che “le politiche macroprudenziali non offrono protezione efficace”.
Tuttavia, ciò non significa che sarà adottata una politica automatica di risposta all’aumento del rischio sistemico.

STATI UNITI
 – Nell’audizione di fronte alla Commissione Servizi Finanziari della Camera, Powell ha dato una descrizione positiva del quadro macroeconomico, in linea con i documenti già pubblicati sul sito della Fed per la presentazione del Monetary Policy report.
La crescita forte, sui massimi da decenni, è spinta da consumi in espansione “particolarmente rapida”, grazie allo stimolo fiscale, alle condizioni finanziarie accomodanti e alla riapertura dell’economia.
Powell ha evidenziato la presenza di strozzature all’offerta in alcuni settori produttivi e sul mercato del lavoro, a fronte di una domanda molto forte.
Il recente rialzo dell’inflazione, attribuito a effetti base e a colli di bottiglia in alcuni comparti per beni e servizi, dovrebbe, secondo la banca centrale, rientrare con la normalizzazione della produzione.
Secondo Powell, la politica monetaria anche in questo contesto soddisfa l’obiettivo di ancorare le aspettative di inflazione di medio termine, che sono “in un intervallo generalmente coerente con l’obiettivo di inflazione di più lungo termine della Fed”.
Powell ha ribadito che la Banca centrale è impegnata a raggiungere gli obiettivi di stabilità dei prezzi e di massima occupazione.
Nella discussione, Powell ha riconosciuto che l’inflazione è stata “più alta di quanto atteso e un po’ più persistente”, ma ha ribadito la convinzione della Banca centrale che l’attuale overshooting sia un fenomeno temporaneo, che dovrebbe “parzialmente” rientrare nei prossimi mesi, quando si ridurrà la “tempesta perfetta di domanda elevata e offerta bassa”.
Powell ha sottolineato che sarebbe un errore reagire prematuramente con rialzi dei tassi di fronte a un fenomeno transitorio, che dovrebbe rientrare autonomamente.
Powell ha però anche considerato la possibilità di un errore di valutazione, affermando che la Fed “è ansiosa” di vedere questa inflazione recedere, e indicando che la Fed non esiterebbe ad aggiustare la stance della politica monetaria nel caso in cui il sentiero dell’inflazione o le aspettative di inflazione di più lungo termine si muovessero in modo significativo o persistente al di là dei livelli coerenti con l’obiettivo della Fed.
In caso di persistenza di un nuovo trend e/o di disancoraggio delle aspettative, la Fed agirebbe e “il pubblico deve avere fede nel fatto che la Banca centrale lo farà”.
Sul tapering, Powell ha confermato che ci sarà un nuovo round di discussioni riguardo alla riduzione degli acquisti, ma ha anche ribadito che il momento di agire è ancora distante, pur riaffermando l’indicazione che il progresso dovrebbe proseguire.
In conclusione, Powell ha fatto un esercizio di equilibrismo, con l’obiettivo di ribadire una visione benevola dello scenario di inflazione, in rialzo probabilmente solo temporaneo, ma anche di rassicurare che la Fed agirebbe di fronte a un’inflazione più persistente del previsto.
Il risultato però probabilmente rafforza i timori del mercato di un rallentamento di crescita e inflazione su un orizzonte poco oltre il breve termine, sulla scia di un possibile fiscal cliff nel 2022 e di una Fed meno accomodante.
Oggi Powell ripeterà la presentazione del Monetary Policy Report di fronte alla Commissione bancaria del Senato, con indicazioni probabilmente simili a quelle dell’audizione di ieri.
– Il Beige Book, preparato per la riunione del FOMC di fine luglio, riporta rafforzamento dell’economia nel periodo da fine maggio a inizio luglio, con crescita fra “moderata e robusta”.
I settori in espansione oltre la media sono i trasporti, viaggi e turismo, manifatturiero e servizi non finanziari.
Le strozzature all’offerta sono in aumento, con scarsità di materiali e lavoro, ritardi nelle consegne e scorte insufficienti, particolarmente marcate nel settore auto, ma generalmente diffuse.
Tre quarti delle imprese segnalano aumenti occupazionali modesti, mentre il resto delle imprese registra incrementi di occupati “moderati o forti”, con rialzi salariali in media “moderati” e più elevati per le occupazioni con salari bassi.
In molti casi si segnala difficoltà a reperire e/o trattenere forza lavoro.
Sul fronte dei prezzi, gli aumenti proseguono su un trend superiore alla media, in particolare nel settore dell’ospitalità e nella logistica.
Le imprese danno segnali misti sul loro pricing power e, a fronte di alcuni casi in cui si valutano le pressioni sui prezzi come un fenomeno transitorio, la maggioranza dei contatti si aspetta che gli aumenti dei prezzi di acquisto e di vendita proseguano nei prossimi mesi.
Il Beige Book riporta un quadro in linea con i dati recenti e indica che le pressioni sui prezzi potrebbero durare ancora per diversi mesi, aggiungendo rischi per l’ancoraggio delle aspettative e complicando lo scenario della politica monetaria.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro è sceso ieri erodendo buona parte della salita che aveva messo a segno sui dati di inflazione il giorno precedente.
Il movimento è attribuibile all’intervento di Powell che ha sostanzialmente mantenuto la linea della cautela, indicando che non vi sono ancora le condizioni per procedere verso la svolta di policy, in linea con i segnali non univoci giunti recentemente dai dati.
Powell ha tuttavia anche spiegato che se dovessero emergere indizi di concreti rischi verso l’alto sull’inflazione la Fed è pronta a intervenire tempestivamente.
Nel breve la salita del dollaro potrebbe essere messa temporaneamente in pausa, dando luogo ad una dinamica più laterale, ma non appena i dati forniranno segnali omogeneamente più favorevoli aprendo le porte alla svolta di policy, il biglietto verde potrà salire ulteriormente.
Oggi, intanto, ci sarà un secondo intervento di Powell, atteso in linea con quello di ieri.
Sarà comunque interessante verificare se vorrà ribadire la prontezza di reazione della Fed di fronte a eventuali indizi che mostrino crescenti rischi verso l’alto sull’inflazione: questo, infatti, sarebbe favorevole per il dollaro, se non nell’immediato comunque più avanti in risposta a dati che dovessero sorprendere verso l’alto.

EURDi riflesso al ritracciamento del dollaro l’euro è risalito dai minimi post-inflazione USA in area 1,17 a 1,18 EUR/USD.
Tuttavia, l’upside della moneta unica anche nel breve dovrebbe restare compresso (e al di sotto di quota 1,20 EUR/USD), soprattutto se la BCE la prossima settimana, alla luce della nuova strategia di policy, dovesse veicolare un messaggio che apra le porte a un approccio più accomodante di quanto atteso precedentemente.
La previsione centrale resta in ogni caso di ulteriore calo dell’euro all’avvicinarsi della svolta Fed.

GBPAnche la sterlina è salita ieri di riflesso al ritracciamento del dollaro ma il movimento è stato più contenuto rispetto a quello dell’euro, mantenendosi in area 1,38 GBP/USD, per cui contro euro la valuta britannica si è indebolita, restando comunque in area 0,85 EUR/GBP.
E oggi è in calo anche contro dollaro, probabilmente a causa delle preoccupazioni per l’evoluzione dei contagi della variante Delta in vista delle riaperture del 19 luglio.
Sul fronte della politica monetaria ieri dalla BoE Ramsden, pur spiegando che il grado di incertezza resta ancora molto elevato, ha indicato che sta cominciando a guardare con più attenzione a eventuali rischi verso l’alto sull’inflazione che potrebbero portare a un avvio della svolta di policy da parte della BoE prima piuttosto che dopo.
Analogamente al caso USA, anche la recente salita dell’inflazione nel Regno Unito viene giudicata per ora transitoria e quindi non tale da richiedere che la BoE intervenga a breve rimuovendo lo stimolo, ma come ha spiegato Ramsden “transitorio non significa presente oggi, svanito domani” (“transitory does not mean here today, gone tomorrow”).
Saranno pertanto da tenere monitorati i discorsi BoE nel breve per verificare se la valutazione del rischio inflazione si stia evolvendo verso un giudizio più prudente, il che avrebbe un effetto positivo sulla sterlina.

JPYAnche lo yen ha tratto beneficio dal ritracciamento del dollaro rafforzandosi sia contro dollaro da 110 a 109 USD/JPY sia contro euro da 130 a 129 EUR/JPY.
Dovrebbe trattarsi anche in questo caso di una fase transitoria in attesa di spunti ribassisti più chiari all’avvicinarsi della svolta Fed.

 

PREVISIONI:

ITALIA – La seconda lettura dei prezzi al consumo di giugno dovrebbe confermare la lettura preliminare, con un’inflazione annua a 1,3% (stabile rispetto al mese scorso sull’indice nazionale e in aumento di un decimo sulla misura armonizzata UE).
Nel mese i prezzi sono visti in crescita di un decimo sul NIC e due decimi sull’IPCA; i rincari sull’indice nazionale dovrebbero venire soprattutto dai trasporti e dai servizi ricettivi e di ristorazione, segnale che in questa fase le pressioni inflattive non arriverebbero solamente dalle componenti più volatili.
L’indice core è atteso a 0,3% a/a, in accelerazione di un decimo rispetto al mese precedente.
Ci aspettiamo un’ulteriore salita nei prossimi mesi, sino a un picco vicino al 2% a settembre; il CPI è atteso all’1,3% in media annua nel 2021.
I rischi su questo profilo previsivo appaiono oggi verso l’alto.

STATI UNITI
 – L’indice Empire della NY Fed a luglio è atteso a 18,5 da 17,4 di giugno. Da aprile l’indice ha oscillato in un intervallo relativamente contenuto, in linea con la media vista nel periodo di ripresa del 2017-2018 e con indicazioni ampiamente espansive per le condizioni correnti e per quelle a 6 mesi, che segnalano accelerazione.
Ordini e consegne dovrebbero continuare a puntare a un sentiero solido per gli investimenti, e gli ordini inevasi dovrebbero essere coerenti con minori pressioni dal lato dell’offerta.
Gli indici di prezzo, sia pagati sia ricevuti, a giugno avevano dato un primo accenno di stabilizzazione su livelli molto elevati e sarà importante vedere se questo viene confermato a luglio.
– L’indice della Philadelphia Fed a luglio dovrebbe essere poco variato, a 31,2 da 30,7 di giugno.
L’indagine a giugno aveva evidenziato una modesta correzione per l’indice corrente e un ampio rialzo per quello a 6 mesi, con indicazioni ottimistiche da parte delle imprese per le prospettive dell’attività.
A giugno gli indici di prezzo si mantenevano su un rapido trend verso l’alto, senza segnali di rallentamento, e il focus sarà su queste componenti, oltre che sull’andamento delle variabili collegate al mercato del lavoro, per valutare se e quanto sia persistente la difficoltà a reperire manodopera.
I dati dovrebbero comunque indicare ulteriore espansione della crescita.
– I prezzi all’import sono attesi in aumento di 1,2% m/m a giugno, circa in linea con il risultato di maggio (1,1% m/m), con indicazioni di prosecuzione delle pressioni verso l’alto sui prezzi dei beni intermedi e dei beni di consumo.
– La produzione industriale a giugno è prevista in rialzo solido, +0,7% m/m, dopo 0,8% m/m a maggio, con incrementi particolarmente ampi per le utility, in seguito all’ondata di caldo straordinario del mese scorso, e per l’estrattivo, che ha registrato una variazione di ore lavorate di 2,3% m/m.
Il manifatturiero dovrebbe registrare un aumento contenuto, 0,4% m/m, parzialmente frenato dal calo di attività nel settore auto, a fronte di diffusi miglioramenti negli altri settori.