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15 Gennaio 2020 – nota economica giornaliera

STATI UNITI – Il CPI a dicembre è in rialzo di 0,2% m/m (2,3% a/a), con un incremento di 1,4% m/m per l’energia (benzina: 2,8% m/m).
L’indice core aumenta di 0,1 % m/m, al di sotto delle attese di consenso per una variazione di 0,2% m/m. L’inflazione core è stabile a 2,3% a/a per il terzo mese consecutivo.
I beni core hanno prezzi stabili su base mensile, con indicazioni miste dalle diverse componenti: auto nuove +0,1% m/m (dopo 5 contrazioni consecutive), auto usate -0,8% m/m, abbigliamento 0,4% m/m, prodotti farmaceutici 1,5% m/m.
I prezzi dei servizi ex-energia aumentano di 0,1% m/m, con variazioni contenute per l’abitazione (0,2% m/m) e i trasporti (-0,3% m/m, con tariffe aeree in calo di -1,6% m/m) e un altro aumento sostenuto per i servizi sanitari (0,4% m/m, 5,1% a/a).
Complessivamente, l’abitazione segna un incremento di 3,2% a/a e la sanità di 4,6% a/a. I dati continuano a mostrare assenza di pressioni inflazionistiche, nonostante lo stadio avanzato del ciclo e l’imposizione dei dazi. La previsione per il deflatore è di aumento di 0,1% m/m (1,6% a/a) a dicembre.
I primi tre mesi del 2020 potrebbero vedere un’accelerazione dell’inflazione core, con un possibile movimento verso 1,8-1,9% a/a. Con un sentiero di rialzi mensili mediamente in linea con quello della seconda parte del 2019, l’inflazione core misurata con il deflatore dovrebbe mantenersi marginalmente al di sotto del 2% nel secondo semestre 2020. L’employment report di dicembre ha mostrato un’estrema moderazione salariale, con un ritorno della dinamica delle retribuzioni orarie sui livelli del 2018, nonostante un tasso di disoccupazione sui minimi da 50 anni. Lo scenario delle variabili nominali rende assai improbabile un eventuale rialzo dei tassi fra fine 2020 e il 2021 (segnalato invece dalle proiezioni del FOMC di dicembre), piuttosto conferma i rischi di un possibile taglio in caso di rallentamento della crescita.

 

COMMENTI:

ITALIA – La Corte Costituzionale è attesa pronunciarsi circa l’ammissibilità del referendum abrogativo sulla legge elettorale richiesto dalla Lega. Il quesito si propone di abolire la parte proporzionale del cosiddetto Rosatellum, in pratica trasformando il sistema in un uninominale secco. La maggior parte dei giuristi ha espresso perplessità sull’ammissibilità del referendum.

GERMANIAGoverno Federale e Deutsche Bahn hanno siglato un accordo che prevede investimenti nell’infrastruttura ferroviaria di 86 miliardi di euro in 10 anni, di cui 62 a carico del bilancio federale. Il programma fa parte del piano di contrasto al cambiamento climatico. L’impegno aumenta del 54% la spesa prevista, ed è pari a circa lo 0,2% del PIL decennale. Gli investimenti saranno dedicati alla modernizzazione dell’infrastruttura esistente.

STATI UNITI
– È attesa per oggi la firma dell’accordo per la fase 1 dei negoziati USA-Cina.
I principali punti dell’intesa dovrebbero essere quelli diffusi informalmente a metà dicembre: dal lato americano, la riduzione a 7,5% dei dazi del 15% imposti a settembre su 110 mld di importazioni dalla Cina e il congelamento degli altri rialzi minacciati, con il mantenimento dei livelli del 2018; dal lato cinese, ci dovrebbe essere l’impegno ad acquistare 200 mld di dollari di beni USA nei prossimi due anni al di sopra dei livelli del 2017 (con un contributo del comparto agricolo di circa 20-30 mld all’anno, oltre a quote per altre materie prime, per il manifatturiero e per i servizi), a stabilizzare il cambio e ad aumentare la protezione della proprietà intellettuale.
La sigla dell’accordo è la formalizzazione di una tregua nella guerra dei dazi per questo anno elettorale, ormai del tutto scontata dai mercati, che stabilizza la politica commerciale per l’anno in corso.
Il lato positivo dell’accordo è il congelamento dell’incertezza sui livelli attuali, con la (quasi totale) eliminazione dei rischi sulla crescita USA e mondiale 2020 collegati alla politica commerciale con la Cina. Tuttavia, l’accordo per la fase 1 dei negoziati, al di là della stabilizzazione temporanea dell’incertezza, non va sopravvalutato.
Infatti, le questioni più controverse nelle trattative sono rimaste fuori dall’accordo e saranno discusse nella fase 2, con potenziali ricadute sull’incertezza nel 2021.
Inoltre, anche l’accordo della fase 1 mantiene meccanismi di controllo da parte degli USA di adempimento degli impegni da parte della Cina (con possibili rialzi dei dazi in caso di inadempienza), in occasione degli aggiornamenti periodici, almeno semestrali, che faranno parte dell’intesa.
Sul fronte dei flussi commerciali, la sigla dell’accordo dovrebbe implicare una ripresa dell’export americano verso la Cina, a scapito delle esportazioni verso la Cina di paesi che avevano sostituito gli USA nei comparti agricolo, energetico, manifatturiero (e.g., Brasile, Europa, Russia). Per incrementare le esportazioni verso la Cina, gli USA dovrebbero dirottare parte delle loro esportazioni spostandole verso la Cina a scapito di altri paesi.
Per i prodotti agricoli e il petrolio in termini di produzione non ci sarebbero difficoltà significative, mentre per i beni manufatti ci potrebbe essere la necessità di riallocazione dei flussi con implicazioni negative per i processi produttivi dei partner (per esempio con Canada e Messico per quanto riguarda le auto). Pertanto, l’obiettivo di ridurre il deficit commerciale USA-Cina avrebbe probabilmente l’effetto di allargare i deficit con altri paesi e di indurre una più ampia ristrutturazione dei flussi globali.
George (Kansas City Fed) ha detto che a suo avviso è “appropriato” mantenere fermi i tassi “per ora”, mentre si valutano gli effetti dei tagli dei tassi del 2019 (su cui aveva dissentito) e i dati in arrivo. George ha sottolineato che i tassi potrebbero dover essere modificati verso l’alto, nel caso in cui i venti contrari si affievolissero, ma anche verso il basso in caso di persistenza dell’incertezza e dei rischi.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro si è stabilizzato in attesa della firma dell’accordo commerciale USA-Cina (fase 1) in programma per oggi, e in vista dell’evento gli Stati Uniti hanno revocato l’accusa di manipolazione del cambio che era stata rivolta alla Cina lo scorso agosto. L’accordo conterrà, oltre all’impegno da parte USA a ridurre alcuni dazi su importazioni cinesi e a congelarne altri e da parte della Cina ad acquistare 200 miliardi di dollari di prodotti USA nei prossimi due anni, anche l’impegno da parte della Cina ad astenersi dal mettere in atto pratiche di manipolazione del cambio. L’implicazione positiva di tale accordo è la sostanziale rimozione dei rischi sulla crescita 2020 – sia degli Stati Uniti sia globale – collegati alle politiche commerciali con la Cina.
Non si esclude però che l’incertezza possa tornare ad aumentare nel 2021, dato che le questioni più controverse sono rimaste fuori dalla fase 1 e saranno affrontate nella fase 2. È inoltre probabile che l’accordo contenga dei meccanismi di controllo per cui in caso di eventuali inadempienze da parte della Cina gli Stati Uniti potrebbero reagire con nuovi rialzi dei dazi. Secondo una notizia Bloomberg infine le riduzioni programmate dei dazi verrebbero messe in atto non prima di dieci mesi dalla firma dell’accordo.
Per il momento comunque il ridimensionamento dell’incertezza per effetto del completamento della fase 1 dovrebbe favorire una riduzione dell’avversione al rischio, anche se parte di questo effetto è già stato scontato, e soprattutto consentire ai mercati valutari di ripristinare una maggiore reattività ai dati. Su questo fronte ieri il dollaro è sceso leggermente a livello intra-day sui dati di inflazione che hanno mostrato un incremento come da attese su base annuale ma inferiore alle attese su base mensile indicando la sostanziale assenza di pressioni inflazionistiche. Discriminanti restano quindi i dati relativi alla crescita. L’indice Empire oggi è atteso pressoché stabile dal consenso ma con rischi verso il basso a causa delle criticità che ancora permangono sul settore manifatturiero. Utile sarà in proposito la lettura del Beige Book questa sera per valutare l’aggiornamento d’inizio anno sulle prospettive del settore.

EUR – Anche l’euro è rimasto pressoché stabile in area 1,11 EUR/USD in attesa della firma dell’accordo USA-Cina. Dalla BCE Mersch ha dichiarato che stanno iniziando a emergere segnali di stabilizzazione nell’area euro sia per la crescita che per l’inflazione, il che dimostra la validità della strategia espansiva di policy adottata dalla banca centrale. Oggi si attende un rimbalzo dai dati di produzione industriale dell’area ma, come è stato anche la scorsa settimana, questo potrebbe non bastare a fornire nuovo slancio all’euro, che al momento sembra in grado di trarre vantaggio più da eventuali delusioni sui dati USA che da sorprese sui dati europei. Il cambio dovrebbe quindi mantenersi per ora ancora in range (1,10-1,12 EUR/USD).

GBP – La sterlina è rimasta sulla difensiva ancora sulla scia delle dichiarazioni dovish di alcuni esponenti BoE, scendendo fino a 1,2950 GBP/USD contro dollaro e 0,8595 EUR/GBP contro euro. Oggi è in programma un discorso di Saunders, che con tutta probabilità manterrà la propria posizione a favore di un taglio dei tassi anche questo mese dopo aver votato, come dissenziente, per un taglio già alle ultime due riunioni insieme a Haskel. Sul fronte dati esce l’inflazione, attesa stabile a 1,5%, sotto target. Se dovesse risultare più bassa delle attese la sterlina potrebbe indebolirsi ulteriormente.

JPY – Lo yen è sceso in vista dell’accordo USA-Cina, da 109 a 110 USD/JPY contro dollaro ed ampliando il calo in area 122 EUR/JPY contro euro. Se il sentiment di mercato resterà positivo dopo la firma dell’accordo la discesa dovrebbe proseguire, anche se potrebbe essere contenuta visto che parte degli effetti dell’accordo è già stata scontata.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – La produzione industriale dell’Eurozona è vista in recupero a novembre (+0,4% m/m), dopo il -0,5% m/m di ottobre. Anche la variazione annua dovrebbe salire a -0,9% da -2,4% precedente. Nel trimestre autunnale, l’output sarebbe in rotta per una contrazione meno accentuata che nei mesi estivi (-0,1% t/t, da -0,8% precedente).

STATI UNITI
– Il PPI a dicembre è atteso in rialzo di 0,3% m/m per gli indici headline e core, dopo i dati relativamente deboli di novembre (0 e -0,2% m/m, rispettivamente).
La dinamica dei prezzi alla produzione è rallentata nel corso del 2019 rispetto al 2018 e si mantiene contenuta, senza significative pressioni verso l’alto sui prezzi al consumo.
– L’indice Empire della NY Fed a gennaio dovrebbe correggere a 1 (da 3,5 di dicembre), alla luce del dato deludente dell’ISM manifatturiero di dicembre. In autunno l’ISM è stato consistentemente più negativo delle altre indagini, con indicazioni di continua contrazione dell’attività a fronte di segnali di stabilizzazione dagli indici regionali e dal PMI Markit.
Tuttavia, lo spaccato dell’indagine dell’ISM è inequivocabilmente negativo e punta a un ritorno in territorio modestamente recessivo del manifatturiero a inizio 2020.
– La Fed pubblica il Beige Book in preparazione per la riunione del 28-29 gennaio.
Il rapporto sarà rilevante per valutare le prospettive del settore manifatturiero a inizio 2020, dopo il dato deludente dell’ISM di dicembre e sulla scia del blocco della produzione del 737 Max da parte di Boeing.
Il Beige Book dovrebbe riportare indicazioni sempre positive sui consumi e sugli investimenti residenziali, a fronte di persistente debolezza dell’industria. Le informazioni macroeconomiche nei prossimi mesi non dovrebbero modificare la fase di pausa del FOMC sui tassi.