Seguci su twitter

Categorie

13 Settembre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – I dati sul mercato del lavoro relativi al 2° trimestre mostrano, come già desumibile dai dati provvisori mensili, un sensibile aumento degli occupati nel trimestre (+0,6% t/t), a fronte di una crescita contenuta delle forze di lavoro (+0,1% t/t): dopo due trimestri di calo, sono tornati ad aumentare gli inattivi. Di conseguenza nel trimestre il tasso di occupazione è salito a 59,1% (da 58,7%) e il tasso di disoccupazione è diminuito a 9,9% (da 10,3% precedente), in presenza di un tasso di inattività invariato a 34,3%. Ancora una volta la crescita maggiore nel tasso di occupazione si registra tra gli ultracinquantenni. Nel trimestre sono aumentati soprattutto i dipendenti, sia permanenti che a termine.
Sui dati tendenziali, la crescita dell’occupazione riguarda ancora una volta soprattutto il Nord. Dai dati di flusso, segnali positivi arrivano dall’aumento della permanenza nell’occupazione, in particolare nel Nord e tra i giovani di 15-34 anni, e delle transizioni dai dipendenti a termine verso il tempo indeterminato.
Dal lato degli input di lavoro, si regista un calo delle ore lavorate (-0,1% t/t), che è il risultato di una decisa flessione nell’agricoltura e nelle costruzioni, a fronte di una moderata crescita nei servizi.
Dal lato delle imprese, prosegue la crescita della domanda di lavoro (+0,3% t/t, +1,5% a/a), associata però a una diminuzione delle ore lavorate per dipendente (-0,6% t/t, -0,9% a/a). In aumento il ricorso alla cassa integrazione.
Il costo del lavoro è salito di 0,1% nel trimestre e di 2,4% sull’anno, per effetto non tanto delle retribuzioni (+0,1% t/t, +1,6% a/a) ma soprattutto degli oneri sociali (+0,3% t/t, +4,5% a/a).

AREA EURO – La produzione industriale a luglio registra un calo di -0,4% m/m. Le contrazioni in Germania, Spagna e Italia sono solo in parte mitigate dal moderato incremento in Francia e alcuni paesi più piccoli. Le indagini di agosto, pur avendo segnato un modesto rimbalzo, restano in territorio negativo e puntano a una contrazione della produzione su base trimestrale nel 3° trimestre forse superiore a quella vista nel secondo.

STATI UNITI
– I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 7 settembre calano a 204 mila da 219 mila della settimana precedente, sui minimi da metà aprile. I dati potrebbero essere influenzati dalla festività di Labor Day, ma danno sempre indicazioni di una situazione di eccesso di domanda di lavoro.
– Il CPI ad agosto aumenta di 0,1% m/m, in linea con il consenso, ma l’indice core sorprende verso l’alto, con una variazione di 0,3% m/m (2,4% a/a, massimo da settembre 2008) per il terzo mese consecutivo. L’energia corregge di -1,9% m/m (benzina -3,9% m/m) e gli alimentari sono invariati. I beni core sono in rialzo di 0,2% m/m, sulla scia di ampie variazioni per le auto usate (+1,1% m/m) e incrementi per abbigliamento e prodotti sanitari.
I servizi ex-energia aumentano di 0,3% m/m, spinti da diverse voci: abitazione (0,2% m/m), servizi sanitari (0,9% m/m, concentrati nella componente ospedaliera e nei premi delle assicurazioni sanitarie), tariffe aeree (1,7% m/m, probabilmente per via del blocco dei nuovi aerei Boeing).
L’inflazione core dovrebbe essere intorno al 2% nei prossimi trimestri, con un andamento moderato ed effetti solo marginali dai rialzi dei dazi (nell’ordine di 1 decimo nel 2019), secondo un’analisi della San Francisco Fed.
Le misure successive potrebbero aggiungere un altro decimo nei prossimi trimestri. Il trend recente delle variazioni mensili riduce i timori di rallentamento dell’inflazione (al netto dei dazi), ma non modifica la probabilità di interventi espansivi da parte della Fed, mirati a contrastare gli shock geopolitici e l’incertezza sulla politica commerciale.

 

COMMENTI:

ITALIA – Il nuovo ministro dell’economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, ha dichiarato in un’intervista a Repubblica che intende evitare l’aumento dell’IVA trovando risorse dalla lotta all’evasione fiscale, dal controllo della spesa e da una revisione mirata degli incentivi fiscali.
Il ministro ha dichiarato che “è importante mettere in modo credibile il debito su un sentiero di riduzione”, sia sostenendo la crescita sia garantendo la sostenibilità della finanza pubblica. Riguardo alle privatizzazioni, “l’obiettivo di 18 miliardi per il 2019 è del tutto irrealistico” e le privatizzazioni non devono essere viste come un modo per fare cassa.

AREA EUROLa BCE ha annunciato una serie di misure di stimolo, ma con qualche sorpresa:
• Una limatura del tasso sui depositi da -0,40% a -0,50%, lasciando immutato il livello del tasso sulle OPR (operazioni principali di rifinanziamento) e del tasso sul rifinanziamento marginale.
Il taglio degli altri due tassi ufficiali non è neppure stato considerato.
• Infatti, è arrivata la conferma dell’easing bias, con possibilità di ulteriori tagli dei tassi fino a quando le prospettive dell’inflazione non convergeranno energicamente (robustly) all’obiettivo e non si stabilizzeranno a un livello un po’ sotto il 2%.
• Viene introdotto un sistema di remunerazione delle riserve a due livelli, che consentirà di esentare una parte dell’eccesso di riserve dal tasso negativo sui depositi (fino a 6 volte la riserva obbligatoria).
Questa è una misura finalizzata a contenere il rischio di effetti perversi sul credito dovuti al costo delle riserve in eccesso, la cui dimensione è destinata a crescere con la ripresa degli acquisti netti.
A livello di sistema bancario europeo, con il taglio del depo rate si sarebbe prodotto un aumento del costo da 7,5 a 9 miliardi di euro; con il nuovo meccanismo, inizialmente il 45% delle riserve in eccesso dovrebbe essere sottratto alla penalizzazione.
Ma il 70% delle riserve è detenuto dalle banche di Germania, Olanda e Francia, dove si concentrerà il beneficio. In aggregato, la quota residua di riserve colpite dal tasso negativo pare abbastanza alta da impedire che i tassi di mercato monetario possano allontanarsi dal depo rate, ma è più difficile valutare se la quota di banche senza riserve penalizzate sarà abbastanza bassa da essere irrilevante. Si attende comunque un rialzo dei tassi repo.
• Si annuncia la riattivazione degli acquisti netti nell’ambito dell’APP al ritmo di 20 miliardi mensili, con decorrenza 1 novembre, senza scadenza prefissata: “fino a quando necessario per rafforzare l’impatto di stimolo dei suoi tassi ufficiali”. La dimensione degli acquisti è minore rispetto alle stime di consenso, ma l’assenza di una scadenza fissa dovrebbe essere interpretata favorevolmente.
Questa parte dell’annuncio è la più clamorosa, perché inizialmente l’APP era lo strumento contro il rischio di deflazione. Il reinvestimento delle scadenze APP sarà esteso fino a dopo che sarà iniziato il rialzo dei tassi ufficiali.
• Infine, le condizioni delle TLTRO III sono state rese più attraenti: ora sarà applicato il tasso medio sulle OPR, oppure il tasso sui depositi medio se la crescita degli impieghi, calcolati sulla vita dell’operazione, supera il benchmark senza più prevedere addizionali. Inoltre, la durata delle operazioni è stata estesa da 2 a 3 anni.
A una domanda specifica, il presidente Draghi ha risposto innanzi tutto che c’è stata unanimità riguardo al fatto che il principale strumento di intervento dovrebbe oggi essere la politica fiscale e non la politica monetaria.
Come previsto, l’accordo è stato “ampio” su tutte le misure tranne gli acquisti netti. Anche sugli acquisti netti, però, Draghi ha dichiarato che la maggioranza è stata sufficientemente larga da non richiedere un voto formale. Inoltre, ha dichiarato che non è stata considerata l’ipotesi di acquisti maggiori di quelli annunciati. Ugualmente, l’ipotesi di revisione dell’obiettivo di inflazione non viene neppure considerata.
La natura aperta del programma di acquisti è la parte più sorprendente dell’annuncio. Tale passo, quindi, ci avvicina un po’ alla giapponesizzazione della politica monetaria in Europa. Legando gli acquisti netti al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione, data la minore efficacia della politica monetaria in questa fase, si apre alla prospettiva del trasferimento di una quota crescente del debito pubblico nel bilancio dell’Eurosistema attraverso acquisti netti superiori alle emissioni nette dei governi.
Se tale impostazione sarà confermata, probabilmente ciò renderebbe necessario nel tempo anche un allentamento dei criteri di allocazione degli acquisti, dato che l’Eurosistema già detiene oltre il 30% del debito tedesco.
Draghi ha però dichiarato che gli acquisti netti potranno continuare per un periodo “piuttosto lungo” e, in effetti, la BCE ha già annunciato che saranno possibili acquisti di titoli non pubblici con rendimenti inferiori al tasso sui depositi (per quelli pubblici tale possibilità era già prevista).
Se e come l’easing bias si tradurrà in nuove misure di stimolo, e per quanto gli acquisti continueranno, sono questioni che dipendono dall’evoluzione dell’attività economica reale nel 2020.
A tale riguardo, le previsioni dello staff sull’inflazione e la crescita sono state limate, come previsto: la crescita è stimata a 1,1 e 1,2% rispettivamente nel 2019 e nel 2020, con una più marcata accelerazione nel 2021: tuttavia, Draghi ha ricordato che lo scenario di base non include l’ipotesi di no-deal Brexit, che potrebbe quindi portare a ulteriori limature della crescita, se si realizzasse. L’inflazione è invece prevista a 1,2% e 1,0% rispettivamente, con una risalita successiva a 1,5%. La stima 2020 è scesa di ben 4 decimi e di 2 per l’aggregato che esclude energia ed alimentari. In questo caso, i numeri per il primo biennio sono pressoché identici ai nostri.
Tale scenario implica nel 2020 un’accelerazione della crescita reale maggiore di quanto non appaia dalle medie annue. Quindi, se lo scenario è corretto, nel primo semestre del 2020 servirà un significativo miglioramento dei dati per evitare una nuova limatura dei tassi. Tuttavia, anche la BCE è conscia che l’efficacia della politica monetaria, in questa fase, è molto ridotta.
Se i dati saranno migliorati come da scenario di base, potrebbe iniziare un dibattito riguardo all’opportunità di ridurre lo stimolo e la svolta maturerebbe forse nel 2021. Tuttavia, lo scenario macroeconomico internazionale è così incerto che il bilancio dei rischi potrebbe obbligare la Banca centrale a continuare gli acquisti netti anche nel 2021, mantenendo un orientamento molto espansivo della politica monetaria e sperando però che sia la politica fiscale a risolvere il problema con strumenti più efficaci.

STATI UNITI – Secondo il WSJ, le autorità cinesi avrebbero proposto di separare i negoziati con gli USA in due “corsie, una dedicata al commercio e una dedicata ai temi della sicurezza nazionale.
In questo modo sarebbe possibile arrivare a un accordo sui temi dei dazi, rinviando le questioni più controverse a trattative ad hoc. Dal lato americano, trapela scetticismo su uno spostamento in questa direzione. Le indicazioni di modesta distensione emerse negli ultimi giorni, alla vigilia della ripresa dei negoziati a inizio ottobre, non modificano il quadro generale. La riduzione fino a metà settembre di alcuni rialzi dei dazi di luglio annunciata da Pechino due giorni fa, insieme all’impegno di maggiori acquisti di prodotti agricoli è coincisa con l’annuncio di dilazione di 2 settimane del rialzo dei dazi USA su 300 mld di beni cinesi.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro è salito ieri sul calo post-BCE dell’euro e sui dati USA di inflazione che hanno mostrato un aumento dell’inflazione core superiore alle attese, ma poi è arretrato, principalmente come riflesso della risalita dell’euro, chiudendo al ribasso. Lo slancio inizialmente impresso dai segnali di distensione nei rapporti commerciali USA-Cina sta probabilmente venendo meno a pochi giorni dalla ripresa delle trattative per elaborare un accordo che non si prefigura affatto facile. Vi è poi l’attesa per la riunione della Fed della prossima settimana (17-18 settembre).
Oggi importanti saranno i dati sulle vendite al dettaglio, attese in rallentamento dopo mesi molto forti, e sulla fiducia delle famiglie, attesa in miglioramento dopo il calo del mese precedente. I dati odierni sono importanti perché finora la dinamica dei consumi ha rappresentato il punto di forza dell’economia USA, pertanto eventuali delusioni penalizzerebbero ulteriormente il dollaro.

EURLa BCE non ha disatteso le aspettative e ha annunciato l’introduzione di un nuovo pacchetto di stimolo monetario. L’euro inizialmente ha corretto rivedendo i minimi di inizio mese a 1,0925 EUR/USD, ma poi è risalito raggiungendo un massimo di 1,1086 EUR/USD, aggiornato questa mattina a 1,1109 EUR/USD. Le principali misure del pacchetto sono: (1) il taglio del tasso sui depositi da -0,40% a -0,50 % (in linea con le attese di consenso), (2) il rafforzamento della forward guidance e (3) la riapertura del programma APP.
Draghi ha ribadito con forza la necessità che la politica monetaria rimanga (a) massimamente accomodante (b) per un periodo prolungato di tempo, ripetendo che la BCE resta pronta a ricalibrare i parametri di policy con tutti gli strumenti a disposizione secondo modalità appropriate al fine di ottemperare al proprio mandato. Ha inoltre spiegato che l’adozione delle nuove misure si è resa necessaria alla luce della dinamica dell’inflazione, che continua a rimanere ampiamente al di sotto dell’obiettivo, della debolezza economica dell’area euro, che si sta protraendo più a lungo del previsto, e della persistenza di notevoli rischi verso il basso sullo scenario.
La reazione iniziale di discesa dell’euro dopo l’annuncio BCE è da attribuirsi principalmente alla combinazione di debolezza della congiuntura dell’area euro e di consapevolezza che nella situazione attuale i margini di efficacia della politica monetari sono limitati, ragion per cui la BCE ha scelto di ricorrere a un pacchetto composito di misure. La risalita successiva si configura invece come attestazione di credibilità nei confronti della BCE che ha comunque dimostrato di voler intervenire tempestivamente con tutti i mezzi a disposizione per ottemperare al proprio mandato.
L’euro dovrebbe quindi riuscire a trarre sostegno dalle misure introdotte dalla BCE, ma probabilmente non una spinta per avviare autonomamente un trend rialzista, in quanto tali misure sono certamente utili ma non sufficienti a migliorare il quadro dell’area euro che rimane debole.
Pertanto il cambio dovrebbe mantenersi nel range degli ultimi due mesi, con supporti in area 1,09 EUR/USD e resistenze in area 1,12 EUR/USD. I rischi però sono verso il basso, perché tassi già negativi e ancora più bassi mantengono un confronto sfavorevole rispetto a quelli statunitensi, soprattutto nelle fasi di mercato in cui la risk aversion recede. Pertanto in caso di delusioni dai dati dell’area o di sorprese fai dati USA si potrebbe assistere a una rottura dei supporti a 1,09 EUR/USD.
Ora l’appuntamento chiave sarà il FOMC della prossima settimana (17-18 settembre). Anche dalla Fed ci si attende un taglio dei tassi, ma questo non dovrebbe penalizzare il dollaro e quindi di riflesso non dovrebbe favorire l’euro, perché partendo da tassi positivi e molto più alti di quelli della BCE l’efficacia, almeno potenziale, della politica monetaria è maggiore. A mantenere piuttosto delle ombre sullo scenario del biglietto verde è l’incertezza dovuta alle tensioni commerciali USA-Cina.

GBPLa sterlina ieri ha seguito sostanzialmente la dinamica dell’euro, che l’ha portata a chiudere leggermente al rialzo contro dollaro (sempre in area 1,23 GBP/USD) ma al ribasso contro euro (minimo a 0,8974 EUR/GBP). Il quadro è però in ulteriore rapida evoluzione questa mattina dove la valuta britannica è salita ulteriormente contro dollaro entrando in area 1,24 GBP/USD sulla notizia diffusa da The Times secondo cui il DUP sarebbe disposto ad accettare che l’Irlanda del Nord possa sottostare ad alcuni regolamenti UE dopo Brexit come parte di un nuovo accordo alternativo al “backstop. Sulla notizia la sterlina sta risalendo anche contro euro. Gli sviluppi su Brexit resteranno il driver principale anche oggi in chiusura di settimana. Le spinte rialziste della valuta britannica vanno interpretate con cautela alla luce dell’incertezza che rimane comunque molto elevata. Ieri il capo-negoziatore UE Barnier ha dichiarato di non essere molto ottimista sulla possibilità di un accordo prima del 31 ottobre, aggiungendo che a suo avviso la probabilità di una “soft Brexit” non aumenterebbe molto nemmeno in caso di rinvio al 31 gennaio.

JPYLo yen ha continuato a scendere sia contro dollaro dove ha approfondito il calo in area 108 USD/JPY sia, soprattutto, contro euro dove il cross EUR/JPY ha toccato 120,00 EUR/JPY. L’ulteriore riduzione della risk aversion rimane il driver principale della dinamica dello yen. Oggi l’attenzione tornerà sui dati USA, per cui eventuali delusioni potrebbero interrompere la discesa contro dollaro, ma non necessariamente quella contro euro per via della reazione dell’EUR/USD.

 

PREVISIONI:

STATI UNITI
– I prezzi all’import sono attesi in rialzo di 0,1% m/m, dopo +0,2% m/m di luglio.
– Le vendite al dettaglio ad agosto dovrebbero rallentare, con un incremento di 0,3% m/m, dopo lo 0,7% m/m di luglio. Anche le vendite al netto delle auto sono attese in rialzo di 0,2% m/m. I consumi nel 3° trimestre sono previsti in crescita solida (3% t/t ann.), anche se in fisiologico rallentamento dopo +4,7% t/t ann. della primavera.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a settembre (prel.) dovrebbe recuperare, risalendo a 92, dopo l’ampio calo di agosto a 89,8 sulla scia dei timori collegati all’introduzione dei nuovi dazi contro la Cina.