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13 Ottobre 2023 – nota economica giornaliera

STATI UNITI – Ieri il CPI di settembre è aumentato lievemente più del previsto, di 0,4% m/m (3,7% a/a, stabile rispetto ad agosto), dopo lo 0,6% m/m del mese precedente, ancora trainato dall’energia (+1,5% m/m, con benzina in crescita di +2,1% m/m).
L’indice core ha registrato una variazione mensile di 0,3% m/m, in linea con le attese e con il dato di agosto, rallentando su base annua a 4,1% da 4,3% (un minimo da settembre 2021).
I prezzi dei beni al netto di alimentari ed energia sono rimasti in calo su base congiunturale (-0,4% da -0,1% m/m di agosto), grazie soprattutto agli ulteriori ribassi dei veicoli usati, e stagnanti su base tendenziale.
I servizi al netto dell’energia hanno mostrato rincari di 0,6% m/m (5,7% a/a), in accelerazione rispetto ad agosto (0,4% m/m) e alla media degli ultimi 6 mesi, spinti dai servizi abitativi (0,6% m/m da 0,3%; tale componente dovrebbe però tornare a calare nei prossimi mesi) e da quelli sanitari (0,3% m/m da 0,1%).
L’indice core al netto dei servizi abitativi è salito di un decimo nel mese, rallentando al 2% su base annua.

CINA
 – L’inflazione dei prezzi al consumo è scesa da 0,1% a/a a zero in agosto, contrariamente alle aspettative, posizionate per un lieve aumento (consenso Bloomberg: 0,2% a/a).
Il rallentamento è stato nuovamente favorito dal calo tendenziale dei prezzi degli alimentari (da -1,7% a/a in agosto a -3,2% a/a in settembre), dei beni e servizi per l’abitazione (-0,4% a/a) e dei trasporti (-1,3% a/a), e dalla decelerazione dei prezzi dei servizi turistici (da 14,8% a/a in agosto a 12,3% a/a in settembre).
Il calo dell’inflazione resta comunque guidato dalla deflazione dei beni di consumo (-0,9% a/a) mentre l’inflazione dei servizi è rimasta invariata a 1,3% a/a, sui massimi da febbraio 2022, così come l’inflazione core (0,8% a/a).
Il calo tendenziale degli alimentari è stato favorito da un significativo effetto base (-1,9% m/m) e dovrebbe risultare temporaneo, così come quello dei trasporti.
La deflazione dei prezzi alla produzione si è ridotta da -3% a/a in agosto a -2,5% a/a in settembre (+0,4% m/m, l’aumento mensile più elevato da maggio 2022), spinta da una minor deflazione dei beni di produzione nel comparto minerario ed estrattivo e dei beni di consumo non durevoli e non alimentari.
La deflazione dei beni alla produzione dovrebbe continuare a ridursi nei prossimi mesi mentre l’inflazione dei prezzi al consumo dovrebbe aver toccato il minimo.
Ci aspettiamo, infatti, che l’atteso miglioramento della domanda, insieme ai rincari della carne e dei trasporti, contribuisca ad aumentare l’inflazione nei prossimi mesi, portandola poco sopra l’1% per fine anno.
– I dati di commercio estero in dollari relativi al mese di settembre hanno sorpreso al rialzo, registrando un minor calo sia delle esportazioni (da -8,8% a -6,2% a/a in settembre) sia delle importazioni (da -7,3% a -6,2%) rispetto ad agosto e alle aspettative di consenso.
Similmente per i dati in CNY, dove i cali rimangono più contenuti (-0,6% a/a per le esportazioni e -0,8% a/a per le importazioni).
I dati nominali destagionalizzati mostrano un aumento dell’export superiore rispetto ad agosto, tuttavia la componente degli ordini esteri continua a segnalare una contrazione verso i maggiori partner commerciali. Per quanto riguarda le esportazioni, il miglioramento tendenziale deriva da un minor calo dell’export verso il Giappone (da -20,1% a -6,4% a/a) e verso l’area euro3 (Francia, Italia, Germania: da -18,9% a -8,7% a/a), cui si è contrapposto un peggioramento delle esportazioni verso l’area ASEAN6.
Riguardo alle importazioni, il minor calo degli acquisti da Giappone, ASEAN6 e area euro è stato parzialmente compensato da un peggioramento delle importazioni dagli Stati Uniti, da -7,9% a -12,6% a/a.
Resta invece in netto aumento il commercio estero con la Russia, dove sia l’export (+20,6% a/a) che l’import (+8,2% a/a) continuano a superare in livello gli scambi con la Germania.

 

COMMENTI:     

BCE – Il resoconto della riunione BCE di politica monetaria del 14/9 conferma che la decisione sui tassi era ritenuta “difficile”, ma che alla fine si formò una “solida maggioranzaa favore del rialzo perché molti ritenevano che fermarsi al primo momento di incertezza avrebbe dato un segnale di scarsa determinazione.
Inoltre, il rialzo era ritenuto dai più opportuno per ridurre il rischio che l’inflazione non calasse al 2% entro la fine del 2025.
Complessivamente, il resoconto conferma che la fase di rialzo dei tassi ufficiali potrebbe concludersi al 4%.
Sul fronte della crescita, il dibattito mostra qualche dubbio in merito alla prevista riaccelerazione dei consumi, anche se alla fine il consiglio aveva ritenuto “ragionevole” l’aspettativa di graduale riaccelerazione nel corso del 2024.
Il resoconto non riporta alcuna discussione in merito ad altri strumenti di politica monetaria.

STATI UNITICollins (Fed di Boston), a commento dei dati sul CPI di settembre, ha dichiarato che ci vorrà del tempo per far tornare l’inflazione al target del 2% ma, nel breve periodo, i tassi elevati sui Treasury a lungo termine potrebbero ridurre la necessità di un ulteriore inasprimento della politica monetaria.
In conclusione, gli ulteriori, sia pur graduali, miglioramenti sull’inflazione core dovrebbero consentire alla Fed di proseguire la fase attendista anche nella prossima riunione di novembre.
Tuttavia, ancora non si può escludere del tutto che il FOMC decida un ulteriore rialzo dei tassi nella riunione del 13 dicembre.
La decisione dipenderà interamente dai dati, soprattutto su mercato del lavoro e consumi, che restano più robusti del previsto.
In ogni caso, continuiamo a ritenere che un primo taglio dei tassi possa avvenire più tardi di quanto oggi scontano i mercati, ovvero a settembre 2024.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ieri è risalito ampiamente perché i dati di inflazione “headline” hanno mostrato un aumento marginalmente superiore alle attese.
Oggi il biglietto verde sta già leggermene ritrattando sia come movimento tecnico sia perché invece l’inflazione “core” è scesa come da attese.
Dai dati di oggi si prevede invece un calo della fiducia delle famiglie: se non smentito potrà confermare il ritracciamento in atto del dollaro.
Il downside appare comunque limitato perché a prescindere dall’attuazione o meno di un altro rialzo dei tassi Fed, un fattore che contribuisce a sostenere il dollaro è la prospettiva che l’avvio del ciclo di tagli dei tassi l’anno prossimo sia rinviato a non prima del 3° trimestre.

EURL’euro è sceso da 1,0639 a 1,0524 EUR/USD ieri di riflesso alla salita del dollaro sui dati USA e stamani sta in parte recuperando.
L’upside dell’euro però viene limitato dai rischi verso il basso sulla crescita dell’area.
Anche se i dati di produzione industriale di questa mattina hanno sorpreso verso l’alto, altri indicatori in questo periodo suggerisco invece debolezza.

GBP – La sterlina ha corretto significativamente ieri contro dollaro da 1,23 a 1,21 GBP/USD e stamani sa recuperando solo lievemente.
Il calo di ieri è stato più ampio di quello dell’euro rispetto al quale si è infatti indebolita, pur mantenendosi in area 0,86 EUR/GBP.
Dalla BoE Bailey oggi ha dichiarato che la decisione dell’ultima riunione è stata molto difficile (il non-rialzo è stato deciso con una maggioranza di soli 5 contro 4) e ha spiegato che anche alle prossime riunioni sarà altrettanto difficile.
Tuttavia, anche qualora la BoE alzasse ancora i tassi, il beneficio per la sterlina sarebbe limitato perché ne verrebbe compromesso ulteriormente il già fragile quadro di crescita.

JPY – Anche lo yen ha corretto ieri contro dollaro sui dati USA da 148,94 a 149,86 USD/JPY, fermandosi tuttavia a un soffio da quota 150 USD/JPY dove l’anno scorso sono scattati gli interventi valutari.
Le autorità non hanno fatto sapere se siano intervenute o meno in questo caso, ma a meno di altri spunti che facciano salire ulteriormente i rendimenti a lunga USA già abbastanza elevati le pressioni ribassiste sullo yen potrebbero mitigarsi.
Contro euro invece ieri lo yen si è rafforzato da 158 a 157 EUR/JPY per via del calo dell’EUR/USD, ma il cambio resta in range.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Oggi ci aspettiamo che la produzione industriale possa tornare a crescere ad agosto, stimiamo di 0,3% m/m (-3,2% a/a) dopo la flessione del mese precedente, anche se una parte del rimbalzo sarà imputabile al volatile dato irlandese.
Nel complesso, però, l’industria dovrebbe restare in rotta per una contrazione nel trimestre estivo, seppur meno severa rispetto alla primavera.
Le indagini manifatturiere sembrano aver superato il punto di minimo ma restano su livelli recessivi, suggerendo che l’attività resterà debole almeno sino a fine anno.

FRANCIA – La seconda lettura dovrebbe confermare che l’inflazione è rimasta invariata al 4,9% sul CPI in settembre, mentre l’indice armonizzato è sceso al 5,6%, dal 5,7% di agosto.
Sull’indice domestico, l’accelerazione della componente energetica (per via del rincaro dei carburanti e di un effetto base sfavorevole) dovrebbe essere compensata dal rallentamento di alimentari, beni industriali non energetici e servizi.
Di conseguenza, ci aspettiamo un indice core al netto di alimentari ed energia in discesa al 4,4%.

STATI UNITI – Oggi la fiducia dei consumatori rilevata dall’Università del Michigan ad ottobre (dato preliminare) dovrebbe calare leggermente per la terza rilevazione consecutiva, a 67,6 da 68,1, frenata da un possibile peggioramento delle aspettative, viste le molteplici fonti di incertezza sullo scenario per i prossimi mesi (rischi di shutdown, scioperi nel settore automobilistico e rimborsi dei prestiti agli studenti). Le attese sull’inflazione dovrebbero confermare i segnali di rallentamento visti a settembre.