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12 Settembre 2019 – nota economica giornaliera

GERMANIA – I dati finali di CPI e IPCA hanno confermato i dati preliminari pubblicati due settimane fa. Nel corso del mese, i prezzi sono calati dello 0,2% secondo la misura nazionale e dello 0,1% in termini armonizzati. Ciò ha determinato un calo dell’indice di inflazione headline su base annua all’1,4% a/a ad agosto, da 1,7% a luglio. L’inflazione armonizzata in termini annui è scesa all’1,0% ad agosto da 1,1% a luglio. La flessione dovrebbe proseguire a settembre e ottobre, ma poi la tendenza si invertirà. La notevole differenza tra la misura secondo la metodologia UE e quella nazionale utilizzata per il calcolo dell’inflazione annua è dovuta al diverso peso assegnato ai pacchetti vacanza dalla metodologia UE a partire dal 2019.

STATI UNITI – Il PPI ad agosto aumenta di 0,1% m/m. I prezzi dei servizi sono in aumento di 0,3% m/m, mentre quelli dei beni correggono di -0,5% m/m, trainati al ribasso per lo più dal comparto energetico. L’indice core è in rialzo di 0,3% m/m (consenso: 0,2% m/m), dopo -0,1% m/m di luglio.
L’indice al netto di alimentari, energia e commercio aumenta di 0,4% m/m (1,9% a/a), dopo -0,1% m/m di luglio. Fra i servizi, si registra una correzione nella sanità, che potrebbe frenare anche la dinamica del deflatore dei consumi core di agosto. I dati confermano un quadro di inflazione sempre contenuta.

GIAPPONE – Gli ordini di macchinari a luglio correggono di -6,6% m/m (consenso -9,9% m/m), dopo un incremento di +13,9% m/m a giugno. Gli ordini nel manifatturiero sono in rialzo di 5,4% m/m dopo un calo di -1,7% m/m di giugno, con segnali di stabilizzazione del trend, dopo un periodo di correzioni nella prima parte dell’anno. Per il non manifatturiero, al di là della volatilità di giugno e luglio, gli ordini sono su un trend moderatamente positivo. Complessivamente i dati danno indicazioni di crescita dell’attività, nonostante la frenata dell’export.

COMMENTI:

AREA EURO – Il consiglio direttivo della BCE dovrebbe annunciare una revisione delle sue previsioni macroeconomiche e, in connessione a quest’ultima, un nuovo “pacchetto” di misure espansive.
La mancanza di segnali di riaccelerazione significa che lo scenario di medio termine per l’inflazione continuerà a restare al di sotto dell’obiettivo; ciò rende inevitabile l’annuncio di nuove misure di stimolo, come segnalato dal consiglio. Come minimo, il tasso sui depositi dovrebbe essere tagliato di 10pb o forse anche 20pb, a -0,6%; invece non ci aspettiamo modifiche al tasso sulle operazioni principali di rifinanziamento, che rimarrebbe così a zero. Non è chiaro quali altre misure godano di sufficiente consenso per essere approvate già il 12 settembre: nelle ultime settimane è emerso che diversi membri del consiglio, incluso almeno un membro del comitato esecutivo (Lautenschläger) non sono d’accordo a riavviare gli acquisti netti dell’APP in assenza di rischi di deflazione, che è l’unico altro strumento importante rimasto nella cassetta degli attrezzi.
Weidmann (Bundesbank) è stato anche molto esplicito nel segnalare la propria opposizione anche a un allentamento preventivo dei vincoli dell’APP.
Altre misure meno controverse che potrebbero entrare nel pacchetto sono modifiche alle condizioni delle TLTRO III, per renderle più appetibili, e nuove modifiche alla forward guidance sui tassi ufficiali, che ora prevede un easing bias fino a metà 2020. Una revisione al rialzo dell’obiettivo di inflazione, invece, sarebbe poco credibile in un contesto in cui la banca centrale non riesce neppure ad avvicinare l’obiettivo attuale.

BREXITUn tribunale di appello scozzese ha dichiarato “nulla e senza effetto” la sospensione dei lavori parlamentari richiesta dal governo britannico, in contrasto con la decisione del tribunale di primo grado e con quella dell’analoga corte di appello inglese; la questione dovrà ora essere risolta dalla corte suprema, alla quale il governo farà ricorso e che dovrebbe pronunciarsi il 17 settembre.
Inoltre, ieri il governo ha pubblicato il documento con il piano Yellowhammer per gestire un’uscita senza accordo, come richiesto dal Parlamento. Nel rapporto si ipotizza un worst case con ritardi alle frontiere e una riduzione del 40-60% del flusso commerciale entro un giorno per gli intasamenti causati da veicoli non pronti per le procedure doganali francesi.
Il rapporto prevede anche possibili carenze di medicinali, in particolare veterinari, e di alimentari freschi importati, oltre che possibili disordini di piazza. Il contenuto era stato in parte anticipato dalla stampa alcune settimane fa.

STATI UNITI – Il Presidente Trump ha annunciato che il rialzo dei dazi (da 25% a 30%) su 250 mld di importazioni dalla Cina, previsto per il 1° ottobre, sarà ritardato di due settimane, assecondando una richiesta del vice primo ministro Liu He. Da parte cinese, è stato comunicato che per una lista di 16 prodotti (fra cui farmaci, prodotti per l’agricoltura) ci sarà un’esenzione fino al 16 settembre del rialzo dei dazi attuato a luglio; per una parte dei beni inclusi nella lista è previsto un rimborso degli-extra dazi già pagati. Sembra che la Cina sia anche disponibile ad aumentare gli acquisti di prodotti agricoli, per allentare le tensioni prima degli incontri previsti per inizio ottobre fra le due parti. In passato, annunci analoghi non erano poi stati seguiti da effettivi aumenti di importazioni. L’annuncio della sospensione temporanea delle misure annunciate e/o attuate non aumenta in modo significativo la probabilità di un accordo USA-Cina.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro si è rafforzato ieri, favorito da un ulteriore miglioramento del sentiment di mercato indotto dalla decisione da parte della Cina di esentare dai dazi sedici prodotti USA. L’annuncio avviene a pochi giorni dal primo di una serie di incontri bilaterali (programmato per metà settembre) per il riavvio delle trattative tra Stati Uniti e Cina per trovare un accordo sui rapporti commerciali. Dall’altra parte il presidente USA Trump ha accolto la richiesta cinese di rinviare di due settimane il rialzo dei dazi su alcuni prodotti cinesi che sarebbe dovuto entrare in vigore l’1 ottobre.
Al rafforzamento del biglietto verde hanno contribuito anche i dati sui prezzi alla produzione che hanno mostrato incrementi superiori alle previsioni. Oggi usciranno i dati di inflazione, per i quali le attese sono positive, il che dovrebbe favorire un consolidamento del dollaro. La valuta statunitense risentirà però anche dell’esito della riunione BCE, di riflesso alla reazione dell’euro.

EURNell’attesa per la riunione BCE di oggi l’euro ieri ha corretto tornando sotto quota 1,10 EUR/USD (minimo a 1,0983) penalizzato dalla prospettiva di tassi (già negativi) ancora più bassi e dai dubbi, condivisi dalla stessa banca centrale, circa la reale efficacia di ulteriori misure di stimolo per migliorare la congiuntura dell’area. L’incontro odierno si preannuncia pertanto molto delicato e la reazione del cambio potrebbe non essere chiara. La nostra aspettativa è che la BCE tagli il tasso sui depositi da -0,40% a -0,60% e mantenga l’easing bias. Possibile anche una revisione delle condizioni sulle TLTRO III, mentre probabilmente non vi è convergenza circa l’opportunità di riprendere – sin d’ora – gli acquisti netti dell’APP e in generale non c’è un consenso a favore di un pacchetto di misure molto massiccio. Per quanto riguarda il nuovo scenario, verranno verosimilmente riviste al ribasso sia le stime di crescita sia quelle di inflazione.
Complessivamente, la prospettiva di un ulteriore allentamento monetario, con tassi ancora più negativi e nella consapevolezza che – alle condizioni attuali – tali misure potrebbero essere poco efficaci per riportare l’inflazione verso il target e sostenere la crescita, non dovrebbe rivelarsi uno sviluppo favorevole all’euro, soprattutto alla luce della forward guidance. La reazione di impatto immediata potrebbe anche eventualmente essere mitigata dal fatto che il cambio ha già corretto ieri e che il mercato speculativo è corto euro, ma al di là della risposta odierna la moneta unica potrebbe andare incontro a nuova debolezza successivamente, anche nelle prossime settimane, fintantoché i dati dell’area continueranno a dipingere un quadro sfavorevole.
La prospettiva che la Fed tagli i tassi al FOMC della prossima settimana e probabilmente anche più avanti potrebbe non essere di aiuto all’euro perché il livello di partenza dei tassi USA, tra l’altro positivi, è ben più alto di quelli europei, il che aumenta l’efficacia, almeno potenziale, della politica monetaria. Piuttosto a limitare il downside dell’euro potrà contribuire l’incertezza circa gli esiti delle trattative sui dazi tra USA e Cina, dato che – come si è visto tra agosto e settembre – sviluppi negativi su questo fronte penalizzano il dollaro e favoriscono – di riflesso – l’euro.

GBPLa sterlina è arretrata moderatamente contro dollaro ma mantenendosi comunque in area 1,23 GBP/USD mentre è leggermente salita contro euro, anche in questo caso però mantenendosi in area 0,89 EUR/GBP, per via dell’arretramento, più ampio, dell’EUR/USD. A interrompere il rialzo della valuta britannica rispetto al dollaro ha contribuito il palesarsi delle numerose incertezze che riguardano Brexit al termine di una sequenza di sviluppi che si erano rivelati comunque positivi.
Il premier Boris Johnson ha infatti ribadito di voler realizzare Brexit il 31 ottobre, confermando però che il governo si sta impegnando al massimo per raggiungere un accordo con l’UE e aggiungendo che ci sono progressi su questo fronte.
Simultaneamente dall’opposizione il vicesegretario del partito laburista Tom Watson ha detto che la soluzione migliore per sbloccare l’attuale impasse sarebbe indire un nuovo referendum su Brexit prima di andare a elezioni, posizione opposta al segretario del partito Jeremy Corbyn favorevole invece a un referendum dopo le elezioni.
Il flusso di notizie sul fronte politico domestico e di Brexit resterà il driver principale, con effetti simmetrici, per la sterlina.

JPYLo yen ha proseguito il calo sia contro dollaro fino in area 108 USD/JPY sia contro euro fino in area 119 EUR/JPY, penalizzato dall’ulteriore ridimensionamento della risk aversion e dal consolidamento dei rendimenti USA. Salvo delusioni dai dati USA di oggi la valuta nipponica dovrebbe restare sulla difensiva, ma potrebbe risentire anche dell’esito della riunione BCE.

 

PREVISIONI:

ITALIA – I dati trimestrali sul mercato del lavoro dovrebbero evidenziare una diminuzione del tasso di disoccupazione al 9,9% nei mesi primaverili (il dato del trimestre invernale potrebbe essere rivisto al ribasso di un decimo al 10,3%). Anche la disoccupazione giovanile dovrebbe essersi ridotta, a 29,2% da 31,2% precedente. Nel trimestre il calo del tasso dei senza-lavoro è stato guidato da un aumento degli occupati (+0,5% t/t), a fronte di una forza lavoro in crescita di appena un decimo. Sulla base dei dati mensili, il tasso di disoccupazione ha toccato a giugno un minimo da 7 anni e mezzo, a 9,8%, per poi risalire a 9,9% a luglio. Pensiamo però che la tendenza al calo potrebbe interrompersi nei prossimi mesi, per via della sostanziale stagnazione del ciclo economico.

AREA EURO – La produzione industriale di luglio si preannuncia ancora debole. Malgrado il rimbalzo già comunicato per Irlanda e Portogallo, stimiamo che l’andamento delle maggiori economie dell’area porti a una variazione mensile ancora negativa (-0,3% m/m), dopo la contrazione di -1,6% di giugno, per via della flessione registrata in Germania, Italia e Spagna.
L’indice di produzione dell’indagine PMI è calato ulteriormente in giugno e luglio fino a 46,9, rimbalzando soltanto marginalmente in agosto (a 47, un livello non coerente con un pronto recupero dell’attività nell’industria).

STATI UNITI – Il CPI ad agosto è previsto in aumento di 0,1% m/m, con un calo del prezzo della benzina. La variazione dell’indice core dovrebbe essere di 0,2% m/m, dopo due rialzi consecutivi di 0,3% m/m a giugno e luglio; l’inflazione core annua dovrebbe portarsi a 2,3%.
Recentemente, la dinamica dei prezzi core è risalita, tornando a variazioni mensili intorno a 0,2%, e segnala che il rallentamento di inizio anno è probabilmente transitorio, come atteso.
Diverse misure di prezzi core (medie troncate del deflatore e del CPI core, sticky price index) restano su livelli compresi fra 2 e 2,2%, con indicazioni di modesto trend verso l’alto. Anche il deflatore core, unica misura che resta ben al di sotto del 2% (1,6% a luglio) è in risalita e dovrebbe riportarsi intorno al 2% a inizio 2020. Nonostante la preoccupazione per la debolezza dei prezzi espressa da alcuni partecipanti al FOMC, il sentiero atteso dell’inflazione non dovrebbe di per sé giustificare ulteriore stimolo monetario.