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11 Settembre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – La produzione industriale è calata nuovamente a luglio, di -0,7% m/m, dopo il -0,3% m/m registrato a giugno (rivisto al ribasso di un decimo). Il dato è peggiore delle attese.
La tendenza annua è rimasta in territorio negativo per il quinto mese consecutivo (come accaduto in 10 degli ultimi 12 mesi), pur migliorando lievemente a -0,7% da -1,2% precedente (sui dati corretti per gli effetti di calendario). La flessione, per il secondo mese consecutivo, è diffusa a tutti i principali comparti con l’eccezione dell’energia (favorita dalle temperature superiori alla media), che è anche l’unico macro-gruppo in significativo progresso su base annua (+5,8%). La contrazione, su base sia congiunturale che tendenziale, è particolarmente marcata per i beni strumentali (-1,6% m/m, -3% a/a).
Nel manifatturiero, la performance migliore a livello settoriale è quella delle altre industrie manifatturiere (+6,4% a/a corretto per gli effetti di calendario), mentre risulta in deciso calo il comparto strategico (tra i più esposti all’export) della meccanica (-6,9% a/a).
• In sintesi, il dato conferma che l’industria è colpita da uno shock idiosincratico, in Italia come altrove (anzi la debolezza del settore è meno accentuata che in Germania). Al contempo, l’espansione nei servizi non è sufficientemente forte da più che compensare la debolezza nel manifatturiero. La produzione industriale è in rotta per un altro calo nel trimestre estivo, di -0,5% t/t dopo il -0,7% t/t dei mesi primaverili (a meno di un rimbalzo sensibile ad agosto e settembre). Ciò è coerente con un altro contributo negativo dell’industria in senso stretto al valore aggiunto, simile a quello del trimestre precedente (-0,1% t/t).
• I rischi sul fronte domestico sono in diminuzione, visto il miglioramento delle prospettive per il rifinanziamento del debito e la stabilità finanziaria. Tuttavia, le incertezze sullo scenario internazionale, alle quali l’industria è particolarmente esposta, non accennano a diminuire. In particolare, sui mesi a cavallo tra fine 2019 e inizio 2020 potrebbe pesare la concomitanza dell’entrata in vigore delle nuove sanzioni sulla Cina e di Brexit.
• Il rischio è che l’attuale fase di sostanziale stagnazione dell’economia italiana possa durare più del previsto ed estendersi almeno a tutta la seconda metà del 2019 (non escludiamo anzi che l’ultimo trimestre dell’anno possa tornare a far segnare un numero negativo per il PIL, vista la concomitanza dei fattori di cui sopra). D’altronde l’andamento degli indici anticipatori ancora non segnala un ritorno a una stabile espansione dell’attività economica. Riteniamo che il PIL italiano possa risultare circa piatto quest’anno, e tornare a una crescita moderata nel 2020 (0,3%).

FRANCIA – La produzione industriale a luglio è cresciuta di 0,3% m/m da -2,3% m/m, circa in linea con le attese. Il manifatturiero è avanzato di 0,3% m/m, in particolare grazie al comparto estrattivo, che più che compensa il nuovo calo dei materiali per il trasporto e i beni industriali; crolla la produzione nel comparto della raffinazione (-7,1% m/m). Anche la produzione energetica è cresciuta di 0,3% m/m, mentre nelle costruzioni si registra un netto calo (-4,2% m/m). La variazione annua è rimasta circa stabile a -0,1% da -0,2%, per una media annua ferma a 0,9% rispetto all’1,3% dello stesso periodo del 2018.
Sul trimestre la produzione è in rotta per un calo di -0,6% t/t da +0,2% t/t precedente, sulla scia del crollo di giugno. Il contributo dell’industria al valore aggiunto nel terzo trimestre sarà negativo e pari circa a un decimo.

STATI UNITI – L’indice di fiducia delle piccole imprese rilevato dalla National Federation of Independent Business ad agosto cala a 103,1 da 104,7, sui minimi da marzo. L’indagine resta positiva, con indicazioni di espansione dell’attività, degli investimenti e dell’occupazione. Le aspettative a 6 mesi peggiorano, tornando sui livelli di inizio anno quando le imprese avevano reagito negativamente allo shutdown e all’aumento dei dazi. L’indagine riflette i timori collegati all’incertezza geopolitica.

 

COMMENTI:

ITALIA – Il nuovo governo ha ottenuto la fiducia anche in Senato, con 169 voti a favore, 133 contrari e 5 astensioni. Ai 162 seggi teoricamente attribuibili alle forze di maggioranza si sono aggiunti altri consensi dal gruppo misto e dalle autonomie. Il governo è ora nella pienezza dei poteri. Sempre ieri, Paolo Gentiloni è stato nominato nuovo Commissario agli Affari Economici e Monetari: è un ulteriore segnale di un cambio di rotta, in senso maggiormente collaborativo, nelle relazioni con le istituzioni europee; di più, si tratta di un ruolo-chiave, nel quale Gentiloni, oltre a occuparsi, come annunciato dalla presidente Ursula von der Leyen, di un piano europeo contro la disoccupazione, potrebbe indirizzare la Commissione verso un’interpretazione più “elastica” delle regole fiscali, e garantire una dose di flessibilità (entro certi limiti) verso il Paese che ha i margini più ridotti in tema di politiche di bilancio ovvero proprio l’Italia. Ciò, assieme al miglioramento in corso dei saldi tendenziali di finanza pubblica, può rendere meno sfidante il compito che attende il nuovo governo nella prossima legge di bilancio.

ITALIAMoody’s ha diffuso la nota sulla base della quale ha deciso di lasciare invariato a “Baa3” il rating sull’Italia, con outlook stabile. L’agenzia ha rivisto al ribasso le stime di crescita, che però restano più ottimistiche del consenso (PIL 0,2% nel 2019 e 0,5% nel 2020), e si aspetta un’ulteriore salita del debito pubblico (al 133% del PIL nel 2019 e 133,6% nel 2020); l’ipotesi di lavoro è quella di un deficit attorno al 2,5% per il 2020 (dal 2% di quest’anno). Secondo Moody’s, il rating italiano potrebbe essere migliorato in presenza di un programma coerente di riforme strutturali (in particolare in tema di efficienza della pubblica amministrazione, mercato del lavoro, scuola e concorrenza), o in presenza di un cambio di rotta della politica fiscale volto a ridurre il peso del debito pubblico. Viceversa, è possibile un downgrade se: a) il debito aumentasse per via o della politica fiscale del governo o di una crescita economica più debole di quella attualmente prevista; b) la sostenibilità del debito pubblico dovesse peggiorare significativamente (l’agenzia valuterebbe in quel caso le ragioni di un eventuale aumento del costo di rifinanziamento e il loro impatto sul settore bancario e sulla economia); c) il rischio di uscire dalla zona euro dovesse aumentare significativamente.

BREXIT – Il nuovo commissario europeo al commercio, Phil Hogan, ha mostrato ieri un certo ottimismo riguardo alla possibilità che il Regno Unito possa accettare la prima versione del backstop per l’Irlanda, quella che prevedeva una possibile deriva normativa dell’Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito, limitatamente a quanto necessario per garantirne la permanenza nel mercato unico UE. Tuttavia, ieri sera il partito unionista irlandese DUP ha diffuso un comunicato secondo il quale Johnson avrebbe confermato la sua opposizione a tale soluzione.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Come previsto, in assenza di novità rilevanti e in un mercato dove prevale l’attesa per la riunione BCE, il dollaro si è sostanzialmente stabilizzato. Simile dovrebbe essere anche la giornata odierna, che potrebbe risultare temporaneamente più movimentata qualora vi fossero sorprese/delusioni dai dati USA sui prezzi alla produzione. Anche in questo caso comunque l’effetto non dovrebbe essere significativo, perché i dati più importanti in vista del FOMC della prossima settimana arriveranno domani con l’inflazione e venerdì con le vendite al dettaglio e la fiducia dei consumatori.

EUR – Dopo il rimbalzo comunque modesto di lunedì, l’euro si è stabilizzato, mantenendosi in un range stretto in area 1,10 EUR/USD. I dati dell’area ieri, produzione industriale francese e soprattutto italiana, sono risultati peggiori delle attese confermando il quadro di debolezza della crescita aggregata e interrompendo quindi il recupero intrapreso in avvio di settimana. Lo spunto per questa spinta rialzista era giunto dalla notizia, diffusa da Reuters, secondo la quale il governo tedesco starebbe valutando di utilizzare dei veicoli finanziari a controllo pubblico per poter di fatto aumentare lo stimolo fiscale senza violare il proprio vincolo del pareggio di bilancio. Ieri però il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz ha implicitamente spento eventuali attese in tal senso presentando una proposta di bilancio in pareggio e specificando che la Germania ha spazio di manovra sufficiente per fare investimenti senza ricorrere a nuovo indebitamento.
Oggi intanto, in attesa della riunione BCE di domani, l’euro dovrebbe stabilizzarsi sui livelli degli ultimi giorni tendenzialmente ancora in area 1,10 EUR/USD.

GBP – La sterlina si è mantenuta nella parte medio/alta del range di lunedì, in area 1,23 GBP/USD contro dollaro e 0,89 EUR/GBP contro euro, ma non è riuscita a rafforzarsi ulteriormente. Il quadro sia strettamente economico sia politico rimane infatti a luci e ombre.
Sul fronte dei dati, quelli sul mercato del lavoro ieri hanno riservato nuove sorprese favorevoli, con il tasso di disoccupazione che è sceso e le retribuzioni che sono aumentate più del previsto, ma la dinamica occupazionale ha mostrato un rallentamento, collegabile anche all’incertezza su Brexit.
Questa infatti rimane elevata, con il primo ministro Boris Johnson che anche ieri da una parte ha dichiarato che il governo si sta impegnando al massimo per trovare un accordo con l’UE, e dall’altra ha ripetuto che intende portare il Regno Unito fuori dall’Unione il 31 ottobre.
Questa mattina, il ministro al commercio britannico Andrea Leadsom ha dichiarato che al vertice UE di metà ottobre il governo intende negoziare un nuovo accordo, migliore del precedente e che non comprenda la necessità del backstop.
Intanto il governatore della BoE Carney ha rassicurato sul fatto che il sistema finanziario britannico è pronto per Brexit, quali che siano le modalità dell’uscita, ma ha ripetuto che in caso di “hard Brexit” l’impatto economico sarebbe significativo, con un rallentamento della crescita e un aumento dell’inflazione. Carney ha spiegato che comunque la BoE ha gli strumenti per affrontare uno scenario di crescita sfavorevole, aggiungendo però di non contemplare tra tali misure tassi d’interesse negativi.
Oggi, in assenza di appuntamenti di rilievo, la sterlina tenderà a muoversi in base a eventuali notizie sul fronte Brexit, rispetto alle quali la reattività rimane simmetrica.

JPYLo yen ha continuato a scendere, approfondendo il calo d’avvio di settimana in area 107 USD/JPY contro dollaro e portandosi in area 119 EUR/JPY contro euro, livelli in prossimità dei quali si potrebbe assistere a un’accelerazione del trend ribassista. Oltre al calo della risk aversion e alla salita dei rendimenti USA, a indebolire ulteriormente la valuta nipponica ha contribuito anche la notizia, riportata da Reuters, secondo cui all’interno della BoJ si starebbe valutando se espandere lo stimolo monetario alla riunione della prossima settimana (18-19 settembre), principalmente alla luce degli accresciuti rischi sull’economia giapponese a causa della guerra dei dazi USA-Cina. L’esito è comunque incerto, perché vi è discordanza di vedute all’interno del board, data la stance già ultra accomodante della BoJ. A meno di un improvviso deterioramento del sentiment di mercato, la valuta nipponica potrebbe restare sulla difensiva.

 

PREVISIONI:

SPAGNA – La produzione industriale è prevista in marginale rialzo (0,1%) a luglio, dopo il calo di -0,2% segnalato il mese prima. In luglio l’indice di produzione dell’indagine PMI è risalito da 47,4 a 48,0, pur restando su livelli potenzialmente coerenti con una contrazione dell’attività manifatturiera, e anche la fiducia delle imprese industriali è migliorata da -4,8 a -3,0, con le imprese neutrali sull’andamento recente. La variazione tendenziale calcolata sull’indice rettificato dovrebbe risultare in crescita di 0,2% rispetto a un anno prima. Il secondo trimestre si è chiuso con una solida variazione positiva (+0,9% t/t), ma un rallentamento è probabile nel terzo trimestre.

STATI UNITI – Il PPI ad agosto dovrebbe essere in rialzo di 0,1% m/m, con un freno dai prezzi energetici. L’indice core è atteso in aumento di 0,2% m/m, dopo -0,1% m/m a luglio, sulla scia di rialzi dei prezzi dei servizi a fronte di debolezza dei prezzi dei beni, dovuta anche al rafforzamento del dollaro.