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11 Ottobre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA La produzione industriale è tornata a crescere ad agosto, di +0,3% m/m, dopo il calo dei due mesi precedenti (-0,3% a giugno e -0,8% a luglio, quest’ultimo rivisto al ribasso di un decimo). Il dato è migliore delle attese di consenso, che puntavano su un rimbalzo più contenuto (+0,1% m/m), ed esattamente in linea con la nostra stima. La tendenza annua tuttavia non solo è rimasta in territorio negativo per il sesto mese consecutivo (e per il nono mese negli ultimi dodici), ma è peggiorata ulteriormente a -1,8% da -0,7% precedente (sui dati corretti per gli effetti di calendario): si tratta di un minimo quest’anno.
Il recupero su base congiunturale è dovuto ai beni di consumo e ai beni strumentali (+0,3% e +0,4% m/m, rispettivamente), a fronte di cali per i beni intermedi e l’energia (-0,5% e -0,9% m/m). In termini tendenziali, spicca la forte contrazione sia per i beni strumentali che per quelli intermedi (-4,9% e -3,1% a/a, rispettivamente). L’unico macro-gruppo in crescita sia nel mese che sull’anno è quello dei beni di consumo durevoli (+1% m/m, +5,9% a/a). La performance a livello settoriale è assai variegata.
Nonostante il rimbalzo di agosto, la produzione industriale è in rotta per un altro calo nel trimestre estivo (a meno di un improbabile balzo a settembre), di -0,5% t/t dopo il -0,7% t/t dei mesi primaverili. Ciò è coerente con un altro contributo negativo dell’industria in senso stretto al valore aggiunto, simile a quello del trimestre precedente (-0,1% t/t).
In prospettiva, le indagini di fiducia nel settore restano molto deboli. A settembre, l’indice di produzione dell’indagine PMI è tornato a calare a 48,3, dopo essere salito nei due mesi precedenti (fino a 49,3 ad agosto). Nell’indagine Istat il saldo dei giudizi sui livelli produttivi è peggiorato da -9 a -12,8, e quello sulle aspettative di produzione a 3 mesi da 4,9 a 3,7.
L’industria resta colpita da uno shock idiosincratico su scala mondiale, mentre l’espansione nei servizi non è sufficientemente forte da più che compensare la debolezza nel manifatturiero impedendo una sostanziale stagnazione dell’attività economica. I rischi sul fronte domestico sono in diminuzione, visto il miglioramento delle prospettive per la stabilità politica e il quadro fiscale, e conseguentemente delle condizioni finanziarie.
Tuttavia, le incertezze sullo scenario internazionale, alle quali l’industria è particolarmente esposta, non accennano a diminuire. Anzi, l’escalation sul fronte della guerra tariffaria e la “spada di Damocle” di Brexit potrebbero determinare una nuova contrazione dell’attività industriale a livello globale nei prossimi mesi. Perciò stimiamo una stagnazione del PIL (nella migliore delle ipotesi) nella seconda metà del 2019, dopo il marginale incremento visto nel primo semestre.
In media d’anno, riteniamo che il PIL italiano possa risultare piatto nel 2019 e tornare a una crescita solo moderata nel 2020 (0,3%). Le nostre previsioni sono meno ottimistiche di quelle inserite dal governo nel quadro programmatico della Nota di Aggiornamento al DEF.

FRANCIA – La produzione industriale ha sorpreso al ribasso ad agosto calando di -0,9% m/m da 0,3% m/m, peggior rilevazione da giugno scorso. Il comparto manifatturiero ha segnato un calo di -0,8% m/m da 0,4% m/m e la produzione energetica ha segnato un -1,2% m/m da 0,5% m/m. Lo spaccato mostra un calo cospicuo nella produzione di beni durevoli (-3,2% m/m) e non durevoli (-2,3% m/m), mentre la produzione di beni intermedi e beni strumentali è rimasta circa stabile. La variazione annua passa a -1,4% a/a da zero e lascia la produzione in rotta per netto calo di -1,2% t/t nel terzo trimestre da +0,2% t/t del precedente. Il contributo alla formazione del PIL sarebbe quindi negativo e pari a quasi a due decimi.

STATI UNITI
– Il CPI a settembre è invariato su base mensile (consenso: 0,1% m/m), dopo 0,1% m/m ad agosto, con un contributo negativo dell’energia (-1,4% m/m, con la benzina in flessione di -2,4% m/m).
L’indice core è in rialzo di 0,1% m/m (consenso: 0,2% m/m), dopo +0,3% m/m nei tre mesi precedenti. frenato da un ampio calo dei prezzi delle auto usate (-1,6% m/m). Si registrano contrazioni anche per l’abbigliamento (-0,4% m/m) e per prodotti per la sanità (-0,6% m/m). I beni core hanno prezzi in aumento di 0,2% m/m. I servizi al netto dell’energia sono in rialzo di 0,3% m/m, come nei tre mesi precedenti, con variazioni solide nei principali comparti: abitazione +0,3% m/m, trasporti +0,3% m/m, servizi sanitari +0,4% m/m (dopo molti mesi di incrementi compresi fra 0,4% e 0,9%). I dati non modificano il quadro di inflazione moderata, al di là della volatilità vista a inizio anno.
– I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 5 ottobre, i nuovi sussidi scendono a 210 mila, da 220 mila della settimana precedente.

 

COMMENTI:

AREA EURO – L’Eurogruppo ha raggiunto un accordo sui termini di riferimento per lo strumento comune di bilancio, il cosiddetto BICC (Budgetary Instrument for Convergence and Competitiveness), ma si tratta di un compromesso al ribasso. Il processo prevede che gli Stati membri presentino un pacchetto di proposte collegato al programma nazionale di riforma e compatibile con i budget nazionali, soggetto ad approvazione della Commissione.
L’allocazione dei fondi sarà per l’80% sulla base della popolazione e dell’inverso del PIL procapite, mentre il 20% potrà essere impiegato per contrastare shock specifici a singoli paesi. La quota di co-finanziamento nazionale è fissata nel 25%, ma potrà essere dimezzata in caso di congiuntura economica particolarmente negativa. Manca ancora l’accordo intergovernativo per consentire contributi diretti degli Stati membri, e la dimensione del BICC resta ancora da definire. Al momento si parla di appena 17 miliardi di euro su un arco di sette anni, decisamente troppo poco perché lo strumento possa svolgere un ruolo significativo nel contrasto agli shock locali.

BCE – Il resoconto della riunione del consiglio direttivo del 12 settembre riferisce di “ampio accordo” sulla valutazione dello scenario, ma con differenze di percezione: diversi membri consideravano le previsioni di crescita dello staff “ancora troppo ottimistiche alla luce delle prevalenti incertezze”. Altri invece hanno rimarcato che si attendeva comunque una ripresa e che l’economia stava marciando a piena capacità, in linea con le proiezioni. Dubbi sono stati anche espressi sulla trasmissione della crescita salariale ai prezzi e sulla possibilità di osservare una ripresa dei margini di profitto.
Per quanto riguarda l’azione di politica monetaria, “tutti i membri erano d’accordo che fosse necessario un ulteriore allentamento della politica monetaria”, anche se “con riserve riguardo alle singole misure”, prevedibilmente più marcate per la ripresa degli acquisti netti e il regime a due livelli del tasso sui depositi che per il resto del pacchetto. La maggioranza a favore di modifiche dei termini delle TLTRO III, infatti, è definita “larga”, e quella a supporto del taglio dei tassi “molto larga”. Invece, la maggioranza a favore della ripresa degli acquisti netti APP è “chiara”, con “un certo numero di membri” convinti che le argomentazioni a favore non fossero sufficientemente robuste. Infine, c’è stata unanimità sulla politica di reinvestimento. Sarebbero emerse obiezioni anche con riguardo al tiering del tasso sui depositi. Il resoconto è coerente con la nostra valutazione che nuove azioni siano improbabili nel breve termine, ma che non si possa escludere qualche altro intervento di portata molto ridotta nel primo semestre 2020, qualora la ripresa economica non si concretizzi.

BREXITIl vertice fra i primi ministri di Regno Unito e Irlanda potrebbe aver individuato un’area di compromesso per la revisione del backstop, tanto che i negoziati di Bruxelles rinviati da ieri a oggi sono stati confermati. Il comunicato finale non offre alcuna indicazione specifica, ma è possibile che la via di uscita possa essere costituita dalla possibilità per la popolazione dell’Irlanda del Nord di uscire dall’unione doganale UE con un voto della propria assemblea (scelta molto improbabile, alla luce dei vantaggi che la collocazione nell’unione doganale UE potrebbe recare), ipotesi che era già circolata nei giorni scorsi.

STATI UNITI
– Trump
incontrerà oggi il vice-premier cinese Liu He, che guida i negoziati commerciali USA-Cina. Per Trump sarebbe importante incassare qualche successo sul fronte delle trattative con la Cina in questa fase di tensioni collegate all’indagine di impeachment. Oggi potrebbero quindi esserci annunci di distensione su diversi temi.
Da parte della Cina le concessioni potrebbero riguardare ulteriori acquisti di prodotti agricoli e possibili limiti al deprezzamento della valuta. Dal lato americano, ci potrebbe essere il rinvio dei rialzi dei dazi programmati per il 15 ottobre e forse anche di quelli programmati per metà dicembre, e un allentamento dei vincoli sull’operatività di Huawei. A questo riguardo, l’amministrazione ha appena dato il via libera alla concessione di licenze speciali ad alcune imprese americane per operare con Huawei, probabilmente come apertura per ottenere una distensione nelle trattative.
Nel contesto di elevata tensione domestica, l’amministrazione è certamente incentivata a stabilizzare le pressioni sul fronte internazionale. Annunci positivi oggi, con il rinvio del rialzo dei dazi programmato per il 15 ottobre e altre concessioni collaterali da entrambe le parti, potrebbero segnalare che per qualche mese la questione Cina sarà meno centrale e creerà meno volatilità, lasciando spazio all’utilizzo del capitolo dei dazi sul settore auto per i negoziati con l’Europa e riducendo almeno temporaneamente le tensioni commerciali. Per il medio termine tuttavia va notato che una pausa nelle trattative non implica una risoluzione dell’incertezza. Da inizio 2018, ci sono state diverse fasi di temporanea stabilizzazione seguite da riacutizzazione delle tensioni. Per quanto riguarda le decisioni di investimento delle imprese, anche in assenza di peggioramenti il contesto del commercio internazionale è instabile e continuerà a contribuire a cautela e freno alla spesa in conto capitale.
Kaplan (Philadelphia Fed) ha detto che I tagli attuati a luglio e settembre erano appropriati, ma per ora non ha un’opinione chiara sull’opportunità di un altro intervento a fine ottobre. Kaplan ha riconosciuto che la debolezza della crescita globale da un lato, e il rallentamento del manifatturiero e degli investimenti domestici dall’altro, rappresentano rischi per l’economia nel suo complesso e per la tenuta dei consumi delle famiglie. Tuttavia, per ora il presidente della Philadelphia Fed si riserva di valutare gli sviluppi economici e di mantenere una “mente aperta” nel decidere se altri tagli dei tassi saranno appropriati.
Kashkari (Minneapolis Fed) ha mantenuto la propria posizione favorevole a ulteriore stimolo di fronte a rischi verso il basso in aumento. Secondo Kashkari, se i dati continueranno a mantenere il tono attuale, sarebbe opportuno un altro taglio dei tassi, anche se per ora non è chiaro quanti ulteriori interventi potrebbero essere appropriati. Il presidente della Minneapolis Fed ha indicato di non essere più favorevole a un taglio di 50 pb, che invece aveva richiesto nelle precedenti riunioni del FOMC.
– La Fed ha allentato alcuni vincoli imposti sulle banche dopo la crisi. In particolare, sono stati ridotti e/o eliminati requisiti di liquidità e capitale per le banche regionali con meno di 700 mld di attivo, e reso meno stringenti i vincoli sui meccanismi e sui piani di liquidazione per le banche di grandi dimensioni.
Il focus della Fed per le decisioni di politica monetaria resta sui dati di attività in uscita la prossima settimana. Dal lato dell’offerta le prossime informazioni (produzione industriale e indagini regionali di ottobre) saranno viziate dallo sciopero di GM, che dovrebbe frenare ulteriormente l’attività nel manifatturiero soprattutto nei dati di ottobre. Dal lato della domanda, l’attenzione sarà sulle vendite al dettaglio di settembre: il FOMC ha indicato preoccupazione che la debolezza dell’attività delle imprese si trasferisca al mercato del lavoro, e quindi a reddito e consumi delle famiglie.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha corretto ieri, annullando interamente il recupero d’inizio settimana, penalizzato da un sentiment cautamente positivo sui negoziati in corso USA-Cina, che generalmente non sarebbe in sé sfavorevole al biglietto verde ma in un contesto di mercato speculativo lungo dollaro ha favorito un parziale riposizionamento verso altre valute, euro in primis ma anche ad esempio dollaro australiano, sulle quali il mercato speculativo è corto e le cui economie sono significativamente esposte sul canale estero.
La notizia diffusa da Bloomberg secondo cui un eventuale accordo potrebbe comprendere anche una sorta di patto valutario (mirato a prevenire un ulteriore deprezzamento dello yuan cinese) è stato un altro fattore che ha contribuito a indebolire il dollaro, facendo invece rafforzare lo yuan.
Anche il ridimensionamento della risk aversion ha avuto un ruolo nel piegare la divisa statunitense, vista in determinate situazioni come “safe haven”.
Infine, nel pomeriggio, l’ultima spinta al ribasso è giunta attraverso il rimbalzo della sterlina sugli sviluppi di Brexit. Sul fronte dei dati l’inflazione è rimasta stabile a 1,7% contro attese per un leggero incremento a 1,8%, ma la core ha confermato le aspettative di stabilizzazione a 2,4%. Oggi uscirà la fiducia delle famiglie di ottobre, attesa in calo, il che influenzerebbe negativamente il dollaro. Tuttavia è probabile che anche nella giornata odierna le dinamiche di mercato siano dominate soprattutto dall’esito del primo round dei negoziati USA-Cina che si conclude oggi. Ieri Trump ha reso noto che oggi incontrerà personalmente il capo-negoziatore della delegazione cinese, il vice-premier Liu He, il che lascerebbe presagire una maggior probabilità di trovare perlomeno un primo accordo parziale. Qualora, come da notizia di Bloomberg, si prospettasse effettivamente una sorta di patto valutario, il dollaro potrebbe venirne ancora penalizzato, se non altro temporaneamente. In assenza invece di accordi strettamente valutari ma in caso di un esito comunque favorevole di questo primo round negoziale il dollaro dovrebbe riuscire a beneficiarne, recuperando almeno parte delle perdite di ieri.
In programma oggi anche alcuni discorsi Fed, importanti per cercare di capire se potrebbe esserci un altro taglio dei tassi già al prossimo FOMC del 30 ottobre oppure se la data più probabile sia invece l’incontro successivo di dicembre.

EUR – L’euro si è rafforzato ulteriormente ieri, da un minimo di 1,0969 a un massimo di 1,1034 EUR/USD, beneficiando indirettamente del sentiment cautamente positivo sui negoziati in corso USA-Cina. Il movimento non riflette dunque l’emergere di spunti di forza propria della moneta unica, che rimangono pressoché assenti, e presenta una connotazione più tecnica che fondamentale.
Dai verbali della riunione BCE del mese scorso è emerso che alcuni membri del board hanno espresso perplessità sulle nuove previsioni di crescita, considerandole troppo ottimistiche. Alcuni esponenti inoltre avrebbero preferito un taglio più ampio, di 20 pb anziché 10 pb, ma senza QE, a conferma di una crescente difficoltà a trovare un consenso interno verso ulteriore stimolo monetario dato l’elevato grado di “non-convenzionalità” degli strumenti di policy già in uso. Il tema della minor efficacia marginale dell’azione di politica monetaria della BCE rimane un fattore non favorevole all’euro, che oggi dovrebbe comunque muoversi perlopiù in risposta all’esito degli incontri negoziali USA-Cina. In caso di sviluppi positivi, purché senza un patto strettamente valutario, la moneta unica dovrebbe ritracciare almeno in parte. Tecnicamente comunque finché non viene lesa la prima resistenza chiave di 1,1070 EUR/USD resta in essere il fronte ribassista.

GBP – La sterlina ieri ha messo a segno un rimbalzo molto ampio sia contro dollaro da 1,2202 a 1,2468 GBP/USD sia contro euro da 0,9019 a 0,8828 EUR/GBP sulla notizia che l’incontro tra Johnson e il premier irlandese Varadkar è stato costruttivo e che entrambi, come scritto in un comunicato congiunto, ritengono che ci possa essere una strada verso un accordo. La discussione si è concentrata sui temi delle dogane e del consenso e ora proseguirà a livello intensivo tra i rappresentanti di entrambe le parti. Inoltre questa mattina, a seguito dell’incontro tra Johnson e Varadkar, il ministro per Brexit Barclay discuterà con il capo-negoziatore UE Barnier.
In caso di altri sviluppi positivi su questo fronte la sterlina dovrebbe rafforzarsi ancora o comunque consolidare.
Ieri intanto Carney ha dichiarato che in caso di hard Brexit, se si dovesse materializzare lo scenario più negativo, la BoE sarebbe pronta a fare tutto ciò che è necessario per supportare la crescita. La dichiarazione di Carney rappresenta un cambiamento rispetto a quanto comunicato al termine dell’ultima riunione di settembre in cui la BoE affermava che nello scenario più negativo avrebbe dovuto valutare se intervenire per supportare la crescita (con interventi espansivi di politica monetaria) o al contrario per arginare la salita dell’inflazione che deriverebbe da un ampio deprezzamento del cambio (con interventi restrittivi di politica monetaria).

JPY – Sul calo della risk aversion in relazione agli sviluppi dei negoziati USA-Cina e di Brexit lo yen ha corretto sia contro dollaro da 107,02 a 108,11 USD/JPY sia contro euro da 117,56 a 119,02 EUR/JPY. In caso di esito favorevole del round negoziale USA-Cina in corso il calo della valuta nipponica dovrebbe estendersi ulteriormente, soprattutto se anche gli sviluppi sul fronte Brexit si rivelassero positivi: resistenze contro dollaro a 108,50-109,00-109,30 USD/JPY e contro euro a 119,50-120,00-120,50 EUR/JPY.

 

PREVISIONI:

STATI UNITI
– I prezzi all’import dovrebbero essere invariati su base mensile, dopo -0,5% m/m di luglio. L’indice al netto del petrolio dovrebbe essere in calo di -0,1% m/m. Su base annua, i prezzi all’import dovrebbero mantenersi su un trend negativo, sulla scia del rafforzamento del dollaro.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a ottobre dovrebbe correggere ulteriormente scendendo a 92 da 93,2 di settembre, sulla scia dell’aumento di incertezza politica collegata a dazi e inchiesta di impeachment e al moderato rallentamento della dinamica occupazionale.