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11 Novembre 2022 – nota economica giornaliera

ITALIA – Ieri la produzione industriale è tornata a calare a settembre, di -1,8% m/m (-0,5% a/a), dopo il balzo di agosto (+2,3% m/m).
La flessione congiunturale di settembre è dovuta ai beni intermedi e alla produzione di energia (in calo per il terzo mese consecutivo); poco variata la produzione di beni strumentali e di consumo.
Pensiamo che l’output possa calare ancora nei prossimi mesi: nell’ultimo trimestre dell’anno, l’industria potrebbe a nostro avviso subire un calo superiore al punto percentuale.

GERMANIA – Poco fa, la stima finale ha confermato che ad ottobre l’inflazione è cresciuta ancora oltre le attese, portandosi all’11,6% a/a dal 10,9% precedente sull’indice armonizzato UE (massimo dall’inizio delle rilevazioni nel 1997).
Su base nazionale l’inflazione è balzata al 10,4% a/a dal 10% di settembre, record dagli anni ’50.
La variazione congiunturale è stata di +1,1% m/m sulla misura armonizzata e di +0,9% su quella nazionale.

STATI UNITI – In ottobre il rallentamento dell’inflazione è stato superiore alle attese.
Il CPI è salito di 0,4% m/m e 7,7% a/a, mentre l’indice senza alimentari ed energia è aumentato di solo 0,3% m/m (6,3% a/a).
Oltre all’attesa flessione dei prezzi delle auto usate (-2,4% m/m), il rapporto evidenzia cali dei prezzi anche per l’abbigliamento (seconda flessione di fila), oltre che per altri beni di consumo come mobili ed elettronica e per le assicurazioni sanitarie.
È probabile che l’inflazione sia destinata a calare ulteriormente nei prossimi mesi: le strozzature all’offerta si stanno velocemente allentando, frenando gli aumenti dei prezzi sui beni, mentre il calo dei prezzi immobiliari presto o tardi inizierà a riflettersi su affitti e affitti figurativi.

 

COMMENTI:

ITALIA – Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri il “Decreto Aiuti Quater” da 9,1 miliardi di euro per finanziare nuovi interventi contro il caro energia.
Oltre all’attesa proroga fino a fine anno dello sconto fiscale sulle accise sui carburanti (che vale 1,3 miliardi di euro) e dei crediti di imposta a favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale (che costa 3,4 miliardi), il decreto prevede il finanziamento a copertura delle spese sostenute dal Gestore dei Servizi Energetici per gli acquisti di gas naturale (che potrà essere ceduto a prezzi calmierati alle aziende energivore sino al 31 marzo 2023), che è stimato avere un impatto di circa 4 miliardi.
Le altre misure contro il caro-energia prevedono l’innalzamento a 3 mila euro del tetto dell’esenzione fiscale dei “fringe benefit” aziendali, la possibilità per le imprese di rateizzare per un massimo di 36 rate mensili gli importi relativi alla componente energetica di elettricità e gas per i consumi effettuati dal 1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023, e norme per incrementare la produzione nazionale di gas naturale (aumento delle quantità estratte da coltivazioni esistenti in zone di mare e autorizzazione di nuove concessioni tra le 9 e le 12 miglia).
Tra gli altri interventi a valere a partire dal 1° gennaio 2023, si segnala l’aumento della soglia massima per il pagamento in contanti (da 1.000 a 5.000 euro) e la rimodulazione del superbonus edilizio, ridotto al 90% per i condomini ma reintrodotto per i proprietari di singole abitazioni in caso di prima casa e reddito famigliare fino a 15 mila euro annui (il superbonus al 110% è confermato fino al 31 marzo 2023 per le villette unifamiliari che abbiano completato il 30% dei lavori entro il 30 settembre 2022).

BCESchnabel, membro del comitato esecutivo BCE, ha sottolineato che la dinamica salariale sta accelerando significativamente e che l’inflazione sottostante mostra un forte slancio, due fattori che aumentano il rischio di persistenza degli incrementi di prezzo.
Perciò, non soltanto la stretta monetaria non può essere sospesa, ma è anche probabile che i tassi debbano essere alzati fino a divenire restrittivi.
Secondo Schnabel, infatti, soltanto una recessione profonda con forte aumento della disoccupazione potrebbe mitigare le pressioni inflazionistiche – un’eventualità che per ora non è probabile.
L’allarmismo di Schnabel è largamente condiviso dal governatore slovacco Kažimír, secondo cui i rischi sono aggravati dalle tendenze delle politiche di bilancio dei governi, e da quello sloveno Vasle (che ritiene opportuno nel 2023 avviare anche la riduzione del bilancio).
I discorsi odierni (Panetta, Lane, de Cos) dovrebbero suonare un po’ meno aggressivi.

STATI UNITI – In scia ai dati, Mary Daly (San Francisco Fed) ha detto di essere a favore di un “approccio più graduale”, pur aggiungendo che preferisce sbagliare per eccesso piuttosto che per difetto (tesi condivisa da L. Mester della Cleveland Fed).
Anche Esther George (Kansas City Fed) ha dichiarato che “potrebbe essere utile un approccio più misurato agli aumenti dei tassi”.
Secondo Patrick Harker (Philadelphia Fed), il rialzo dei tassi dovrebbe essere sospeso sopra 4,5-4,75% per valutare gli effetti delle mosse già compiute.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha corretto ampiamente andando a rivedere livelli abbandonati due mesi fa a causa dei dati di inflazione che hanno mostrato un calo superiore alle attese (da 8,2% a 7,7% contro attese per 8,0%) facendo scendere abbondantemente i rendimenti (di 34 pb il 2 anni, di 31 pb il 10 anni).
La prospettiva che di conseguenza la Fed a dicembre passi ad un rialzo dei tassi più contenuto (da 75 pb a 50 pb) agisce a sfavore del dollaro, ma l’ipotesi avanzata all’ultimo FOMC di un punto di arrivo del ciclo di rialzi più elevato ne limita il downside e può favorire un parziale recupero del dollaro se alla riunione di dicembre effettivamente la Fed dovesse rivedere al rialzo il punto di arrivo dei tassi.
In attesa dei prossimi dati chiave (employment report e inflazione rispettivamente il 2 e il 13 dicembre) particolarmente importanti nel guidare la dinamica del biglietto verde saranno i discorsi Fed.

EURL’euro è rimbalzato ampiamente da 0,99 a 1,02 EUR/USD di riflesso alla correzione del dollaro sull’inflazione USA.
Questo non ne preclude un nuovo indebolimento nel breve, sia in prospettiva di una revisione al rialzo del punto di arrivo dei Fed Funds al prossimo FOMC del 14 dicembre sia in vista di dati che mostrino una recessione nell’area euro tra 4° e 1° trimestre e contemporaneamente un’ulteriore salita dell’inflazione verso nuovi massimi (che rappresenterebbero il picco).
Manteniamo pertanto previsioni di calo dell’euro nel breve, ma rivediamo al rialzo i punti di minimo attesi del cambio da 0,92-0,93 EUR/USD a 0,95-0,97 EUR/USD sull’orizzonte a 1m-3m perché, a meno di rilevanti sorprese verso l’alto dai prossimi dati USA su inflazione e mercato del lavoro, il punto di arrivo dei tassi Fed non dovrebbe superare quanto il mercato è già arrivato a scontare dopo l’ultimo FOMC (25-50 pb in più rispetto a quanto la Fed aveva indicato alla riunione di settembre).
Manteniamo invariato il profilo di recupero dell’euro atteso successivamente (1,00-1,05 EUR/USD a 6m-12m) in funzione di previsioni di restringimento dei differenziali di rendimento, principalmente sul calo dei rendimenti USA post-chiusura del ciclo dei rialzi Fed e in prospettiva di una recessione USA nella parte centrale dell’anno prossimo.
Tecnicamente, fino a che non viene sfondata la resistenza di 1,0269 EUR/USD rimane in essere il fonte ribassista, ma anche un eventuale rimbalzo fino a 1,05 EUR/USD sarebbe un normale ritracciamento e non precluderebbe un nuovo deprezzamento verso/sotto la parità.

GBP – Anche la sterlina si è apprezzata ampiamente ieri contro dollaro sui dati USA da 1,13 a 1,17 GBP/USD, e – grazie al calo della risk aversion favorito dalla discesa dell’inflazione statunitense – il rafforzamento è stato più ampio di quello dell’euro, rispetto al quale la valuta britannica si è infatti apprezzata da 0,8819 a 0,8698 EUR/GBP.
Questa mattina non è scesa sui dati domestici di PIL del 3° trimestre che hanno mostrato una contrazione inferiore alle attese.
Tuttavia, l’avvio, annunciato, della recessione, unitamente all’ulteriore salita attesa dell’inflazione, supporta attese di rinnovata debolezza della sterlina nel breve termine.
Cruciali saranno però intanto i dettagli del piano fiscale del nuovo governo che verrà presentato la settimana prossima (17 novembre).

JPYLo yen si è apprezzato significativamente contro dollaro da 146 a 140 USD/JPY sull’inflazione USA, per via dell’ampio calo dei rendimenti a lunga USA.
La portata del movimento ha insinuato il dubbio che potesse esserci stato un intervento valutario, ma l’entità del rafforzamento appare coerente con quella del calo dei rendimenti USA.
Nuova debolezza dello yen resta possibile nel breve in caso un punto di arrivo dei Fed Funds più elevato, ma dovrebbe restare contenuta entro i minimi recenti.
Ieri lo yen si è rafforzato anche contro euro da 146 a 143 USD/JPY.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Non sono in calendario altri dati macroeconomici di rilievo oggi nell’Eurozona, ma la Commissione Europea è attesa pubblicare le previsioni macroeconomiche d’autunno con l’aggiornamento delle proiezioni sulla finanza pubblica.

STATI UNITI – Oggi la lettura preliminare della fiducia dei consumatori rilevata dall’University of Michigan a novembre è prevista a 59,8, circa stabile rispetto al dato finale di ottobre, con le condizioni correnti su livelli superiori rispetto a quelli estivi grazie alla ripresa dei mercati, ma aspettative in calo.
Le aspettative di inflazione dovrebbero essere poco variate, alla luce della relativa stabilità del prezzo della benzina nell’ultimo mese, a 5% e 2,9% sugli orizzonti a 1 e 5 anni, rispettivamente.