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9 Gennaio 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – Giovedì, l’inflazione a dicembre è scesa all’11,6% a/a dall’11,8% precedente sull’indice nazionale e al 12,3% dal 12,6% sulla misura armonizzata Ue.
Nel mese i listini sono aumentati dello 0,3% sul NIC e di 0,2% sull’IPCA, spinti al rialzo soprattutto dai prezzi del gas per i clienti sul mercato tutelato (+23,4% m/m, in accelerazione da 17,4% a 44,8% a/a), che hanno più che compensato i ribassi dei carburanti.
L’indice core (al netto di energetici e alimentari freschi) è salito dal 5,6% al 5,8% a/a sul NIC e dal 6,1% al 6,4% a/a sull’IPCA.
Il picco per l’inflazione headline potrebbe essere alle spalle, ma la discesa nel corso del 2023 sarà lenta; il punto di massimo per l’indice core si potrebbe vedere nei prossimi mesi.

AREA EURO
 – Venerdì nell’Eurozona i prezzi al consumo sono calati di -0,3% m/m a dicembre grazie all’ampia correzione dei listini energetici (-6,5% m/m, in rallentamento su base annua a 25,7% da 34,9%). L’inflazione annua è quindi calata per il secondo mese portandosi a 9,2% da un precedente 10,1%.
Tuttavia, l’indice al netto di alimentari freschi ed energia ha visto un’accelerazione, a 6,9% a/a da 6,6% di novembre.
La dinamica headline potrebbe riaccelerare temporaneamente a gennaio prima di intraprendere un trend di graduale discesa; il picco per l’indice core si vedrà soltanto tra qualche mese.
– Sempre in area euro, le vendite al dettaglio sono rimbalzate di 0,8% m/m a novembre dopo la flessione di -1,5% a ottobre, restando in ampio calo su base tendenziale (-2,8% da -2,6% precedente).
– Le indagini di fiducia della Commissione Europea di dicembre hanno registrato un miglioramento dell’indice composito ESI a 95,8 da un precedente 94, con un progresso diffuso a tutti i settori ma particolarmente marcato per i servizi.
Le indagini restano coerenti con una moderata recessione tra fine 2022 e inizio 2023 ma gli scenari più pessimistici sembrano farsi meno probabili.
– In area euro il PPI è calato di -0,9% m/m a novembre, spinto da energia e beni intermedi.
L’inflazione dei prezzi alla produzione è quindi scesa al 27,1% a/a da 30,5% di ottobre, confermando la tendenza di rallentamento dopo il massimo storico toccato lo scorso agosto.

GERMANIA – Questa mattina la produzione industriale ha registrato una crescita marginale di 0,2% m/m, dopo il calo di -0,4% m/m di ottobre (dato rivisto al ribasso da -0,1%).
L’output è in calo di -0,4% rispetto ad un anno fa.
Il manifatturiero ha visto un aumento di 0,5% m/m, spiegata sia dai beni di intermedi (1,1% m/m) che dai beni capitali (0,7% m/m); all’opposto, hanno registrato una flessione i beni di consumo (-1,5%).
Infine, crolla il settore delle costruzioni (-2,2% m/m), mentre l’energia è salita del 3% m/m.
I settori energivori registrano un lieve recupero, in linea con l’indice generale (0,2% m/m).
– Venerdì, gli ordinativi industriali sono crollati di -5,3% m/m a novembre dopo il +0,6% (rivisto al ribasso da +0,8% m/m) di ottobre.

STATI UNITI
 – Venerdì, i dati del mercato del lavoro di dicembre hanno dato ancora segnali positivi sull’occupazione, con un aumento di occupati non agricoli di 223 mila, e modeste revisioni (-28 mila) verso il basso per ottobre e novembre (media a tre mesi a 233 mila).
La dinamica occupazionale è positiva e solida nella maggior parte dei settori, anche in quelli in fase recessiva come manifatturiero e costruzioni, oltre che nell’ospitalità nel tempo libero e nella sanità.
– Gli occupati rilevati dall’indagine presso le famiglie sono cresciuti di 717 mila, riducendo il gap che si era aperto con la variazione degli occupati rilevati con l’indagine presso le imprese.
Va notato che nell’indagine presso le famiglie continua a crescere il numero di individui che hanno più di una occupazione e, in particolare, di quelli per cui l’occupazione principale è a tempo pieno.
La forza lavoro è aumentata di 253 mila unità, portando il tasso di partecipazione a 62,3%.
Il tasso di disoccupazione è in calo a 3,5%, sui minimi da febbraio 2020.
I dati confermano un quadro di elevata domanda di lavoro, ma ci sono anche informazioni coerenti con un indiscutibile indebolimento del mercato del lavoro.
I salari danno un segnale di rallentamento, con una variazione mensile di 0,3% m/m e, soprattutto, revisioni verso il basso dei dati precedenti, che riportano la crescita annua a 4,6% a/a.
La settimana lavorativa è in calo per tutte le tipologie di occupati.
– L’ISM dei servizi di dicembre ha sorpreso ampiamente verso il basso, con un calo sotto 50 per la prima volta da maggio 2020, e una discesa a 49,6 da 56,5.
Gli indici di attività e dei prezzi sono ancora in territorio espansivo a 54,7 (ma in calo da 64,7) e 67,6, ma si registrano contrazioni di ordini (a 45,2), occupazione (a 49,8), tempi di consegna.
Le scorte sono in aumento.
Le imprese riportano una domanda generalmente più debole, con riduzione dei margini e timori per una prossima recessione.
– Giovedì, la bilancia commerciale di novembre ha mostrato un deficit in chiusura a 61,5 mld, da 77,8 mld di ottobre, sulla scia di un crollo delle importazioni di -6,4% m/m, che ha più che compensato la correzione più modesta delle esportazioni (-2% m/m).
La flessione dell’import è diffusa a beni di consumo, alle auto e ai beni capitali, mentre il calo dell’export è concentrato su beni energetici e beni capitali.
Il canale estero dovrebbe contribuire positivamente alla crescita del 4° trimestre, ma la prevalenza del calo delle importazioni di beni di consumo fa prevedere anche un minor contributo delle scorte.
I dati sono coerenti con un significativo rallentamento della domanda finale domestica già a fine 2022.
– I nuovi sussidi di disoccupazione al 31 dicembre sono calati a 204 mila, con segnali ancora in linea con un mercato del lavoro solido in cui, nonostante gli annunci di nuovi licenziamenti, gli individui riescono a trovare una nuova occupazione in tempi rapidi.

 

COMMENTI:

STATI UNITI
 – La Fed sarà sotto i riflettori, con sei discorsi in settimana, di cui uno di Powell domani, che dovrebbero aggiornare il quadro delle opinioni all’interno del FOMC, sottolineando la necessità di navigare a vista in questa fase del ciclo, pur mantenendo l’impegno a riportare l’inflazione sotto controllo.
Dalla Fed, si segnala che l’entità (fra 25 e 50pb) del prossimo rialzo è ancora incerta.
Bullard (St Louis Fed) ha detto che “ci stiamo avvicinando” a un livello dei tassi appropriato e che è opportuno vedere come si evolvono i dati prima di decidere se attuare un rialzo di 25 o di 50 pb alla prossima riunione.
A suo avviso la Fed dovrebbe portare i tassi appena sopra il 5% e arrivarci il più rapidamente possibile senza ignorare i dati”.
Cook (Board) e Bostic (Atlanta Fed) hanno ribadito che l’inflazione rimane troppo elevata” nonostante segni recenti di raffreddamento.
Secondo Cook non è opportuno dare troppo peso a “pochi dati favorevoli”.
Barkin (Richmond Fed) ha dichiarato che “ha più senso guidare in modo più deliberato” (cioè più graduale) dopo i rialzi aggressivi del 2022.
George (Kansas City Fed, prossima al pensionamento) ha affermato che un elemento essenziale delle discussioni del FOMC resta l’entità della restrizione da attuare ancora per riportare l’inflazione al 2%.
Evans (Chicago Fed), che lascerà la Fed prima della prossima riunione, valuta positivamente il sentiero disinflazionistico attuale, che potrebbe permettere alla Fed di riportare il ritmo dei rialzi a 25pb anche dalla prossima riunione.
– Una chiave di lettura importante per il mercato del lavoro in questa fase di svolta ciclica è l’affidabilità dei dati del programma di rilevazione Current Employment Statistics (CES) che stima i nonfarm payroll.
La Philadelphia Fed pubblica un aggiornamento trimestrale dei dati basato sul programma Quarterly Census of Employment and Wages (QCEW), condotto a livello statale su un campione del 95% delle imprese, contro il 6% di quello del CES.
Secondo il QCEW, nel 3° trimestre la crescita occupazionale è stata nulla, rispetto alla stima di oltre 1 mln del CES.
La previsione è che, con la “benchmark revision” di marzo 2023, si rilevi un sentiero ben diverso da quello che emerge dai dati ufficiali ora disponibili, con una stagnazione nel 2022 più in linea con la crescita in stallo dell’anno scorso e con un eccesso di domanda di lavoro più contenuto.
Questa conclusione è anche in linea con la revisione verso il basso della dinamica salariale.

 

PREVISIONI:

AREA EURO
 – Oggi sarà pubblicato il dato sul tasso di disoccupazione di novembre, che dovrebbe essere rimasto stabile al minimo storico di 6,5%.
I dati nazionali già disponibili sono coerenti con un contenuto calo del tasso di disoccupazione, mentre le indagini non mostrano ancora segnali d’inversione di tendenza per la crescita degli occupati.
– Per quanto riguarda il resto della settimana, si dovrebbe registrare un rimbalzo della produzione industriale in novembre in Francia, Italia e nel complesso dell’Eurozona dopo le flessioni registrate nel mese precedente; tuttavia, i dati sarebbero ancora coerenti con una contrazione nel 4° trimestre.
– In Germania la stima annua sul PIL dovrebbe offrire le prime indicazioni sulla performance dell’economia a fine 2022.
– In calendario anche i dati sulle vendite al dettaglio di novembre in Italia.

STATI UNITI
 – Oggi non ci sono dati in uscita.
In settimana ci saranno poche informazioni nuove, ma importanti.
Il focus sarà sul CPI di dicembre, che dovrebbe registrare variazioni contenute e confermare, se pure in via preliminare, che il picco dell’inflazione è alle spalle.
– La fiducia dei consumatori di gennaio dovrebbe migliorare ulteriormente grazie al calo del prezzo della benzina.