Seguci su twitter

Categorie

09 Dicembre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – Le vendite al dettaglio sono tornate a calare a ottobre, di -0,2% m/m (sia in valore che in volume), dopo essere aumentate in valore di +0,6% m/m a settembre (dato rivisto al ribasso di un decimo). Il calo congiunturale è dovuto ai non alimentari. La variazione tendenziale risulta poco variata per il secondo mese, a 1% da 0,8% precedente. Si conferma la maggiore vivacità della grande distribuzione (+1,8% a/a) rispetto alle imprese operanti su piccole superfici (-0,8% a/a); sempre dinamico il commercio elettronico, sia pur in rallentamento a +16,6% a/a.
Si registrano variazioni tendenziali positive per quasi tutti i gruppi di prodotti, ad eccezione di cartoleria, libri, giornali e riviste (-1,6%), prodotti farmaceutici (-1,6%) e foto-ottica e pellicole, supporti magnetici, strumenti musicali (-1,5%).
I comparti più vivaci sono le dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni e telefonia (+2,7%) e i giochi, giocattoli, sport e campeggio (+2,4%).

STATI UNITI – L’employment report di novembre sorprende ampiamente verso l’alto con una variazione degli occupati non agricoli di +266 mila e revisioni verso l’alto di 41 mila unità complessive per i due mesi precedenti. I dati di ottobre e novembre sono influenzati dallo sciopero di GM, che ha visto circa 41 mila dipendenti astenersi dal lavoro a ottobre e rientrare a novembre.
La variazione di occupati nel manifatturiero passa da -43 mila di ottobre a +54 mila di novembre, con un segnale di crescita occupazionale positiva al netto dello sciopero.
Nel settore privato, gli occupati aumentano di 254 mila (media a tre mesi: 205 mila).
Nell’industria, oltre alla variazione solida del manifatturiero, si registra stabilità nelle costruzioni (+mille) e contrazione nell’estrattivo (-7 mila).
Nei servizi privati, sanità e istruzione, servizi alle imprese e ospitalità mantengono un solido trend espansivo, con incrementi di 38 mila, 74 mila e 45 mila, rispettivamente. Nel settore pubblico gli occupati aumentano di 12 mila unità. Gli occupati rilevati con l’indagine presso le famiglie aumentano di solo 83 mila e la forza lavoro è in rialzo modesto (+40 mila).
Di conseguenza, il tasso di disoccupazione cala a 3,5% da 3,6% di ottobre, sulla scia di una correzione del tasso di partecipazione di un decimo a 63,2%. I salari orari sono in rialzo di 0,25% m/m (3,1% a/a), dopo 0,36% m/m di ottobre. Le ore lavorate sono stabili nell’aggregato, ma in aumento di 0,2% m/m (dopo -0,2% m/m) nel manifatturiero, con indicazioni positive per la produzione di novembre. I dati al netto degli effetti dello sciopero di GM, confermano il graduale rallentamento della dinamica occupazionale in atto da inizio anno, che dovrebbe portare i nuovi occupati verso una media mensile di circa 110 mila nel corso del 2020.
I dati occupazionali, nettamente superiori alle attese, sembrano segnalare un’interruzione del graduale trend in rallentamento visto quest’anno.
Le informazioni dell’employment report non sono coerenti con quelle delle indagini, molto più moderate. A gennaio, con l’uscita dei dati relativi a dicembre, il BLS pubblicherà la revisione delle serie degli ultimi 5 anni, che dovrebbe mostrare livelli occupazionali più bassi. Per ora, certamente i dati danno supporto alla previsione di tassi della Fed in pausa per diversi trimestri.

STATI UNITI – La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a dicembre (prel.) sale a 99,2 da 96,8 di novembre. La situazione corrente è in rialzo a 115, 2 da 111,6, le aspettative a 88,9 da 87,3.
Le aspettative di inflazione correggono da 2,5% a 2,4% sull’orizzonte a 12 mesi, e a 2,3% su quello a 5-10 anni. Anche la fiducia quindi sorprende verso l’alto, con il quarto incremento consecutivo dal minimo recente di agosto, spinta dall’aumento di ottimismo degli individui appartenenti alle classi di reddito elevate, che hanno registrato significativi aumenti della ricchezza. L’indagine conferma anche la polarizzazione politica, con indicazioni di crescente divergenza fra gli indici riferiti agli elettori repubblicani e a quelli democratici (passato da 18,7 durante l’amministrazione Obama a 41,6 durante il mandato Trump).

GIAPPONE – La stima finale del PIL del 3° trimestre registra una revisione verso l’alto molto superiore alle attese e segna una variazione di 0,4% t/t (1,8% t/t ann.), da 0,1% t/t (0,2% t/t ann.).
La revisione è principalmente dovuta agli investimenti non residenziali, aggiornati dopo la pubblicazione delle statistiche sulle imprese.
La crescita del 3° trimestre è spinta da aumenti di tutte le componenti della domanda domestica: consumi, +0,5% t/t, investimenti non residenziali, +1,8% t/t (da 0,9% t/t), consumi pubblici +0,7% t/t, investimenti pubblici +0,9% t/t.
Nel 4° trimestre è prevista un’ampia contrazione del PIL dovuta alla combinazione del rialzo dell’imposta sui consumi e degli effetti di un tifone sull’attività economica.

CINA Le importazioni, dopo cinque mesi di cali tendenziali, sono salite dello 0,3% a/a in novembre in parte grazie ad un effetto base favorevole ma anche a un progressivo aumento dai minimi di settembre, visibile anche in termini destagionalizzati, ed esteso a tutti i paesi fornitori ma in particolare a USA e area ASEAN.
I primi dati disponibili delle importazioni in volume hanno evidenziato un aumento delle importazioni di materie prime energetiche e di circuiti elettronici e una lieve flessione delle importazioni dei principali metalli e delle materie prime agricole.
Le esportazioni sono invece scese dell’1,1% a/a in novembre, in lieve peggioramento dopo il calo dello 0,8% a/a in ottobre, a causa dell’ulteriore calo delle esportazioni verso gli USA (-23% a/a) e, seppur in misura minore, verso l’area euro.
La dinamica tendenziale dell’esportazioni verso il Giappone è rimasta stabile in territorio negativo mentre è ulteriormente accelerata quella verso l’area ASEAN.

 

COMMENTI:

ITALIA – L’Istat, nella “Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana”, segnala che i valori dell’indicatore anticipatore suggeriscono il proseguimento della fase di debolezza dei livelli di attività economica (dopo un punto di minimo su base congiunturale a fine 2018, e un recupero sino al mese di luglio, l’indicatore è tornato a calare negli ultimi mesi).
Secondo Istat, nell’ultima parte dell’anno, l’evoluzione del Pil è attesa “mantenere ritmi modesti”.
A nostro avviso, rispetto ai ritmi di crescita visti nell’ultimo anno (0,1% t/t), i rischi per i trimestri a cavallo d’anno sono verso il basso.

STATI UNITI Kudlow, consulente economico di Trump, ha detto che i negoziati con la Cina proseguono e un accordo è ancora “vicino”. Kudlow ha indicato che, come aveva detto Trump qualche giorno fa, non c’è una “scadenza arbitraria”, ma ha ripetuto che il 15 dicembre è una data molto importante. Kudlow ha aggiunto che la decisione finale sui dazi verrà presa da Trump.

OPEC – Annunciata la limitazione della produzione che nel 2020 passerà da 1,2 a 1,7 milioni di barili al giorno; inoltre, il cartello ha segnalato che continueranno le limitazioni volontarie aggiuntive di alcuni paesi, in primo luogo l’Arabia Saudita, come incentivo al rispetto degli accordi. L’Arabia Saudita minaccia di aumentare la sua produzione in caso di insoddisfacente rispetto degli impegni da parte degli altri Stati membri.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso la settimana in calo ma nella giornata di venerdì è rimbalzato recuperando metà del calo registrato da lunedì, grazie all’employment report che ha ampiamente sorpreso in positivo, mostrando un aumento degli occupati superiore alle attese e un calo del tasso di disoccupazione. Anche la fiducia delle famiglie è salita più del previsto. L’appuntamento chiave della settimana è il FOMC. La Fed lascerà i tassi invariati e confermerà la fase di pausa nei tagli mantenendo l’impegno a intervenire nuovamente in caso di deterioramento significativo dello scenario. L’aspetto più rilevante saranno però le nuove previsioni di crescita e inflazione, nonché il nuovo sentiero atteso dei tassi. A settembre era emersa una vera e propria spaccatura in due gruppi equivalenti, l’uno che prevedeva tassi in aumento l’anno prossimo, l’altro invece ancora in calo. Se emergerà una maggioranza più netta a favore di un altro taglio l’anno prossimo seguito da modesti rialzi successivamente, il dollaro potrebbe leggermente indebolirsi. In chiusura di settimana comunque il biglietto verde risentirà anche di riflesso alla reazione della sterlina dell’esito delle elezioni nel Regno Unito.
Sul fronte dati usciranno mercoledì l’inflazione, attesa in moderato aumento, e venerdì le vendite al dettaglio, previste in ri-accelerazione.
Rimangono infine da seguire gli sviluppi sul fronte dei negoziati commerciali USA-Cina. Il consigliere economico della Casa Bianca Kudlow ha detto venerdì pomeriggio che gli ultimi colloqui sono stati costruttivi e che un accordo dovrebbe essere vicino, ma ha anche spiegato che se Trump non dovesse essere soddisfatto delle condizioni proposte dalla controparte non esiterà ad attuare gli aumenti dei dazi programmati per domenica 15 dicembre.

EUR – Simmetricamente l’euro ha chiuso la settimana al rialzo in area 1,10 EUR/USD, ma venerdì ha corretto erodendo metà della salita registrata da lunedì a causa dei dati USA migliori del previsto.
Gli appuntamenti chiave della settimana saranno il FOMC mercoledì – a cui l’euro risponderà di riflesso alla reazione del dollaro – e la riunione BCE giovedì. La BCE lascerà i parametri di policy invariati così come la forward guidance, per cui l’aspetto rilevante da seguire saranno le nuove previsioni di crescita e inflazione. In caso di mantenimento di una previsione di accelerazione della crescita l’anno prossimo insieme a un’eventuale revisione al rialzo dell’inflazione, l’euro potrebbe leggermente rafforzarsi. Anche l’esito delle elezioni nel Regno Unito potrà condizionare la dinamica dell’euro, che dovrebbe muoversi in correlazione positiva con la sterlina, così come gli sviluppi sul fronte USA-Cina.

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana al rialzo sia contro dollaro da 1,28 a 1,31 GBP/USD sia contro euro da 0,85 a 0,84 EUR/GBP al consolidarsi delle aspettative di una vittoria netta dei Conservatori alle elezioni generali di giovedì 12 dicembre e oggi apre su nuovi massimi (1,3180 GBP/USD e 0,8391 EUR/GBP) dopo un nuovo sondaggio che mostra un aumento del margine di vantaggio dei Conservatori sul Labour. L’appuntamento è cruciale in quanto dall’esito di questo voto dipenderanno le sorti di Brexit e di conseguenza la dinamica della valuta britannica.
I sondaggi confermano che i Conservatori rimangono in testa (con, in media, il 43% delle preferenze), seguiti dai Laburisti (33%), ma soprattutto le proiezioni di seggio attribuiscono ai Conservatori la maggioranza assoluta (341 in media, sui 650 totali della House of Commons), che consentirebbe loro di governare da soli: questo sarebbe fra tutti lo scenario più favorevole sia per la sterlina sia per l’economia britannica, in quanto il parlamento approverebbe rapidamente l’accordo su Brexit già siglato con l’UE da Johnson in ottobre. Il Regno Unito uscirebbe dall’UE – con un accordo (i.e. soft Brexit) – entro e non oltre la data stabilita del 31 gennaio 2020, rimuovendo così agevolmente tutta quell’incertezza che nei mesi scorsi ha interferito negativamente con i mercati. Contro dollaro l’upside della sterlina dovrebbe estendersi entro 1,33-1,35 GBP/USD, probabilmente non oltre perché i mercati prezzano già un risultato elettorale favorevole. Contro euro il rafforzamento dovrebbe essere più limitato, entro 0,83-0,82 EUR/GBP, in ragione della probabile contestuale salita del cambio EUR/USD. In caso contrario invece la sterlina si indebolirebbe, almeno inizialmente.
Anche se sondaggi e proiezioni danno come favoriti i Conservatori, data la natura “straordinaria” di queste elezioni, che si riducono di fatto a essere un plebiscito su Brexit, è comunque opportuno dare uno sguardo anche agli scenari elettorali alternativi, che sono, in ordine decrescente di probabilità e crescente per negatività di impatto sulla sterlina, tre: (1) “hung parliament” con maggioranza relativa dei Conservatori, (2) “hung parliament” con maggioranza relativa dei Laburisti, (3) vittoria piena (maggioranza assoluta) dei Laburisti.
(1)
Nel primo scenario alternativo (hung parliament” con maggioranza relativa dei Conservatori) l’aspetto critico è rappresentato dal fatto che i Conservatori, per andare al dovrebbero cercare di accordarsi con altre forze politiche, ma nessuna di queste condivide il programma su Brexit, eccezion fatta per il Brexit Party (che però in base alle proiezioni non arriverebbe a ottenere nemmeno 1 seggio) e il DUP (che avrebbe però pochi seggi, 8 secondo le proiezioni), ma non è detto che il DUP sarebbe ancora disposto ad appoggiare i Conservatori come è stato durante il governo Johnson perché contesta la questione del confine nordirlandese). In questo caso la sterlina scendenrebbe contro dollaro verso 1,28 GBP/USD (con downside a 1,26-1,24 GBP/USD), un po’ meno contro euro, tra 0,85 e 0,88 EUR/GBP.
(2) Nel secondo scenario alternativo (hung parliament” con maggioranza relativa dei Laburisti) la criticità risiede nel programma che hanno i Laburisti per Brexit, programma che è in linea di massima condiviso dalle altre forze politiche (esclusi, Conservatori, Brexit Party e DUP). Infatti, i Laburisti non vogliono l’accordo siglato da Johnson, ma ne vogliono negoziare uno nuovo con l’UE ed entro sei mesi dall’insediamento del governo vogliono indire un secondo referendum su Brexit dove gli elettori sarebbero chiamati a scegliere se restare nell’UE o uscire con il nuovo accordo siglato dal nuovo governo. Questo porterebbe con tutta probabilità a un altro rinvio di Brexit, oltre il 31 gennaio 2020, ma soprattutto a un’ulteriore protratta incertezza. In questo caso la reazione della sterlina sarebbe più negativa, e nel tempo, potrebbe estendersi verso i minimi già osservati quest’anno, tra 1,22 e 1,19 GBP/USD contro dollaro, e tra 0,90 e 0,93 EUR/GBP contro euro.
(3) Il terzo e ultimo scenario (vittoria piena dei Laburisti) è considerato improbabile alla luce dei numeri che emergono dai sondaggi, ma sarebbe comunque sostanzialmente assimilabile al precedente per le implicazioni su Brexit e le ripercussioni economico-finanziarie, anche se potrebbe rivelarsi leggermente più negativo per la sterlina perché, non dovendo i Laburisti scendere a patti con altre forze politiche (essendo al governo da soli), eventuali iniziative di governo “estreme” non verrebbero smussate dalla necessità di trovare un compromesso con partner di governo.

JPY – Lo yen ha chiuso la settimana al rialzo, mantenendosi comunque nello stesso range in corso ormai da oltre un mese, passando contro dollaro da 109 a 108 USD/JPY e contro euro da 121,01 a 119,99 EUR/JPY. Nella giornata di venerdì prima è sceso sugli ottimi dati USA, ma successivamente è più che risalito dopo le dichiarazioni di Kudlow, che non dissolvono infatti l’incertezza che ancora permane sul fronte dei negoziati USA-Cina. La settimana entrante si potrebbe osservare maggiore volatilità in vista dei molti appuntamenti importanti concentrati in pochi giorni: FOMC mercoledì, elezioni britanniche giovedì e rialzi dei dazi sui prodotti cinesi programmati per domenica 15 dicembre.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Una settimana importante non tanto dal lato dei dati in uscita (lo ZEW aprirà la tornata di indagini di fiducia di dicembre, ma i miglioramenti dovrebbero essere meno accentuati rispetto al mese scorso, e la produzione industriale di ottobre è vista in moderato aumento in Francia e Italia e viceversa in calo nella media eurozona), quanto soprattutto per gli eventi in calendario tra giovedì e venerdì: la riunione della BCE dovrebbe essere interlocutoria, ma non si possono escludere revisioni al ribasso sulle stime macroeconomiche; il Consiglio europeo esaminerà varie questioni importanti, tra cui la revisione del trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità, il completamento dell’unione bancaria e lo stato dell’arte su Brexit; su quest’ultimo tema, sarà decisivo l’esito delle elezioni politiche generali nel Regno Unito.

STATI UNITI – La settimana ha diversi dati di rilievo in uscita, ma il focus sarà sulla riunione del FOMC. La Fed dovrebbe confermare la fase di pausa sui tassi, mantenendo l’impegno a modificare la propria stance in caso di cambiamento “significativo” dello scenario. Fra i dati di novembre, le vendite al dettaglio saranno importanti per valutare la tenuta dei consumi, che avevano segnato un rallentamento alla fine dell’estate: la previsione è di moderata riaccelerazione in parte grazie alla ripresa del comparto auto, dopo lo sciopero dei lavoratori di GM. Il CPI di novembre dovrebbe confermare il trend moderato di variazioni dello 0,2% m/m per l’indice core.