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8 Febbraio 2023 – nota economica giornaliera

AREA EURO – Ieri la Consumer Expectations Survey di dicembre della BCE ha registrato una stabilizzazione al 5% delle aspettative mediane per l’inflazione nei prossimi 12 mesi (al di sotto dell’inflazione percepita che si è attestata per il terzo mese al 9,9%).
Le aspettative a tre anni sono invece tornate al 3% dal 2,9% di novembre.
Tra le principali economie sono i consumatori italiani a riportare l’inflazione, corrente ed attesa, più elevata; invece, non si registrano significative divergenze tra quintili di reddito.
Le aspettative su crescita e disoccupazione nei prossimi 12 mesi restano pessimistiche ma in miglioramento rispetto ai mesi precedenti.

STATI UNITI
 – Ieri, la bilancia commerciale di dicembre ha mostrato un deficit di -67,4 mld, in ampliamento da -61 mld di novembre, sulla scia di un calo delle esportazioni di -0,9% m/m (attribuibile alla correzione dei prezzi energetici) e di un rimbalzo delle importazioni di 1,3% m/m, concentrato nel comparto della telefonia mobile.
La ripresa dei flussi commerciali del settore auto, sia in entrata sia in uscita, segnala il progressivo miglioramento delle strozzature all’offerta a livello globale.
– L’indagine dei Senior Loan Officers di gennaio pubblicata dalla Fed mostra un’ulteriore restrizione delle condizioni del credito a imprese e famiglie, e indicazioni di contrazione della domanda di prestiti, con segnali caratteristici delle fasi recessive.

 

COMMENTI:

BCE – Secondo Joachim Nagel (Bundesbank), la BCE ha bisogno di ulteriori e significativi rialzi dei tassi, ma a questo punto è corretto procedere con gradualità.
Il tasso terminale scontato dai mercati, sceso dopo la riunione del 2 febbraio, è risalito negli ultimi giorni a 3,40%.

STATI UNITI – L’agenda dei dati è vuota, ma in calendario ci sono invece altri discorsi dalla Fed, di Williams (NY Fed) e di Waller (Board), ultimamente allineati con Powell nel sottolineare i rischi di non fare abbastanza per riportare l’inflazione al 2%.
Powell, nel suo primo discorso dopo i nonfarm payrolls di gennaio, ha dato un messaggio complessivamente hawkish, affermando che la variazione degli occupati di gennaio, più forte di quanto chiunque si aspettasse, “mostra perché pensiamo che questo sarà un processo che richiederà un periodo di tempo significativo” e probabilmente non sarà “senza intoppi”.
Per questo, secondo Powell, saranno necessari altri aumenti dei tassi e la politica monetaria dovrà rimanere restrittivaper un certo tempo”.
Powell ha aggiunto che la Fed reagirà alle informazioni in arrivo.
Perciò, in caso di altri dati forti dal mercato del lavoro o dall’inflazione, potrà essere appropriato alzare i tassi più di quanto atteso.
Infine, Powell ha ripetuto che il focus rimane sui prezzi dei servizi core, che non permettono di dichiarare vittoria sull’inflazione e richiedono pazienza e “tassi più elevati più a lungo”.
Kashkari (Minneapolis Fed) ha detto che la restrizione monetaria attuata finora ha avuto effetti modesti sul mercato del lavoro, e i dati per ora non lo inducono a rivedere verso il basso le sue previsioni dei tassi, con un picco a 5,4%.
Kashkari ha rilevato che l’inflazione nei servizi core è ancora robusta e i salari crescono a un ritmo non coerente con l’obiettivo di stabilità dei prezzi.
Pertanto, la Fed deve ancora lavorare per riportare il mercato del lavoro in equilibrio.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha avuto una reazione apparentemente contrastata ieri sul discorso di Powell, prima in calo poi in recupero, ma alla fine ha chiuso in leggero ribasso e così apre anche oggi.
In realtà la risposta del biglietto verde è coerente, perché Powell ha dichiarato che effettivamente i dati del mercato del lavoro sono stati molto forti e questo spiega perché la Fed stia tenendo alta la guardia sul rischio inflazione e ha anche aggiunto che se dovessero uscire ancora dati forti sul mercato del lavoro o di inflazione più elevata la Fed potrebbe aver bisogno di alzare i tassi più di quanto attualmente preventivato.
Tuttavia, al momento lo scenario centrale della Fed è che nel corso di quest’anno l’inflazione scenda significativamente e si assista ad un allentamento delle condizioni del mercato del lavoro.
Questo, unitamente al fatto che il mercato aveva già rivisto al rialzo le attese sui tassi Fed dopo l’employment report, spiega perché come reazione finale il biglietto verde stia ritracciando.
E ora resterà reattivo, in entrambe le direzioni, ai dati, anche se probabilmente, fatte salve sorprese davvero eclatanti verso l’alto, l’upside dovrebbe potersi considerare pressoché esaurito.
Il primo test importante si avrà la settimana prossima (martedì 14 febbraio) con i dati di inflazione.

EURL’euro, dopo essere sceso ieri fino a un minimo di 1,0665 EUR/USD (prima del discorso di Powell) è poi risalito di oltre una figura, di riflesso all’arretramento del dollaro.
In assenza oggi di spunti particolari dovrebbe riuscire a stabilizzarsi o a consolidare, in attesa di indicazioni direzionali più chiare, in particolare dai dati USA della prossima settimana.
Le resistenze chiave in questa fase si collocano nella fascia 1,0760-1,0840 EUR/USD.

GBPAnche la sterlina è tornata a rafforzarsi principalmente di riflesso al ritracciamento del dollaro, risalendo da 1,19 a 1,21 GBP/USD, recuperando anche conto euro da 0,89 a 0,88 EUR/GBP, aiutata in questo caso da alcuni discorsi BoE che supportano l’aspettativa di un altro rialzo dei tassi a marzo, confermando che la banca centrale mantiene ancora alta la guarda sull’inflazione.
In assenza di dati/eventi di rilievo di rilievo oggi la sterlina dovrebbe riuscire a stabilizzarsi o consolidare, in attesa di spunti maggiori venerdì dai dati domestici di PIL del 4° trimestre, per i quali le attese di consenso sono di una stagnazione (0,0% t/t) dopo la contrazione del 3° (-0,3% t/t).

JPYAnche lo yen è tornato a rafforzarsi ieri, da 132 a 130 USD/JPY, ma questa volta non aiutato dai rendimenti a lunga USA, che erano ancora in salita, quanto più dai dati domestici sui salari che hanno mostrato un ampio aumento, contribuendo a mantenere vive le aspettative che in caso di un’eventuale significativa accelerazione della dinamica salariale nei prossimi mesi (il focus sarà sulle contrattazioni salariali della primavera) la BoJ possa modificare in direzione meno espansiva l’asseto di policy.
A prescindere da questo lo yen dovrebbe rafforzarsi comunque nei prossimi mesi sul calo atteso dei rendimenti a lunga USA in chiusura del ciclo di rialzi Fed.
Lo yen si è rafforzato anche contro euro da 142 a 140 EUR/JPY.

 

PREVISIONI:

ITALIA – Le vendite al dettaglio potrebbero tornare a calare a dicembre, in linea con quanto avvenuto nelle altre principali economie, confermando il quadro di debolezza dei consumi privati tra fine 2022 e inizio 2023.