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07 Ottobre 2019 – nota economica giornaliera

GERMANIA – I nuovi ordini nel settore manifatturiero hanno registrato un nuovo calo di -0,6% m/m ad agosto dopo quello di luglio (-2,1%, rivisto da -2,7), per una variazione tendenziale di -6,7% a/a (-5,0% a/a a luglio). La volatilità nei mesi precedenti era stata causata da beni di alto valore unitario (grosse commesse). Corretti per tale volatilità, gli ordini sono in calo, e l’indice dei responsabili degli acquisti segnala ulteriori flessioni fino a settembre. Il calo di agosto riguarda in particolare gli ordinativi domestici.

STATI UNITI – L’employment report a settembre conferma il rallentamento della dinamica occupazionale in corso da inizio anno, ma resta in linea con un mercato del lavoro al pieno impiego. Gli occupati non-agricoli sono in aumento di 136 mila, dopo 168 mila di agosto.
I dati degli ultimi due mesi sono rivisti verso l’alto di 45 mila posti. La variazione media da inizio anno è di 161 mila posti, in calo rispetto alla media di 223 mila del 2018.
Nel settore privato, la variazione degli occupati è di 114 mila dopo 122 mila in ciascuno dei due mesi precedenti. Fra i vari settori, la crescita di occupati è più marcata nella sanità, nei servizi alle imprese e nei trasporti. L’occupazione nel manifatturiero, nell’estrattivo e nelle costruzioni è poco variata, mentre nel commercio al dettaglio è in calo.
Nel settore pubblico la variazione di +22 mila è solo in misura marginale dovuta alla creazione di posti temporanei per il censimento.
L’occupazione rilevata con l’indagine presso le famiglie è in rialzo di 391 mila posti, a fronte di un incremento di 117 mila della forza lavoro. Pertanto, il tasso di disoccupazione cala a 3,5% dopo 3 mesi a 3,7%, toccando il minimo da fine 1969. I salari orari sono invariati su base mensile e frenano la dinamica annua a 2,9% a/a. Le imprese riportano l’utilizzo crescente di benefit per attrarre e trattenere occupati in modo da contenere la componente monetaria delle retribuzioni: questo può in parte spiegare la moderazione della crescita dei salari.
Nel complesso i dati di settembre mostrano un mercato del lavoro solido, in grado di sostenere una crescita moderata dei consumi nei prossimi trimestri. Per ora non ci sono indicazioni di svolta ciclica che preludano a un rallentamento più marcato dell’occupazione, nonostante i segnali di debolezza visti nelle indagini ISM di settembre. La natura ritardata delle informazioni del mercato del lavoro rende comunque cruciale monitorare gli indicatori anticipatori.

 

COMMENTI:

PORTOGALLO – Il Partito Socialista del premier uscente, Costa, ha ottenuto quasi il 37% dei voti alle elezioni politiche di domenica, che dovrebbero fruttare 106 seggi (20 in più rispetto al 2015) sui 226 dell’assemblea nazionale. La sinistra di BE dovrebbe confermare i suoi 19 seggi.

STATI UNITI
– Questa settimana riprendono i negoziati USA-Cina. Nonostante indicazioni ottimistiche da parte di Trump, sembra improbabile che possano esserci passi avanti significativi su un accordo. Gli incentivi per la Cina a cedere su alcuni dei temi strutturali più controversi sono ulteriormente ridotti dall’indebolimento del presidente collegato all’apertura dell’indagine di impeachment. D’altro canto, Trump potrebbe scegliere di indurire la propria posizione e di prendere iniziative più aggressive per concentrare il focus sulla questione Cina e allontanarlo dalle vicende interne.
Prosegue il flusso di discorsi dalla Fed, con un messaggio omogeneo sulla valutazione dell’economia (the economy is in a good place) e aperto a eventuali ulteriori interventi sui tassi.
Powell (presidente Fed) ha ripetuto che l’economia nel complesso è “ben posizionata”, anche se è soggetta a rischi verso il basso, e la Fed intende mantenere le condizioni positive attuali “il più a lungo possibile”. Powell ha anche sottolineato l’indipendenza della Fed da ingerenze politiche affermando che il Congresso ha dato alla banca centrale ampia protezione da pressioni politiche di breve termine.
George (Kansas City Fed) ha dato la stessa valutazione complessivamente positiva dell’economia citata nei discorsi recenti da tutti i partecipanti al FOMC (“the economy is in a good place”), pur ribadendo che a suo avviso i tagli dei tassi attuati a luglio e settembre non erano necessari (George ha dissentito a entrambe le riunioni). George si è detta aperta a eventuali interventi in futuro, se saranno necessari, sottolineando che i rischi per l’economia sono collegati alla politica commerciale e alla congiuntura mondiale.
Riguardo alle tensioni sulla liquidità, la NY Fed ha annunciato che estenderà l’offerta di repo giornalieri fino al 4 novembre, per un ammontare di almeno 75 mld di dollari. Inoltre, la Fed estenderà anche le operazioni di rifinanziamento a 14 giorni, offrendo almeno 45 mld di dollari fra l’8 e l’11 ottobre; successivamente, l’ammontare offerto dovrebbe scendere a 35 mld fino a fine ottobre.
I verbali della riunione di settembre, in pubblicazione mercoledì, daranno qualche informazione sulle alternative allo studio per fronteggiare l’evidente carenza di riserve sul mercato monetario. Alcuni partecipanti propendono per l‘introduzione di una repo facility permanente, per permettere alle istituzioni di chiedere fondi alla Fed senza dover ricorrere alla discount window, tipicamente utilizzata in situazioni di emergenza e associata a segnali di difficoltà delle singole banche.
Tuttavia, la Fed non sembra avere ancora definito i dettagli operativi su questo fronte: Harker (Philadelphia Fed) ha detto che il lavoro per una repo facility permanente è “agli albori”.
Rosengren (Boston Fed) ha detto che a suo avviso potrebbe essere preferibile aumentare le riserve in modo da non essere vincolati dalle fluttuazioni transitorie della liquidità, anche se probabilmente il FOMC lavorerà su entrambi i fronti. È probabile che alla riunione di fine ottobre ci sia un’ulteriore discussione riguardo a un aumento permanente del bilancio che fornisca un margine di riserve sufficiente a evitare le tensioni recenti, potenzialmente intorno a 150-200 mld di dollari.
Il FOMC dovrà cercare di segnalare che un intervento in questa direzione non è mirato a stimolare l’economia, ma ad affrontare la scarsità di riserve, anche se il confine fra i due obiettivi è diventato labile. Una decisione da prendere riguarderà la durata dei titoli da acquistare: sembra probabile che gli eventuali acquisti si concentrino su T-bills e sulla parte breve della curva dei rendimenti.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso la settimana passata al ribasso sui deludenti ISM, salvo riprendersi, ma in misura modesta e temporaneamente, nella giornata di venerdì sull’employment report che, pur confermando il rallentamento della dinamica occupazionale, ha comunque mostrato un mercato del lavoro ancora solido. Il numero di nuovi occupati è calato contro attese di modesto aumento ma sono stati rivisti al rialzo i valori dei due mesi precedenti e il tasso di disoccupazione è sceso. Il governatore della Fed, Powell, ha detto che l’economia USA è in buona forma nonostante vi siano alcuni rischi e l’inflazione è vicina all’obiettivo della Fed del 2%, anche se leggermente inferiore. Il dollaro ha reagito alle parole di Powell rafforzandosi, ma il movimento è stato di lieve entità e soprattutto effimero.
La settimana entrante propone tra i dati i prezzi alla produzione domani e l’inflazione giovedì, attesi in stabilizzazione o marginale moderazione, nonché la fiducia delle famiglie venerdì, attesa in calo. Altri discorsi Fed sono in programma a partire da oggi, con due interventi di Powell domani e mercoledì e i verbali Fed in uscita mercoledì. Data la spaccatura emersa alla riunione di settembre è improbabile che i verbali forniscano chiarezza sulle prossime mosse della Fed, mentre i discorsi potrebbero essere più rilevanti alla luce del flusso di dati in uscita.
Tuttavia l’appuntamento più significativo della settimana sarà la ripresa dei negoziati sui dazi tra USA e Cina, che parte oggi e domani a livello esplorativo per entrare nel vivo giovedì e venerdì con gli incontri tra i rappresentanti di più alto livello. Complessivamente il dollaro dovrebbe riuscire a stabilizzarsi con una tendenza però a restare sulla difensiva, a meno di sorprese positive dai dati o di sviluppi favorevoli nei negoziati USA-Cina in grado di offrirgli nuovo slancio.

EUR – Simmetricamente l’euro, di riflesso ai deludenti dati USA, ha chiuso la settimana passata al rialzo. Il rafforzamento tuttavia è stato modesto, da 1,08 a 1,09 EUR/USD (massimo a 1,0999) il che conferma l’assenza di spunti di forza propria della moneta unica.
La settimana entrante propone tra i dati la produzione industriale tedesca domani, e quella francese e italiana giovedì, attese in miglioramento, con quella tedesca però ancora in contrazione. A partire da domani sono in programma anche alcuni discorsi BCE, mentre giovedì verranno pubblicati i verbali dell’ultima riunione BCE. A meno di delusioni dai dati dell’area o di sorprese positive dagli USA l’euro dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi nel range della scorsa settimana. I livelli da monitorare, perché se sfondati al rialzo provocherebbero l’uscita del cambio dal fronte ribassista in atto, sono le resistenze della fascia 1,1070-1,1170 EUR/USD. Come supporto il livello chiave è rappresentato dal minimo della settimana scorsa a 1,0877 EUR/USD, che è anche il minimo dell’anno.

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana in marginale rialzo contro dollaro ma con una dinamica molto volatile e di fatto priva di direzionalità all’interno del range 1,22-1,24 GBP/USD e stabile contro euro nella fascia 0,88-0,89 EUR/GBP. La configurazione tecnica segnala una situazione di elevata incertezza, il che è coerente con gli sviluppi sul fronte Brexit.
L’UE ha chiesto infatti al governo britannico di presentare una proposta d’uscita dettagliata oggi, spiegando che quella presentata da Johnson mercoledì scorso non rappresenta una base sufficiente per un nuovo accordo.
Nel frattempo il governo ha fatto sapere che il primo ministro chiederà all’UE il rinvio di Brexit, rispettando il dettato della legge anti no-deal, qualora non si trovasse un accordo entro il 19 ottobre. Johnson però ha continuato a ribadire il contrario, affermando di non voler chiedere alcun rinvio e di voler portare il Regno Unito fuori dall’UE il 31 ottobre. Secondo alcuni commentatori il contrasto tra le parole del premier e l’annuncio del governo potrebbe far parte di una strategia politica volta a cercare qualche scappatoia legale per evitare di chiedere il rinvio o per spingere di fatto l’UE a non concederlo. I riflettori rimangono dunque puntati su Brexit e la reattività della sterlina resta simmetrica agli sviluppi su questo fronte.
Per quanto riguarda i dati giovedì escono quelli di produzione industriale attesi in contrazione, mentre domani sono in programma alcuni discorsi BoE, tra cui quello di Carney, che saranno interessanti da seguire per verificare se le dichiarazioni dovish di Saunders di due settimane fa siano da considerarsi isolate o se si stia formando all’interno della BoE un fronte favorevole ad un taglio dei tassi per contrastare i rischi verso il basso derivanti dall’incertezza su Brexit.

JPY – Anche lo yen ha chiuso la settimana passata al rialzo sia contro dollaro da 108 a 106 USD/JPY sia contro euro da 118 a 117 EUR/JPY, traendo vantaggio dai deludenti ISM statunitensi, dal calo dei rendimenti USA su tutta la curva e da un nuovo aumento della risk aversion. Questa settimana il ruolo chiave sarà giocato dagli sviluppi sul fronte dei negoziati USA-Cina: eventuali notizie positive su questo versante tornerebbero a indebolire la valuta nipponica.

 

PREVISIONI:

ZONA EURO
– Sono in calendario i dati di produzione industriale di agosto: in Francia, la produzione è vista aumentare (0,2% m/m) a un ritmo simile a quello di luglio. Un calo è atteso in Germania, mentre in Italia ci attendiamo un rimbalzo dopo due mesi consecutivi di contrazione.
– L’Eurogruppo tornerà a occuparsi di nomine BCE e del budget comune dell’Eurozona.

STATI UNITI
– I dati in uscita la prossima settimana sono pochi: inflazione di settembre e fiducia dei consumatori di ottobre. Il CPI core dovrebbe registrare un incremento di 0,2% m/m, dopo tre rialzi consecutivi di 0,3% m/m. Il PPI core è previsto in aumento di 0,2% m/m, mentre i prezzi all’import dovrebbero essere invariati, sulla scia del continuo apprezzamento del cambio.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan dovrebbe correggere ancora, segnalando che il picco della crescita dei consumi è alle spalle.