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4 Novembre 2022 – nota economica giornaliera

ITALIA – Il tasso dei senza lavoro è rimasto stabile al 7,9%, e il dato di agosto è stato rivisto al rialzo di un decimo: dopo le flessioni registrate nei due mesi precedenti, è tornata a crescere la forza lavoro; aumento che si è tradotto soprattutto in una crescita degli occupati e, in misura minore, delle persone in cerca di occupazione.
Riteniamo che sia in Italia che nel complesso dell’area euro nei prossimi mesi la dinamica occupazionale non potrà non risentire del rallentamento ciclico, ma vediamo un aumento nel complesso moderato del tasso di disoccupazione.

AREA EURO – Ieri in Eurozona a settembre il tasso di disoccupazione si è attestato al 6,6%, e i dati di luglio e agosto sono stati rivisti al rialzo di un decimo, al 6,7%.

GERMANIA – Questa mattina gli ordini all’industria di settembre hanno subito un crollo di -4% m/m (ottavo mese consecutivo di flessione), dopo il -2% m/m di agosto (rivisto da -2,4%).
Il calo è dovuto soprattutto agli ordinativi esteri (-7% m/m).
Le aziende hanno registrato una contrazione ampia per i beni capitali (-6% m/m) e meno marcata per i beni intermedi (-3,4% m/m); di contro, i beni di consumo sono cresciuti di +7,2% m/m.
Il fatturato è salito di appena 0,2% m/m.

STATI UNITI
– Ieri, le nuove richieste di sussidi di disoccupazione al 29 ottobre sono circa stabili a 218 mila, mentre i sussidi esistenti al 22 ottobre sono aumentati a 1,485 mln (+47 mila). I dati restano in linea con un mercato del lavoro sempre caratterizzato da eccesso di domanda.
– L’ISM dei servizi a ottobre è calato a 54,4 da 56,7 di settembre, sulla scia di un indebolimento della crescita per i principali sotto-indici (attività a 55,7 da 59,1, ordini a 56,5 da 60,6).
L’entrata dell’occupazione in territorio recessivo, a 49,1 da 53, apre la strada a un probabile netto rallentamento della dinamica occupazionale nei comparti che hanno sostenuto la domanda di lavoro nella fase post-pandemica.
Sul fronte dei prezzi, invece, in controtendenza rispetto ai segnali disinflazionistici dell’indagine nel manifatturiero, l’indice ha registrato un modesto rialzo a 70,7.
– L’indagine presso le piccole imprese condotta dalla National Federation of Independent Business a settembre è salita a 92,1 (+0,3 p), mantenendosi per il nono mese consecutivo sotto la media storica di 98.
Le imprese riportano che le principali preoccupazioni sono l’inflazione e la scarsità di manodopera e rimangono pessimiste riguardo alle prospettive per l’attività nei prossimi 6 mesi.
La percentuale netta di imprese che hanno alzato i prezzi di vendita è scesa a 51%, mentre il 31% netto prevede ulteriori aumenti nei prossimi 6 mesi.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il 23% netto prevede di coprire posizioni aperte, con il 45% di imprese che ha aumentato i salari e il 23% che prevede ulteriori incrementi retributivi.
Nel complesso, l’indagine conferma la presenza di eccesso di domanda sul mercato del lavoro, anche se le pressioni sono su un trend modestamente verso il basso.
– La bilancia commerciale di settembre ha registrato un ampliamento del deficit a 73,3 mld, da 65,7 mld di agosto.
I dati riportano correzioni delle esportazioni (-1,1% m/m), a fronte di una ripresa dell’import (1,5% m/m), dopo diversi mesi di flessioni.
I dati segnalano che il contributo del canale estero nel 3° trimestre potrebbe essere ridimensionato rispetto alla stima advance di 2,8pp.
In termini prospettici, il dato di settembre fornisce la base per un contributo delle esportazioni nette minore nel 4° trimestre.

 

COMMENTI:

ITALIA – Oggi, il Governo è atteso approvare nel tardo pomeriggio la Nota di Aggiornamento al DEF completa del nuovo quadro programmatico di finanza pubblica, dopo che il documento varato dal precedente esecutivo lo scorso 28 settembre aveva incluso solo l’aggiornamento del quadro tendenziale. Secondo fonti di stampa, l’ipotesi di crescita del PIL allo 0,6% per l’anno prossimo sarebbe confermata ma il nuovo target sul deficit 2023 salirebbe al 4,5% (dal 3,4% previsto nel quadro a legislazione vigente), il che implicherebbe una manovra espansiva per quasi 21 miliardi; tra le coperture della manovra sarebbe prevista la rimodulazione dei superbonus edilizi e del Reddito di Cittadinanza.
Almeno 15 miliardi dovrebbero essere destinati a un nuovo decreto contro gli effetti dei rincari energetici, che potrebbe essere varato la prossima settimana.
Nel CdM di oggi potrebbe trovare spazio anche un decreto che assegnerebbe circa 2 miliardi di metri cubi di gas di produzione a prezzo calmierato alle aziende gasivore.
Intanto, ARERA ha comunicato che per le famiglie in regime di tutela è prevista una riduzione del 12,9% della bolletta del gas sui consumi di ottobre.

BCEVisco (Banca d’Italia) ha detto che non bisogna attendersi che la BCE alzi i tassi tanto quanto la Fed, e che le aspettative di mercato sul tasso di deposito (tornato ieri al 3%) sono ragionevoli.
Secondo Visco, i tassi dovranno essere aumentati in modo continuo ma graduale.
Anche Panetta sostiene l’opportunità di nuovi rialzi dei tassi ufficiali, mentre preferirebbe avviare la riduzione del portafoglio APP soltanto dopo la restituzione dei fondi TLTRO.
Secondo Centeno (Portogallo), gran parte dei rialzi dei tassi ufficiali sono già stati fatti, e l’inflazione dovrebbe segnare il picco in questo trimestre.
Per il lettone Kazaks, i tassi dovranno salire ancora molto e non c’è motivo di prendersi una pausa a fine anno, malgrado lo scenario recessivo che si va consolidando nell’eurozona.
Anche secondo la presidente BCE Lagarde la debole recessione attesa nei prossimi mesi non sarà sufficiente a evitare rialzi dei tassi ufficiali.
Per Nagel (Bundesbank), la BCE alzerà i tassi di 50 o 75 punti base il 15 dicembre.

REGNO UNITO – La Bank of England ha alzato il base rate di 75pb al 3,00%, ma indicando che la probabilità di osservare nel 2023 una prolungata recessione limiterà l’estensione dei futuri rialzi dei tassi.
Il governatore Bailey ha affermato che i tassi “saliranno meno di quanto attualmente prezzato dai mercati”. In particolare, la BoE prevede 8 trimestri di contrazione in caso di picco dei tassi ufficiali a 5,25%, e comunque 5 trimestri di contrazione anche con i tassi stabili al 3%.
Le dichiarazioni inaspettatamente nette riguardo all’andamento futuro della politica monetaria hanno indebolito la sterlina sui mercati valutari.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro è salito ampiamente ieri, proseguendo il rafforzamento post-FOMC grazie alla salita dei rendimenti, riflesso della possibilità che il punto di arrivo del ciclo di rialzi Fed sia più elevato di quanto ipotizzato a settembre.
Questo ha prevalso sui dati: il dollaro, infatti, è sceso solo temporaneamente ieri sull’ISM non-manifatturiero che è calato più delle attese confermando le indicazioni di rallentamento della crescita.
Un test ancora più importante si avrà oggi con l’employment report: la attese sono per un aumento ancora robusto degli occupati, ma a ritmi comunque più contenuti rispetto ai mesi precedenti, il che sarebbe in linea appunto con uno scenario di rallentamento della crescita.
Se il dato dovesse deludere il dollaro amplierebbe l’indebolimento già in atto – sotto forma di ritracciamento – questa mattina.

EURL’euro ha corretto ieri da 0,98 a 0,97 EUR/USD sul rafforzamento post-FOMC del dollaro, cedendo nuovamente questa mattina sui dati degli ordini tedeschi e della produzione francese risultati negativi, a conferma di uno scenario di avvio di recessione imminente nell’area euro.
Importante ora sarà la reazione all’employment report: se dovesse deludere, l’euro tornerebbe a rafforzarsi, riassorbendo integralmente o in buona parte il calo di ieri.
L’upside rimane comunque limitato per via del peggioramento dello scenario area euro.

GBPLa sterlina ha corretto ieri da 1,14 a 1,11 GBP/USD contro dollaro, complice sia il rafforzamento generalizzato di quest’ultimo sia l’esito della riunione BoE.
La valuta britannica si è infatti indebolita anche contro euro da 0,86 a 0,87 EUR/GBP.
La BoE ha alzato i tassi come da attese di 75 pb a 3,00%, indicando che a causa del peggioramento dello scenario di inflazione potranno essere necessari altri rialzi, anche se probabilmente in misura inferiore rispetto a quanto scontato dal mercato (che sottende un punto di arrivo del ciclo di rialzi a 4,50-4,75% da qui a un anno circa).
La decisione non è stata presa all’unanimità, ma con una maggioranza di 7 su 9: S. Dhingra e S. Tenreyro hanno votato per rialzi più contenuti, rispettivamente di 50 pb e 25 pb.
A penalizzare la sterlina però non è stata la decisione sui tassi, ma la presentazione del nuovo scenario macro, che la BoE stessa ha definito “molto problematico, contenuto nel MPR aggiornato.
La BoE ha infatti confermato la previsione di recessione protratta attesa partire dal 3° trimestre di quest’anno e proseguire sia nel 2023 che nel 2024.
È stata inoltre rivista al ribasso la previsione per il 2024, con attese di un recupero solo marginale nel 2025.
È rimasta invece invariata la previsione per l’anno prossimo, mentre è stata rivista al rialzo la stima per quest’anno, come effetto delle misure fiscali espansive annunciate tra settembre e ottobre.
Il nuovo profilo di crescita attesa è 4,25% quest’anno, -1,5% nel 2023, -1% nel 2024 e 0,5% nel 2025, laddove il profilo contenuto nel MPR di agosto era 3,5% quest’anno, -1,5% nel 2023 e -0,25% nel 2024.
La BoE ha confermato anche il profilo molto elevato dell’inflazione, pur rivedendo al ribasso la previsione per la fine di quest’anno da 13% a 10¾% grazie al tetto sui rincari energetici e ritoccando al ribasso anche i numeri per l’anno prossimo da 5½% a 5¼%.
È invece rimasta invariata a 1,5% (al di sotto del target del 2%) la previsione per il 2024 ed è stata collocata a 0% quella per il 2025.
I rischi dello scenario di previsione sono giudicati bilanciati per la crescita e ancora invece verso l’alto per l’inflazione.
Il nuovo scenario rimane a nostro avviso coerente con un profilo di rialzi dei tassi BoE che potrebbe avere come punto di arrivo un bank rate a 4,25%-4,50% tra 1° e 2° trimestre dell’anno prossimo.
Indicazioni importanti per ricalibrare le previsioni sui tassi BoE si avranno in occasione della pubblicazione del nuovo piano fiscale il 17 novembre.
L’entrata in recessione e l’ulteriore salita dell’inflazione attesa per fine anno prospettano nuova debolezza per la sterlina nel breve.
Manteniamo pertanto attese di nuovo indebolimento della sterlina contro dollaro nel breve ma ne rivediamo al rialzo i livelli di minimo attesi, essendo venute meno, con il cambio di governo, le criticità che si erano invece create con l’annuncio del piano fiscale del precedente ministro delle finanze K. Kwarteng.
Manteniamo anche previsioni di graduale recupero nel corso dell’anno prossimo, principalmente di riflesso all’attesa interruzione del trend rialzista del dollaro, ma anche in funzione di un profilo di rialzi dei tassi più elevati rispetto a quanto ipotizzato in precedenza.
Il profilo atteso della sterlina contro dollaro passa dunque a 1,06-1,08-1,12-1,18 GBP/USD a 1m-3m-6m-12m dal precedente 1,05-1,03-1,12-1,18 GBP/USD.
Contro euro le nuove previsioni sono 0,87-0,87-0,89-0,89 EUR/GBP a 1m-3m-6m-12m dalle precedenti 0,88-0,90-0,90-0,89 EUR/GBP.

JPYAnche lo yen si è indebolito ieri contro dollaro sulla salita dei rendimenti a lunga USA, ma di poco, da 147 a 148 USD/JPY.
La consapevolezza che le autorità restano pronte a intervenire in caso di deprezzamento eccessivo e le aperture di Kuroda a una revisione – futura – della strategia di policy in direzione meno espansiva se l’inflazione dovesse portarsi verso l’obiettivo contribuiscono a contenere il downside della valuta nipponica.
Un’eventuale delusione dall’employment report favorirebbe un rafforzamento dello yen.
Contro euro lo yen si è invece rafforzato ieri, da 145 a 144 EUR/JPY, essendo il calo dell’EUR/USD più ampio della salita dell’USD/JPY.

 

PREVISIONI:

ITALIA – Stimiamo un calo del PMI servizi a 48,3 da 48,8 di ottobre, che, dopo il calo del PMI manifatturiero comunicato mercoledì, porterebbe il PMI composito a 47 da un precedente 47,6 (che, se si escludono i mesi di lockdown del 2020, rappresenterebbe un minimo dal 2013).

AREA EURO
 – In a settembre la crescita del PPI è attesa decelerare all’1,7% m/m dopo il 5% m/m registrato ad agosto; come ad agosto, dovrebbe essere stata ancora la componente energetica (e, in misura minore, i beni di consumo non durevoli) a guidare i rincari, mentre per i beni intermedi e strumentali le pressioni potrebbero aver superato il picco; l’inflazione dei prezzi alla produzione è vista pertanto rallentare lievemente al 41,9% a/a.
– Le stime finali degli indici PMI servizi e composito sono attese ribadire il quadro di contrazione dell’attività economica diffuso a tutti i macrosettori.
Tra le principali economie, solo la Francia registra un livello degli indicatori coerente con una stagnazione dell’economia, grazie alla maggiore resilienza dei servizi.
– In calendario per oggi anche i dati di produzione industriale di settembre in Francia e Spagna; in Francia, prevediamo un calo dell’output di -0,5% m/m dopo l’ampio rimbalzo registrato nel mese precedente.

STATI UNITI – Oggi i dati del mercato del lavoro dovrebbero confermare il proseguimento di una dinamica occupazionale robusta, ma in graduale rallentamento.
Gli occupati non agricoli a ottobre sono attesi in aumento di 190 mila, dopo 263 mila di settembre.
Il rallentamento della domanda e le indicazioni delle indagini puntano a un proseguimento del trend verso il basso della dinamica occupazionale, sempre positiva ma gradualmente meno sostenuta.
Il tasso di disoccupazione dovrebbe risalire a 3,6%, da 3,5% di settembre, con un modesto aumento della partecipazione dopo il calo di settembre.
I salari orari dovrebbero mantenersi sul trend recente di aumenti mensili di 0,3% m/m.
Il mercato del lavoro, che risponde con ritardi molto lunghi alla restrizione monetaria, richiederà tempo prima di evidenziare segnali di significativo rallentamento.
Le previsioni di restrizione monetaria persistente implicano, a nostro avviso, un periodo di contrazione degli occupati nella parte centrale del 2023.