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4 Novembre 2021 – nota economica giornaliera

ITALIA – Gli occupati a settembre sono tornati ad aumentare, dopo due mesi di calo (+59 mila unità); la crescita è stata più accentuate di quella delle forze di lavoro, causando una flessione di un decimo del tasso di disoccupazione, a 9,2%.
Rispetto a febbraio 2020, il numero di occupati è inferiore di oltre 300 mila unità, il tasso di occupazione e quello di disoccupazione sono più bassi di 0,4% e 0,6% rispettivamente, mentre il tasso di inattività è superiore di 0,9%.
Anche nel complesso dell’Eurozona il tasso di disoccupazione è calato di un decimo (7,4%).

GERMANIA – Gli ordinativi industriali di settembre hanno registrato una crescita di +1,3% m/m, dopo il crollo del -8,8% m/m (rivisto al ribasso da -7,7% m/m) di agosto.
Il recupero ha coinvolto anche il settore auto (+9,6% m/m), ma permangono difficoltà per via dei colli di bottiglia nella fornitura dei beni.
Il fatturato nel comparto manifatturiero è sceso di -0,3% m/m.

STATI UNITI
 – Ieri, la stima ADP dei nuovi occupati non agricoli privati di ottobre ha sorpreso verso l’alto, con una variazione di 576 mila, di cui 113 mila nell’industria e 458 mila nei servizi.
Il dato mette rischi verso l’alto per la previsione dei nonfarm payroll in uscita domani, anche se recentemente l’ADP ha sovrastimato i risultati effettivi dell’employment report.
– Anche l’ISM dei servizi di ottobre ha fornito una sorpresa positiva, toccando un nuovo massimo storico a 66,7 da 61,9 di settembre, con indicazioni di continuo aumento della domanda evidenti da attività e ordini, in presenza ulteriori rialzi dei tempi di consegna e prezzi.
L’occupazione, pur in territorio espansivo, corregge a 51,6, segnalando difficoltà a soddisfare la domanda di manodopera.
I risultati dell’indagine sono un’ulteriore conferma dell’eccesso di domanda che caratterizza l’economia USA, generando pressioni verso l’alto su prezzi e salari.

 

COMMENTI:

BCEVilleroy de Galhau, governatore di Banque de France, ha detto di ritenere che la BCE non avrà bisogno di alzare i tassi nel 2022.
Secondo la presidente della BCE Lagarde, è molto improbabile che i tassi ufficiali possano essere alzati nel 2022.
De Cos, governatore della Banca di Spagna, ha dichiarato che l’analisi interna della BCE indica che le condizioni per un rialzo dei tassi non saranno soddisfatte né nel 3° trimestre 2022, né immediatamente dopo.

REGNO UNITO – L’esito della riunione di politica monetaria della Bank of England rimane altamente incerto: il consenso degli analisti, pur divisi sulla questione, è per tassi invariati, ma le attese di mercato (un po’ ridimensionatesi negli ultimi giorni) scontano un rialzo da 0,10% a 0,25%.
L’incertezza sul timing del primo rialzo è circoscritta ad un intervallo temporale molto limitato – riunione odierna, prossima riunione di dicembre o riunione successiva di febbraio.
Vi è già un consenso interno a favore di un rialzo a breve, in quanto le aspettative di inflazione stanno già superando il limite di tolleranza, ma alla riunione di settembre era emersa anche una preoccupazione condivisa (seppure non unanime) riguardante in particolare il rischio di un ulteriore freno alla ripresa (già rallentata dall’aumento estivo dei contagi) derivante dall’evoluzione del mercato del lavoro, una volta chiuso a fine settembre il programma “furlough scheme”.

STATI UNITI – La riunione del FOMC si è conclusa con l’avvio del tapering e con il riconoscimento che le pressioni verso l’alto sull’inflazione e le strozzature all’offerta potrebbero essere più persistenti del previsto.
Il tapering inizia con una riduzione di 15 mld al mese, che potrebbe essere aggiustata in futuro in base all’evoluzione dello scenario economico.
Powell ha riconosciuto che i rischi sull’inflazione sono verso l’alto e che la persistenza dei fattori considerati ora transitori potrebbe accelerare il ritmo del tapering, anche se per ora “è appropriato essere pazienti”.
A nostro avviso, il messaggio della riunione è complessivamente hawkish e apre la strada a un possibile anticipo del primo rialzo dei tassi e alla possibilità di due interventi nel 2022.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro è sceso ieri sera sull’esito del FOMC, ma di poco e oggi è di nuovo in risalita.
Come da attese, la Fed ha avviato il tapering, specificando che gli acquisti verranno ridotti di 15 miliardi di dollari (di 10 i Teasuries e di 5 i MBS) questo mese e di altrettanti il prossimo.
La riduzione dovrebbe proseguire a ritmi analoghi nei mesi successivi il che implicherebbe di terminare il programma entro metà 2022.
La Fed si riserva però di modificare il ritmo degli acquisti in funzione dell’evoluzione del quadro macro.
Con riferimento ai tassi, ha ribadito che il tapering non ha implicazioni dirette sull’avvio del ciclo di rialzi, confermando che la guidance resta invariata.
La valutazione dello scenario macro è rimasta analoga a quella fornita a settembre, ma sono cambiati alcuni dettagli nella terminologia usata per descrivere i rischi dello scenario.
In particolare la Fed ribadisce che l’inflazione è elevata, ma “a causa di fattori che ci si aspetta siano transitori”, laddove a settembre spiegava che era elevata “a causa di fattori transitoritout court.
Il nuovo wording potrebbe essere interpretato sia in senso dovish che hawkish, ma letteralmente nel sollevare il dubbio sulla natura transitoria o meno di tali fattori l’implicazione parrebbe più hawkish.
Poco più vanti nel comunicato però la Fed mette in evidenza che il futuro venir meno delle strozzature all’offerta favorirà la ripresa (della crescita) ma anche contemporaneamente la discesa dell’inflazione, concetto che non è nuovo ma viene riportato nella prima parte del comunicato laddove a settembre era emerso solo in conferenza stampa.
E questo all’opposto parrebbe voler sottolineare che al di là del breve l’inflazione rientrerà a target, come a voler ridimensionare le preoccupazioni di un crescente rischio inflazionistico.
Ed è questo che ha probabilmente contribuito a penalizzare il dollaro, soprattutto considerando che a settembre la conferenza stampa era stata più generosa nel dettagliare gli argomenti che facevano emergere timori di un accresciuto rischio inflazionistico.
La Fed ha però ribadito che per quanto transitori siano i fattori in questione, rimane difficile valutarne la durata/persistenza ed è questo che poi può fare l’effettiva differenza sul profilo finale dell’inflazione, ragion per cui la Fed ripete anche che resta pronta a intervenire adeguatamente per fronteggiare il rischio di un’eccessiva inflazione.
Ed è questo che ha verosimilmente contribuito ad arginare la reazione ribassista del dollaro.
È possibile che la Fed abbia evitato di accentuare ulteriormente le argomentazioni sull’accresciuto rischio inflazionistico per prevenire una reazione eccessiva del mercato nel momento in cui già veniva lanciata la prima fase del processo di normalizzazione (il tapering), in modo da non anticipare troppo le aspettative di rialzo dei tassi.
Il messaggio finale però non viene alterato, per cui se i dati in uscita da qui a metà dicembre (data del prossimo FOMC) supporteranno lo scenario macro già tracciato dalla Fed la probabilità attesa di un avvio anticipato del ciclo di rialzi dei tassi Fed andrà aumentando, favorendo un rafforzamento del dollaro.

EURL’euro si è rafforzato ieri sera sull’esito del FOMC, ma in misura contenuta, mantenendosi nel range dell’ultima settimana 1,15-1,16 EUR/USD e oggi è di nuovo in calo.
Il fatto che la Fed non abbia chiuso le porte all’eventualità di un avvio anticipato del ciclo di rialzi dei tassi e la reiterazione da parte di Lagarde (in un discorso tenuto ieri mattina) che è molto improbabile che le condizioni per alzare i tassi BCE siano soddisfate già l’anno prossimo limitano l’upside dell’euro nell’immediato e lasciano spazio per nuova debolezza entro fine anno se i dati USA convalideranno lo scenario di un primo rialzo Fed nel 2022 piuttosto che nel 2023.

GBPLa sterlina si è rafforzata contro dollaro ieri sera sull’esito del FOMC, restando comunque in area 1,36 GBP/USD, e marginalmente meno dell’euro rispetto al quale ha ceduto lievemente, seppur restando in area 0,84 EUR/GBP.
Oggi però è già in calo contro dollaro e in leggero recupero contro euro, ma in questo caso il focus sarà sull’esito dell’odierna riunione BoE che rimane altamente incerto: il consenso è per tassi invariati mentre il mercato contempla ancora un incremento da 0,10% a 0,25%.
L’incertezza sul timing del primo rialzo è circoscritta ad un intervallo temporale molto limitato – riunione odierna, prossima riunione di dicembre o riunione successiva di febbraio.
Vi è già un consenso interno a favore di un rialzo a breve, in quanto le aspettative di inflazione stanno già superando il limite di tolleranza, ma alla riunione di settembre era emersa anche una preoccupazione condivisa (seppure non all’unanimità) riguardante in particolare il rischio di un ulteriore freno alla ripresa (rallentata nel breve dall’aumento estivo dei contagi dovuto alla variante Delta) derivante dall’evoluzione del mercato del lavoro una volta chiuso a fine settembre il programma “furlough scheme.
I dati disponibili ad oggi non consentono di trarre già una conclusione sugli effetti della chiusura del programma, che richiederebbe almeno un altro mese o due di osservazione.
Dai discorsi BoE non si riesce a tracciare un profilo aggiornato delle preferenze in quanto solo cinque su nove esponenti hanno rilasciato dichiarazioni di recente, tre più hawkish (Saunders, Pill e il governatore Bailey) e due più dovish (Mann e Tenreyro).
Quanto ai dati pubblicati dopo la riunione di settembre, non vi sono state ulteriori sorprese al rialzo sull’inflazione mentre gli indicatori di attività confermano un rallentamento della crescita nel 3° trimestre (il dato di PIL uscirà l’11 novembre).
A nostro avviso l’esito della riunione odierna potrebbe essere tassi fermi ma con una maggioranza minima, prevalendo l’argomentazione che data l’incertezza che grava su una ripresa post-crisi pandemica può essere prudente attendere ancora un po’ (riunione del 16 dicembre) per verificare che l’evoluzione del mercato del lavoro dopo la chiusura del programma “furlough” non comprometta le prospettive di ripresa.
Tra l’altro la salita dei tassi di mercato/rendimenti intervenuta nel frattempo corrisponde già ad una parziale restrizione monetaria, per cui non sarebbe un breve rinvio del primo rialzo del bank rate a far “scappare” l’inflazione.
Tuttavia la forza degli argomenti a favore di un rialzo anticipato oggi è approssimativamente altrettanto solida, in quanto la BoE potrebbe comunque spiegare che il rischio di una mossa subito è modesto in quanto i mercati hanno già di fatto operato la restrizione e da parte sua la BoE può permettersi di essere più cauta negli interventi successivi.
Inoltre la pubblicazione oggi del Monetary Policy Report contenente lo scenario aggiornato di crescita e inflazione potrebbe fornire la giustificazione “macroeconomica” a favore di un rialzo immediato. Attribuiamo pertanto una probabilità del 51% allo scenario di tassi fermi oggi e del 49% allo scenario di un rialzo oggi da 0,10% a 0,25%.
In caso di tassi fermi, il primo rialzo sarebbe solo rinviato a dicembre o al più tardi febbraio.
La sterlina dovrebbe indebolirsi in caso di tassi fermi oggi, sia contro dollaro sia contro euro, ma in misura modesta perché l’avvio del ciclo di rialzi sarebbe solo rinviato di poco.
In casi di rialzo odierno dovrebbe invece rafforzarsi, ma la reazione potrebbe rientrare già nel breve se la BoE decidesse di controbilanciare l’effetto di un rialzo anticipato attenuando il profilo dei rialzi successivi.

JPYLo yen ha avuto una reazione più contrastata contro dollaro sull’esito del FOMC, ma di fatto ridotta e alla fine si è indebolito da 113 a 114 USD/JPY, mentre contro euro inizialmente è sceso da 131 a 132 EUR/JPY, ma oggi è in calo, per via del movimento dell’EUR/USD.
Confermate le attese di ulteriore debolezza a venire, in primis contro dollaro, soprattutto se i dati USA convalideranno uno scenario di possibile avvio anticipato dei rialzi Fed.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – La giornata corrente prevede la pubblicazione della stima finale dei PMI servizi, attesa subire una revisione al ribasso ad ottobre per effetto di una possibile limatura del dato tedesco; in Italia l’indice PMI dei servizi di ottobre dovrebbe mostrare una correzione.

STATI UNITI
 – Fra le informazioni in uscita oggi c’è il deficit della bilancia commerciale di settembre, che dovrebbe ampliarsi in misura significativa, a -81 mld, da -73,3 mld di agosto, come segnalato dai dati della bilancia preliminare dei beni.
L’aumento deriva dagli effetti, probabilmente transitori, degli uragani sul comparto energetico.
– Le richieste di nuovi sussidi di disoccupazione dovrebbero proseguire sul trend in calo.