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3 Ottobre 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – Il tasso di disoccupazione è calato a sorpresa al 7,3% da un precedente 7,5% (rivisto da 7,6%), un minimo da gennaio 2009.
I dati mostrano un aumento degli occupati (+59 mila unità, con il tasso di occupazione al 61,5%, un massimo dall’inizio delle rilevazioni mensili nel 2004), un calo dei disoccupati (-62 mila) e una sostanziale stabilità degli inattivi (+5 mila, con un tasso di inattività invariato al minimo storico di 33,5%).
I dati estivi sono tipicamente volatili; ci aspettiamo che nei prossimi mesi il tasso dei senza lavoro possa tornare a salire ma in misura moderata, raggiungendo un picco attorno all’8% nei mesi centrali del 2024.

AREA EURO
 – Ieri il tasso di disoccupazione è calato al 6,4% ad agosto (un minimo da almeno il 1998), dopo che il dato relativo al mese precedente è stato rivisto al rialzo di un decimo al 6,5%.
Nonostante i segnali di rallentamento del ciclo il mercato del lavoro resta solido ma nei prossimi mesi, come anticipato dalle intenzioni di assunzione delle imprese, ci aspettiamo un contenuto aumento del tasso di disoccupazione, atteso toccare un picco intorno al 6,8% nei mesi centrali del 2024.
– Le stime degli indici PMI manifatturieri di settembre hanno rilevato un aumento superiore alle attese in Italia (46,8 da 45,4) e in Spagna (47,7 da 46,5).
Entrambi gli indici restano però su livelli recessivi, confermando le indicazioni di contrazione per produzione e ordinativi, seppur su ritmi meno sostenuti rispetto ai mesi precedenti.
Le stime finali hanno registrato una revisione al ribasso in Germania (39,6 da 39,8 della prima lettura e da 39,1 ad agosto) e al rialzo in Francia (44,2 da 43,6; 46 il mese precedente).
Il dato relativo al complesso dell’Eurozona è rimasto invariato a 43,4 (sostanzialmente stabile rispetto al 43,5 di agosto).
Al netto del dato francese che potrebbe sovrastimare l’entità del rallentamento, è possibile che il punto di minimo per la manifattura europea sia stato raggiunto; le indagini sembrano in fase di stabilizzazione ma restano su livelli storicamente bassi ed è ancora prematuro parlare di ripresa viste le indicazioni sugli acquisti di input produttivi e sulle scorte di prodotti finiti che non puntano ancora verso una fase di re-stocking.

STATI UNITI
– Ieri l’ISM manifatturiero di settembre ha registrato un netto incremento a 49 da 47,6 di agosto, rimanendo sotto la soglia di invarianza ma segnando un massimo da novembre 2022.
L’indagine ha mostrato un miglioramento per la produzione (52,5 da 50) e gli ordini (49,2 da 46,8), mentre l’indice sui prezzi pagati è calato a 43,8 da 48,4, nonostante il recente rincaro della benzina.
Segnali positivi sono giunti anche dall’occupazione, tornata in territorio espansivo a settembre (51,2 da 48,5).
Nonostante il terzo rialzo consecutivo, l’ISM è coerente con un contributo marginale del settore manifatturiero alla crescita del PIL nel terzo trimestre.
I segnali di (timido) recupero, tuttavia, hanno trovato conferma nella stima finale del PMI manufatturiero di settembre, che si è attestata a 49,8, in aumento rispetto alla stima preliminare (48,9) e alla rilevazione di agosto (47,9).
– La spesa in costruzioni ad agosto è aumentata come previsto dal consenso dello 0,5% m/m (7,4% a/a), in leggero rallentamento rispetto allo 0,9% di luglio (rivisto verso l’alto da 0,7% precedente). La spesa privata è cresciuta dello 0,5% m/m, grazie alla variazione positiva della componente residenziale (0,6% m/m) e, in minor misura, di quella non residenziale (0,3% m/m).
La spesa pubblica ha registrato un rimbalzo di 0,6% m/m dopo il -0,4% di luglio, trainata dal settore sanitario.
Nonostante gli effetti della restrizione monetaria, le costruzioni sono cresciute ancora ad un ritmo solido nel terzo trimestre, supportate dalla domanda di abitazioni residenziali unifamiliari che sta beneficiando della scarsità di case esistenti in vendita sul mercato.

 

COMMENTI:                                                                     

STATI UNITI – Sul fronte Federal Reserve, ieri Barr ha dichiarato che il livello dei tassi è a un livello sufficientemente restrittivo per poter riportare l’inflazione al 2% (o molto vicino ad esso) e ha sottolineato che sarà necessario mantenere i tassi elevati per un periodo prolungato di tempo.
Mester (Fed di Cleveland) ha sostenuto di vedere ancora un rialzo entro fine anno; la decisione dipenderà da diversi fattori che potrebbero influenzare la crescita del PIL, tra i quali il rallentamento della Cina, gli scioperi del settore automobilistico e un possibile shutdown del Governo.
Powell nel suo intervento a York non si è soffermato sulla politica monetaria, ma ha rimarcato come l’economia stia ancora recuperando dalla pandemia da Covid-19 e vi siano carenze di manodopera nel settore sanitario tuttora da colmare.

MONDO – Il PMI manifatturiero globale è salito marginalmente a 49,1 in settembre.
Produzione e ordinativi hanno registrato lievi progressi, pur restando su livelli ancora coerenti con una contrazione dell’attività.
L’indagine mostra anche una lieve ripresa delle pressioni inflazionistiche sia dal lato dei costi, sia da quello dei prezzi di vendita.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro è salito ulteriormente aggiornando i massimi dopo che ieri l’ISM è migliorato più delle attese pur restando sotto quota 50.
La prospettiva che, con o senza un altro rialzo Fed prima di fine anno, i tassi resteranno fermi più a lungo prima di scendere nel breve continua a sostenere il biglietto verde.
Prossimi test chiave domani l’ISM non-manifatturiero e venerdì l’employment report.

EURL’euro è sceso da 1,05 a 1,04 EUR/USD aggiornando qui i minimi fino a rivedere livelli abbandonati a dicembre, schiacciato soprattutto dalla forza del dollaro.
Se i prossimi dati USA dovessero sorprendere verso l’alto il cambio potrebbe indebolirsi ancora: supporti successivi in area 1,03 EUR/USD.

GBP – Anche la sterlina ha corretto ampiamente sul dollaro da 1,22 a 1,20 GBP/USD, nonostante dalla BoE Mann abbia confermato la propria preoccupazione per le ampie pressioni inflazionistiche (a settembre faceva parte della minoranza che aveva votato a favore di un altro rialzo dei tassi).
In questi giorni però chiave restano i driver USA ed eventuali sorprese verso l’alto dai dati statunitensi farebbero indebolire ancora la sterlina mettendo sotto pressione il supporto chiave di 1,2000 GBP/USD.

JPY – Anche lo yen resta sotto pressione e scende ancora sotto la forza del dollaro trovandosi mentre scriviamo a un soffio dalla soglia critica di potenziale intervento a 150 USD/JPY.
Le autorità giapponesi restano vigili.
Se i prossimi dati USA dovessero sorprendere verso l’alto lo yen si indebolirebbe ulteriormente.