Seguci su twitter

Categorie

03 Febbraio 2020 – nota economica giornaliera

ITALIA Il PIL è calato a sorpresa nel 4° trimestre 2019, di -0,3% t/t, dopo essere cresciuto, ad un ritmo medio di +0,1% t/t, in ciascuno dei quattro trimestri precedenti.
Si tratta di un minimo dal 1° trimestre 2013. La nostra previsione era più cauta del consenso (zero contro +0,1% t/t), ma il dato è stato più debole di ogni aspettativa.
La crescita annua è rallentata a zero da 0,5% precedente (rivisto al rialzo da 0,3% precedente). Il dettaglio per componenti di domanda non è ancora noto (sarà diffuso dall’Istat il prossimo 4 marzo).
Tuttavia, quanto comunicato dall’agenzia di statistica è circa in linea con le nostre attese:
la contrazione del PIL è dovuta al calo del valore aggiunto nell’industria (comprensiva delle costruzioni) e nell’agricoltura, in presenza di un contributo nullo dai servizi;
la flessione è dovuta interamente alla domanda domestica (al lordo delle scorte), mentre il commercio estero ha dato un contributo positivo al valore aggiunto.
Il dato non sposta la crescita media 2019, che resta a 0,2% come ampiamente atteso (da 0,7% nel 2018), ma implica un’eredità negativa sul 2020 pari a -0,2%. In altri termini, in caso di stagnazione in ciascun trimestre del nuovo anno, il PIL 2020 risulterebbe in calo di due decimi.
In sintesi, l’Italia condivide con la Francia il triste primato di un calo a sorpresa del PIL nell’ultimo scorcio dello scorso anno.
Come Oltralpe, sospettiamo che un ruolo decisivo possa essere stato giocato dalla riduzione delle scorte (speculare all’apporto positivo del commercio con l’estero). Se ciò dovesse essere confermato dal dettaglio per componenti di spesa che l’Istat diffonderà il prossimo mese, significherebbe che il calo del PIL nel trimestre è meno preoccupante di quanto non appaia a prima vista.
Stimiamo che la domanda domestica finale (al netto delle scorte) possa essere risultata circa stagnante nel trimestre, per via di un aumento marginale dei consumi (in rallentamento rispetto ai tre mesi precedenti) e di una probabile contrazione degli investimenti.
In prospettiva, un ritorno alla crescita nel corso del 2020 è possibile. Infatti, si sono ridotti i rischi esogeni che avevano pesato sul ciclo per la maggior parte dello scorso anno (l’incertezza sul commercio mondiale derivante dalla guerra tariffaria Usa-Cina e da Brexit): da ciò potrebbe derivare un graduale recupero dell’attività economica, in particolare nel settore manifatturiero, nei prossimi mesi.
Tuttavia, il rischio è che la ripresa del commercio e dell’attività manifatturiera a livello globale, che in precedenza ci aspettavamo già nei primi mesi del 2020, possa essere rimandata (nella migliore delle ipotesi, di alcuni mesi).
Già prima della diffusione del dato sul 4° trimestre, eravamo più cauti del consenso e di tutti i principali previsori sull’andamento dell’economia italiana nel 2020 (la nostra attesa per il PIL 2020 è 0,3%, contro un consenso a 0,4% e stime ancor più ottimistiche da parte dei principali previsori ufficiali). Dopo la debole chiusura di 2019, e tenendo anche conto dei nuovi rischi per l’economia globale, la nostra cautela appare giustificata. Anche ipotizzando un recupero su base congiunturale nel corso del 2020, continuiamo a ritenere che la crescita media annua possa risultare solo marginalmente più forte rispetto a quella registrata nel 2019.

AREA EURO
– La stima flash indica che nel 4° trimestre il PIL è cresciuto di 0,1% t/t, dato leggermente più basso delle attese. Il calo è dovuto soprattutto alla debolezza dei dati di Francia (-0,1% t/t) e Italia (-0,3% t/t).
La tendenza annua è vista in calo all’1,0% dall’1,2% precedente. Il contributo principale alla crescita dovrebbe essere venuto dalla domanda interna, mentre il commercio estero potrebbe aver registrato un peggioramento. Il 2019 dovrebbe chiudersi comunque con una crescita dell’1,2%.
– La stima flash indica che a gennaio l’inflazione è salita all’1,4% a/a dall’1,3% di dicembre sull’indice generale. Il balzo è spinto soprattutto dalla crescita dei prezzi di alimentari, alcol e tabacco e del prezzo dell’energia.
L’indice sottostante preferito dalla BCE (al netto di energia ed alimentari freschi) è lievemente rallentato a 1,3% a/a. Sul mese, i prezzi sono scesi di -1,0% m/m, dopo il +0,3% di dicembre. L’inflazione dovrebbe mantenersi stabile nei primi mesi del 2020, per poi calare dalla primavera a motivo di un confronto statistico sfavorevole.

STATI UNITI
– La spesa personale a dicembre aumenta di 0,3% m/m, in linea con le attese di consenso, dopo due mesi relativamente deboli.
Il rallentamento della dinamica dei consumi era già emerso dalla stima del PIL del 4% trimestre (1,8% t/t ann.), in parte causato dall’indebolimento delle vendite nel comparto auto oltre che da consumi di utility frenati dal tempo straordinariamente mite.
Il reddito personale aumenta di 0,2% m/m, dopo 0,4% m/m a novembre, mentre il reddito disponibile è invariato in termini nominali e in calo di -0,1% m/m in termini reali, sulla scia di una riduzione dei sussidi agricoli.
Il deflatore dei consumi è in rialzo di 0,3% m/m, con una variazione dell’aggregato core di 0,2% m/m (dopo 4 mesi consecutivi di aumenti di 0,1% m/m). L’inflazione core, all’1,6% a/a, resta al disotto dell’obiettivo del 2% e continua a segnalare pressioni modesti sui prezzi.
I dati complessivamente danno un’entrata debole nel 2020 per i consumi, ma non modificano la previsione di una variazione della spesa personale in media intorno al 2% quest’anno, alla luce del mercato del lavoro sempre solido e del livello elevato degli indici di fiducia.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a gennaio (finale) si conferma su livelli elevati, a 99,8, vicino ai massimi di questo ciclo (101,4). La valutazione della situazione corrente è a 114,4 (da 115,5 di dicembre) e le aspettative segnano il secondo rialzo consecutivo salendo a 90,5.
Il direttore dell’indagine segnala che la fiducia è sorprendentemente elevata vista la recente sequenza di fattori che avrebbero potuto indebolirla (tensioni con l’Iran, impeachment, coronavirus).
Il mercato del lavoro sempre brillante rimane l’elemento principale a sostegno della fiducia e delle decisioni di spesa delle famiglie. I prossimi mesi potrebbero generare maggiore volatilità, con l’apertura della stagione delle primarie e l’aumento di focus sull’agenda elettorale dei diversi candidati alle presidenziali.
Le aspettative di inflazione si mantengono all’interno dell’intervallo di fluttuazione dell’ultimo anno, a 2,5% sia per l’orizzonte a un anno sia per quello a 5-10 anni.

CINA – L’indice PMI manifatturiero rilevato da Caixin-Markit, similmente a quello rilevato dal NBS, è sceso a 50,1 in gennaio da 50,5 in dicembre, principalmente a causa del calo delle componenti delle scorte e degli ordini, in particolare esteri. Quest’ultima, dopo tre mesi in territorio espansivo intorno a 51, si è portata a 49,4, sopra il livello di settembre.

 

COMMENTI:

CINA
– È pressoché certo che i mercati restino condizionati dalle notizie sull’epidemia di 2019- nCoV. L’ultimo bollettino mostra una diffusione ancora in aumento e più rapida che per MERS e che per SARS, ma un tasso di mortalità per ora stabile al 2,1% (quindi, molto superiore a quello dell’influenza stagionale ma ampiamente inferiore a quello di tutti i precedenti nuovi virus – SARS, MERS e H7N9), con un solo decesso fuori dalla Cina. Il numero di casi è molto basso rispetto a quelli dell’influenza stagionale, che causa globalmente circa 400mila decessi annui. Peraltro, un’analisi con un modello epidemiologico pubblicata il 24 gennaio di J.M. Read e altri, sulla base dei dati fino al 21 gennaio, suggerisce che soltanto il 5,1% delle infezioni potrebbero essere state identificate (probabilmente quelle più gravi) e che il numero di casi effettivi a Wuhan potrebbe variare fra 132mila e 274mila il 4 febbraio.
– La PBOC ha tagliato di 10pb i tassi sulle operazioni di rifinanziamento a 7 e 14 giorni, portandoli rispettivamente a 2,40% e a 2,55%, dando un segnale di pronta disponibilità a sostegno del mercato nel primo giorno di apertura dopo le ferie per le festività di capodanno prolungate dal 30 gennaio fino a ieri a causa del Coronavirus.
La PBOC aveva già segnalato nella scorsa settimana la disponibilità a fornire tutta la liquidità necessaria al mercato, attraverso le varie finestre di rifinanziamento.
Il taglio dovrebbe favorire una maggiore discesa dei tassi interbancari e preludere a un corrispondete taglio del tasso sulle operazioni a medio termine (MLF) e dunque a un calo del tasso prime rate.
A fine anno la nostra previsione era di tagli dei tassi nelle operazioni di rifinanziamento per complessivi 70pb entro la fine del 2020, e per 100pb per la riserva obbligatoria.
Riteniamo molto probabile che la PBOC possa essere più veloce nell’effettuare i tagli rispetto al nostro scenario centrale nei primi mesi dell’anno ma che continui a preferire un aumento degli importi delle operazioni di rifinanziamento per fornire liquidità al mercato a tagli dei tassi di maggiore entità.

STATI UNITI – Il Senato ha concluso la discussione sull’ammissibilità di nuovi testimoni e ha votato a favore della posizione repubblicana (51-49) bloccando la raccolta di ulteriori informazioni.
Il processo di impeachment del Presidente Trump si dovrebbe concludere con un voto finale mercoledì, in base al quale gli “articles of impeachment” non sono di gravità tale da richiedere la rimozione del Presidente.
Le implicazioni di questo processo ultra-rapido saranno probabilmente durature sul contesto politico americano su due fronti.
Nel breve termine, l’andamento dei sondaggi e il comportamento dei senatori mostrano inequivocabilmente che il partito repubblicano è il partito di Trump, con una conseguente ulteriore polarizzazione politi a prevedibile alle elezioni di novembre.
Nel medio termine, l’esito del processo di impeachment implica il proseguimento e l’accelerazione del trend iniziato nel decennio scorso di aumento del potere ceduto dal Congresso all’esecutivo.
Il sistema di “checks and balances” su cui è fondata la democrazia americana esce indebolito dal processo, a favore di un maggiore accentramento decisionale nelle mani dell’amministrazione.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso la settimana passata al ribasso.
L’esito del FOMC, che ha mostrato una Fed attendista e molto cauta, ha prevalso sulle spinte rialziste che avevano favorito il biglietto verde nel suo ruolo di safe haven di fronte alle preoccupazioni per il coronavirus.
Questa settimana usciranno
dati importanti, tra i quali l’ISM manifatturiero oggi, l’ISM non-manifatturiero mercoledì e l’employment report venerdì, attesi tutti positivi.
A meno di delusioni il dollaro potrebbe quindi recuperare almeno parte del calo degli ultimi giorni o comunque interrompere la discesa.

EUR – Simmetricamente l’euro ha chiuso la settimana al rialzo, da un minimo di 1,0990 a un massimo di 1,1096 EUR/USD, non su spunti di forza propria ma sul generalizzato ritracciamento del dollaro.
Infatti, i dati dell’area usciti venerdì sono stati leggermente più deboli del previsto: l’inflazione è salita come da attese – comunque di poco – ma la “core” è scesa contro attese di stabilizzazione e il Pil del 4° trimestre ha mostrato una crescita dello 0,1% t/t contro attese per 0,2% (con una revisione al rialzo da 0,2% a 0,3% per il trimestre precedente).
Questa settimana usciranno i PMI finali dell’area (oggi e mercoledì) e i dati di produzione industriale tedesca e francese venerdì, attesi negativi.
A meno di sorprese favorevoli l’euro dovrebbe restare sulla difensiva, tendenzialmente ancora nel range 1,09-1,10 EUR/USD.

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana al rialzo sia contro dollaro da 1,29 a 1,32 GBP/USD sia contro euro da 0,84 a 0,83 EUR/GBP, favorita dall’esito della riunione BoE che ha lasciato i tassi invariati.
Scarsi i dati in questa prima settimana post-Brexit, a parte i PMI finali oggi e mercoledì.
Da seguire sarà invece il flusso di notizie sul fronte dei negoziati con l’UE. Il Regno Unito punta a un accordo di libero scambio analogo a quello che ha il Canada con l’UE (CETA, Comprehensive Economic and Trade Agreement).
In assenza di novità rilevanti la sterlina dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi.

JPY – Lo yen ha chiuso la settimana in rafforzamento contro dollaro da 109 a 108 USD/JPY favorito da flussi “safe haven” sull’allerta coronavirus.
Contro euro si è invece mantenuto in range a 119-120 EUR/JPY.
Questa settimana dovrebbe essere ripristinata una maggiore reattività ai dati USA, fermo restando che la valuta nipponica potrà restare supportata almeno fintantoché le preoccupazioni per il virus cinese non recedono significativamente.

 

PREVISIONI:

AREA EURO
– Il dato finale del PMI manifatturiero dovrebbe confermare la lettura preliminare a 47,8, in rialzo rispetto al dato di dicembre. L’indice rimarrebbe per il dodicesimo mese in territorio recessivo. Anche la seconda stima su Germania e Francia potrebbe confermare i dati preliminari (45,2 e 51). La prima lettura per Italia e Spagna è attesa mostrare anch’essa un recupero rispetto al mese precedente (a 46,5 e 47,9, rispettivamente). Il dato per l’Irlanda, uscito stanotte, vede un balzo da 49,5 a 51,4. Gli indici di fiducia nel settore manifatturiero potrebbero aver superato il punto di minimo, sulla scia della schiarita sul fronte del commercio internazionale, anche se i dati dei prossimi mesi potrebbero essere disturbati dalle conseguenze indirette e transitorie dell’epidemia di 2019-nCoV in Cina.
– In settimana, sono in calendario i dati di produzione industriale relativi all’ultimo mese del 2019 nei due principali Paesi dell’area: ci aspettiamo una correzione in Germania, dopo il balzo di novembre, mentre si potrebbe avere un altro mese di crescita, sia pur moderata, in Francia.
Le vendite al dettaglio nell’Eurozona sono viste correggere a dicembre dopo il balzo di novembre. Infine, l’inflazione italiana potrebbe rallentare di un decimo a gennaio, anche per via del calo delle tariffe sull’elettricità.

STATI UNITI
– La settimana ha molti dati di rilievo in uscita: il focus sarà sull’employment report di gennaio, che dovrebbe mostrare una crescita di occupati intorno a 140 mila, con il manifatturiero frenato dagli effetti del blocco produttivo di Boeing, tasso di disoccupazione stabile a 3,5% e dinamica salariale in moderato aumento. Fra i dati di dicembre, il deficit commerciale in allargamento.
– L’indice ISM manifatturiero a gennaio è atteso in modesto aumento a 48, da 47,2, in territorio recessivo per il sesto mese consecutivo. Il settore manifatturiero a inizio 2020 subirà un nuovo shock negativo.
Dopo il rallentamento dell’economia mondiale della prima metà del 2019, lo sciopero dei lavoratori di GM fra il 3° e il 4° trimestre, sarà la volta del blocco produttivo di Boeing, la cui durata è incerta e dipende dagli sviluppi per il 737 MAX. Boeing interromperà la produzione del MAX, azzerata da una media di 42 aerei al mese dalla primavera 2019 (a sua volta in calo da 52 al mese prima dell’incidente di marzo 2019).
Secondo Boeing, i dipendenti occupati nella produzione del MAX non saranno messi in aspettativa, ma verranno reindirizzati ad altre attività del gruppo, tuttavia il calo dell’output sarà massiccio e si estenderà anche ai fornitori.
Le prime indagini di gennaio hanno indicato una marginale espansione dell’attività, con gli indici regionali in modesto miglioramento, ma il PMI Markit in calo (anche se sempre sopra 50) ha in parte chiuso il divario con il trend dell’ISM degli ultimi mesi.
La previsione è che il manifatturiero registri una correzione ampia a gennaio, e si stabilizzi su livelli di attività modesti in attesa di ripresa della produzione dei 737 MAX dopo l’autorizzazione della FAA e i test delle linee aeree, attesi non prima di metà 2020.
La probabile contrazione del manifatturiero potrebbe sottrarre circa 0,4-0,5pp dalla crescita del 1° trimestre.
– La spesa in costruzioni a dicembre dovrebbe essere in rialzo di 0,3% m/m, spinta anche dal clima straordinariamente mite, dopo +0,6% m/m di novembre. I dati dovrebbero mostrare variazioni positive per il comparto residenziale, sia privato sia pubblico, a fronte di continua debolezza della spesa non residenziale.
– Le vendite di autoveicoli a gennaio sono attese in marginale rialzo a 16,8 mln di unità ann., da 16,7 mln di dicembre. I beni durevoli hanno frenato la dinamica dei consumi nel 4° trimestre e l’apertura del 2020 dovrebbe indicare una stabilizzazione.