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03 Dicembre 2019 – nota economica giornaliera

AREA EUROIl PMI manifatturiero dell’eurozona è stato rivisto al rialzo a novembre, a 46,9 da 46,6 della stima flash, in aumento rispetto al 45,9 di ottobre. È il secondo aumento consecutivo, anche se l’indice resta per il decimo mese in territorio recessivo. La revisione al rialzo è dovuta soprattutto al PMI tedesco, visto ora a 44,1 da 43,8 della prima lettura, e in netto recupero da 42,1 di ottobre (è comunque il livello più basso tra le otto economie coperte dall’indagine). Anche l’indice francese è stato rivisto al rialzo, sia pur marginalmente, a 51,7 da 51,6 della stima flash (in aumento di un punto rispetto al mese scorso). La prima lettura per gli altri Paesi mostra un calo in Italia (a 47,6 da 47,7), Paesi Bassi (49,6, minimo su 77 mesi) e Irlanda (49,7), mentre si registra un aumento in Spagna (a 47,5 da 46,8 precedente), Grecia (l’unico altro Paese in espansione oltre alla Francia: 54,1) e Austria (46). In Italia, è il 14° mese consecutivo in territorio recessivo; nel mese sono calati i nuovi ordini, mentre sono saliti i sotto-indici relativi a produzione e occupazione. Per l’indice eurozona, il miglioramento nel mese è diffuso a tutte le principali componenti e trainato da nuovi ordini (più sul mercato interno che dall’estero) e occupazione; a livello settoriale si nota una minore contrazione per il sotto-settore dei beni intermedi e dei beni di investimento mentre restano invariate le condizioni operative per i produttori di beni di consumo. Il livello degli indici PMI è coerente con una crescita del PIL area euro in area 0,1% t/t a cavallo d’anno.

STATI UNITI
– L’ISM manifatturiero a novembre sorprende verso il basso, con una correzione a 48,1 da 48,3 di ottobre. Lo spaccato dell’indagine è debole, con un calo di ordini (a 47,2 da 49,1), ordini inevasi (a 43 da 44,1), ordini all’export (47,9 da 50,4) e occupazione (a 46,6 da 47,7). Il rialzo della componente produzione (a 49,1 da 46,2) riflette la fine dello sciopero dei lavoratori di GM ed è meno rilevante rispetto ai segnali sempre fragili degli ordini, in contrasto con le indicazioni più promettenti registrate con gli ordini di beni durevoli di ottobre. In ogni caso, anche la ripresa dell’indice produzione resta in linea con un’ampia contrazione dell’output nel 4° trimestre. Su 18 settori, 5 risultano in espansione, 13 in contrazione. Le imprese riportano opinioni neutrali sullo scenario di crescita nel breve termine e continuano a segnalare preoccupazione diffusa per il commercio internazionale e per l’incertezza, con implicazioni negative per le decisioni di investimento. Secondo il direttore dell’indagine, il livello dell’indice manifatturiero, a 48,1, è coerente con una crescita del PIL di 1,5%. I dati sono deludenti, anche se per ora restano in linea con una stabilizzazione del settore e con l’interruzione del trend in calo dell’indice visto da inizio anno. Le indicazioni delle altre indagini del manifatturiero, in particolare il PMI Markit, sono moderatamente più positive, perché si posizionano in territorio di stagnazione più che di contrazione. Il messaggio rimane univoco: la sostenibilità della ripresa è in mano ai consumatori.
– La spesa in costruzioni a ottobre delude con una contrazione di -0,8% m/m, dopo una revisione verso il basso del dato di settembre a -0,3% m/m (più che co0ntrobilanciata però da un’ampia revisione verso l’alto del dato di agosto a +1,1% m/m). La variazione a tre mesi annualizzata è di +0,6%. A ottobre, la spesa privata corregge di -1% m/m, spinta verso il basso sia dalla componente residenziale (-0,9% m/m) sia da quella non residenziale (-1,2% m/m). Anche la spesa pubblica è in calo (-0,2% m/m), ma a un ritmo contenuto, dopo +1,9% m/m di settembre. I dati, più deboli delle attese, sono coerenti con un contributo positivo alla crescita del 4° trimestre da parte degli investimenti residenziali, ma con ulteriore debolezza della componente non residenziale.

 

COMMENTI:

STATI UNITI
Nuove tensioni sul fronte dei dazi: Trump, in un tweet inatteso, ha affermato che verranno reintrodotti i dazi su acciaio e alluminio nei confronti di Argentina e Brasile, a causa dell’ampio deprezzamento delle valute dei due paesi contro il dollaro. Per ora l’amministrazione non ha fatto seguito alle dichiarazioni di Trump con indicazioni operative per l’attuazione delle nuove misure, mentre il presidente del Brasile ha segnalato l’intenzione di contrastare la decisione americana. Un eventuale rialzo dei dazi nei comparti di acciaio e alluminio riapre i timori di ripresa dell’incertezza sulla politica commerciale. In sé, la misura, se attuata, non avrebbe effetti sull’attività economica, visto il peso minimo delle importazioni nei comparti considerati. L’amministrazione aveva esentato Argentina e Brasile dai dazi su acciaio e alluminio in cambio di un accordo su quote concordate di importazioni. Fra l’altro, non è chiaro che ci siano le basi legali per l’introduzione delle misure per importazioni di entità minima, dato che dovrebbero essere basate sulla sezione 232 del Trade Act, che si riferisce a questioni di sicurezza nazionale, mentre Trump ha citato il deprezzamento delle valute come motivo per i novi dazi.
– L’amministrazione USA ha indicato che introdurrà dazi del 100% su 2,4 mld di dollari di importazioni dalla Francia (pari a 5% del totale di 52 mld di dollari), come ritorsione contro l’imposta francese sui servizi digitali istituita a luglio. Le audizioni pubbliche per la definizione della lista dei prodotti si terranno nella seconda settimana di gennaio 2020. Secondo gli USA, l’imposta francese colpisce in prevalenza servizi forniti da imprese americane e non si applica a servizi in comparti in cui sono dominanti le aziende domestiche. L’US Trade Representative ha segnalato che misure analoghe a quelle annunciate nei confronti della Francia sono in via di considerazione per Italia, Austria e Turchia.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha aperto la settimana con un’ampia correzione, dovuta (1) a un tweet di Trump che ha annunciato la reintroduzione dei dazi su acciaio e alluminio nei confronti di Brasile e Argentina a causa del deprezzamento delle rispettive valute, e (2) all’ISM manifatturiero che ha deluso, scendendo leggermente contro attese di aumento, e mantenendosi sotto quota 50.
Oggi, in assenza di dati/eventi di rilievo, il biglietto verde dovrebbe stabilizzarsi o ritracciare leggermente, ma in caso di sviluppi negativi sul fronte della guerra dei dazi, rischierebbe di indebolirsi ulteriormente.

EUR – L’euro ha aperto la settimana al rialzo da 1,1001 a 1,1089 EUR/USD di riflesso alla correzione del dollaro. Non ha invece reagito alla seppur leggera revisione al rialzo dl PMI manifatturiero dell’area, mancata reazione che si spiega comunque con il fatto che l’indice rimane ampiamente sotto quota 50 (a 46,9). Dalla BCE Lagarde ha infatti confermato ieri che la crescita dell’area rimane debole, complice soprattutto la congiuntura globale, debole e incerta. A meno di spunti inattesi, in una giornata priva di dati/eventi rilevanti, l’euro dovrebbe stabilizzarsi.

GBP – La sterlina ha aperto la settimana consolidando contro dollaro tra 1,2894 e 1,2949 GBP/USD, per via del generalizzato indebolimento del biglietto verde, in calo invece contro euro, ma sempre in area 0,85 EUR/GBP, per via del maggior rafforzamento dell’EUR/USD. Sul fronte elezioni l’ultimo sondaggio di ICM ha confermato il margine di vantaggio dei Conservatori sul Labour a 7%, registrando un incremento dell’1% per entrambi rispettivamente al 42% e al 35%. Sul fronte dati il PMI manifatturiero finale ha mostrato una revisione al rialzo, ma rimane sotto quota 50. A meno di mutamenti significativi nei sondaggi la sterlina dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi.

JPY – Lo yen ha aperto la settimana al rialzo contro dollaro da 109,72 a 108,91 USD/JPY sull’aumento della risk aversion dopo gli sviluppi USA, ma in calo contro euro da 120,50 a 121,01 EUR/JPY per il rafforzamento dell’EUR/USD. Il driver restano eventuali novità sul fronte USA-Cina.