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2 Novembre 2022 – nota economica giornaliera

ITALIA – Lunedì la crescita del PIL nel 3° trimestre ha sorpreso al rialzo con un incremento dello 0,5% t/t (2,6% a/a) da un precedente 1,1%, che lascia l’economia al di sopra dei livelli di fine 2019 dell’1,8%.
Il comunicato stampa rilasciato dall’Istat indica che la crescita congiunturale è stata guidata dalla domanda interna al lordo delle scorte mentre le esportazioni nette hanno fornito un apporto negativo.
Dal lato dell’offerta, il valore aggiunto è cresciuto nei servizi mentre è calato nell’industria e nel settore primario.
I dati estivi sono risultati complessivamente migliori delle attese ma non modificano le nostre attese di contrazione del PIL sia nel 4° trimestre del 2022 che nel 1° trimestre del 2023.
Si riducono però i rischi al ribasso sulla nostra stima di crescita di 0,6% nel 2023, dopo un 2022 migliore delle attese (la crescita acquisita per l’anno in corso è ora pari a 3,9%, anche se pensiamo che il consuntivo 2022 possa essere più basso per via della flessione attesa a fine anno).

AREA EURO
Nel 3° trimestre, il PIL dell’area euro è cresciuto di 0,2% t/t (2,1% a/a) da un precedente 0,8%; riteniamo però che l’attività economica sia ormai entrata in una fase di contrazione nel trimestre corrente, che potrebbe estendersi alla prima parte del 2023.
– L’inflazione è salita al 10,7% a/a in ottobre, dal 9,9% di settembre.
I prezzi sono cresciuti di 1,6% m/m spinti soprattutto dall’energia (6,5% m/m), ma i rincari sono diffusi anche alle altre componenti.
L’inflazione core ha registrato una accelerazione al 6,4% a/a da un precedente 6%.
Il recente calo dei prezzi del gas (il TTF a 1 giorno è a €21/MWh, un livello che non si vedeva dall’aprile 2021) anticipa possibili diminuzioni dei prezzi energetici verosimilmente già da novembre, anche se i rischi sulla dinamica sottostante restano al rialzo.
Il 2022 dovrebbe chiudersi con un’inflazione media all’8,5%; il picco potrebbe essere raggiunto a inizio del prossimo anno (stimiamo una media 2023 al 7,5%).
L’indice core è atteso al 4,8% nel 2022 e in accelerazione al 5,7% nel 2023, con un picco nel 1° trimestre.
Le nostre attuali stime sia sull’indice headline che sul core sono significativamente più alte rispetto alle proiezioni dello staff BCE di settembre (nello scenario di base).

GERMANIA – Poco fa i dati destagionalizzati e corretti per gli effetti del calendario sul commercio internazionale di settembre hanno evidenziato una contrazione sia delle esportazioni (-0,5% m/m) che, in maggior misura, delle importazioni (-2,3% m/m).
L’avanzo commerciale è risultato pari a 3,7 mld (in termini destagionalizzati) in settembre, da 1,2 mld di agosto.

STATI UNITI
– Ieri, l’ISM manifatturiero a ottobre è calato a 50,2 da 50,9 di settembre, segnalando attività circa invariata nel settore e toccando il minimo da maggio 2020.
Nonostante un aumento dell’indice della produzione a 52,3 da 50,6, le indicazioni dal lato della domanda sono omogeneamente deboli, con ordini a 49,2 (ma in rialzo da 47,1 di settembre), ordini inevasi a 45,3 da 50,9, ordini all’export a 46,5 (minimo da maggio 2020), tempi di consegna a 46,8 e occupazione a 50.
L’indice dei prezzi è calato a 46,6, da 51,7, entrando finalmente in territorio di correzione per la prima volta da maggio 2020, con indicazioni favorevoli a una riduzione significativa delle pressioni inflazionistiche.
In conclusione, il ritmo di espansione del settore è sui minimi dall’inizio della pandemia e le imprese iniziano a segnalare rallentamento della domanda per via di timori di recessione e per la contrazione in alcuni comparti, con effetti positivi pe lo scenario dei prezzi.
– I dati della Job Openings and Labor Turnover Survey di settembre hanno registrato una modesta ripresa delle posizioni aperte a 10,7 mln, una correzione delle assunzioni, e dimissioni volontarie poco variate.
Il job openings rate (misurato dal rapporto fra le posizioni aperte e la somma di occupati e posizioni aperte), a 6,5%, è in calo di 0,8% rispetto al picco di marzo.
I dati confermano il quadro di trend di riduzione dell’eccesso di domanda di lavoro, anche se il mercato per ora resta sotto pressione.
– La spesa in costruzioni a settembre ha registrato un incremento di 0,2% m/m, con la componente residenziale privata stabile su base mensile e quella non residenziale in rialzo di 1% m/m, in parte sulla scia di prezzi in rialzo.

CINA – L’indice PMI manifatturiero rilevato da Caixin-Markit è salito da 48,1 in settembre a 49,2 in ottobre (consenso Bloomberg: 48,5), rimanendo però sotto la soglia di 50.
La dinamica delle componenti segnala ancora una contrazione sia della produzione sia dei nuovi ordini (entrambi in area 48), seppur ad un ritmo inferiore rispetto a settembre, nuovamente fiaccati dalle misure di contenimento del Covid-19.
La componente degli ordini esteri è rimasta in territorio recessivo ma ha registrato un aumento di oltre 4 punti salendo da 45,5 in settembre a 49,6 in ottobre.
Le scorte di prodotti finiti sono salite per la prima volta da dicembre 2021 e, dopo tre mesi di contrazione, sono salite anche le scorte di input.
Gli ordini arretrati sono scesi segnalando ancora capacità produttiva inutilizzata. Le imprese hanno segnalato una riduzione dei prezzi di vendita nel tentativo di stimolare le vendite ma un contestuale aumento dei prezzi degli input, nonché una riduzione degli organici, seppur in misura minore rispetto a settembre.

 

COMMENTI:

BCE – In un’intervista pubblicata martedì, la presidente della BCE Lagarde ha ribadito che la banca centrale continuerà ad alzare i tassi ufficiali nei prossimi mesi, malgrado il crescente rischio di recessione.
Come nella conferenza stampa del 27/10, Lagarde non ha offerto punti di riferimento precisi, limitandosi a dire che la destinazione è un livello dei tassi che garantisca il conseguimento dell’obiettivo di medio termine al 2%.
Inoltre, ha ribadito che la velocità di marcia sarà decisa riunione per riunione.
Lunedì, anche il governatore di Banca d’Italia, Visco, aveva avvisato che il rialzo dei tassidovrà proseguire”; a suo giudizio, però, “l’elevata incertezza richiede di procedere in modo graduale” e non va sottovalutato “il pericolo che il deterioramento delle prospettive economiche si riveli peggiore del previsto, rendendo sproporzionato un passo eccessivamente rapido nella normalizzazione dei tassi ufficiali”.
Inoltre, “Il Consiglio dovrà allo stesso tempo continuare a valutare attentamente gli effetti delle proprie decisioni sulla stabilità finanziaria”.
Secondo Nagel (Bundesbank), i tassi hanno ancora molta strada da percorrere e la riduzione del portafoglio APP dovrebbe essere avviata a inizio 2023.
De Cos (Banco de España) ritiene che la riduzione del portafoglio APP debba essere condotta con “passi attenti e molto graduali”, perché le implicazioni non sono note con certezza.

STATI UNITI – Oggi la riunione del FOMC dovrebbe concludersi con un rialzo di 75pb e tassi sui fed funds a 3,75-4,00%, e segnali che entro un paio di riunioni la Fed dovrebbe essere pronta a fermarsi per valutare gli effetti della restrizione attuata.
L’impegno a riportare l’inflazione sotto controllo resterà centrale, ma emergeranno anche i temi della calibrazione dei rialzi, della valutazione degli effetti della restrizione già implementata e dei rischi più bilanciati fra rialzi insufficienti ed eccessivi.
Il messaggio dovrebbe restare hawkish, ma meno che nelle ultime riunioni.
La comunicazione, affidata alla conferenza stampa di Powell, dovrebbe sottolineare che, pur mantenendo invariata la determinazione a riportare l’inflazione sotto controllo, i tassi si stanno avvicinando a un livello in grado di imprimere spinte durature verso il basso sui prezzi.
Powell dovrebbe anche indicare che, con l’emergere di rischi bidirezionali, la forward guidance avrà un ruolo più limitato, e la determinazione dei tassi avverrà “riunione per riunione”.
In questo quadro, la previsione per dicembre dovrebbe restare aperta, con la possibilità di un rialzo di 50 o 75pb, a seconda dell’evoluzione delle prospettive di prezzi, attività e mercato del lavoro.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso la settimana passata in calo ma ha avviato un parziale recupero tra giovedì e venerdì aprendo al rialzo anche questa settimana, aiutato dal recupero dei rendimenti.
Il FOMC di questa sera sarà molto importante per il biglietto verde.
Le attese sono per un altro rialzo dei tassi di 75 pb, ma la Fed dovrebbe iniziare ad aprire la strada verso un rallentamento nel sentiero di restrizione monetaria.
Se si avranno indicazioni che potrebbe procedere con un rialzo più contenuto, di 50 pb, già alla prossima riunione di dicembre, il dollaro dovrebbe indebolirsi.
Dai dati intanto, incluso l’ISM di ieri, stanno giungendo segnali di indebolimento della crescita in quest’ultimo scorcio dell’anno, e indicazioni coerenti con tale scenario dovrebbero aversi anche dagli occupati ADP oggi, dall’ISM non-manifatturiero domani e dall’employment report venerdì.

EURL’euro ha chiuso la settimana passata in leggero rialzo, ma poi ha ritrattato post-riunione BCE aprendo in calo anche questa settimana per ridiscendere da 1,00 a 0,98 EUR/USD.
In questi giorni i driver di dollaro saranno dominanti.
Se l’esito del FOMC farà arretrare il biglietto verde, l’euro ne trarrà vantaggio, ma il deterioramento del quadro area euro, reso sempre più evidente dai dati (lunedì l’inflazione ha mostrato un aumento superiore alle attese, a 10,7%, mentre il PIL del 3° trimestre ha rallentato ampiamente, da 0,8% a 0,2% t/t, e venerdì si attendono indicazioni negative dagli ordini tedeschi e dalla produzione industriale francese) limita significativamente l’upside (resistenze chiave nel corridoio 1,00-1,02 EUR/USD).

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana passata in rafforzamento da 1,12 a 1,16 GBP/USD sul miglioramento di sentiment dovuto al cambio di governo, ma questa settimana ha aperto di nuovo in calo, a 1,14 GBP/USD, coerentemente con il deterioramento sempre più evidente del quadro domestico.
Domani importante sarà la riunione BoE, non solo per la decisione sui tassi (a questa riunione si attende un rialzo più ampio, di 75 pb) ma anche per le nuove previsioni di crescita e inflazione che saranno pubblicate con il Monetary Policy Report aggiornato, che potrebbe mostrare una revisione verso il basso per la crescita e verso l’alto per l’inflazione, confermando la difficoltà del compito che la BoE si trova a dover fronteggiare in questa fase.
I rischi sono quindi di ulteriore debolezza per la sterlina.
Dopo il rafforzamento della scorsa settimana, in questi giorni la sterlina è in leggero calo anche contro euro da 0,85 a 0,86 EUR/GBP.

JPY – Lo yen ha chiuso la settimana passata rientrando sui livelli di apertura contro dollaro in area 147 USD/JPY, ma mostrando una dinamica vivace tra 145 e 149 USD/JPY in funzione dei movimenti dei rendimenti a lunga USA.
Ha invece aperto in leggero rafforzamento mostrando meno volatilità tra 148 e 147 USD/JPY questa settimana, grazie al tendenziale rientro dei rendimenti USA, che rimangono il driver principale.
Se post-FOMC la salita di questi si fermerà, i minimi recenti dello yen dovrebbero restare alle spalle.
Oggi, inoltre, per la prima volta il governatore della BoJ Kuroda ha aperto alla possibilità di una ricalibrazione della politica monetaria in senso meno espansivo (rialzi dei tassi e/o allentamento/rimozione del controllo della curva dei rendimenti) se si avrà evidenza che l’inflazione possa portarsi verso il target e contestualmente si abbia un’accelerazione della dinamica salariale.
Kuroda ha comunque sottolineato che si tratta di una prospettiva futura, e che adesso rimane invece necessario mantenere e condizioni di policy massimamente espansive.
Il ministro delle finanze Suzuki invece ha spiegato che il deprezzamento dello yen è negativo per l’economia giapponese in questa fase, a prescindere dalla velocità del calo (fino ad ora invece venivano giudicati negativamente solo movimenti eccessivamente rapidi).
Contro euro lo yen questa settimana ha aperto in recupero da 147 a 145 EUR/JPY.

AUDIl dollaro australiano si è indebolito ieri, da 0,64 a 0,63 AUD/USD, sul generalizzato recupero del dollaro USA e sulla decisione della Reserve Bank of Australia di alzare i tassi anche questo mese di soli 25 pb, a 2,85%.
Le attese di consenso erano per un rialzo di 25 pb, ma alcuni previsori si aspettavano un rialzo più ampio, di 50 pb, dopo che l’inflazione aveva sorpreso verso l’alto, mostrando un aumento superiore al previsto nel 3° trimestre, da 6,1% a 7,3%.
La RBA ha spiegato la decisione con (i) l’entità della restrizione già attuata sino ad ora (275 pb di rialzo complessivi da maggio ad oggi), (ii) il lag temporale con cui la politica monetaria si trasmette all’economia, (iii) il deterioramento del quadro di crescita globale e domestico.
La RBA infatti ha sì rivisto al rialzo le previsioni di inflazione (attesa raggiungere un picco intorno all’8% per fine anno, e poi scendere a 4¾% l’anno prossimo e verso il 3% nel 2024) ma ha anche rivisto al ribasso quelle di crescita (attesa intorno al 3% quest’anno ma in ampio rallentamento a 1,5% sia nel 2023 sia nel 2024).
Tale scenario è coerente con la possibilità di nuova debolezza per il dollaro australiano nel breve, e di recupero limitato nel corso dell’anno prossimo.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Le stime finali dovrebbero confermare l’ampio calo del PMI manifatturiero in ottobre, a 46,6 da un precedente 48,4.
Sulla lettura aggregata ha pesato il crollo dell’indice tedesco (a 45,7 da 47,8), ma si è vista una accelerazione del ritmo di contrazione anche in Francia (a 47,4 da 47,7).
È probabile che le prime lettura per Italia e Spagna registrino anch’esse un peggioramento dell’attività rispetto al mese precedente.
In Italia vediamo un calo del PMI manifatturiero a 47,5 da un precedente 48,3.

GERMANIA – Oggi il tasso di disoccupazione dovrebbe mantenersi invariato al 5,5% in ottobre; ci aspettiamo un aumento moderato del tasso dei senza lavoro nei prossimi mesi.

STATI UNITI – La stima ADP dei nuovi occupati non agricoli privati è prevista dal consenso a 193 mila, con indicazioni di dinamica occupazionale sempre positiva, ma in rallentamento, in linea con le indicazioni delle indagini e con le crescenti preoccupazioni delle imprese per le prospettive della domanda.