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2 Marzo 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – I dati sull’indebitamento netto della PA per il 2020-21 sono stati rivisti al rialzo (rispettivamente a 9,7% da 9,5% e 9% da 7,2%), e il deficit 2022 è risultato molto più alto di quanto previsto dal Governo qualche mese fa (8% contro il 5,6% atteso), a causa di una mera questione contabile (il nuovo trattamento dei crediti fiscali da parte di Eurostat).
La modifica non ha impatto su saldo di cassa e debito pubblico: anzi, i dati sul rapporto debito/PIL sono risultati più favorevoli (149,8% nel 2021 e 144,7% nel 2022, un punto al di sotto di quanto previsto dal Governo nella NADEF), grazie alla revisione al rialzo del PIL nominale.
Inoltre, il maggiore disavanzo del 2021-22 sarà compensato da un andamento più virtuoso nei prossimi anni.
I dati di finanza pubblica dell’anno in corso saranno solo marginalmente influenzati dalla riclassificazione dei crediti d’imposta, dopo che il Governo lo scorso 17 febbraio ha deciso la sospensione dello “sconto in fattura” e della cessione dei crediti.
Inoltre, il Superbonus è già stato reso meno generoso, e la sua rilevanza, anche in termini di importi, è destinata a diminuire ulteriormente nei prossimi anni.
Sempre nel 2022, il PIL è cresciuto di 6,8% a prezzi correnti e di 3,7% in volume.

ITALIA – L’indice PMI del settore manifatturiero è salito a 52 da 50,4, sui massimi dallo scorso aprile e per il secondo mese al di sopra della soglia d’invarianza: la crescita della produzione ha accelerato al ritmo più veloce da febbraio 2022, e sono tornati a crescere gli ordinativi.
Si registra anche il primo calo dei prezzi degli input in oltre due anni, e i prezzi di vendita hanno rallentato al tasso più lento da inizio 2021.
In questa fase, gli indici PMI potrebbero sovrastimare l’entità della ripresa per via proprio della “normalizzazione” delle filiere produttive; tuttavia, confermano che la stabilizzazione dei prezzi dell’energia sta favorendo un recupero dell’attività nel settore industriale.

AREA EURO – Le stime finali degli indici PMI del settore manifatturiero a febbraio hanno registrato una revisione al ribasso in Germania (a 46,3 da 46,5 della precedente stima e da 47,3 di gennaio) e Francia (a 47,4 da 47,9; 50,5 il mese precedente), mentre è stata confermata la lettura preliminare relativa al complesso dell’Eurozona (48,5 da 48,8 di gennaio).
L’ampio miglioramento dell’indice sui tempi di consegna conferma che le filiere produttive sono in fase di normalizzazione.

GERMANIA
 – Ieri, l’inflazione è risultata stabile all’8,7% a/a sul CPI, mentre è salita al 9,3% a/a dal 9,2% di gennaio sull’indice armonizzato UE.
Lo spaccato parziale dell’indice dei prezzi al consumo su base nazionale pubblicato da Destatis mostra che l’accelerazione di alimentari (a 21,8% da 20,2% precedente) e servizi (a 4,7% da 4,5% di gennaio) è stata compensata dal rallentamento della componente energia (a 19,1% a/a da 23,1%).
È rimasta stabile al 2% a/a l’inflazione degli affitti.
L’inflazione core, che sarà rilasciata in occasione della seconda lettura, dovrebbe mostrare un aumento a febbraio dopo il calo di gennaio.
– Sempre in Germania, il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 5,5% in febbraio.

STATI UNITI – Ieri, l’ISM manifatturiero di febbraio ha registrato un incremento solo marginale, a 47,7, da 47,4 di gennaio, al di sotto delle aspettative di consenso e sempre sui minimi da maggio 2020.
L’indagine mostra contrazione per la produzione e gli ordini, mentre l’indice dell’occupazione si mantiene modestamente sopra 50.
I dettagli dell’ISM sono in contrasto con le indicazioni positive della produzione manifatturiera di gennaio e con l’aumento degli ordini di beni durevoli, e lasciano per ora irrisolta a divergenza fra le informazioni dei dati e quelli delle indagini.

MONDO – In febbraio, il PMI manifatturiero globale è salito da 49,1 a 50,0, con progressi significativi per nuovi ordini, produzione e occupazione soprattutto nei paesi emergenti.
Cala a 55,7 l’indice dei prezzi pagati, mentre è circa stabile a 54,8 quello dei prezzi di vendita.

 

COMMENTI:

BCE – Dal fronte BCE, le dichiarazioni di ieri hanno rimarcato la differenza di opinioni tra i governatori delle banche centrali nazionali: Nagel ha dichiarato che potrebbero essere necessari nuovi significativi rialzi dei tassi anche dopo marzo; Villeroy de Galhau ha sostenuto che la restrizione deve diventare più graduale; Visco ha ribadito la sua preferenza per una maggiore gradualità e ha anche sostenuto che ormai i dati iniziano a smentire il rischio di persistenza dell’inflazione.
Il tasso terminale implicito negli OIS è salito fino a sfiorare il 4%.

STATI UNITI – Dalla Fed, Bostic ha ribadito che, nonostante i recenti segnali di rallentamento, l’inflazione rimane troppo elevata e che il FOMC è determinato a riportarla su un sentiero sostenibile verso il 2%.
Bostic ha ricordato che, se si allenta la lotta all’inflazione troppo presto, si rischia una nuova fiammata dei prezzi.
La Fed non intende ripetere gli errori degli anni Settanta.
Bostic ritiene che i tassi debbano arrivare a 5,25% e fermarsi lì per un po’.
Una svolta verso il basso richiederà, fra le altre condizioni, una riduzione del gap fra domanda e offerta di lavoro, un rallentamento più deciso della domanda aggregata e un ridimensionamento della diffusione dell’inflazione.
Kashkari (Minneapolis Fed) ha detto che il rialzo dell’inflazione, inizialmente considerato transitorio, è stato invece duraturo.
I salari, per cercare di compensare l’aumento dei prezzi, stanno crescendo a un ritmo non coerente con l’obiettivo della Fed di inflazione al 2%.
Secondo Kashkari il compito principale della Fed è ridurre l’inflazione, anche a costo di una recessione.

 

MERCATI VALUTARI:

USDRimane contrastata la dinamica del dollaro che ha chiuso in calo ieri ma apre al rialzo oggi.
L’ISM manifatturiero è salito solo marginalmente, meno delle attese, restando in area recessiva, ma la componente prezzi è aumentata ampiamente portandosi sopra quota 50.
È su questo dettaglio che infatti il dollaro inizialmente si è rafforzato, cedendo però successivamente, dato che invece i segnali sul fronte della crescita restano di rallentamento.
La dinamica apparentemente contrastata del dollaro riflette pertanto in realtà una normale fase di assestamento in attesa di capire se la revisione del sentiero atteso dei Fed Funds sia appropriata o meno.
Il prossimo test sarà domani con l’ISM non-manifatturiero, atteso in arretramento ma in territorio espansivo (sopra 50).

EURL’euro si è rafforzato ieri da 1,05 a 1,06 EUR/USD ma sta ritrattando di nuovo oggi.
Le spinte rialziste giungono soprattutto dalle sorprese verso l’alto sui dati di inflazione dell’area – come confermato dai dati aggregati di oggi – che sollevano il dubbio se la BCE non debba anch’essa trovarsi ad alzare i tassi più del previsto.
D’altra parte la prospettiva, più chiara, che invece la revisione verso l’alto del sentiero dei rialzi Fed sia ragionevole frena il cambio e lo fa arretrare.
Nel breve questa fase di assestamento può spiegare una tendenziale stabilizzazione centrata sul range 1,05-1,06 EUR/USD (downside in area 1,04 EUR/USD).

GBPAnche la dinamica della sterlina resta contrastata ma con tendenza finale in calo contro dollaro da 1,20 a 1,19 GBP/USD, pesando in questo caso la maggior incertezza sul sentiero dei tassi BoE, anche con riferimento alla decisione di breve termine (rialzo di 25 pb o di 50 pb alla riunione del 23 marzo), come emerso ieri dal discorso di Bailey.
Ieri, infatti, la sterlina ha corretto anche contro euro da 0,87 a 0,88 EUR/GBP.
Se domani l’ISM USA dovesse sorprendere al rialzo la sterlina scenderebbe ancora contro dollaro, in caso contrario dovrebbe stabilizzarsi in range.
Restano da seguire i discorsi BoE (oggi in programma un intervento di Pill).

JPYRimane contrastata la dinamica dello yen riflettendo le oscillazioni di questa fase di assestamento del dollaro, con tendenza però verso il basso tra 135 e 136 USD/JPY rispetto al dollaro in funzione della risalita dei rendimenti a lunga USA.
I dati statunitensi restano il driver di fondo proprio per le implicazioni sui rendimenti: se l’ISM non-manifatturiero domani dovesse sorprendere verso l’alto lo yen si indebolirebbe ancora contro dollaro.
Contrastata anche la dinamica dello yen contro euro, anche per la contestuale dinamica – vivace – dell’EUR/USD, ma la tendenza è all’indebolimento fra 143 e 145 EUR/JPY.

 

PREVISIONI:

ITALIA – Oggi l’inflazione potrebbe scendere ancora a febbraio, a 8,7% a/a da 10% sull’indice nazionale e a 9,4% da 10,7% sull’armonizzato.
Nel mese i prezzi al consumo avrebbero registrato una flessione di -0,3% m/m su entrambi gli indici.
Il ribasso dovrebbe essere guidato ancora soprattutto dall’energia.
Di contro la componente “di fondo” (al netto di energetici e alimentari freschi) è attesa ancora in crescita, a 6,2% da 6% di gennaio sul NIC.

AREA EURO
 – In Eurozona, dopo le sorprese al rialzo dei dati tedeschi, francesi e spagnoli dei giorni scorsi ci aspettiamo un’inflazione headline stabile all’8,6%.
– In calendario anche i dati sul mercato del lavoro di gennaio: vediamo un tasso di disoccupazione stabile al 6,6% in area euro e al 7,8% in Italia.
Le intenzioni di assunzione delle imprese restano espansive e non mostrano per il momento segnali di svolta.
Non ci aspettiamo un significativo incremento del tasso dei senza-lavoro nel corso del 2023.

STATI UNITI – Oggi le nuove richieste di sussidi di disoccupazione a fine febbraio dovrebbero mantenersi intorno a 200 mila, sempre in linea con un mercato del lavoro al pieno impiego.
Tuttavia, gli indici delle posizioni aperte pubblicati da società di ricerca di lavoro online (Indeed e Ziprecruiter) segnalano un ritmo di riduzione in aumento e più sostenuto rispetto a quello evidenziato dai dati della Jobs and Labor Turnover Survey del BLS, con indicazioni di rallentamento della domanda da parte delle imprese.