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02 Luglio 2021 – nota economica giornaliera

ITALIA – A maggio il tasso di disoccupazione ha registrato un inatteso calo di due decimi, a 10,5%, da 10,7% di aprile (restando comunque marginalmente al di sopra della media del 1° trimestre).
La flessione è dovuta ad un aumento degli occupati (+36 mila unità rispetto ad aprile) a fronte di una stabilità delle forze di lavoro (gli inattivi in età lavorativa sono calati di -30 mila unità).
Maggio risulta quindi il quarto mese consecutivo di aumento degli occupati e calo degli inattivi; come già nei mesi precedenti, la creazione di posti di lavoro è dovuta interamente al recuperato dei contratti a termine, che hanno già recuperato i livelli pre-COVID.
Viceversa, è continuata, e anzi si è accentuata ai massimi nell’anno, l’emorragia tra i lavoratori autonomi (-63 mila unità), che restano di ben 427 mila unità al di sotto dei valori di febbraio 2020.
Continuiamo a ritenere che una svolta in positivo per il mercato del lavoro italiano non sia ancora imminente: l’effetto di breve termine della rimodulazione di CIG e divieto dei licenziamenti dal 1° luglio potrebbe essere limitato, ma il recupero della partecipazione, che resta di oltre un punto al di sotto dei livelli pre-crisi, dovrebbe spostare in avanti il punto di svolta del tasso dei senza-lavoro.

ITALIA – Nel 1° trimestre del 2021 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è tornato a crescere a sorpresa, di +1,5% t/t (+0,8% a/a), dopo il calo di -1,8% t/t (-2,6% a/a) registrato a fine 2020; il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto di +0,9% t/t (+0,5% a/a).
I consumi finali sono invece calati per il secondo trimestre consecutivo, di -0,6% t/t dopo il -2,4% di fine 2020 (-4,0% a/a da -10,2%).
L’aumento del reddito e la caduta dei consumi si sono riflessi in un aumento del tasso di risparmio che è tornato poco al di sotto del precedente picco, a 17,1% dal 15,3% di fine 2020(dall’8,1% di fine 2019).
La quota di profitto delle società non finanziarie è calata al 42,6% dal 43,4% registrato nel 4° trimestre dello scorso anno, a fronte però di un tasso di investimento in crescita di 0,7 punti percentuali al 22,3%: entrambe le variabili hanno già più che recuperato i livelli pre-COVID.
I dati relativi alla finanza pubblica hanno invece riportato un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche pari al 13,1% del PIL nei primi tre mesi del 2021 (contro 10,6% un anno prima) ed un saldo primario che si è attestato al -9,7% del PIL (-7,5% nel 1° trimestre del 2020).
Il peggioramento dei parametri di finanza pubblica è imputabile alla maggiore incidenza delle uscite sul PIL (54,8% da 52,2%) a fronte di entrate sostanzialmente stabili (al 41,6%) rispetto allo scorso anno (la pressione fiscale è risultata poco variata al 37,9% del PIL).

AREA EURO
– L’indice PMI manifatturiero di giugno è stato rivisto verso l’alto a 63,4 da 63,1, riaggiornando il record storico per il quarto mese consecutivo e confermando le indicazioni di solida espansione dell’attività industriale.
Si registrano revisioni al rialzo dei dati preliminari tedesco (65,1 da 64,9) e francese (59,0 da 58,6) mentre le prime stime mostrano una sostanziale stabilizzazione dell’indice italiano sui massimi storici a 62,2 da 62,3 di maggio ed un rialzo di quello spagnolo a 60,4 (un massimo dal 1998) da 59,4 precedente.
Se le letture flash offrivano indicazioni di un modesto rallentamento di ordinativi e produzione, l’aggiornamento delle stime è invece coerente con un’accelerazione di output e commesse con gli indici relativi che sono tornati sui picchi toccati a marzo.
Non emergono quindi segnali che le strozzature all’offerta stiano frenando in maniera significativa la ripresa dell’attività che, al contrario, continua a beneficiare di una solida domanda in crescita a ritmi superiori all’offerta.
Il contesto di eccesso di domanda si riflette anche in indicazioni di aumento dei prezzi, pagati e ricevuti, con entrambi gli indici sui livelli più alti dall’inizio delle rilevazioni.
– Il tasso di disoccupazione a maggio è calato a sorpresa a 7,9% da 8,1% (rivisto al rialzo di un decimo), con una flessione dei disoccupati di 306 mila unità.
La diminuzione del tasso dei senza lavoro è risultata diffusa alle principali economie: Germania (3,7% da 3,8%), Francia (7,5% da 7,8%), Italia (10,5% da 10,7%) e Spagna (15,3% da 15,5%), mentre tra tutti i Paesi membri solo il Portogallo ha registrato un aumento (7,2% da 7,0%).
I più recenti dati mensili sul mercato del lavoro sono risultati complessivamente migliori del previsto e, uniti alle indicazioni sulle assunzioni che emergono dalle indagini di fiducia, offrono segnali incoraggianti sull’occupazione nei prossimi mesi.
Prevediamo quindi un graduale calo del tasso di disoccupazione nei prossimi trimestri, destinato ad accelerare nel 2022.
Nel breve termine il rientro degli inattivi nella forza lavoro potrebbe impedire un più ampio calo del tasso di disoccupazione; un’ulteriore incognita è rappresentata dalla progressiva rimodulazione degli schemi pubblici di sostegno da parte dei Governi nazionali; è possibile che, in uno scenario di irrobustimento della ripresa, l’impatto risulti complessivamente contenuto.

STATI UNITI
 – L’ISM manifatturiero a giugno cala a 60,6 da 61,2.
Lo spaccato dell’indagine resta positivo, con indicazioni di espansione dell’attività per il tredicesimo mese consecutivo.
Le componenti in rialzo sono la produzione (+2,3 a 60,8), i prezzi (+4,1 a 92,1, massimo da luglio 1979)e le scorte (+0,3 a 51,1).
Risultano invece in calo l’occupazione (-1 a 49,9), gli ordini (-1 a 66), gli ordini inevasi (-6,1 a 64,5) e i tempi di consegna (-3,7 a 75,1).
Il direttore dell’indagine riporta che le imprese continuano a segnalare difficoltà a soddisfare livelli crescenti di domanda, per via di allungamento dei tempi di consegna di materie prime essenziali, aumenti dei prezzi degli input e difficoltà nei trasporti.
A questi problemi si aggiungono assenteismo, chiusure temporanee per mancanza di pezzi e difficoltà a reperire manodopera.
L’aumento di domanda è diffuso a tutti i principali sotto-settori.
L’indagine segnala che problemi dal lato dell’offerta potranno frenare l’output in questa fase di eccesso di domanda e di prezzi in rialzo.
– Le nuove richieste di sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 23 giugno calano nuovamente, toccando un nuovo minimo post-pandemia a 364 mila (-51 mila dalla settimana precedente) e progredendo gradualmente verso i livelli pre-COVID (media 2019 a 218 mila).
I nuovi sussidi erogati con il programma federale di Pandemic Unemployment Assistance sono pari a 115.267.
I sussidi statali esistenti a metà giugno sono 3,469 mln (+56 mila).
Al 12 giugno, i sussidi totali esistenti erogati con tutti i programmi statali e federali sono 14,659 mln, in calo di 180.890 dalla settimana precedente.
A partire da metà giugno 20 Stati interromperanno o ridurranno l’erogazione delle integrazioni ed estensioni federali, seguiti da altri 6 Stati a partire da luglio.
I programmi federali termineranno per legge al 6 settembre.
La riduzione delle somme erogate con i sussidi dovrebbe spingere verso l’alto l’offerta di lavoro per gli individui con occupazioni a basso salario e bassa specializzazione.
– La spesa in costruzioni a maggio cala di -0,3% m/m (+7,5% a/a).
La spesa privata corregge di -0,3% m/m, con un rialzo di 0,2% m/m per le costruzioni residenziali e un calo di -1,1% m/m per il comparto non residenziale.
Nel settore pubblico la spesa è in flessione di -0,2% m/m.
I dati confermano l’indebolimento della spesa residenziale, dovuta ai prezzi elevati e a vincoli dal lato dell’offerta, a fronte di un andamento sempre negativo del comparto non residenziale.

MONDO – Il PMI manifatturiero globale è sceso da 56 a 55,5, livello che ricade comunque nel 7% di osservazioni più alte dal 1998 a oggi.
L’indagine mostra un andamento meno vivace dei nuovi ordinativi, ma il libro ordini garantisce sostenibilità alla crescita della produzione.
Il problema dei ritardi nelle consegne continua a essere ampiamente diffuso, tanto che l’indice relativo ha segnato un nuovo minimo storico a 36.
Di contro, gli indici dei prezzi pagati e ricevuti sono calati, pur restando su livelli eccezionalmente elevati nel confronto storico.
La flessione dell’indice manifatturiero riflette il rallentamento dell’attività in Cina e India.
Anche il “raffreddamento” dei rincari di costo al momento è confinato alla Cina, dove pure erano stati meno diffusi nei mesi scorsi, e non si riscontra né in Europa, né negli Stati Uniti.

 

COMMENTI:

OECD-OCSE – Un accordo per l’introduzione di una tassazione minima globale sulle imprese è stato siglato ieri da 130 paesi, che rappresentano oltre il 90% del PIL mondiale.
L’accordo comprende due elementi:
(1) una redistribuzione di diritti di imposizione fiscale dai paesi di residenza fiscale ai paesi dove le imprese multinazionali operano e generano utili;
(2) l’introduzione di una aliquota minima di imposizione fiscale sulle imprese che gli Stati possono adottare per proteggere la propria base imponibile, fissata al 15%.
Nel comunicato stampa, l’OCSE stima che il primo pilastro redistribuirà imposte per circa 100 miliardi di dollari, mentre l’aliquota minima introdotta dal secondo pilastro accrescerà le imposte pagate dalle multinazionali di circa 150 miliardi di dollari.
L’accordo prevede di completare il lavoro tecnico per la riforma entro l’ottobre 2021, e di avviarne l’implementazione nel 2023.
Lo strumento multilaterale relativo al primo pilastro sarà predisposto per la firma entro il 2022.
Tre paesi membri dell’Unione Europea (Ungheria, Irlanda ed Estonia) non hanno firmato l’intesa.

STATI UNITI
 – Harker (Philadelphia Fed) ha aggiunto la sua voce al coro di partecipanti al FOMC favorevole a iniziare il tapering e ha affermato che a suo avviso il processo dovrebbe iniziare già quest’anno.
Come Kaplan due giorni fa, Harker ha detto che preferirebbe vedere la riduzione di acquisti in atto “più presto piuttosto che più tardi”.
Secondo Harker il problema dell’economia non è avere un sostegno alla domanda, già in fase di forte ripresa, ma riallocare l’offerta per soddisfarla.
Gli acquisti di titoli non possono raggiungere questo scopo, anzi possono eventualmente generare rischi di surriscaldamento e instabilità finanziaria.
La posizione di Harker riguardo alla modalità del tapering in termini di quote di MBS e Treasury prevede riduzioni uguali per le due componenti del programma, con l’obiettivo di semplificare il processo di uscita che, a suo avviso, richiederebbe circa 12 mesi.
Per Harker, si può immaginare una riduzione di 10 mld al mese dall’attuale acquisto mensile di 120 mld.
Per quanto riguarda la svolta sui tassi, Harker ha detto che a suo avviso dovrebbe avvenire dopo la fine del tapering.
In termini di tempistica Harker si è collocato nel campo di chi prevede di non muovere i tassi fino al 2023, e per ora mantiene questa posizione, soggetta agli sviluppi dei dati.
La sua valutazione è che l’inflazione sia spinta da fattori temporanei collegati alla riapertura, ma se la dinamica dei prezzi non restasse in un intorno del 2% come desiderato dalla Fed, la svolta sui tassi potrebbe dover essere anticipata.
La Philadelphia Fed prevede una crescita del 7% quest’anno e del 3,5% nel 2022, con l’inflazione fra il 3 e il 3,2% quest’anno e vicina al 2% l’anno prossimo.
Bullard (St Louis Fed) ha ripetuto che la crescita e l’inflazione hanno sorpreso verso l’alto, con un’espansione “ruggente” che sta creando colli di bottiglia e timori di inflazione, che vanno seguiti attentamente.
Sul tapering, Bullard ritiene che la Fed debba iniziare ad agire e ha sottolineato che con l’attuale boom nel settore immobiliare residenzialenon è chiaro che vogliamo alimentare una iniziale bolla sulle case”. Questa affermazione segnala che probabilmente Bullard potrebbe considerare un tapering a due velocità, con maggior peso iniziale sulla componente MBS.
– Il Congressional Budget Office ha pubblicato un’anteprima dell’aggiornamento dello scenario di budget per il 2021-31.
La versione completa verrà rilasciata nelle prossime settimane.
Lo scenario centrale prevede un deficit di 3 tln nell’a.f. 2021 (13,4% del PIL), inferiore di circa 130 mld rispetto a quello dell’anno precedente (14,6% del PIL), ma circa il triplo rispetto a quello del 2019.
L’allargamento dei deficit del 2020-21 è collegato agli interventi anti-COVID e pertanto è temporaneo: la media dei deficit del 2022-2031 è prevista a 1,2 tln, pari a 4,2% del PIL, ben al di sopra della media dei precedenti 50 anni, a 3,3%.
Dietro le medie, tuttavia, il trend non è lineare: il deficit è previsto in calo verso il 3% fino al 2024, ma poi torna ad aumentare, toccando il 5,5% del PIL nel 2031, senza indicazioni di stabilizzazione né in termini nominali né in percentuale del PIL.
Questo è il risultato di una stabilizzazione delle entrate/PIL intorno al 18% dal 2024 in poi (dal 17% degli anni precedenti) a fronte di un calo delle uscite dal 31% del PIL nel 2021, al 21% fino al 2025, con la fine delle misure anti-COVID e tassi di interesse sempre bassi.
Successivamente, la ripresa della spesa per interessi, sanità e previdenza dovrebbero generare il trend di ampliamento del deficit.
Il sentiero del debito, come il deficit, ha un trend non lineare nel prossimo decennio: in rialzo a 103% nel 2021, da 100% del PIL nel 2020, seguito da un calo poco sotto il 100% fra il 2023 e il 2025, e successivamente da nuovi rialzi verso il 106% del PIL nel 2031.
Prima della grande recessione, il debito/PIL era 35% e prima della pandemia era 79,2%.
Lo scenario economico del CBO prevede una crescita di 7,4% nel 2021, di 3,1% nel 2022, di 1,1% nel 2023, seguito da una crescita media di 1,2% nel 2024-25 e di 1,6% nel 2026-31.
Secondo il CBO, l’inflazione dovrebbe essere significativamente al di sopra del 2% solo quest’anno (2,8% a/a per il deflatore, 3,4% per il CPI) per poi tornare al 2% negli anni successivi.
Il quadro fiscale delineato dal rapporto ovviamente tiene conto solo della legislazione già approvata ed è soggetto a rischi di deterioramento collegati ai programmi di spesa ancora in discussione, in particolare il pacchetto infrastrutture per circa 1 tln di dollari e quello più ampio (ma molto più incerto) di circa 4 tln per la redistribuzione a favore delle fasce medio -basse di reddito.

 

PREVISIONI:

STATI UNITI
– Oggi, l’employment report di giugno dovrebbe dare informazioni positive sul mercato del lavoro.
Gli occupati non agricoli sono previsti in aumento di 730 mila dopo 559 mila di maggio, con una moderata reazione dell’occupazione alla fine delle integrazioni federali annunciata per 26 Stati (a partire da metà per 20 stati e da luglio per gli altri 6).
La correzione stagionale a giugno e luglio è ampia per tenere conto della riduzione “normale” di occupati nell’istruzione: in questa fase di ranghi ridotti nella scuola, il calo potrebbe essere inferiore alla norma, con un effetto di spinta verso l’alto sulla variazione destagionalizzata.
Il tasso di disoccupazione dovrebbe calare a 5,6% da 5,8%, con un aumento solo marginale della forza lavoro, ancora in deficit di circa 3,5 mln di partecipanti rispetto a febbraio 2020 e probabilmente quasi ferma ancora per un certo tempo.
I nuovi occupati dovrebbero venire in prevalenza dall’insieme dei disoccupati e non dagli individui “non nella forza lavoro”.
La domanda di lavoro nei settori dei servizi aggregativi, tornati circa ai livelli di attività pre-COVID, dovrebbe rimanere parzialmente insoddisfatta, con pressioni verso l’alto sui salari della parte bassa della distribuzione, ma effetti modesti sulla media salariale.
I salari orari sono attesi in rialzo di 0,3% m/m, dopo 0,5% m/m, influenzati ancora dalle distorsioni di composizione della crescita occupazionale maggiormente concentrata nei settori dei servizi ricreativi.
– La bilancia commerciale a maggio dovrebbe registrare un ampliamento del deficit a -71,3 mld, da -68,9 mld di aprile, sulla scia dell’aumento delle importazioni e del calo dell’export registrati dai dati della bilancia commerciale dei beni.