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2 Febbraio 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – L’inflazione calcolata sull’indice nazionale è scesa al 10,1% dall’11,6% di dicembre, mentre l’inflazione armonizzata è calata al 10,9% dal 12,3% di dicembre.
Nel mese i prezzi sono cresciuti di 0,2% m/m sul NIC, e calati di -1,3% m/m sull’IPCA per via dei saldi invernali.
Il rallentamento tendenziale dei prezzi è imputabile prevalentemente alla componente energetica (da 64,7% di giugno a 43,1%; -3,8% la variazione congiunturale) e, in particolare, a quella regolamentata, crollata a -10,9% a/a (-24,7% m/m) dal 70,2% precedente.
I prezzi dei beni energetici non regolamentati hanno invece registrato un aumento nel mese (0,7% m/m), rallentando solo lievemente su base annua (da 63,3% a 59,6% a/a).

ITALIA – Il PMI manifatturiero è salito più del previsto a 50,5 da 48,5 del mese precedente, sui massimi dallo scorso giugno.
L’indagine riporta un rallentamento del ritmo di contrazione degli ordinativi mentre l’indice relativo alla produzione è tornato al di sopra della soglia d’invarianza e sui massimi da aprile 2022.

AREA EURO
 – Ieri l’inflazione ha sorpreso al ribasso in gennaio, calando all’8,5% (-0,4% m/m) da 9,2% di dicembre, ben al di sotto delle attese (consenso: 9%).
È salito ulteriormente invece l’indice al netto di energia e alimentari freschi, al 7% dal 6,9% precedente.
La stima preliminare di Eurostat non tiene conto del dato sull’inflazione tedesca (nostra previsione: 9,9% da 9,6% sull’indice armonizzato), la cui pubblicazione è stata posticipata da Destatis alla prossima settimana.
Non escludiamo pertanto una revisione al rialzo in occasione del rilascio della seconda lettura il prossimo 23 febbraio.
– Nell’area euro il tasso di disoccupazione si è attestato al 6,6% a dicembre, stabile rispetto ai due mesi precedenti (i cui dati sono stati rivisti al rialzo di un decimo).
Il tasso dei senza-lavoro è aumentato in Spagna (13,1% da 13%) e Francia (7,1% da 7%), è calato in Germania (2,9% da 3%) mentre è rimasto stabile in Italia (7,8%).
Le indagini suggeriscono un rallentamento delle assunzioni ma non ancora una riduzione degli organici.
Nel nostro scenario centrale l’aumento della disoccupazione nel corso del 2023 potrebbe risultare contenuto.
– Le stime finali degli indici PMI manifatturieri di gennaio hanno registrato una revisione al ribasso in Francia (50,5 da 50,8, 49,2 a dicembre) e al rialzo in Germania (47,3 da 47; 47,1 il mese precedente) mentre il dato relativo al complesso dell’Eurozona è stato confermato a 48,8 da 47,8 di dicembre.
In crescita anche l’indice manifatturiero spagnolo, a 48,4 da un precedente 46,4.

GERMANIA – Poco fa i dati sul commercio estero di dicembre hanno mostrato un calo sia per l’import (-6,1% m/m) che per l’export (-6,3% m/m), con un conseguente lieve peggioramento del saldo commerciale destagionalizzato a 10 miliardi da 10,9 mld del mese precedente.

STATI UNITI
– Su fronte dei dati, si sono aggiunte nuove indicazioni di debolezza congiunturale.
L’ISM manifatturiero a gennaio ha registrato la terza contrazione consecutiva e il secondo mese in territorio recessivo, scendendo a 47,4 da 48,4 di dicembre e toccando il minimo da maggio 2020.
Gli ordini, a 42,5 da 45,1, segnalano un’accelerazione del calo della domanda.
Anche la produzione indica contrazione, a 48, mentre l’occupazione è circa stagnante, a 50,6 e gli ordini dall’estero mostrano un ritmo di contrazione più contenuto.
Le imprese stanno frenando la produzione per adeguarsi alla domanda in flessione, anche se per ora non intendono ridurre gli occupati nell’aspettativa di un miglioramento delle condizioni economiche nella seconda metà dell’anno.
I dati sono in linea con una probabile entrata in recessione fra il 1° e il 2° trimestre.
– Il rapporto sull’occupazione dell’ADP ha rilevato a gennaio occupati non agricoli privati in aumento di 106 mila, con contrazioni di 75 mila posti nelle piccole imprese, dati misti per le imprese di medie dimensioni e un aumento di 128 mila per le grandi imprese.
La chief economist dell’ADP ha sottolineato che i dati di gennaio risentono negativamente delle condizioni climatiche avverse negli stati occidentali nella settimana di rilevazione.

 

COMMENTI:

BCEIl focus di oggi sarà sulla riunione di politica monetaria della BCE.
Come tutti, prevediamo un nuovo aumento dei tassi ufficiali di 50pb.
Non si possono escludere modifiche all’indirizzo sui tassi, dato che un nuovo rallentamento dei rialzi ci sembra probabile nei prossimi mesi (i rialzi già attuati, assieme alla riduzione del bilancio e alla stretta operata dalla supervisione stanno iniziando a incidere sulle condizioni del credito).
Tuttavia, per ora potrebbe ancora prevalere la volontà di non incoraggiare aspettative premature di allentamento della politica monetaria.
In aggiunta, il Consiglio annuncerà i dettagli operativi della riduzione del portafoglio APP, che già sappiamo inizierà a marzo al ritmo medio di 15 miliardi di euro mensili.

REGNO UNITO – Anche la riunione odierna della Bank of England sarà molto importante, non solo per la decisione sui tassi, ma anche per la pubblicazione del Monetary Policy Report (MPR), che conterrà le nuove previsioni di crescita e inflazione.
Ci aspettiamo che la BoE alzi i tassi di 50pb, portando il bank rate a 4,00%, in linea con le attese di consenso e di mercato (che sconta un rialzo di 50pb con probabilità superiore al 90%).
I rischi sono leggermente verso il basso, ovvero per un rialzo che potrebbe essere di soli 25pb.
Già all’ultima riunione di dicembre infatti due esponenti (S. Dhingra e S. Tenreyro) su nove, avevano votato per tassi fermi (anche se uno, C. L. Mann, aveva votato per un rialzo più ampio, di 75pb, invece dei 50pb voluti dalla maggioranza), essendo l’inflazione in calo e l’economia in recessione già dal 3° trimestre.
Inoltre, dopo il Budget d’Autunno di novembre, la stessa BoE ha stimato che l’effetto del Budget sullo scenario macro dovrebbe comportare una revisione verso il basso (-0,75%) dell’inflazione attesa nel 2° trimestre di quest’anno per via dell’estensione del tetto sulle bollette energetiche e anche della crescita al di là del breve (-0,5% nel 2025) per via delle misure di consolidamento fiscale.
Quest’anno invece la crescita potrebbe essere rivista al rialzo (+0,4% circa) grazie alle misure di sostegno fiscale adottate.
Complessivamente questo dovrebbe tradursi in un sentiero di rialzi dei tassi nei prossimi mesi un po’ più blando rispetto a quanto atteso in precedenza, per un totale di 75-100pb di rialzi complessivi entro marzo (o maggio al più tardi).
Il mercato sconta pienamente 75pb di rialzi entro giugno, con una probabilità intorno al 70% che si arrivi a 100pb.
L’incertezza principale riguarda il mercato del lavoro, le cui condizioni sono ancora molto tirate, nonostante abbiano già cominciato a emergere segnali di possibile allentamento delle pressioni salariali.

STATI UNITI – Ieri la riunione del FOMC si è conclusa, come atteso, con un rialzo dei fed funds di 25pb, a 4,75%.
Il messaggio del comunicato e della conferenza stampa, in superficie, è poco variato.
Nonostante i “gratificanti” miglioramenti sul fronte dei prezzi e l’indebolimento della crescita, la Fed ritiene che ci sia “ancora lavoro da fare” e che sia appropriato prevedere “continui (ongoing) aumenti” dei tassi per garantire il ritorno dell’inflazione al 2%.
Powell ha affermato che c’è stata una discussione approfondita sul sentiero dei rialzi, ma non ha voluto parlarne, rinviando ai verbali in uscita fra tre settimane.
Per il momento, la Fed non ha voluto modificare il segnale di due ulteriori rialzi dei tassi attesi alle prossime due riunioni, specificando però che a marzo ci saranno due mesi in più di dati e verranno aggiornate le proiezioni macroeconomiche.
Manteniamo la previsione di un ulteriore rialzo di 25pb a marzo, seguito da una pausa “condizionata” al proseguimento del processo di disinflazione.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha corretto visibilmente sull’esito del FOMC, aggiornando i minimi su livelli abbandonati ad aprile dell’anno scorso.
La Fed ha alzato i tassi di soli 25 pb, a 4,50%-4,75%, mantenendo l’indicazione che altri rialzi (due di 25 pb ciascuno, come da proiezioni Fed di dicembre) sono probabilmente necessari per far scendere l’inflazione che rimane ancora elevata.
Tuttavia, questa volta ha riconosciuto espressamente che l’inflazione sta rallentando, spiegando che il passaggio a rialzi dei tassi modesti consente ora di capire meglio quale sia l’ulteriore restrizione necessaria per agevolare il sentiero di rientro a target.
Il messaggio è che il ciclo di rialzi sta effettivamente giungendo a termine.
Il dollaro potrà quindi indebolirsi ancora, soprattutto se nel frattempo i dati dovessero favorire uno scenario in cui la Fed potrebbe chiudere il ciclo con un altro rialzo soltanto (invece di due) al prossimo FOMC del 22 marzo.

EURSull’esito del FOMC l’euro si è apprezzato significativamente, da 1,08 a 1,10 EUR/USD, aggiornando qui i massimi su livelli abbandonati ad aprile.
La BCE oggi dovrebbe marcare un disallineamento rispetto alla Fed, alzando i tassi di 50 pb e ribadendo la necessità di proseguire con i rialzi a ritmo sostenuto perché l’inflazione è ancora troppo alta.
L’euro, quindi, dovrebbe consolidare e potrebbe riuscire ad aggiornare ulteriormente i massimi, anche se non è da escludersi che l’ampiezza della risposta post-FOMC e il fatto che il mercato sconti già tale scenario possano contribuire a ridimensionare la reazione d’impatto complessiva.

GBPAnche la sterlina si è rafforzata post-FOMC contro dollaro, da 1,22 a1,24 GBP/USD, ma meno dell’euro, rispetto al quale si è indebolita da 0,88 a 0,89 EUR/GBP.
Cruciale per la valuta britannica sarà oggi l’esito della riunione BoE, non solo per la decisione sui tassi, ma anche per la pubblicazione del Monetary Policy Report (MPR), che conterrà le nuove previsioni di crescita e inflazione.
Ci aspettiamo che la BoE alzi i tassi di 50 pb, portando il bank rate a 4,00%, in linea con le attese di consenso e di mercato (che sconta un rialzo di 50 pb con probabilità superiore al 90%).
I rischi sono leggermente verso il basso, ovvero per un rialzo che potrebbe essere di soli 25 pb.
Già all’ultima riunione di dicembre infatti due esponenti (S. Dhingra e S. Tenreyro) su nove, avevano votato per tassi fermi (anche se uno, C. L. Mann, aveva votato per un rialzo più ampio, di 75 pb, invece dei 50 pb voluti dalla maggioranza), essendo l’inflazione in calo e l’economia in recessione già dal 3° trimestre.
Inoltre, dopo il Budget d’Autunno di novembre, la stessa BoE ha stimato che l’effetto del Budget sullo scenario macro dovrebbe comportare una revisione verso il basso (-0,75%) dell’inflazione attesa nel 2° trimestre di quest’anno per via dell’estensione del tetto sulle bollette energetiche e anche della crescita al di là del breve (-0,5% nel 2025) per via delle misure di consolidamento fiscale.
Quest’anno invece la crescita potrebbe essere rivista al rialzo (+0,4% circa) grazie alle misure di sostegno fiscale adottate (effetto comunque temporaneo).
Complessivamente questo dovrebbe tradursi in un sentiero di rialzi dei tassi nei prossimi mesi un po’ più blando rispetto a quanto atteso in precedenza, per un totale di 75-100 pb di rialzi complessivi entro marzo (o maggio al più tardi).
Il mercato sconta pienamente 75 pb di rialzi entro giugno, con una probabilità intorno al 70% che si arrivi a 100 pb.
L’incertezza principale riguarda il mercato del lavoro, le cui condizioni sono ancora molto tirate, nonostante abbiano già cominciato a emergere segnali di possibile allentamento delle pressioni verso l’alto sui salari.
L’esito della riunione dovrebbe agevolare un consolidamento rispetto al dollaro, in prospettiva di un rialzo dei tassi di 50 pb e di una possibile revisione al ribasso per l’inflazione attesa quest’anno e al rialzo della crescita sempre limitatamente a quest’anno.
L’upside resta però inferiore a quello dell’euro, rispetto al quale la sterlina resterebbe pertanto sulla difensiva.

JPYAnche lo yen si è apprezzato post-FOMC contro dollaro da 130 a 128 USD/JPY sul calo dei rendimenti a lunga USA e la tendenza dovrebbe confermarsi rialzista in vista della chiusura del ciclo di rialzi Fed.
Conto euro invece lo yen si è indebolito da 140 a 141 EUR/JPY per via del maggior apprezzamento dell’EUR/USD, che potrebbe prevalere anche oggi sull’esito della riunione BCE.

 

PREVISIONI:

STATI UNITI – Oggi il costo del lavoro per unità di prodotto del 4° trimestre dovrebbe mostrare un rallentamento della crescita.