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1 Febbraio 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – Il PIL è calato di -0,1% t/t (1,7% a/a) dopo sette trimestri di crescita.
Il comunicato stampa rilasciato da Istat rileva che dal lato della domanda la componente nazionale al lordo delle scorte ha frenato la crescita a fronte di un apporto positivo da parte delle esportazioni nette.
Dal lato dell’offerta invece agricoltura e industria hanno contribuito negativamente alla crescita del valore aggiunto mentre i servizi dovrebbero aver registrato una lieve espansione.
In Italia e in area euro vediamo un rallentamento della crescita del PIL nel 2023 allo 0,6% da 3,9% e 3,5% rispettivamente.

ITALIA – Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al 7,8% a dicembre.
Rispetto al mese precedente le persone in cerca di occupazione sono aumentate modestamente (+2mila unità) a fronte di un più ampio incremento per gli occupati (+37mila) e un calo degli inattivi (-54mila).
Nonostante il rallentamento ciclico il mercato del lavoro sembra restare solido mentre le pressioni salariali restano modeste e decisamente inferiori rispetto al resto dell’Eurozona.
Nel corso del 2022 sono stati conclusi 33 contratti collettivi e la crescita in media annua delle retribuzioni negoziali è stata pari all’1,1%, con un divario record rispetto all’inflazione media (7,6pp).

AREA EURO – Ieri il PIL nel 4° trimestre è cresciuto di 0,1% t/t (1,9% a/a).
Il dato è comunque gonfiato dalla forte stima irlandese al netto di cui l’economia sarebbe risultata stagnante.
Non è ancora disponibile lo spaccato delle componenti ma i dati nazionali già pubblicati sono coerenti con una contrazione della domanda interna mentre il possibile contributo positivo delle esportazioni nette dovrebbe essere spiegato più da un calo dell’import che da una riaccelerazione dell’export.
Sia in Italia che nel resto dell’Eurozona riteniamo che l’economia si contrarrà anche nel 1° trimestre, frenata da una domanda interna destinata a restare debole.

STATI UNITI
– L’Employment Cost Index del 4° trimestre ha registrato il secondo rallentamento consecutivo, con un rialzo di 1% t/t (5,1% a/a), dopo 1,2% t/t (5% a/a) dell’estate e 1,4% della primavera.
La dinamica di salari e stipendi conferma la svolta verso il basso, con una variazione di 1% t/t (5,1% a/a) da 1,3% t/t (5,1% a/a) del 3° trimestre.
I salari dei lavoratori del settore privato sono in rialzo di 1% t/t, da 1,2% t/t, grazie al rallentamento nei servizi, elemento cruciale per le valutazioni della Fed sui rischi per l’inflazione.
I dati si allineano a quelli dei salari orari e dell’Atlanta Wage Tracker segnalando aumenti salariali ancora incompatibili con un’inflazione al 2%, ma su un sentiero incoraggiante per il quadro dei prezzi.
– La fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board a gennaio è calata a 107,1 da 109 di dicembre, con un miglioramento delle condizioni correnti a 150,9 da 147,4, e una correzione dell’indice di aspettative a 77,8 da 83,4, su livelli tipicamente associati con una recessione.
La valutazione del mercato del lavoro corrente è migliorata, ma le aspettative per il breve termine sono peggiorate.

CINA – L’indice PMI manifatturiero rilevato da Caixin ha registrato un modesto aumento, salendo da 49 in dicembre a 49,2 in gennaio, meno delle attese di consenso (Bloomberg 49,8).
Il dato appare in linea con le indicazioni dei PMI dell’NBS pubblicati ieri, che certificavano condizioni in miglioramento ma ancora di difficoltà per le piccole e medie imprese.
L’aumento è stato esteso a tutte le componenti ad eccezione di quelle delle scorte di prodotti finiti e di input, che sono lievemente scese e rimangono in territorio di contrazione.
Le imprese hanno lamentato infatti ancora debolezza della domanda sia estera sia interna: le componenti degli ordini, pur in miglioramento, sono rimaste al di sotto di 50 (ordini totali a 49,3; ordini esteri a 48,7), segnalando una contrazione sebbene ad un ritmo inferiore rispetto a dicembre.
Le imprese hanno inoltre evidenziato che i licenziamenti volontari e le assenze per malattia hanno mantenuto l’occupazione in contrazione per il decimo mese consecutivo e hanno causato un aumento degli ordini inevasi per la prima volta da maggio.
Le imprese restano comunque ottimiste per il futuro, come segnala l’aumento delle aspettative che hanno toccato il massimo da aprile 2021.
I prezzi di acquisto sono saliti al ritmo più alto degli ultimi sette mesi (da 51,1 in dicembre a 52 in gennaio, ancora inferiore rispetto alla media del 2020-2021 di 55,5), mentre i prezzi di vendita hanno continuato a ridursi.

 

COMMENTI:

BCE – La Bank Lending Survey della BCE ha confermato le indicazioni già emerse nelle rilevazioni precedenti di inasprimento delle condizioni creditizie, continuato nel 4° trimestre, e di calo della domanda di prestiti, quest’ultima peraltro superiore alle attese.
La restrizione è maggiore per il credito a lungo termine che per quello a breve termine.
La domanda di credito da parte delle imprese registra una prevalenza di riduzioni (-11%) per la prima volta da inizio 2021, mentre quella di mutui ha registrato la più ampia diffusione di cali (-74%) dall’inizio delle rilevazioni.
La restrizione del credito riflette anche vincoli di bilancio, in particolare in Germania e Italia, che si aggiungono a una minore tolleranza delle banche per il rischio e alla percezione che i rischi sono aumentati.
I dati anticipano una frenata di investimenti e consumi nel corso del 2023, coerentemente con il nostro scenario di crescita solo modesta nel corso dell’anno.

STATI UNITI – Oggi il focus sarà sulla riunione del FOMC, che dovrebbe concludersi con un rialzo dei fed funds di 25pb, a 4,75%.
Il comunicato dovrebbe rilevare un indebolimento della domanda, pur in presenza di un mercato del lavoro ancora solido, e segnali preliminari di ritracciamento dell’inflazione e della dinamica salariale (anche alla luce del dato dell’Employment Cost Index).
Nel comunicato, l’elemento cruciale sarà una possibile modifica della previsione di “continui aumenti” dell’intervallo obiettivo.
Un cambiamento di questa formulazione o la sua abolizione a favore di un percorso definito riunione per riunione sarebbe un chiaro segnale che la fine dei rialzi è imminente.
Nella conferenza stampa, riteniamo che Powell riconoscerà i dati incoraggianti sul calo dell’inflazione, ma manterrà l’attenzione focalizzata sugli elementi di rischio per lo scenario, il mercato del lavoro e l’inflazione dei servizi core ex-abitazione, in miglioramento ma non risolti.
Le parole di Powell dovrebbero cercare di contrastare l’allentamento delle condizioni finanziarie generato dai mercati, ma non potranno prevalere sul fatto che il ciclo dei rialzi è al termine.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro, che ieri aveva aperto al rialzo, è poi sceso chiudendo al ribasso sui dati USA (indice del costo del lavoro, PMI di Chicago e fiducia dei consumatori) che hanno fornito altri segnali di rallentamento sul fronte della crescita e di allentamento delle pressioni inflazionistico/salariali, a supporto di uno scenario di avvicinamento della chiusura del ciclo di rialzi dei tassi Fed.
Un test importante in tal senso sarà il FOMC di questa sera.
La Fed dovrebbe ridurre di nuovo la dimensione del rialzo dei tassi, da 50 pb a 25 pb, ma l’aspetto chiave sarà se vorrà già segnalare che la chiusura del ciclo di rialzi è imminente o se preferirà ancora non esporsi su questo tema – aspettando piuttosto la riunione d marzo – per arginare le scommesse ribassiste (su tassi futuri) del mercato.
Il dollaro dovrebbe comunque indebolirsi all’avvicinarsi della chiusura del ciclo di rialzi, ma la reazione immediata, essendo l’esito di questa sera già scontato dal mercato, potrebbe essere modesta.
Se invece la Fed modificherà la retorica per segnalare che la chiusura del ciclo è imminente, il calo del dollaro sarebbe più ampio.
Intanto, anche i dati attesi nel pomeriggio (occupati ADP e ISM manifatturiero) dovrebbero confermare lo scenario di rallentamento dell’economia USA.

EURL’euro, che ieri aveva aperto in ulteriore calo, contenuto comunque ancora in area 1,08 EUR/USD (quindi mantenendosi su livelli “tecnicamente” elevati), è poi risalito, soprattutto di riflesso all’arretramento del dollaro sui dati USA e apre al rialzo anche oggi.
Sull’esito del FOMC dovrebbe riuscire a consolidare ulteriormente, ma l’entità del rafforzamento sarà maggiore/minore a seconda che la Fed segnali/o meno che la chiusura del ciclo di rialzi è imminente.
A favore dell’euro dovrebbe tuttavia rivelarsi poi domani l’esito della riunione BCE, che marcherà un disallineamento rispetto alla Fed data la dinamica sfavorevole dell’inflazione.
I dati di questa mattina hanno mostrato un calo superiore al previsto per l’inflazione dell’area, che resta comunque su livelli ancora troppo elevati, ma hanno contemporaneamente rivelato un aumento dell’inflazione “core”, contro attese invece di stabilizzazione, a conferma della persistenza di pressioni inflazionistiche che la politica monetaria deve continuare a contrastare.

GBPLa sterlina invece ieri non è riuscita a rafforzarsi sul dollaro e anzi si è indebolita ulteriormente da 1,23 a 1,22 GBP/USD, arretrando anche contro euro, da 0,87 a 0,88 EUR/GBP, sul deterioramento di sentiment dopo che nelle nuove proiezioni pubblicate ieri dall’IMF il Regno Unito è stato l’unico paese G7 per il quale le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso.
Tuttavia più rilevanti saranno a questo proposito le nuove proiezioni macro che la BoE pubblicherà al termine della riunione di politica monetaria di domani e che, almeno nel breve, potrebbero invece contenere una revisione verso l‘alto.
La sterlina dovrebbe comunque riuscire a risalire contro dollaro in prospettiva di un rialzo dei tassi Fed questa sera inferiore a quello atteso da parte della BoE domani.
Il potenziale rialzista della sterlina rispetto al dollaro rimane però inferiore a quello dell’euro, favorito da un sentiero atteso di rialzi BCE più incisivo rispetto alla BoE e da un quadro di crescita dell’area meno debole rispetto al Regno Unito.

JPYAnche lo yen si è rafforzato sul dollaro da 130 a 129 USD/JPY grazie all’arretramento dei rendimenti a lunga USA e dovrebbe consolidare sull’esito del FOMC, ma anche in questo caso l’entità della reazione dipenderà dalla retorica Fed.
Lo yen si è rafforzato anche contro euro ieri da 141 a 140 EUR/JPY, ma qui le oscillazioni sono più contrastate per via della dinamica dell’EUR/USD.
Domani, infatti, importante sarà anche l’esito della riunione BCE.

 

PREVISIONI:

AREA EURO
 – Oggi l’attenzione sarà sulle rilevazioni sui prezzi al consumo di gennaio.
Nel complesso dell’Eurozona, l’inflazione è attesa calare lievemente a gennaio, stimiamo a 9% dal 9,2% di dicembre; di contro, l’indice core (al netto di energia e alimentari freschi) dovrebbe crescere a 7,2% da 6,9% precedente.
Nel mese, i prezzi sono visti aumentare dello 0,1% m/m, ancora al di sopra dell’usuale profilo stagionale.
Il dato dell’Eurozona si baserà su una stima preliminare dell’inflazione tedesca, la cui pubblicazione è stata posticipata alla prossima settimana per via di problemi tecnici.
– In calendario anche i dati sul mercato del lavoro di dicembre: vediamo un tasso di disoccupazione stabile al minimo storico di 6,5%.

ITALIA – L’inflazione potrebbe scendere a gennaio, a 10% a/a da 11,6% sull’indice nazionale e a 10,7% da 12,3% sull’armonizzato.
Di contro, la componente core è attesa salire a 6,3% da 5,8% di dicembre.
Nel mese i prezzi al consumo avrebbero registrato una crescita di 0,1% m/m sul NIC e un calo di -1,5% m/m sull’IPCA, legato ai saldi invernali.
I rincari di tabacchi e trasporto pubblico di inizio anno dovrebbero essere mitigati dal calo del prezzo del gas e dell’elettricità.

STATI UNITI – Sul fronte dei dati, l’ISM manifatturiero dovrebbe segnare un nuovo calo, a 48,1 a gennaio, con ordini, produzione e occupazione in territorio recessivo e segnali di ulteriore rallentamento delle pressioni inflazionistiche.