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Sulla esdebitazione dell’imprenditore agricolo. Introduzione ai contratti sulla crisi d’impresa

1. Il problema dell’essere abitazione dell’imprenditore agricolo, escluso dal fallimento. – 2. La possibilità di concludere contratti sulla crisi d’impresa. – 3. Autonomia privata e crisi d’impresa. – 4. Ristrutturazione dei debiti e contratto. – 5. Contratti stragiudiziali, piani attestati di risanamento e accordi di ristrutturazione dei debiti.

1. – Il problema dell’essere abitazione dell’imprenditore agricolo, escluso dal fallimento. Sappiamo dell’art. 1, l. fall., che esclude dal fallimento e dal concordato preventivo gli imprenditori agricoli. Recentemente – con sentenza del 20 aprile 2012, n. 104 – la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la q.l.c. dell’art. 1 in parola, censurato, in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui, prevedendo che sono soggetti alle disposizioni sul fallimento gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclude che siano soggetti al fallimento gli imprenditori agricoli e quelli ad essi equiparati. Ha in particolare argomentato come sia da ritenersi infondato il dubbio di inconciliabilità con i princìpi costituzionali dell’esenzione dell’imprenditore agricolo dalle procedure concorsuali per la mutata realtà economica degli operatori del settore a seguito delle modifiche introdotte dal nuovo art. 2135 c.c., poiché tale sottrazione, frutto di una scelta discrezionale del legislatore, risponde a ragioni di politica economica e giudiziaria, cioè a quelle stesse ragioni che consentono di non ritenere in contrasto con l’art. 3 Cost. la soggezione alle procedure concorsuali delle piccole società commerciali rispetto alla esenzione, da esse, delle società artigiane.

Dal canto suo, la Cassazione non molto tempo fa ha ribadito che a norma dell’art. 2135 c.c. è qualificabile come attività agricola quella diretta alla coltivazione del fondo e costituente forma di sfruttamento del fattore terra, sia pure con l’ausilio delle moderne tecnologie, nonché quella connessa a tale coltivazione, che si inserisca nel ciclo dell’economia agricola; ha, invece, carattere commerciale o industriale ed è, quindi, soggetta al fallimento, se esercitata sotto forma di impresa grande e media, quell’attività che, oltre ad essere idonea a soddisfare esigenze connesse alla produzione agricola, risponda a scopi commerciali o industriali e realizzi utilità del tutto indipendenti dall’impresa agricola o, comunque, prevalenti rispetto ad essa (Cass. 24 marzo 2011, n. 6853).

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Fabrizio Di Marzio