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Il vecchio contadino in viaggio verso l’Europa. Dove va il diritto agrario oggi?

Delle molte definizioni che sono state date, quella del «diritto della produzione agricola» o «diritto dell’agricoltura» è forse la definizione che meglio spiega – anche se non in modo esaustivo – ciò che si chiama diritto agrario.

Il diritto agrario è costituito da un complesso di norme, le cui fonti sono la Costituzione, il codice civile, le leggi speciali, regionali, le nome comunitarie e residualmente gli usi. Mai considerato diritto autonomo, ma annoverato nella branca del diritto civile, si può dire che il diritto agrario è qualcosa di più, atteso che esso attraversa ampi campi del diritto, non solo privato e commerciale in senso lato, ma anche pubblico e comunitario. Il diritto agrario è il diritto dell’impresa agricola, della proprietà fondiaria, della coltivazione della terra e dell’allevamento degli animali. La Costituzione si occupa dell’agricoltura e dell’impresa agricola sia all’art. 42, quando – nell’affermare il diritto alla proprietà privata – ne promuove l’accesso allo scopo di assicurarne la funzione sociale, sia all’art. 44, quando impone vincoli alla proprietà terriera privata, al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali e quando prevede, infine, che la legge aiuti la piccola e media proprietà e favorisca la ricostituzione delle unità produttive.

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