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09 Marzo 2020 – nota economica giornaliera

ITALIA Le vendite al dettaglio in valore sono rimaste stabili a gennaio, dopo essere aumentate di +0,5% m/m a dicembre (in volume, le vendite sono cresciute di un decimo nel mese). L’incremento congiunturale è dovuto agli alimentari, mentre i non alimentari hanno fatto segnare una flessione. La variazione tendenziale è salita da 0,8% a 1,4%, ai massimi dallo scorso luglio.
Si amplia il divario fra grande distribuzione (+2,3% a/a) e imprese operanti su piccole superfici (-0,2% a/a), con +5,3% per i discount di alimentari; rallenta il commercio elettronico dopo la volatilità del bimestre precedente (+15,8% a/a).
Per la prima volta, l’Istat ha incorporato nella rilevazione l’aggregato relativo alle vendite al di fuori dei negozi che include la vendita porta a porta, i distributori automatici e la vendita per corrispondenza e attraverso TV (che risulta in crescita di 0,6% a/a).
Gli unici gruppi di prodotti in calo su base annua sono farmaceutici (-1,8%) e cartoleria, libri, giornali e riviste (-0,4%); il settore più dinamico è quello dei prodotti di profumeria e cura della persona (+3,3%).
Le vendite al dettaglio sono in rotta per un incremento di +0,3% t/t in volume e 0,4% t/t in valore nel 1° trimestre, in accelerazione rispetto ai tre mesi precedenti.
È possibile che la COVID-19 abbia un impatto positivo sulle vendite al dettaglio relative al mese di febbraio, ma l’effetto netto sulla spesa delle famiglie nei prossimi 2-3 mesi sarà negativo, specie sui consumi di servizi e di beni durevoli.

ITALIA – Nella Nota mensile sull’andamento dell’economia, l’Istat riporta che l’indicatore anticipatore continua a registrare tassi di crescita negativi, confermando la persistente debolezza dei livelli di attività economica. Inoltre, questo indicatore, così come le indagini di fiducia di febbraio, non incorpora ancora gli effetti legati all’emergenza sanitaria in corso sul territorio nazionale (emersa solo nell’ultima settimana di febbraio).

GERMANIA La produzione industriale è rimbalzata più del previsto a gennaio, del 3% m/m, e il dato di dicembre è stato rivisto verso l’alto da -3,5% a -2,2% m/m. Su base annua, l’output risulta in calo di -1,3%, da -5,3% il mese precedente. Nel mese, la produzione nel manifatturiero è aumentata circa in linea con l’indice generale (+2,9% m/m).
L’incremento è guidato dai beni intermedi (+5,1% m/m) e da quelli strumentali (+2,1% m/m), mentre la produzione di beni di consumo è rimasta invariata. L’energia ha registrato un calo di -0,2% m/m, mentre nell’edilizia l’output è aumentato di ben +4,7% m/m, anche grazie al clima favorevole.
Gli effetti negativi della COVID-19 sono stati trascurabili a gennaio, ma diventeranno più tangibili a febbraio e soprattutto dal mese di marzo.
Sempre a gennaio, le esportazioni sono rimaste invariate, mentre l’import è cresciuto di mezzo punto percentuale, di conseguenza l’avanzo commerciale in termini destagionalizzati è calato da 19 a 18,5 miliardi. L’export verso la Cina è calato di -6,5% a/a.

STATI UNITI
– L’employment report di febbraio dà il consueto quadro positivo del mercato del lavoro.
Gli occupati non agricoli aumentano di 273 mila, come a gennaio, e in aumento rispetto alla media del 2019 (178 mila). I dati dei due mesi precedenti sono rivisti verso l’alto di +85 mila posti.
Nel settore privato, i nuovi occupati sono 228 mila.
Nell’industria, la variazione è positiva, con un aumento inatteso nel manifatturiero (15 mila), nonostante il blocco produttivo di Boeing e la debolezza legata all’interruzione delle catene produttive globali, e nell’estrattivo (4 mila), pur in presenza di correzione delle trivelle in attività in atto anche prima dell’arrivo del coronavirus in Cina. Le costruzioni, con un rialzo di 42 mila, restano sostenute dal clima mite e dalla flessione dei tassi sui mutui.
I servizi privati registrano un rialzo di 167 mila, diffuso come sempre a sanità/istruzione (57 mila) e servizi alle imprese (41 mila), oltre che a ospitalità/ricreazione (51 mila), ma con un primo indebolimento nei segmenti di trasporto e commercio (-7 mila e -4 mila, rispettivamente).
L’occupazione nel settore pubblico, in aumento di 45 mila unità, dopo 50 mila a gennaio, è spinta dall’occupazione a livello statale, più che dall’aumento di lavoratori temporanei per il censimento 2020 (+7 mila), che dovrebbe accelerare nei prossimi mesi e toccare circa 500 mila unità entro maggio, per poi ridursi nei mesi successivi.
L’occupazione rilevata con l’indagine presso le famiglie registra una variazione di 45 mila, mentre la forza lavoro cala di -60 mila.
Il tasso di partecipazione è stabile a 63,4% di gennaio. Il tasso di disoccupazione corregge di un decimo a 3,5%, da 3,6% di gennaio. Gli indicatori anticipatori della disoccupazione (job openings, jobs plentiful-jobs hard to get) hanno già svoltato e un possibile rialzo del tasso di disoccupazione nella seconda metà dell’anno potrebbe essere spinto dall’impatto della Covid-19 in un sistema produttivo con poche tutele in caso di malattia e di rallentamento dell’attività produttiva delle aziende.
Le ore lavorate sono in ripresa, con una variazione di 0,5% m/m e indicazioni positive per l’attività nel mese. I salari orari aumentano di 0,3% m/m (3% a/a), confermando che il picco della dinamica salariale dovrebbe essere ormai alle spalle.
Nel complesso, i dati sono migliori delle attese e omogeneamente positivi, anche se in parte sostenuti dal clima mite di febbraio (come avvenuto anche nei due mesi precedenti). Le informazioni sono datate, perché precedono la diffusione della Covid-19 negli USA. Tuttavia, è improbabile che anche a marzo ci sia un effetto rilevante sull’occupazione collegato al coronavirus, il cui impatto potrebbe essere di rilievo sui dati del 2° trimestre.
La bilancia commerciale dei beni a gennaio registra un deficit in netta riduzione, a -45,3 mld di dollari, da -48,6 (rivisto da -48,9 mld) per via di un’ampia contrazione delle importazioni (-1,6% m/m) a fronte di un calo più modesto dell’export (-0,4% m/m), legato soprattutto alla componente petrolio. I dati di gennaio dovrebbero riflettere solo marginalmente gli effetti del coronavirus, e influenzare lo scambio di servizi di viaggio, con esportazioni stabili e importazioni in calo di -0,7% m/m. La chiusura del deficit è da attribuire alla riduzione del saldo nel comparto dei beni, in calo di 2,7 mld. Il deficit con la Cina continua a restringersi per via della costante riduzione delle importazioni, che non mostrano la ripresa annunciata in seguito alla sigla dell’accordo per la fase 1 dei negoziati bilaterali.

GIAPPONE – La seconda stima del PIL del 4° trimestre è rivista verso il basso a -1,8% t/t (-7,1% t/t ann.) da -1,6% t/t (-6,3% t/t ann.) della prima stima.
La revisione più significativa riguarda gli investimenti delle imprese, rivisti a -4,6% t/t da -3,7% t/t, con un calo sorprendente dato che la restrizione fiscale dell’autunno riguardava le famiglie.
Una spiegazione per la flessione degli investimenti è che le imprese dovrebbero avere aumentato la spesa nel 3° trimestre per prepararsi alla maggior diffusione di pagamenti digitali incentivati dal governo nel pacchetto fiscale, determinando la contrazione vista nel 4° trimestre.
I consumi sono rivisti solo marginalmente a -2,8% t/t da -2,9% t/t. Gli investimenti pubblici sono in aumento di 0,7% t/t, dalla prima stima di +1,1% t/t.
La previsione è che il 1° trimestre 2020 registri una seconda contrazione consecutiva, di dimensione maggiore rispetto a quanto atteso un mese fa, per via degli effetti di Covid-19, e sia nell’ordine di -0,3% t/t, con rischi verso il basso.

CINA – Le esportazioni, dopo mesi di dinamica piatta, sono scese del 17,2% a/a nei primi due mesi del 2020, invece le importazioni hanno registrato un calo più contenuto, del 4% a/a, in linea con la dinamica dei mesi precedenti.
La diminuzione dell’export è stata simile a quella registrata a febbraio 2009 (-21.1% cumulato a/a in febbraio seguito a un calo del 17,5% a/a in gennaio) e nel febbraio del 2016 (-19,4% cumulato a/a in febbraio), mentre quella delle importazioni è stata più contenuta; il dettaglio per paese non è ancora disponibile.
Il calo delle esportazioni è in linea con quello degli ordini esteri del PMI, scesi di ben 13 punti a febbraio. Il rallentamento dell’attività in Cina è evidenziato anche dal crollo della componente “ordini dalla Cina” del PMI di Hong Kong, sceso a 17, ben oltre il minimo del novembre 2008 (32,4).

 

COMMENTI:

ITALIA – Il Governo ha emanato un nuovo decreto con misure di contenimento dell’epidemia di COVID-19 con effetti dall’8 marzo al 3 aprile.
Il provvedimento introduce una “zona arancione” che include la regione Lombardia e le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia.
In tale zona arancione, a parte le misure di quarantena obbligatoria per le persone infettate o sospette di infezione già previste, si chiede di evitare gli spostamenti che non siano dovuti a comprovate esigenze di lavoro, emergenze o trattamenti sanitari.
Restano esclusi dalla limitazione i trasporti di merci. Inoltre, si chiede alle imprese si utilizzare lo smart working o di promuovere la fruizione dei periodi di congedo ordinario e ferie da parte dei lavoratori per la durata di validità del decreto. I centri commerciali restano chiusi nei giorni festivi e prefestivi, mentre bar e ristoranti possono operare soltanto fra le h. 6.00 e le 18.00.
In tutto il territorio nazionale viene attuato il fermo dell’attività didattica, nonché di musei, teatri, cinema, centri culturali.
In generale, sono sospesi tutti gli eventi pubblici. Per quanto il decreto non introduca limitazioni specifiche all’attività economica in settori diversi da quelli citati, è possibile che alcune imprese della zona arancione che stanno registrando una flessione della domanda o problemi di approvvigionamento decidano di anticipare le ferie del personale e di sospendere l’attività, il che potrebbe amplificare gli effetti negativi sul PIL nazionale.
Intanto il Presidente del Consiglio, in un’intervista a La Repubblica, ha dichiarato che il governo è pronto a mettere in campo ulteriori misure oltre ai 7,5 miliardi annunciati la settimana scorsa. Nei giorni scorsi, la Commissione UE aveva dato sostanzialmente il via libera allo scorporo dal calcolo del deficit strutturale delle spese una tantum sostenute per fronteggiare l’emergenza.

STATI UNITIBullard (St Louis Fed) ha detto che probabilmente gli USA registreranno un rallentamento collegato a Covid-19, ma a suo avviso i mercati stanno ora scontando lo scenario peggiore, che a suo avviso non è detto che si realizzi.
Secondo Bullard il fulcro della reazione al virus riguarda la risposta della sanità pubblica, che dovrebbe essere migliore negli Stati Uniti rispetto a quella cinese.
Al momento ci sono dei dubbi al riguardo, a nostro avviso, alla luce della scarsità di kit per i test nelle aree colpite maggiormente (Stato di Washington e California) e della frammentazione del sistema sanitario americano.
Più rilevanti invece appaiono i commenti di Rosengren (Boston Fed), secondo cui la Fed potrebbe dover ampliare le classi di asset acquistabili in caso di intervento a sostegno dell’economia.
Rosengren ritiene che i livelli ormai raggiunti dai rendimenti sui Treasury siano tali da rendere probabilmente inefficace un programma di acquisto “tradizionale, confinato al debito federale e ai titoli delle agenzie.
Per poter agire in tal senso, il Congresso dovrebbe modificare la legge che definisce l’operatività della Fed. Rosengren da tempo sottolinea i rischi per la stabilità finanziaria collegati all’aumento del debito delle imprese in questo ciclo. A suo avviso sarebbe controproducente ricorrere a tassi negativi: una volta raggiunto il limite dello zero, la Fed deve usare gli altri strumenti a sua disposizione.
Fino a pochi giorni fa un nuovo QE e/o una nuova “operation twist” sembravano i naturali passi successivi una volta raggiunto il limite dello zero, ma il crollo della curva dei rendimenti indurrà la banca centrale a studiare alternative, prima fra tutte l’ampliamento dei titoli da acquistare.
È probabile che, nonostante le tensioni fra amministrazione, i rappresentanti repubblicani in Congresso e la Fed, nelle circostanze attuali ci possano essere modifiche legislative attuate in tempi rapidi.

OPEC – Il fallimento della riunione OPEC, sommandosi ad attese di debolezza della domanda per la COVID-19 ha prodotto un vertiginoso crollo del prezzo del petrolio.
Né la Russia né l’Arabia Saudita si sentono più vincolate a rispettare i tagli produttivi. La prima scadenza future del Brent Crude scambia stamane a $33,75, con un calo del 25%.
In teoria, il calo delle quotazioni petrolifere potrebbe agire da stabilizzatore automatico per l’economia mondiale, ma in pratica la sensibilità della crescita alle oscillazioni del petrolio si è ridotta di molto, con le minori entrate petrolifere che incidono negativamente sulla domanda di beni importati da parte dei paesi produttori.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso la settimana passata con una correzione molto ampia che lo ha portato al di sotto dei minimi di inizio anno fino a rivedere livelli abbandonati a gennaio 2019 a causa dell’ampliarsi delle attese di taglio dei tassi Fed per via del rischio coronavirus. Venerdì l’employment report è stato ancora una volta positivo e migliore del previsto, ma questo non è bastato a risollevare le sorti del biglietto verde. Oggi inoltre ha aperto con un ulteriore ampio calo (che lo ha portato a rivedere minimi abbandonati nel 2018) sul crollo del prezzo del petrolio dopo il fallimento della riunione OPEC e conseguente ampio calo dei rendimenti USA. La settimana entrante propone pochi spunti – inflazione attesa stabile o in calo e fiducia delle famiglie prevista in calo – che probabilmente passeranno ancora in secondo piano rispetto agli sviluppi sul fronte Covid-19. Se infatti il sentiment dovesse continuare a deteriorarsi, il dollaro potrebbe scendere ancora.

EUR – L’euro ha chiuso la settimana al rialzo da 1,10 a 1,13 EUR/USD, traendo beneficio dalla generalizzata debolezza del dollaro. Oggi ha aperto salendo fino a 1,1492 EUR/USD sull’ulteriore calo del biglietto verde post-crollo del petrolio. L’evento chiave della settimana sarà la riunione BCE di giovedì dalla quale il mercato si attende almeno una limatura del tasso sui depositi per cercare di contrastare le ricadute economiche negative del coronavirus. Essendo i margini di manovra della BCE molto inferiori a quelli della Fed nel breve è possibile che l’euro rimanga ancora supportato. Tuttavia la probabile revisione al ribasso delle previsioni di crescita da parte della BCE potrebbe agevolare almeno un parziale ritracciamento ribassista del cambio. Prima della riunione BCE i dati di produzione industriale, attesi in temporaneo miglioramento, potrebbero invece favorire ancora la moneta unica.

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana al rialzo contro dollaro da 1,27 a 1,30 GBP/USD, aprendo oggi in ulteriore salita fino a 1,3199 GBP/USD traendo anch’essa beneficio dalla debolezza del biglietto verde, mentre contro euro ha chiuso in prossimità dei livelli di apertura in area 0,86 EUR/GBP, per via del contestuale rafforzamento dell’EUR/USD, dopo essere passata però per un’escursione ribassista da 0,85 a 0,87 EUR/GBP. La settimana entrante propone pochi spunti sul fronte dati, Pil mensile e produzione industriale, da cui si attendono indicazioni di carattere misto, ma c’è attesa per la pubblicazione del budget, previsto espansivo a supporto della crescita. A meno di delusioni la sterlina potrebbe quindi riuscire a consolidare o almeno a stabilizzarsi, ma data l’incertezza sui negoziati con l’UE i rialzi dovrebbero avere il tempo contato.

JPY – Lo yen ha chiuso la settimana al rialzo contro dollaro da 108,57 a 104,98 USD/JPY sull’accresciuta risk aversion da coronavirus, accelerando oggi fino a 101 USD/JPY sul crollo del prezzo del petrolio. Contro euro ha chiuso invece approssimativamente sui livelli di apertura in area 118 EUR/JPY complice il contestuale rafforzamento dell’EUR/USD, ma oggi è salito ulteriormente fino a 116 EUR/JPY. Fintantoché il sentiment non migliora lo yen può restare supportato.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – L’evento più seguito è la riunione di politica monetaria della BCE, dalla quale i mercati si attendono ora nuovi interventi. Il problema delle banche centrali, BCE inclusa, non è tanto la reazione alla COVID-19, che non riguarda la politica monetaria, ma i violenti movimenti di mercato che si stanno verificando.
I dati di gennaio sulla produzione industriale nei tre principali Paesi e nella media Eurozona dovrebbero mostrare un rimbalzo generalizzato dopo il crollo (condizionato da fattori di calendario di dicembre); tuttavia, tale recupero potrebbe rivelarsi effimero in quanto da febbraio e soprattutto da marzo si vedranno gli effetti della diffusione sul territorio continentale del COVID-19.
La seconda lettura del PIL Eurozona dovrebbe confermare la prima stima, ovvero un rallentamento a 0,1% t/t nell’ultimo trimestre 2019; la frenata del ciclo potrebbe accentuarsi nella prima metà del 2020.

STATI UNITI – Il CPI e il PPI a febbraio dovrebbero registrare aumenti degli indici core intorno a 0,2% m/m, con qualche rischio verso il basso concentrato nei comparti che potrebbero avere subito gli effetti del coronavirus (tariffe aeree e alberghiere).
La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a marzo (prel.) dovrebbe registrare un netto calo, concentrato sulla componente aspettative, collegato alla correzione dei mercati azionari e alla diffusione di COVID-19. L’indebolimento della fiducia dovrebbe essere però contenuto dal taglio dei tassi della Fed.