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25 gennaio 2019 – nota economica giornaliera

AREA EURO – Il PMI composito è calato ancora a gennaio a 50,7 da 51,1, smentendo le attese di un modesto rimbalzo.
L’indice composito è ormai vicino alla soglia di 50 che è storicamente coerente con una crescita del PIL eurozona appena al di sopra dello zero. Il calo dell’indice aggregato dell’area euro riflette il forte calo dell’indice francese a 47,9 da 48,7, solo in parte compensato dal miglioramento registrato in Germania (a 52,1 da 51,6).
• Il PMI composito si è mosso continuamente al ribasso da giugno scorso. È possibile che questa fase si riveli un soft patch, ancora legato a fattori specifici paese: difficoltà dell’industria auto tedesca e proteste in Francia.
Il punto è se da qui si riaccelera o meno.
Le nostre stime di crescita del PIL area euro di 1,2% per l’anno in corso (già al di sotto del consenso) sono basate su di una crescita di 0,2% nel IV trimestre 2018, di 0,3% t/t nel I e di 0,4% t/t dalla primavera. I rischi ci sembrano decisamente verso il basso, anche perché la componente aspettative e nuovi ordini dall’indagine PMI è ferma. Dunque, se non indica un ulteriore indebolimento, non segnala certo una riaccelerazione a breve.
• Il PMI manifatturiero è sceso a 50,5 (da 51,4) su scia del calo dell’indice tedesco a 49,9 da 51,5, che ha più che compensato il recupero dell’indice francese da 49,7 a 51,5. Sospettiamo che anche in Italia (i dati sono inclusi nella media euro zona, ma non pubblicati) le condizioni siano peggiorate.
• I dettagli dell’indagine per il manifatturiero mostrano un calo degli ordini da 48,8 a 47,9, un minimo dal 2013. Si noti che un anno fa l’indicatore di domanda era a 59,6. In Germania, i nuovi ordini sono calati a 45,3 da 47,7, ma gli ordini all’export sono rimasti circa stabili a 46,7 da 46,8.
In Francia, gli ordini all’export sono risaliti a 49,6 da 47 e gli ordini totali sono aumentati a 49,8 da 46,5. La dinamica divergente degli ordinativi per il manifatturiero nei due principali Paesi euro zona suggerisce che fattori specifici stanno frenando l’industria tedesca.
È possibile che le difficoltà di adattare le linee produttive alla nuova direttiva UE sui diesel stia ancora frenando la produzione di auto e il suo indotto con ripercussioni sulla domanda nel manifatturiero e aumento delle scorte di prodotti finiti.
La nostra previsione di rimbalzo della crescita del PIL tedesco a 0,35% t/t all’inizio del 2019 potrebbe rivelarsi alquanto ottimistica.
• Il calo del PMI servizi sembra essere interamente dovuto al peggioramento delle condizioni in Francia, dove l’indice ha perso un altro punto e mezzo a gennaio, molto probabilmente per effetto delle continue proteste dei giubbotti gialli. In Germania, l’indice PMI dei servizi è risalito da 51,8 a 53,1.
È difficile però quantificare fino a che punto il deterioramento del PMI servizi francese è dovuto a un effetto fiducia o a un effettivo peggioramento dell’attività.
I dettagli dell’indagine PMI sembrano indicare che ci sono solo effetti di breve termine dal momento che le aziende sono ancora positive per il futuro con la componente aspettative stabile a 59,8.
• L’indice occupazione PMI (52,2) indica una crescita più moderata degli occupati rispetto a i mesi precedenti (54,5 media) ma non un calo.
Pertanto, il rallentamento dell’attività economica per ora si è trasferito solo in parte alla dinamica occupazionale, il ché fa sperare che il circolo virtuoso minor slack nel mercato del lavoro, salari in accelerazione e consumi privati in crescita sia ancora intatto. Un’altra notizia positiva che emerge dal PMI di oggi è che l’indice dei prezzi praticati è salito ancora a 53,3 dal 52,9, quindi il rallentamento non ha pregiudicato il graduale aumento dei prezzi interni.

STATI UNITI – I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 19 gennaio calano a 199 mila da 213 mila della settimana precedente, toccando i minimi da fine 1969.
I sussidi ai dipendenti federali, pubblicati con una settimana di ritardo, continuano a salire gradualmente e arrivano a 25.419 (+15 mila) nella settimana conclusa il 12 gennaio.
I dati potrebbero subire significative revisioni e indicano che l’effetto dello shutdown sta aumentando, ma almeno fino a metà mese non aveva avuto conseguenze significative sul comportamento dei dipendenti federali.

 

COMMENTI:

AREA EURO – La BCE è in fase di valutazione, ma lo stimolo monetario resterà ampio e potrebbe essere potenziato già a marzo.
Alla riunione di gennaio, il Consiglio Direttivo della BCE ha dedicato la discussione allo stato di salute dell’economia e alla valutazione dei rischi.
All’unanimità i membri del Consiglio hanno ritenuto appropriato rivedere i rischi da bilanciati a verso il basso: i rischi maggiori derivano da un quadro globale più incerto, dal rischio di no-deal Brexit e da fattori specifici.
Il Consiglio è egualmente concorde nel valutare assai bassi i rischi di recessione, dal momento che le condizioni finanziarie restano ampiamente accomodanti, il mercato del lavoro continua a migliorare con riflessi nel medio periodo, si spera, sulla dinamica dei prezzi interni.
Tuttavia, Draghi ha spiegato che il Consiglio non ha discusso le implicazioni per le mosse future di politica monetaria alla riunione di gennaio e si riserva di farlo a marzo con le previsioni aggiornate e più dati alla mano.
È probabile che a marzo la BCE annunci un’altra o più operazioni di rifinanziamento a lungo termine, ma la riapertura del programma APP ci sembra assai poco probabile dal momento che la “contingency” che ha fatto convergere per l’acquisto di tioli pubblici è stato il rischio deflazione che ad oggi non è nel radar e che si spera non si ripresenti.
Nel complesso con la riunione di gennaio, la BCE si è avvicinata alla posizione attendista della Federal Reserve.
Cosa succederà?
Draghi ha indicato che il Consiglio è diviso ma per ora il grado di fiducia in un rialzo dell’inflazione core nei prossimi mesi non ha modificato la guidance sui tassi, che sappiamo essere “state contingent”.
Draghi ha affermato che se la crescita dovesse stabilizzarsi al di sotto del potenziale (1,5%) la convergenza dell’inflazione sarebbe più lenta e forse più incerta, ma in quel caso il Consiglio sarebbe pronto ad aggiustare lo stimolo monetario. Tra gli interventi possibili vi sono modifiche alla guidance sui tassi e i riacquisti, le operazioni a lungo termine e l’acquisto titoli.
Data l’incertezza che circonda lo scenario macro è opportuno ragionare per scenari.
• Il nostro scenario centrale è di ri-accelerazione della crescita a partire dal secondo trimestre: in media 2019, la crescita si assesterebbe tra l’1,2% e l’1,4%. Se così fosse pensiamo che la BCE cercherà di disfarsi del regime di tassi negativi in due mosse una a dicembre e uno a marzo. Al più il Consiglio limiterà i rialzi nel 2020 lasciando i tassi vicino a zero.
• In caso di crescita all’1,0% che sarebbe associata ad una stabilizzazione della dinamica congiunturale, la BCE potrebbe modificare la guidance sui tassi per rinviare il 1° rialzo a un futuro più lontano, modificando anche la guidance sui reinvestimenti per segnalare che riacquisterà a pieno per un periodo più esteso dopo il primo rialzo dei tassi.

STATI UNITI – Si apre qualche spiraglio per un compromesso sullo shutdown. Ieri sono stati votati al Senato due disegni di legge diversi, uno sostenuto dai democratici e l’altro dai repubblicani. Nessuno dei due ha ottenuto i 60 voti necessari per l’approvazione, anche se si è visto qualche timido passaggio attraverso le linee di partito, con un democratico a favore della proposta repubblicana e 6 repubblicani a favore di quella democratica.
La proposta democratica prevedeva la riapertura temporanea degli uffici fino all’8 febbraio, mentre si discutono proposte sulla sicurezza dei confini; invece il disegno di legge repubblicano ricalcava la proposta di Trump e includeva, fra le altre misure, fondi per il muro ed estensione temporanea della protezione per i “dreamers”. Diversi senatori hanno richiesto di approvare un’estensione di tre settimane delle leggi di finanziamento scadute.
Trump ha commentato i voti affermando che sarebbe disposto a firmare un accordoragionevole”, purché contenga finanziamenti per il muro. La pressione per trovare un accordo è molto aumentata, anche perché i dipendenti federali coinvolti nello shutdown perderanno il secondo pagamento mensile dello stipendio.
I leader dei partiti al Senato hanno indicato che lavoreranno per trovare un accordo. Non è escluso che un compromesso si raggiunga in tempi brevi.

 

L’indice del dollaro si è rafforzato ieri.

Il principale fattore è stato il movimento dell’euro, che ha perso lo 0,4% dopo le parole di Draghi. EURUSD ha toccato un minimo infragiornaliero di 1,1296, rimbalzando successivamente sopra quota 1,13.

La sterlina sembra aver interrotto il suo recupero contro USD e si sta stabilizzando ora attorno a 1,3100, mentre sull’euro continua a guadagnare (ieri lo 0,8%), arrivando a scambiare in area 0,8640, complice la fase di debolezza della moneta unica.
Il mercato sta valutando la possibilità di un’estensione della Brexit a dopo marzo, ma al momento non ci sono ancora elementi per intravedere una nuova forma di accordo, sicché il rischio di no-deal Brexit dovrebbe essere considerato a questo punto molto elevato.

Lo yen cede altro terreno contro dollaro (0,2%) a 109,80.

 

MARKET MOVERs:

EUROZONA – La BCE pubblica la survey dei professional forecasters che fornirà stime aggiornate su crescita e inflazione a cinque anni, ma soprattutto sulla valutazione dei rischi.

BELGIO – L’indice di fiducia della Banca del Belgio è visto recuperare parte del calo del mese di dicembre e risalire a livello ancora al di sopra della media di lungo termine e coerente con una modesta espansione del PIL nei primi mesi del 2019.

GERMANIA – L’indice IFO è atteso circa stabile a gennaio. Sarà importante verificare l’andamento degli ordini nel manifatturiero per valutare se la debolezza del comparto stia rientrando almeno in parte.

STATI UNITI – I dati degli ordini di beni durevoli e delle vendite di case nuove di dicembre non verranno pubblicati per via della chiusura degli uffici federali.