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25 Febbraio 2019 – nota economica giornaliera

GERMANIA – A febbraio, l’indice di fiducia economica IFO è calato da 99,1 a 98,5, un minimo da inizio 2015, continuando il suo ribasso da settembre.
L’indice sulla situazione corrente è scivolato di quasi un punto a 103,4 ma rimane più di una deviazione standard al di sopra della norma storica.
Quel che più preoccupa è l’ulteriore calo delle attese per i prossimi mesi a 93,8 che fa seguito al tonfo di gennaio. L’indice sulle attese è ormai al di sotto della media di lungo termine e sui minimi dal 2012.
Lo spaccato settoriale lascia poca speranza a rallentare non è più solo il manifatturiero dove il sentiment continua a calare (a 9), ma anche i servizi ormai soffrono con la fiducia a 21,1 (da 24,5).
Il mood è cambiato nelle costruzioni, dove l’indice per il comparto ha perso 14,5 punti da ottobre fino a 18,1.
Nel commercio il morale migliora marginalmente a 4,9 rimanendo saldamente al di sopra della media di lungo periodo.
In sintesi, tre cali consecutivi dell’indice IFO vengono letti come un segnale di svolta dell’attività economica. Continuiamo ad aspettarci una crescita modesta ma positiva (0,1% t/t) nel T1 (dopo 0,1% t/t nel quarto trimestre 2018). Con una improbabile ri-accelerazione a 0,4% t/t dalla primavera.
La nostra previsione di crescita del PIL tedesco dell’1,0% nel 2019 è quindi soggetta a rischi verso il basso. Inutile dire che le ripercussioni di una stagnazione tedesca sul resto della Eurozona non sarebbero trascurabili.

 

COMMENTI:

ITALIAFitch ha confermato il rating BBB (negativo), pur avendo drasticamente tagliato le previsioni di crescita (0,3% nel 2019, 0,6% nel 2020).
L’agenzia vede un deficit al 2,3% del PIL quest’anno e al 2,7% nel 2020, anche se l’incertezza sulle variabili fiscali è molto elevata sugli anni a partire dal prossimo.
La previsione sul 2020 implicherebbe una copertura solo parziale delle clausole di salvaguardia e un deterioramento del saldo strutturale, con conseguente mancato rispetto del Patto di Stabilità.
Fitch non si aspetta una manovra correttiva in corso d’anno.
L’agenzia vede il debito in salita al 132,3% nel 2020 e al 132,7% nel 2027. L’incertezza della previsione è aumentata dalla possibilità di elezioni anticipate a partire dalla seconda metà di quest’anno. I fattori che, singolarmente o congiuntamente, potrebbero far scattare un downgrade sono:
• Peggioramento della dinamica del debito, anche per via di prospettive di crescita più deboli;
Sviluppi politici che implichino un deterioramento delle variabili economiche o fiscali;

BCENowotny ha dichiarato che la BCE ha tempo fino a giugno per decidere su nuove operazioni di rifinanziamento. Se “il rallentamento si confermerà duraturo con impatto sulla dinamica dei prestiti, misure di sostegno al credito avrebbero senso”; inoltre “se verificheremo che i fattori temporanei hanno prevalso, nuove operazioni di rifinanziamento potrebbero non essere necessarie”.
Nowotny ha spiegato che vi è tempo fino all’estate per una decisione, ma i commenti confermano che non si è ancora formato un consenso all’interno del Consiglio se annunciare o meno un’operazione a marzo. Riguardo una riapertura dell’APP, Nowotny ha dichiarato che per ora non è necessario.

REGNO UNITO – Il governo dovrebbe presentare una nuova mozione sul recesso dall’UE, non avendo ottenuto nessun risultato concreto dai negoziati che possa giustificare di riproporre l’accordo al parlamento. La mozione sarà emendabile e forse le proposte di estensione dell’art. 50 potranno ricevere in questa occasione maggiore consenso. Tutti e due i maggiori partiti hanno registrato defezioni la scorsa settimana e un nuovo esodo dal partito conservatore è ritenuto possibile: il voto è attualmente previsto per mercoledì 27. Tuttavia, l’accordo potrebbe essere riproposto il 12 marzo, appena due settimane prima della scadenza del periodo negoziale.

STATI UNITI
Trump ha segnalato che intende estendere la tregua sui dazi con la Cina in modo da poter raggiungere un accordo da siglare forse già entro marzo.
L’apertura di Trump per arrivare a un compromesso in tempi rapidi mette in difficoltà la strategia negoziale di Lighthizer, che intendeva mantenere un atteggiamento rigido in modo da ottenere concessioni dalla Cina sulle questioni strutturali più difficili, fra cui la tutela della proprietà intellettuale, il trasferimento tecnologico e i sussidi alle aziende statali cinesi.
Per il momento su questi punti non sono emersi progressi e il tentativo di Lighthizer di lavorare su un memorandum of understanding come base per un accordo è stato minimizzato dall’affermazione di Trump, secondo cui “i MOU non significano nulla”.
L’impressione è che Trump voglia raggiungere un accordo almeno superficialmente dignitoso con qualche concessione dalla Cina su acquisti di prodotti agricoli ed energetici, e qualche impegno ad aprire i mercati, in modo da rivendicare un successo sul fronte commerciale da usare in campagna elettorale, in attesa di aprire in tempi brevi i giochi sui dazi al settore auto, da utilizzare per i negoziati con Europa e Giappone.

– La conferenza sulla politica monetaria organizzata dall’University of Chicago ha dato molti spunti di discussione per l’evoluzione della strategia della Fed.
Secondo Quarles, e altri esponenti della Fed intervenuti alla conferenza, la riduzione del portafoglio della Fed potrebbe interrompersi nella seconda metà di quest’anno, con “riserve ancora ampie” ed essere seguita da un periodo di stabilità, mentre si valuta la domanda di riserve da parte delle istituzioni finanziarie. In questo modo le riserve si ridurrebbero solo attraverso il canale delle passività, e in particolare per via dell’aumento del circolante. La Fed dovrebbe tornare ad acquistare titoli a un ritmo tale da stabilizzare le riserve.
Secondo Harker (Philadelphia Fed) non si è lontani dal livello efficiente delle riserve (oggi a 1,6 tln di dollari). È probabile che queste conclusioni vengano annunciate in modo esplicito alla prossima riunione del FOMC a marzo.
Se Clarida ha indicato che la Fed sta rivalutando la definizione dell’obiettivo di inflazione in modo da ridurre le conseguenze macroeconomiche di periodi di undershooting, Williams (NY Fed) ha invece riproposto una modifica che trasformi l’obiettivo da un target puntuale, a una media nel ciclo, in modo da tener conto dell’evoluzione precedente e permettere periodi di moderato overshooting per riportare verso l’alto il livello dei prezzi. I temi discussi alla conferenza non riguardavano solo il bilancio.

 

L’indice del dollaro ha chiuso la settimana in marginale correzione in un contesto di volatilità scarsa dopo che Trump ha segnalato che la tregua sui dazi con la Cina potrebbe essere estesa. L’audizione di Powell di fronte alla Commissione bancaria del Senato potrebbe aggiungere nuovi elementi di valutazione allo scenario della politica monetaria americana.

L’euro è rimasto stabile contro USD attorno al livello di 1,1340, area attorno alla quale sembra stia consolidandosi: sia l’impatto dell’indagine IFO di febbraio, con l’indice uscito in calo, sia le dichiarazioni di Nowotny (BCE) hanno lasciato il mercato piuttosto indifferente, come pure la conferma del rating italiano da parte di Fitch.

Nel Regno Unito regna l’attendismo, con GBPUSD che viaggia sempre attorno a 1,3070 mentre EURGBP in lieve indebolimento a 0,8670. Il voto del prossimo 27 febbraio sarà l’evento principale della settimana sul fronte Brexit.

Yen oscillante attorno al solito livello di 110,60. La tornata di dati in uscita in settimana (vendite al dettaglio, fiducia delle famiglie, tasso di disoccupazione, produzione industriale) aiuteranno a chiarire l’andamento della domanda interna a inizio anno.

La Corona svedese ha parzialmente recuperato il movimento verificatosi giovedì sulla scia dei dati deboli di inflazione, ma il cambio con l’euro resta molto vicino ai massimi.

Nel corso della settimana, il prezzo del petrolio più forte ha beneficiato il CAD, mentre la NOK è stata penalizzata dalla correlazione con la moneta svedese.
Il dollaro canadese ha dovuto fare i conti con un discorso di Poloz (Bank of Canada) più cauto delle attese, anche se ha confermato che la prossima mossa sui tassi sarà un rialzo.

 

MARKET MOVERs:

ZONA EURO – Il focus sarà l’indagine della Commissione UE, vista in aumento a febbraio e sulla fiducia delle imprese italiane che potrebbe ancora perdere quota.
Le prime stime potrebbero inoltre mostrare un aumento dell’inflazione a febbraio nella media Eurozona.
La disoccupazione è invece attesa stabile nella media area euro, livello che dovrebbe essere circa in linea con il tasso di disoccupazione naturale (NAIRU).
Infine, le vendite al dettaglio sono attese in recupero a gennaio in Germania (+2,6% m/m) e Francia (+0,4% m/m).

USA – La settimana ha diversi dati di rilievo. La stima advance del PIL, pubblicata con ritardo per via dello shutdown, darà informazioni sulla chiusura del 2018, con possibili indicazioni di rallentamento della crescita dopo due trimestri molto forti. La spesa personale a dicembre dovrebbe essere debole, come segnalato già dalle vendite al dettaglio, mentre il reddito personale di dicembre e gennaio è previsto in rialzo solido. Sempre a dicembre, i cantieri residenziali dovrebbero essere stabili.
Infine, la fiducia dei consumatori di febbraio dovrebbe essere in recupero, ma le aspettative potrebbero continuare a segnalare che il trend sarà più debole nel 2019.